Non esiste una densit unica. Il corpo del bambino ne contiene un certo numero che difficile
valutare a priori.
Alcune densit interagiscono all’interno del tessuto connettivo in uno schema lesionale <in serie>.
Altre densit non sono apparentemente legate tra di loro e sono disposte a strati che si
sovrappongono; a ogni densit corrisponde una storia traumatica e quindi gli strati di densit si
susseguono nel tempo (organizzazione <in parallelo>). In questo caso la deprogrammazione degli
strati va fatta rispettando l’ordine cronologico lesionale che i tessuti suggeriscono eseguendo il
test di compressione/trazione
Il singhiozzo del neonato potrebbe essere la chiave per lo sviluppo del cervello
La densità tissutale nel neonato
1. LA DENSITA’ TISSUTALE NEL NEONATO
da “Approche ostéopatique du nouveau-né” di Arnaud Laforge Ed.Sully 2020
La densità è una reazione riflessa che ha lo scopo di mettere in sicurezza i tessuti rispetto ad un
pericolo che ne minaccia l’integrità; traumatismi di intensità superiore alla capacità di
assorbimento determinano la reazione tissutale. Fattori come la durata nel tempo, la natura delle
forze in gioco e la posizione del neonato nel momento in cui si verifica il trauma, giocano un ruolo
importante.
Una densità può essere di natura fisica, emozionale, chimica o mista.
Il volume della densità è molto variabile e può andare dalla grandezza di un chicco di riso a quella
di una grossa arancia: può essere locoregionale, invadere una intera sfera o essere globale.
Spesso una guaina più densa delimita questo volume e all’interno del volume tutti i tessuti sono
coinvolti e partecipano attivamente a questa reazione. I tessuti sono “spremuti” dalla loro acqua e
sembrano isolati dal resto dell’organismo, i ritmi interni non sono percepibili, come se
comunicazioni fossero ridotte al minimo indispensabile.
Al test palpatorio, la densità rimanda indietro l’energia che viene applicata invece di assorbirla.
Nella pratica clinica, le densità possono trovarsi dappertutto.
Le leggi biomeccaniche associate alla struttura vertebrale rendono più vulnerabile l’asse centrale
nelle zone cerniera corrispondenti al cambiamento delle curve: C0-C1, C7-D1, D12-L1, L5-S1.
Rispetto all’adulto (che ha già strutturato le curve in cifosi e lordosi), nel neonato queste zone
cerniera corrispondono ai livelli in cui le sfere (cranica, toracica e addomino-pelvica) si articolano
tramite le loro superfici di scivolamento. Parlare di rapporti di scivolamento significa anche
prevedere instabilità, densità, ipomobilità e poi ipermobilità compensatoria.
Ad esempio in una situazione di compressione vi è il rischio di instabilità dell’impilamento
vertebrale anteriore soprattutto se si associano anche forze orientate in lateralità o rotazione.
2. Anche la periferia non viene risparmiata; gambe, anche, sacro-iliache, clavicole, lingua etc.
Non esiste una densità unica. Il corpo del bambino ne contiene un certo numero che è difficile
valutare a priori.
Alcune densità interagiscono all’interno del tessuto connettivo in uno schema lesionale <in serie>.
Altre densità non sono apparentemente legate tra di loro e sono disposte a strati che si
sovrappongono; a ogni densità corrisponde una storia traumatica e quindi gli strati di densità si
susseguono nel tempo (organizzazione <in parallelo>). In questo caso la deprogrammazione degli
strati va fatta rispettando l’ordine cronologico lesionale che i tessuti suggeriscono eseguendo il
test di compressione/trazione.
EFFETTI DELLA DENSITA’
Anche se la densità è necessaria per mettere in sicurezza in un determinato momento l’integrità
dei volumi del corpo, nel medio e lungo termine produce degli squilibri che nuocciono alla salute,
in particolare:
1) Disidratazione dei tessuti da perdita di vitalità dovuta ad alterati scambi emodinamici con i
tessuti circostanti. Tecnicamente i tessuti disidratati non possono essere reidratati con la
forza ma possono recuperare da soli se posti in condizioni posturali di riposo tissutale
2) Effetto <clessidra> e cioè la presenza di una restrizione all’interno di una densità con
l’impossibilità di riequilibrio tra le zone di vuoto e di pieno. Si può osservare questa
situazione in neonati che hanno la testa “gonfia” e il torace “retratto”; in questo caso la
densità si trova probabilmente a livello della gola o alla base della nuca. Stessa cosa
quando si ha la sensazione palpatoria di un emitorace vuoto da un lato e pieno dall’altro
lato; la densità, in questo caso, si trova tra il volume del mediastino e il volume di un
polmone.
3) Assi afisiologici. Le densità, con le loro ipomobilità e retrazioni agiscono come assi
aggiuntivi che prevalgono su quelli fisiologici. Questi assi, detti afisiologici, sono dei paletti
supplementari attorno ai quali i tessuti sono obbligati ad organizzarsi.
Più gli assi afisiologici sono numerosi, più i movimenti tissutali sono ridotti e più il bambino
deve compensare, e per fare ciò, deve disporre di energia supplementare: questo eccesso
di energia di compensazione la si può vedere nei bambini detti “tonici” o “iperattivi”.
4) Atteggiamenti posturali. Ogni densità, a seconda delle tensioni asimmetriche che produce,
partecipa alla messa in atto di una postura che può essere più o meno alterata. Il
bambino cerca quindi di mettersi in una posizione che sia il meno scomoda possibile e
questo lo può portare a problematiche come ad esempio a tenere la testa un po'
“disassata”, avere un occhio che parte spesso in strabismo o avere il cranio che si
appiattisce velocemente. Queste posture sono in effetti la soluzione che il bambino trova
per potere dormire, bere e respirare meglio e non vanno corrette passivamente (mettere il
bambino “dritto”).
5) Accorciamento. E’ importante parlarne a proposito dei volumi nell’impilamento vertebrale
posteriore. Il midollo spinale, circondato dalla dura madre, va dalla testa al coccige ed è un
tessuto estremamente reattivo agli stiramenti sul piano orizzontale che producono una
reazione di densità all’interno dell’asse cranio-sacrale e ad una diminuzione di lunghezza
della dura madre. E’ il motivo per il quale alcuni bambini sembrano avere un collo corto e
altri piangono quando gli si arrotola il bacino durante il cambio del pannolino, dato che
l’arrotolamento del bacino provoca un ulteriore aumento di tensione della dura madre.
L’accorciamento assiale porta ad un aumento di pressione nelle sfere e quindi ad un loro
avvicinamento con conseguenti ripercussioni funzionali e sintomi vari.