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GESTIONE DEI TEMPI DEL PROGETTO 
Definizione: 
L’area di conoscenza “Gestione dei tempi di progetto” include i processi necessari ad assicurare il 
completamento del progetto nei tempi previsti. 
“Assicurare” è una parola un po’ forte. Il PMBOK ci dà degli strumenti necessari per cercare diportare 
a termine il nostro progetto. Ma occorre considerare che alla base del PMBOK ci sono tanti progetti, 
grandi e piccoli che siano, i quali hanno raggiunto un certo livello di successo nella gestione grazie 
all’applicazione di alcune metodologie che sono state poi standardizzate ed inserite nel PMBOK. 
Quindi il BOK ci mette a disposizione tutte le informazioni (che ritroviamo nel frame work) e ci indica 
quali sono i principali strumenti che dovrebbero aiutarci a gestire il nostro progetto in maniera più 
strutturata. 
I processi che andremo ad analizzare sono:
Se si ricorda, i gruppi di processi principali sono 5: Inizializzazione – pianificazione – esecuzione – 
chiusura- ed il tutto circondato dal monitoraggio e controllo. 
3 
La gestione dei tempi tocca però solo il processo di pianificazione e monitoraggio e controllo. 
Il monitoraggio e controllo ha sempre una doppia valenza: una parte è passiva (monitorare) , cioè 
vedere come sta andando il progetto e quindi rilevazione dei dati e delle informazioni e che mi 
permetterà di fare delle valutazioni di quelle che sono le performance del progetto, ed una seconda 
parte (controllo) che è pro-attiva, cioè capire come intervenire proattivamente e cercare di 
mantenere quello che è l’andamento effettivo del progetto più che possibile aderente a quello che 
era l’andamento pianificato. 
• PIANIFICARE LA GESTIONE DELLA SCHEDULAZIONE 
Pianificare vuol dire identificare le regole, le modalità con cui andiamo ad eseguire un lavoro; esso 
mi permette di determinare le regole con cui decidiamo di gestire i tempi di progetto. 
L’output principale di questo processo è il Piano di Gestione della schedulazione. Un documento 
formalizzato che riporta le suddette regole. 
E’ un piano documentato, cioè è un qualcosa che dovrebbe essere formalizzata al fine di eliminare gli 
equivoci in futuro. Tuttavia documentare un qualcosa richiede però uno sforzo gestionale da parte 
del P.M. 
Da notare che il piano di gestione della schedulazione non esisteva prima della 4^ ed. del PMBOK 
(anche se esisteva una sorta di gestione della schedulazione), che poi è stato inserito nella 5^ 
edizione. 
Il PMBOK individua il processo di pianificare la gestione secondo lo schema seguente:
Tra gli input troviamo il Piano di Project Management il P. Charter, i Fattori ambientali ed aziendali 
4 
e gli Asset dei processi organizzativi. 
Il piano di project management è quel raccoglitore che nasce come elemento vuoto, che viene man 
mano riempito da diversi elementi. Nel momento in cui dobbiamo andare a gestire i tempi del nostro 
progetto mi interessa conoscere quello dell’ambito ed in particolare la baseline dell’ambito, che è 
un elemento che è stato approvato da un organo direttivo (sponsor, ecc.), di cui se ne riconosce una 
certa ufficialità e che è stato “congelato” con tale approvazione. Ed è un qualche cosa a cui il P.M. 
farà riferimento per andare a monitorare ed a controllare l’andamento effettivo del progetto. Da qui 
si capisce qual è l’importanza del monitoraggio e controllo: mi serve per capire se il mio progetto sta 
andando bene oppure no.
Il P. Charter, che si trova nella gestione dell’integrazione del progetto, è quel documento che 
ufficializza e formalizza l’avvio del progetto all’interno dell’azienda (quindi il nome del progetto), 
nonché il nome del P.M. che deve gestire le risorse da allocare sul quel progetto. 
In funzione di come nasce un progetto, nel P. Charter ci potrebbero essere altre informazioni 
interessanti: uno studio di fattibilità preliminare, che mi permette di avere una idea di come si andrà 
a svolgere il progetto tra cui i principali deliverable da tirare fuori, i possibili punti temporali di 
controllo. Tutte queste informazioni, se esistono, possono anche essere inserite nel P. Charter. 
5 
In genere il P. Charter viene sottoscritto da un executive ad es. dallo Sponsor del progetto. 
I Fattori ambientali ed aziendali rappresentano il bagaglio dell’azienda: inteso come insieme di 
risorse e strumenti che l’azienda può mettere a disposizione del progetto: un software, attrezzature, 
materiali, risorse umane, ecc. 
Con questo termine si intende anche quella che è la cultura aziendale soprattutto nel campo della 
propensione al rischio (analisi delle riserve). 
In definitiva i fattori ambientali ed aziendali sono tutto quello che l’azienda HA a disposizione per 
lo svolgimento delle attività di progetto. 
Asset dei processi organizzativi rappresenta l’esperienza maturata dall’azienda che poi si traduce 
concretamente nelle normative aziendali, procedure aziendali, piani esistenti, direttive o standard 
correnti nonché le nozioni apprese dall’azienda in precedenti progetti analoghi (knowledge base 
aziendale). Di tutto questo si terrà conto nel momento in cui si andrà a gestire il progetto. 
In definitiva gli Asset dei processi organizzativi sono tutto ciò che l’azienda E’ in funzione di tutte 
quelle che sono state le esperienza passate. 
Uno degli argomenti più rilevanti che in genere viene richiesto all’esame è proprio la knowledge base 
aziendale. Una sorta di repository (magazzino) che dovrebbe essere accessibile da tutti coloro che 
sono in azienda che svolgono dei progetti per andare a rilevare e a reperire tutte quelle informazioni 
che possono essere utili per il progetto. Esso per essere efficace deve essere formalizzato, raccolto in 
un data base, per facilitarne la ricerca. Tra gli argomenti principali esistenti all’interno delle 
knowledge base aziendale sono le lesson learned (lezioni apprese): esso ci dice che sarebbe 
opportuno che all’interno del progetto si vengano a formalizzare tutte quelle che sono state le 
esperienze positive e negative rilevanti. E’ molto importante in genere andare a documentare che
cosa è andato male perché chi magari verrà dopo, e dovrà gestire il progetto o gestire un progetto 
simile, e quindi dovrà individuare ad es. dei fornitori, la L. L. mi indica quali sono i fornitori più 
affidabili e quali no. In sostanza qualificare fornitori. 
Il grosso problema delle lesson learned è di tipo culturale. Per far sì che le lesson learned venga 
introdotto all’interno delle knowledge base aziendale c’è bisogno del forte convincimento degli 
organismi che hanno autorità di introdurlo, in quanto la lesson learned viene vista come “una lezione 
negativa” e quindi come conseguenza di un qualcosa di negativo. I vertici aziendali dovrebbero 
pretendere che il P.M. scriva dettagliatamente la lesson learned introducendo tutto ciò di positivo e 
di negativo in quanto queste saranno le fondamenta più solide di prossimi progetti. 
Che cosa scatena nel P.M.? il P.M. se durante la vita del progetto riscontra delle situazioni negative 
che gli hanno fatto fare ritardo nella consegna del progetto, tendenzialmente ed egoisticamente non 
menziona affatto le motivazioni magari a lui imputabili e quindi non arricchisce l’azienda di quelle 
notizie che invece potrebbero essere d’aiuto alla stessa azienda. 
Si fa presente altresì che la stesura di una lesson learned impone anche un impegno da parte del P.M. 
ed ovviamente del team di progetto. 
6 
Tra gli Strumenti e Tecniche: 
– Parere degli esperti – mettere sul campo delle competenze; 
– Tecniche analitiche: la definizione di tutte quelle che saranno le regole che poi verranno 
formalizzate nel piano di schedulazione del progetto; 
– Riunioni: il P.M. in genere si dovrà interfacciare con coloro (anche gli stakeholder che possono 
impattare sul mio progetto) che ci supporteranno nelle attività di progetto per andare a capire 
quali regole applicare. 
L’output del processo è il Piano di Gestione della Schedulazione. 
E’ quel documento che formalizza le regole della schedulazione che saranno all’interno del mio 
progetto. 
Esso può comprendere i seguenti elementi:
In oltre si andrà a descrivere come si andrà a controllare e a monitorare le performance del progetto. 
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• DEFINIRE LE ATTIVITA’ 
Questo è un processo che fa parte del gruppo di processi di PIANIFICAZIONE. 
Tra gli input abbiamo il Piano di Gestione della Pianificazione visto prima, la baseline dell’ambito, i 
fattori ambientali ed aziendali e gli assetti dei processi organizzativi. 
Il piano di gestione della schedulazione, abbiamo visto, vengono descritte le regole della 
schedulazione che dovrò seguire. 
La baseline dell’ambito è la versione approvata dello scope che non posso variare a mio piacimento. 
Per poterla modificare devo seguire un processo strutturale di gestione delle modifiche. Devo fare 
una richiesta a chi me l’ha approvata, spiegare il perché non è più valida e sottoscriverne una nuova 
per formalizzarla.
9 
La baseline dell’ambito contiene: 
– La descrizione dell’ambito del progetto (Scope Statement) 
– La struttura di scomposizione del lavoro (WBS) 
– Il dizionario della WBS. 
La descrizione dell’ambito del progetto (scope statement) è quel documento che formalizza quello 
che il lavoro dovrà essere svolto per realizzare il progetto: i deliverable che dovranno essere rilasciati 
al cliente, nonché i vincoli e gli assunti. 
Il deliverable per definizione è n prodotto, un risultato o un servizio, univoco e verificabile che dovrà 
essere realizzato per portare a termine un processo o una sua fase. Il deliverable è univoco ed è 
orientato ad un elemento concreto e reale che io rilascio anche se poi non è tangibile come può 
essere un servizio. Esso è anche verificabile, cioè misurabile. 
Misurabile vuol dire andare ad identificare un elemento di tipo quantitativo (e non qualitativo) che 
mi permette poi di confrontare mediante misurazione la grandezza della variabile di riferimento del 
deliverable con quello che è il requisito che io volevo soddisfare con quel deliverable. Quindi solo se 
riesco ad identificare quantitativamente questo elemento, poi posso andare a misurare e quindi a 
verificare se quello che ho prodotto è effettivamente è quello che ci si aspettava da me oppure no. 
I vincoli sono sostanzialmente quei fattori rigidi che in qualche modo limitano il P.M. nelle sue scelte. 
In tale sessione si parla ovviamente di vincolo di tipo temporale, ma potrebbero essere altri vincoli 
dettate anche dalle altre aree di conoscenza. Quindi sono tutti quegli elementi che il P.M. prende 
passivamente e lo applica nella sua pianificazione. 
Gli assunti sono anch’essi dei fattori che io reputo vero all’inizio e utilizzati dal P.M. per la sua 
pianificazione ma sono dei fattori che vengono assunti nel momento in cui si pianifica, senza avere la 
certezza che quando poi si arriverà ad eseguire quell’attività, poi quell’assunto che ho fatto sia 
effettivamente realizzabile oppure no. 
La struttura di scomposizione del progetto: esso fa da elemento di separatore fra la gestione 
dell’ambito del progetto e la gestione dei tempi del progetto.
Essa viene strutturata attraverso la WBS è una struttura gerarchica ad albero orientata al deliverable 
e quindi prende le informazioni descritte all’interno dell’ambito e focalizza l’attenzione sui 
deliverable, cioè su tutto ciò che deve essere prodotto per realizzare il progetto. 
Lo scopo della WBS è quello di scomposizione ad albero che scompone il deliverable ultimo del 
progetto in elementi più piccoli e quindi più facile da gestire. 
Quindi vado a scomporre il progetto in sotto elementi più piccoli che mi permette una gestione più 
agevole. 
Non ci sono regole precise per strutturare una WBS così come non ci sono regole precise per capire 
fino a che punto posso scomporre il mio progetto in sotto elementi. Esso dipende molto 
dall’approccio che il P.M. vuole dare al progetto. 
Ma allora fino a quando possiamo scomporre il nostro progetto. Alla base di ciò ci si deve porre due 
domande: 
1) Ho compreso perfettamente quello che è il contenuto di lavoro che deve essere realizzato per 
10 
portare a casa il deliverable rappresentato nel tassellino? 
2) Posso assegnare univocamente la responsabilità di realizzazione di quel progetto ad una 
risorsa ben definita? 
Pertanto la WBS è formata da livelli, costituiti dalla definizione più o meno puntuale del loro 
contenuto nonché dall’individuazione univoca di un responsabile del singolo tassello all’interno del 
generico livello. 
Quindi la WBS non fa altro che scomporre l’ambito del progetto in sotto elementi più gestibili a cui 
affidare responsabilità univoche. 
Sarebbe buona norma inserire sempre al primo livello di scomposizione della WBS una ulteriore 
tabellina in cui si viene a definire le attività del P.M. all’interno della quale posso andare ad 
identificare tutte quelle che sono le attività di tipo gestionale tipica del PMBOK. 
Nella WBS occorre sempre che ogni livello rappresenti sempre il 100% del progetto. (Regola del 
100%). 
Gli elementi terminali della WBS (le foglie terminali) si chiamano Work Package (un insieme di attività 
o un piccolo progettino).
11 
Genericamente per definire le attività si procede: 
La WBS è un forte elemento di team building in quanto in genere la wbs non viene fatta dal 
P.M. ma sarebbe opportuno farlo in condivisione con coloro che lavoreranno sul progetto. 
Per ogni elemento della wbs sarebbe opportuno altresì definire il dizionario della wbs: descrizione 
dettagliata dei componenti della WBS, compresi i work package. 
Per concludere la fase di input abbiamo i soliti fattori ambientali ed aziendali e gli Asset dei processi 
organizzativi: 
Quali sono ora gli strumenti e tecniche per definire le attività? 
Parliamo della scomposizione. Andare a prendere i singoli Work Package (che è il risultato di un 
deliverable) e scomporlo in attività (lavoro) schedulate, lavoro che deve essere realizzato per dover 
compiere il deliverable rappresentato dal W.P. Anche in tale scomposizione dobbiamo stare attenti
alla regola del 100%, cioè tutto e solo quello che necessario realizzare nel W.P. verrà emesso 
nell’attività schedulata. 
Le attività che vengono in qualche modo individuate nella scomposizione in W.P. vengono individuate 
in attività schedulate e da qui rappresenteranno quell’oggetto elementare su cui andremo a 
focalizzare la nostra attenzione per quanto riguarda lo sviluppo della schedulazione di progetto. 
Di solito le attività vengono individuate con dei codici univoci. La modalità più usuale è quella di 
partire con il primo livello che è il progetto, andare avanti al secondo livello, e così via fino ad arrivare 
al livello dei W.P. Come di seguito illustrato: 
Tra gli strumenti e tecniche troviamo anche la pianificazione a finestra mobile (Rolling Wave 
Planning). 
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Qui ci sono due concetti fondamentali: 
– Elaborazione progressiva: il fatto fisiologico che io non abbia conoscenza delle informazioni del 
progetto allo stesso livello e con lo stesso approfondimento in ogni istante, iniziale e nei momenti 
futuri. 
– Il buon senso applicato alle attività di progetto.
Tale tecnica cosa ci suggerisce: sappiamo che purtroppo l’attività di progetto a partire sin dall’inizio, 
sarà caratterizzato da tutta una serie di informazioni che cambieranno nel tempo e che allo stesso 
momento sappiamo che il progetto ha una durata limitata a partire ad esempio da oggi e terminare 
entro una certa data nel futuro. Considerato questo, ci si deve domandare del perché già al tempo 
T0 andare ad impegnare risorse nell’andare ad identificare una definizione di un’attività di dettaglio 
anche di quel W.P. che dovrà essere realizzata molto in là nel tempo, sapendo che ciò che definisco 
oggi forse sarà vero domani ma molto probabilmente non sarà vero fra 1 mese. Identifichiamo allora 
una serie di periodi temporali, dall’inizio fino a 1 o 2 momenti di controllo, rispetto al quale andremo 
a pianificare la nostra schedulazione. 
Pertanto andremo a scomporre nel dettaglio i W.P. che rientrano all’interno di una finestra certa da 
un punto di vista temporale, lasciando gli altri ad un livello di non dettaglio. Tale finestra, all’interno 
della quale ci saranno dei W.P. dettagliati, si va a spostare fino a comprendere dei nuovi W.P. che 
andrò quindi e successivamente a pianificare nel dettaglio. Tale ultimo dettaglio tuttavia lo andrò a 
fare in un tempo T1 maggiore di T0 e quindi farò tale nuova pianificazione godendo di tutto quello 
che è stata la mia maturazione precedente del progetto. 
N.B. di solito le attività vengono identificate con i verbi mentre le W.P. con i sostantivi. Cioè i 
deliverable con i sostantivi: progettazione, esecuzione, ecc. mentre le attività le attività con i verbi 
che danno l’idea del lavoro da fare. 
13
Ci sono altri due elementi gestionali della pianificazione dei tempi che subentrano nel momento in 
cui la definizione dell’ambito del progetto a disposizione non è sufficiente a scomporre un rampo 
della WBS al livello di W.P. Essi sono: 
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– Punto di controllo (Control Account – CA) 
– Planning Package 
Il punto di controllo indica il punto al livello della WBS rispetto al quale andiamo a considerare le 
performance del progetto e quindi rispetto al quale andiamo a fare il controllo di come sta andando 
il progetto. Di solito è un aggregato di W.P. Cioè possono includere uno o più W.P., ma ciascun W.P. 
può essere associato ad un solo punto di controllo. In passato è stato indicato anche come Cost 
Account per indicare un punto in cui si effettuano anche dei pagamenti. 
Il Planning Package si trova sotto un punto di controllo, ma sopra una W.P. di cui si conosce il lavoro 
da svolgere ma senza un dettaglio di schedulazione, cioè ancora non si effettua una scomposizione 
dettagliata. 
L’output del processo “Definire le Attività” è l’Elenco delle attività cioè di tutte le attività pianificate 
e da eseguire nel corso del progetto. Tale elenco è importante in quanto mi identifica il lavoro che 
deve essere fatto e quindi nel momento in cui ho definito le attività avrò l’elenco di tutte le attività 
nel dettaglio. Tale elenco non segue comunque una regola cronologica ma vengono buttate tutte 
all’interno di un “raccoglitore” per poi metterle in sequenza. 
Le attività sono componenti discreti della schedulazione di progetto, ma non sono componenti 
della WBS. 
Associato all’elenco delle attività abbiamo come output gli attributi delle attività cioè informazioni 
associate alle attività schedulate, e cioè:
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Un altro elemento di Output è l’elenco delle Milestone. 
Si intende l’evento output di un attività che ha prodotto qualche cosa. Esso ha la caratteristica di 
avere un tempo di lavoro nullo e quindi non va a coprire un arco temporale bensì è un evento 
significativo importante per il progetto: il raggiungimento di qualcosa che dovrebbe essere chiaro per 
il mio progetto. Essi possono essere obbligatori se sono definiti in un contratto ovvero facoltativi se 
si basano su momenti ritenuti rilevanti da chi svolge il progetto ma oggetto di contratto.
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• SEQUENZALIZZARE LE ATTIVITA’ 
E’ una rappresentazione grafica del progetto che può essere fatta manualmente o con l’utilizzo di 
software o con la loro combinazione. 
Da notare che tra gli strumenti e tecniche non troviamo il parere degli esperti. 
Tra gli input troviamo: 
– il Piano di Gestione dei tempi, cioè le regole che mi indicano come e cosa utilizzo per 
sequenzializzare le attività.
– L’elenco delle attività visto prima con tutte le milestone e gli attributi; 
– La descrizione dell’ambito del progetto, che è sempre utile vedere in quanto deve essere sempre 
17 
chiaro quali sono i confini del nostro progetto e che cosa dobbiamo fare. 
– I fattori ambientali ed aziendali e gli Asset dei processi organizzativi, cioè tutto ciò che ho a 
disposizione, dagli standard alle normative, da un software aziendale, da un pregresso aziendale 
sul tipo di schedulazione di progetti simili che mi possono aiutare come approcciare la 
problematica, e dalle linee guida. 
Tra gli strumenti e tecniche troviamo: 
– Metodo del diagramma di precedenza (PDM) 
– Determinazione della dipendenza 
– Applicazione della Lead e Lag 
Quindi come andiamo a disegnare il nostro progetto. 
– Metodo del diagramma di precedenza (PDM) 
Esso prevede che la costruzione del reticolo di schedulazione (che sarà un output) avvenga 
rappresentando le attività su nodi a forma di rettangolo e le relazioni di dipendenza con delle frecce 
che uniscono gli spigoli iniziali e finali delle diverse attività: di solito si indica un attività predecessore 
ed un’attività successore. 
Proprio perché le attività vengono rappresentate sui nodi a forma di rettangolo questa tecnica prende 
anche il nome di AON (Activity On Node): Attività sui nodi o diagrammi di precedenza, orientato alle 
attività.
18 
Le principali relazioni di collegamento tra le attività sono:
19 
Che graficamente troviamo in questo modo: 
Teniamo sempre presente che le attività sono quelle all’interno dei W.P. e che troviamo nella lista 
delle attività (quella sorta di raccoglitore). Le singole attività le metto a confronto due a due tra di 
loro e capire chi viene prima e chi viene dopo, e così via fino a definire un reticolo complesso che mi
mostra la regola della precedenza. Chiaramente non essendo il P.M. esperto della consequenzialità 
delle attività esso si dovrà sedere con un esperto per capire questo flusso logico. 
20 
Altre situazioni che troviamo è la seguente: 
Oltre al metodo PDM esiste anche il metodo ADM (Arrow Diagramming Method): diagramma a 
frecce. In cui le attività vengono rappresentate su frecce che uniscono un evento o un nodo iniziale 
ed un evento o un nodo finale rappresentate a forma di cerchi. 
Tale metodo prende anche il nome di AOA (Activity on Arch): Attività sugli archi, orientato agli eventi.
Tutte le attività (frecce) che arrivano su un nodo sono predecessori di tutte le attività che escono dal 
nodo e l’unica relazione di dipendenza che viene ad essere descritta da questo metodo è la relazione 
di dipendenza di tipo INIZIO – FINE a differenza del metodo PDM (AON) che invece mi permette di 
avere ulteriori relazioni di dipendenza. 
Questo metodo è del tutto alternativo al precedente. Tutti i progetti che hanno delle relazioni 
specifiche di dipendenza possono essere rappresentate da un metodo o dall’altro. Siccome però le 
regole di disegno del metodo ADM usufruiscono solo della relazione del tipo Inizio–Fine, e siccome 
esistono anche altre relazioni di dipendenza, allora sono state introdotte delle attività fittizie 
(dummy activities) che permettono di esprimere le relazioni di dipendenza più disparate. 
Tali attività fittizie (in tratteggio) non hanno contenuto di lavoro ed hanno convenzionalmente una 
durata nulla. Servono unicamente ad andare ad esprimere le relazioni. 
21
22 
Di seguito si può vedere come con un esempio si applica tale metodo: 
Tale metodo non si trova nel PMBOK in quanto anche nel software microsoft project o nel Primavera 
si utilizza solo il metodo PDM. 
Un altro tecnica per sequenzializzare le attività è il GERT che però non si può utilizzare per il reticolo 
di schedulazione e quando vogliamo andare avanti con la gestione dei tempi di progetto in quanto 
prevede il dover ripetere più volte un test se lo stesso fallisce ovvero la possibilità di scegliere una 
delle possibili ramificazioni proposte dal reticolo di progetto. Con questo metodo non si possono 
applicare le tecniche analitiche.
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Tra gli strumenti e tecniche troviamo altresì la 
– Determinazione della dipendenza tra le attività 
Chiaramente sono attività qualitative dove cerco di capire quale posso fare primo o dopo e quale tipo 
di relazione posso identificare. Queste relazioni si classificano i 4 categorie:
Tra gli altri strumenti e tecniche troviamo altri strumenti per sequenzializzare le attività ovvero per 
affinare meglio in maniera più accurata le relazioni di dipendenza: LEAD e LAG 
LEAD consente di accelerare l’attività successore, ad es. in una relazione di dipendenza di Inizio-Fine 
con un Lead di 10 giorni, l’attività successore può iniziare prima di 10 giorni la fine dell’attività 
precedente. 
LAG comporta un ritardo dell’attività successore, ad es. in una relazione di dipendenza fine-inizio con 
un Lag di 10 giorni, l’attività successore non può iniziare prima di 10 giorni dopo la fine dell’attività 
predecessore. 
24
25 
Una forma grafica di tali espressioni è la seguente: 
I Lag e Lead vengono denominati anche Constraint Delay (CDE) e rappresentano un ritardo o un 
anticipo che può essere assegnato ad un legame tra due attività. Tale delay nell’analisi viene trattato 
come una durata. Esso implica un ritardo (se positivo) o un anticipo (se negativo) tra la fine del 
predecessore e l’inizio del successore. 
Se rappresenta un anticipo generalmente sul segno della freccia viene inserito un numero negativo 
ovvero la dizione LEAD seguito da un numero positivo. Se esso rappresenta un ritardo sulla freccia 
viene inserito un valore positivo ovvero la dizione LAG seguito analogamente da un numero positivo. 
Questo modo di sequenzializzare mi può servire nel momento in cui devo svolgere delle attività che 
magari in quel giorno non sono disponibili e quindi un ritardo o un anticipo dell’attività successiva mi 
può venire incontro all’utilizzo di risorse che diversamente non potrei avere. 
Cosa esce fuori come output dal processo di Sequenzializzare le Attività? 
Otteniamo i reticoli di visualizzazione del progetto o reticoli di schedulazione del progetto e cioè una 
visualizzazione schematica delle ATTIVITA’ schedulate del progetto e delle relazioni logiche che le 
uniscono (relazioni di dipendenza).
Allo stato attuale stiamo ancora a livello del disegno del progetto ovvero delle singole attività 
schedulate. 
Un esempio di progetto rappresentato da un grafico reticolare sia con il metodo PDM che ADM è il 
seguente: 
Essi rappresentano lo stesso progetto. Solo che nel primo disegno le attività vengono rappresentate 
nei nodi (rettangoli) mentre nel secondo disegno le attività vengono rappresentate sulle frecce. 
Altra cosa importante, nel momento in cui abbiamo disegnato il tipo di schedulazione, occorre andare 
a capire quali sono tutti i possibili percorsi (strade) di attività che mi permettono di andare dall’inizio 
della schedulazione alla fine della schedulazione. Ad es. 
26
27 
Come si può vedere i possibili percorsi per andare dall’inizio ST alla fine FI sono 3. 
Da tener presente che le attività schedulate le devo svolgere tutte, in quanto sono loro che mi danno 
il 100% del singolo W.P. Tuttavia questi 3 percorsi che abbiamo identificato hanno delle 
caratteristiche particolari. 
Il suddetto reticolo di schedulazione del progetto fornisce un supporto nella gestione del progetto in 
quanto: 
– Mostra le relazioni tra tutte le attività schedulate di progetto; 
– Mostra al gruppo di progetto la sequenza di esecuzione del progetto; 
– Aiuta ad ottimizzare l’organizzazione ed il controllo del lavoro di progetto; 
– Può mostrare l’avanzamento del progetto; 
– Aiuta a definire e giustificare la stima dei tempi di progetto. 
Facciamo un esempio di disegno di reticolo di schedulazione del progetto sia con il metodo PDM che 
ADM, come segue: 
Abbiamo le seguenti attività articolate in questa maniera: 
Attività Predecessori 
1 - 
2 1 
3 1 
4 3 
5 2 
6 4 – 5
28 
La tipologia di relazione è del tipo Fine-Inizio. 
Disegnare il reticolo di schedulazione di questo progetto con il metodo PDM e poi con il metodo ADM. 
Avremo così i seguenti schemi: 
Start 
1 
2 
3 
5 
4 
5 
Dove all’inizio ed alla fine avremo due milestone che hanno durata nulla. 
Il reticolo PDM è orientato alle attività: ad es. dopo l’attività 1 viene la 2 e la 3 e così via; mentre il 
reticolo ADM è orientato agli eventi: cioè l’evento 1 ha un inizio (primo cerchietto e finisce con il 
secondo cerchietto) e così via. 
I numeri sulle frecce indicano gli eventi ed i nodi indicano l’inizio e fine della singolo evento. 
Nel reticolo ADM si può notare come l’attività 6, dipendente dalla 4 e 5, lo si deve disegnare con una 
attività Dummy che mi dice che l’attività 6 può iniziare solo dopo che sono finite entrambe le attività 
4 e 5 che magari hanno durate differenti. Se avessi fatto partire una freccia direttamente dall’attività 
4 non avrei espresso tale concetto. 
Tuttavia nella realtà il metodo ADM difficilmente si utilizza. 
6 Finish 
Reticolo di schedulazione con il metodo 
PDM 
Reticolo di schedulazione con il metodo 
ADM 
F 
6 
4 
2 
3 
S 1
29 
Cosa succede se ho dimenticato di inserire una attività o devo modificarne qualcuna? 
Aggiornerò l’elenco delle attività, vedo su cosa impatta tale aggiornamento e vado a modificare il 
work package; identifico quindi che dalle relazioni di dipendenza nascono dei nuovi rischi che fino a 
quel momento non avevo identificato per quella specifica nuova attività, magari capisco che dovrò 
fare una analisi dei rischi più approfondita. Tali nuovi rischi li andrò ad inserire in nuovo oggetto che 
si chiamerà Registro dei Rischi che andrò ad aggiornare. 
Ancora una volta si evince qui il significato di “integrazione”.
30 
• STIMARE LE RISORSE PER LE ATTIVITA’ 
Vediamo tra le altre cose che tra gli input troviamo il calendario delle risorse. 
Esso va a definire la disponibilità delle risorse sul progetto con quelle che sono le caratteristiche 
tipiche delle singole risorse in termini di competenze, ed esperienze, di costi e soprattutto l’effettiva 
disponibilità delle risorse. All’interno di tale calendario potrei trovare il gruppo utile per svolgere il 
progetto. Il calendario non è altro che un elenco delle risorse che possiede l’azienda all’interno della 
quale sono esplicitate i nominativi, le competenze, i turni, il piano ferie di ciascun elemento e così 
via. 
Tra le risorse abbiamo anche i materiali e macchinari propri dell’azienda.
Poi abbiamo i soliti Fattori ambientali aziendali, cioè tutto quello che ha l’azienda a disposizione per 
tale processo: disponibilità delle risorse; nonché gli Asset dei processi organizzativi, cioè tutto quello 
che è l’azienda nei confronti di tale processo. Essi forniscono i criteri adottati dall’organizzazione 
aziendale per la gestione delle risorse sia umane che materiali. Se disponibili vengono esaminati i dati 
storici relativi ai tipi di risorse necessarie per un lavoro simile nel contesto di progetti precedenti. 
31 
Tra gli strumenti e tecniche troviamo 
– l’Analisi delle alternative: 
Già in questa fase si inizia a fare un ragionamento sulle possibili alternative di risorse da utilizzare per 
lo svolgimento delle specifiche attività schedulate. 
Tale analisi delle alternative ci indica se andare verso le risorse molto competenti o con skill molto 
basso; ovvero utilizzare strumenti che hanno un alto tasso di produttività (macchinari nuovi e più 
performanti) o macchine men o performanti. 
Questo pezzo di progetto lo realizza la stessa azienda o lo facciamo realizzare all’esterno (acquistiamo 
il prodotto finito) – Make or Buy – 
Tutte queste considerazioni non si fanno solo in un momento ma si applicano continuamente durante 
il progetto e man mano che passa il tempo lo riesco a fare anche in maniera più approfondita. 
Ipotizziamo che il progetto debba essere eseguito con dei vincoli temporali molto stringenti. 
A tale punto devo capire se devo prendere delle risorse con dei skill molto alti o molto bassi per 
risolvere il problema. Ovvero prendere anche dei macchinari più grandi o più performanti. 
Chiaramente i costi ne subiscono un impatto considerevole (famoso triangolo tempi – costi – ambito). 
Quindi l‘analisi delle alternative deve prendere in considerazione tutte le risorse (umane e macchine) 
a disposizione e capire a seconda degli obiettivi temporali, di costi, di rischi ecc. quali sono le scelte 
migliori da intraprendere. In tal caso si può scegliere se il progetto, o parte di esso, lo deve fare 
l’azienda (Make), sempre le risorse interne sono in grado di svolgerlo oppure far fare un pezzo del 
progetto all’esterno (Buy) perché magari si tratta di una fase progettuale più complicata e che magari 
mi costa anche di meno che farlo fare all’interno. 
Dalla scelta delle risorse utilizzate dipenderanno i costi, i tempi ed anche la qualità del prodotto finito.
32 
– Dati di stima pubblicati 
Si può fare riferimento a tutta una serie di dati che si trovano in commercio che mi indicano quali 
sono le risorse, di solito associati anche ai costi, legati allo svolgimento delle attività tipiche 
logisticamente dislocate in varie parti del paese o per tipologia di lavoro. Con la diffusione 
dell’Internet tali notizie sono sempre più sviluppate. 
– Stima Bottom – Up 
Esso è un ragionamento del tipo: 
Se dalla definizione dell’attività non riesco a capire chiaramente qual’ è la tipologia e la quantità di 
risorsa da utilizzare posso effettuare tale tecnica che mi esplode ulteriormente l’attività schedulata 
ancora più in dettaglio per andare a capire meglio le risorse che devo utilizzare in quell’attività. E’ un 
po’ come fare l’analisi dei costi o del prezzo, e quindi questo è un’esplosione della singola attività: 
dettagliare l’utilizzo delle singole risorse e dei materiali per capire quale possa essere il prezzo 
unitario della singola attività. Tali informazioni andranno ad alimentare quella scheda del Work 
Package, cha avrò a monte dettagliato, che andrò poi a dare al responsabile del W.P. 
In tale metodo: 
– Il sistema viene scomposto top-down in componenti conosciute e valutabili; 
– Il costo di ogni risorsa viene stimato e i risultati aggregati botton-up per comporre la stima 
complessiva; 
– Lo scopo è costruire una stima partendo dalla conoscenza (per esperienza o altri fattori) del costo 
necessario per sviluppare e integrare le singole risorse. 
I Vantaggi sono: 
– Elevato livello di affidabilità (stima dettagliata); 
– Permette di eseguire stime in modo tradizionale e di trattare stime delle risorse di cui c’è 
conoscenza diretta; 
– Il metodo è abbastanza buono perché le stime errate delle risorse tendono a compensarsi. 
I limiti sono:
33 
– Eventuali errori si riflettono su tutta la WBS; 
– Le stime potrebbero non essere stabili nel tempo; 
– Processo di stima lungo e costoso; 
– È poco accurato nelle fasi iniziali in cui non ci sono sufficienti informazioni; 
– Tende a non essere applicabile se risorse e tempo sono poco disponibili. 
– Software di project management 
Output del processo di Stimare le Risorse per le Attività sono: 
– Requisiti di risorse per le attività 
Cioè quali devono essere i requisiti richiesti per svolgere quelle attività. Cioè Identificazione e 
Descrizione dei tipi e delle quantità delle risorse richieste. 
Esse devono essere documentate riportando informazioni relative alle esperienze passate ovvero alla 
disponibilità e quantità di risorse impiegate, ecc. 
Altro Output è la struttura di Scomposizione delle Risorse (RBS – Resource Breakdown Structure). 
Le informazioni tirate fuori da questa analisi fatte sulla stima delle risorse delle attività descritte nei 
requisiti di risorse per le attività, vengono strutturate in forma gerarchica di WBS. Cioè partendo 
dall’inizio del progetto si tira fuori una “struttura” suddivisa in risorse umane, strumenti e materiali. 
Le risorse umane a sua volta possono essere scomposte in risorse umane interne ed esterne. Così 
pure le strumentazioni possono essere suddivise in interne ed esterne.
Addirittura andando a fare una stima Botton-Up e cioè esplodere ulteriormente l’attività fino a 
scendere all’analisi dettagliata delle risorse (umane, strumenti e materiali), posso capire come tale 
costo si spalma sulle diverse risorse (umane, strumentali e materiali). 
La RBS altro non è che la WBS delle risorse. In ciascun nodo della RBS (ma di fatto della WBS 
limitatamente alle risorse) viene evidenziato il tipo di risorsa, il tempo di utilizzo e il parametro di 
costo orario unitario. Risalendo sui rami della WBS si giunge all’impiego cumulato delle risorse e al 
suo costo. 
Una rappresentazione di una RBS è la seguente: 
34 
a) In formato grafico tipo WBS: 
b) Oppure in formato a cascata:
35 
Tale struttura in genere si utilizza insieme alla WBS.
36 
• STIMARE LE DURATE DELLE ATTIVITA’ 
Esso è una stima elaborata progressivamente (concetto di elaborazione progressiva). Quindi è un 
processo che svolgerò più volte nel ciclo di vita del progetto: condizioni al contorno che variano 
progressivamente nel tempo, e quindi progressivamente andrò a variare quelle che sono le modifiche 
effettuate.
Tra gli input troviamo: 
– il Piano di Gestione della Schedulazione, cioè le regole da utilizzare per la gestione dei tempi di 
37 
progetto. 
– Inoltre i requisiti di risorse per le attività che abbiamo già visto in precedenza, esse influenzano 
significativamente la durata della maggior parte delle attività (ad es. se un’attività schedulata 
richiede l’intervento simultaneo di due risorse per essere efficacemente completata, ma una sola 
persona è assegnata al lavoro, l’attività schedulata, generalmente durerà il doppio del tempo per 
essere completata). 
– Il calendario delle risorse è un documento presente in azienda che mi indica le disponibilità, 
capacità e skill delle risorse umane nonché il tipo, la quantità e disponibilità delle attrezzature e 
dei materiali. 
Generalmente tale calendario è dato dal PMO (Project Management Office) che è un ufficio 
facente parte dell’azienda (struttura organizzativa a matrice forte) e non del progetto singolo, da 
non confondere con il P.O. (Project Office) che invece fa parte del Team di Progetto, di carattere 
gestionale, ma che non sono orientate a lavorare sulle attività ma coadiuvare il P.M. nella 
gestione dei rischi, dei tempi, ecc. 
Il PMO serve invece a supportare la gestione del progetto e quindi anche del P.M. 
– Descrizione dell’ambito del progetto: devo sempre avere in mente che cosa devo realizzare e 
all’interno della quale occorre considerare i vincoli e assunti derivanti dalla descrizione 
dell’ambito del progetto, che mi possono servire per identificare le durate delle singole attività 
(ad es. termini contrattuali come vincoli o invece le condizioni di lavoro come assunti. Il livello di 
finitura delle lavorazioni può anche influenzare la determinazione della stima della durata delle 
attività. 
– Registro dei rischi: fornisce l’elenco dei rischi associate alle singole attività insieme ai risultati 
dell’analisi del rischio ed il piano di risposta ai rischi. 
– Struttura di scomposizione delle risorse: la famosa RBS già vista in precedenza che è una 
suddivisione gerarchica delle risorse identificate per categoria e per tipo. 
– Fattori ambientali aziendali: quello che l’azienda HA a disposizione per il progetto: database di 
stime delle attività e relativa allocazione di risorse opportunamente organizzate per tipologia di 
attività/risorsa
– Asset dei processi organizzativi: quello che l’azienda E’; generalmente sono documenti che 
possono essere utili al P.M. come ad es. le lesson learned, il calendario di progetto con 
l’indicazione dei giorni lavorativi e non lavorativi). 
38 
Tra gli strumenti e tecniche troviamo: 
– Il parere degli esperti (metodo: per portare avanti un processo occorre che il P.M. abbia una 
certa esperienza oppure coinvolgere un gruppo di lavoro formato da esperti. Infatti la stima delle 
durate delle attività non è cosa semplice per un P.M. che non è addentrato perfettamente nella 
problematica ed in questo caso il parere del personale esperto (interno o esterno) supportate da 
informazioni storicizzate, può aiutare nella stima della durata delle attività. 
– Stima per analogia: il metodo di stima chiamato anche TOP-Down (a volte si intende la macro 
stima che viene dato dallo Sponsor o top manager) si usa quando si hanno poche informazioni 
(ad es. nelle primissime fasi del progetto). La stima complessiva del progetto viene effettuata 
partendo dai livelli più alti della WBS e prosegue poi verso i livelli più bassi. 
I vantaggi sono: 
• è estremamente rapido; 
• è valido per una prima stima di massima; 
I Limiti sono: 
• è poco affidabile ed è poco accurato 
Tale metodo potrebbe trovare ad es. applicazione in caso d partecipazione ad un bando di gara di 
Appalto. In questo modo si potrà disporre di una stima di massima, non precisa, ma che potrà dare 
una misura complessiva dell’appalto da riportare nell’offerta. 
La stima per analogia ci dà la possibilità di confrontare altresì il progetto attuale con progetti analoghi 
già completati. E’ applicabile sia a livello di progetto complessivo sia di singoli parti della WBS. E’ in 
certo senso molto vicino al metodo che si basa sulla stima degli esperti, in quanto si lavora per 
analogie con l’esperienza passata. 
Il metodo consiste: 
 Nel caratterizzare il progetto; 
 Selezionare il progetto più simile fra quelli di cui si dispongono i dati storici;
39 
 Evidenziare le differenze; 
 Preparare la stima 
In particolare sarà necessario selezionare: 
 Le caratteristiche rilevanti delle attività; 
 Le caratteristiche di similarità o distanza; 
 Il numero di progetti analoghi che devono essere presi in considerazione per la predizione 
Inoltre se si considerano più progetti ritenuti simili si può utilizzare una media pesata. Si possono 
utilizzare meccanismi di aggiustamento basati su criteri oggettivi o soggettivi. 
I vantaggi di tale metodo sono: 
o Confronto con un progetto simile già realizzato (o sue parti) 
o Stima rapida; 
o Stime basate su dati reali; 
o Utilizzato per stime di massima (spesso in fase preliminare di analisi), utile anche come raffronto; 
Gli svantaggi sono: 
o Necessità di esperienza professionale, interna o esterna (consulenti); 
o Vincolato alle informazioni passate disponibili (quantità e qualità); 
o Non applicabile o impreciso se i progetti sono troppo diversi. 
La Stima parametrica invece è una stima più dettagliata. 
Per tali stime occorre basarsi sulla valutazione di opportuni parametri. Si definiscono cioè alcuni 
parametri misurabili, detti driver “D”, come per es. la superficie calpestabile ovvero la superfice del 
tetto o delle pareti, e su questi si individuano le attività necessarie per unità “U” (ad es. mq, mc, 
ore/uomo, ecc.) 
La stima della durata dell’attività può essere quantitativamente determinata moltiplicando la 
quantità di lavoro da eseguire per il tasso di produttività (team di risorse). Ad es. devo cablare un 
chilometro di strada con la fibra ottica. Ipotizzo di utilizzare due operai ed una macchina per srotolare 
la fibra. I due operai riescono a cablare 100 ml. di fibra all’ora; dalla stima parametrica ottengo che 
per cablare 1 km di fibra ci vogliono 10 ore.
40 
I Vantaggi di tale metodo sono: 
• È molto accurato; 
• È basato su misure oggettive e precise; 
• È valido in fase avanzata di pianificazione; 
I limiti sono: 
• Occorre disporre di tutte le informazioni di dettaglio del progetto (o una sua parte); 
• È laborioso; 
Questo tipo di stima si applica quando si dispone di misure certe del nostro progetto (o prodotto). E’ 
tipico l’esempio di una costruzione di un edificio di cui si conosce la cubatura, di un pavimento di cui 
è nota la superficie calpestabile, di un manto stradale di cui si conosce la lunghezza, di un muro di cui 
sono note le dimensioni. 
In casi come questi, verificando il costo unitario delle attività (o risorse) è immediato il computo del 
costo totale. 
Tale tipologia di stima quindi si basa su dati storici consolidati. Ma sono applicabili anche dati 
provenienti su basi statistiche, e da qui si possono ricordare l’Analisi della Regressione (Scatter 
Diagram) oppure le Curve di Apprendimento. 
Stima a tre punti (o a tre valori) 
Alcune attività hanno una tipologia che non consente di esprimere la stima della durata in modo 
deterministico, ma con un ordine di incertezza. 
Un caso tipico sono le attività di movimentazione materiali che possono essere molto influenzate 
dalle condizioni del traffico, per cui in questi casi è più adeguato determinare la stima della durata 
come distribuzione probabilistica della durata stessa. 
La stima a 3 punti è appunto una determinazione statistica della durata attesa di un attività. In tale 
tecnica, la stima della durata EAD (= Expected activity duration), si basa su tre valori:
41 
Durata più probabile (= Dml dove “ml” sta per Most Likely) 
Durata ottimistica (Do) 
Durata pessimistica (Dp) 
Una stima della durata dell’attività (tempo atteso dell’attività) può essere costruita utilizzando una 
media delle tre durate stimate (o un’altra formula matematica). Questa media fornisce in genere una 
stima più accurata della durata dell’attività rispetto a una stima più probabile a valore singolo. 
Quindi la stima si può fare applicando le tecniche probabilistiche e cioè la Distribuzione Beta 
(tipicamente usata nel metodo PERT) e la distribuzione triangolare (media dei tre valori), secondo le 
seguenti formule. 
Tempo atteso: 
1) Distribuzione Beta: EAD = (D0+4Dml+Dp)/6 (ovvero una media pesata dei tre valori stimati, 
di cui il valore più probabile pesa in modo prevalente (4 volte di più degli altri due) 
2) Distribuzione triangolare: EAD = (Do+Dml+Dp)/3 
Concettualmente le stime di durata dell’attività di tipo probabilistico sono di maggior valore delle 
stime di tipo deterministico o a singolo valore (per es. quella parametrica). Ogni stima è per sua 
natura approssimata. Il valore consuntivo della grandezza si discosterà dal valore stimato. La stima di 
tipo probabilistico ha il pregio di evidenziare la quantità e distribuzione dell’approssimazione che 
grava sul valore stimato la quale, con le stime deterministiche, viene invece percepita in modo più 
grossolano (per es. +/- 25%).
Quindi la durata della singola attività può essere determinata o con un approccio deterministico 
(quando sono sicuro della materia ovvero ho dei dati certi) oppure con un approccio probabilistico. 
E’ ovvio che ci possono essere delle differenze tra i due approcci. Maggiore è la differenza fra le stime 
ottimistica e pessimistica delle durate maggiore è il livello di indeterminatezza della stima a te punti. 
Per capire quant’è l’indeterminatezza si usano due valori: 
– La Deviazione standard (o scarto quadratico medio o misura della dispersione) anche detta σ 
(Sigma), che è un indicatore dell’affollamento dei valori della durata attorno al valore EAD, ed è 
data dalla formula: 
42 
σ = 
 
 ∗   	 
– La Varianza (detta anche σ2) è data dalla formula (quadrato della deviazione standard) 
σ2 =
2 
La varianza è un indicatore di dispersione in quanto è nulla solo nei casi in cui tutti i valori son uguali 
tra loro (e pertanto uguale alla loro media) e cresce con il crescere delle differenze reciproche dei 
valori. Essa risulta essere in pratica una misura della dispersione dei valori ottenuti in “n” prove: 
maggiore differenza vi è tra i valori ottenuti in “n” prove e maggiore sarà il valore della varianza. Offre 
cioè una indicazione sull’addensamento dei valori della variabile attorno al valor medio.
43 
Facciamo un esempio: 
Vediamo ora di richiamare alcuni concetti di statistica e probabilità. 
L'obiettivo primario per il Project Manager è il successo del progetto. Essere efficaci, arrivare all'obiettivo, non 
basta! Bisogna anche essere efficienti e arrivare all'obiettivo con il minore dispendio e spreco di risorse, 
mantenendo alti gli standard qualitativi. Per essere efficaci, quindi, non è sufficiente misurare, occorre anche 
elaborare le misurazioni effettuate e utilizzarle a scopi previsionali sempre nell'ottica dell'efficienza e della 
sostenibilità del progetto. 
La conoscenza di base e la comprensione di alcuni elementi delle discipline della Statistica e della Probabilità 
sono di supporto al Project Manager nello svolgere le attività di gestione di un progetto, tra le quali citiamo: 
la gestione dei rischi, la capacità di predire in maniera oggettiva l'andamento dei costi e delle tempistiche, la 
misurazione degli indici di performance del progetto e la loro analisi necessaria per capire l'andamento del 
progetto stesso. Inoltre, durante la fase del Monitoring  Controlling, sono numerosi i metodi statistici che 
supportano una comprensione analitica (qualitativa e quantitativa) dell'andamento del progetto. Tale 
comprensione permette di avere gli strumenti necessari per intraprendere eventuali correzioni (di costo, di 
risorse, di budget, di tempistiche, di qualità, di scopo) durante le varie fasi del progetto. 
In Statistica una variabile ha due caratteristiche: 
– è un attributo che descrive una persona, un posto, un oggetto o un idea; 
– ha un valore che dipende dal tipo di entità cui si riferisce. 
Variabili qualitative e variabili quantitative 
Le variabili sono classificate in due modi: qualitative e quantitative.
44 
– Variabili qualitative (o categoriche): il valore è un testo, un aggettivo. Per esempio: il colore dei 
capelli di una persona è una variabile qualitativa. 
– Variabili quantitative (o numeriche): il valore è un numero. Per esempio: l'altezza di una persona, 
espressa in centimetri, è una variabile quantitativa. 
Le variabili quantitative sono a loro volta classificate come discrete o continue. 
– Discrete: le variabile discrete assumono solo numeri interi. 
Esempio: la popolazione del pianeta Terra è un numero discreto. 
– Continue: le variabili continue assumono qualsiasi valore tra un minimo e un massimo. 
Esempio: Il budget previsto per l'acquisto di una nuova automobile della famiglia Bianchi, può 
assumere qualsiasi valore tra il minimo di 15.000 € e il massimo di 20.000 €. 
Variabili aleatorie 
Una variabile aleatoria (casuale, random) è una variabile che assume determinati valori in modo 
casuale (non deterministico). 
Esempi: 
– il lancio di un dado; 
– l’esito di una estrazione del Lotto; 
– il risultato di una partita di calcio; 
– il voto di un esame. 
Dato che ciascuno dei valori ha una probabilità di verificarsi, ci sarà anche una funzione detta distribuzione di 
probabilità P(x) della variabile aleatoria x. 
Le variabili aleatorie possono essere sia discrete che continue. 
Esempio di applicazione 
Una piccola azienda ha deciso di investire in un progetto che prevede la ristrutturazione e riqualificazione dei 
locali situati al piano terra di un edificio di 3 piani per la realizzazione di un centro ricreativo e culturale che ha 
l'obiettivo di erogare corsi di: lingua, teatro, musica, arte e doposcuola. Il Project Manager fa un elenco delle 
seguenti variabili qualitative e quantitative che intende tenere sotto controllo durante le varie fasi del 
progetto. 
Variabili qualitative:
45 
– risposta della popolazione alla proposta dei corsi; 
– tempi di realizzazione struttura. 
Variabili quantitative: 
– popolazione potenziale interessata ai corsi 
– tra 4 e 6 anni 
– tra 7 e 11 anni 
– tra 12 e 14 anni 
– tra 14 e 25 anni 
– tra 25 e 55 anni 
– tra 55 e 65 anni 
–  65 anni 
– percentuale di persone che hanno espresso interesse per i corsi di lingua 
– percentuale di persone che hanno espresso interesse per i corsi di teatro 
– percentuale di persone che hanno espresso interesse per il servizio di doposcuola e tutoraggio 
I valori delle suddette variabili permetteranno di valutare il numero dei corsi da erogare e il numero dei docenti 
esterni da reclutare sul territorio. 
1 minuto di riflessione 
Rifletti su quali possano essere le variabili quantitative principali che caratterizzano un individuo. 
Alto è una variabile qualitativa, 178 cm è una variabile quantitativa. 
Domande di verifica 
Tra le variabili quantitative che hai individuato nel minuto di riflessione precedente, quali sono le variabili 
continue?
46 
Test di comprensione 
Quale delle seguenti affermazioni è vera? 
[A] Tutte le variabili possono essere classificate come numeriche o qualitative. 
[B] Le variabili categoriche possono essere variabili continue. 
[C] Le variabili qualitative possono essere variabili discrete. 
[D] Le variabili discrete assumono qualsiasi valore tra un minimo e un massimo. 
Soluzione Test di comprensione 
La risposta corretta è [A]. Tutte le variabili possono essere classificate come qualitative o numeriche. Le variabili 
categoriche (dette anche qualitative), non possono essere numeriche e quindi non possono essere classificate come 
continue. Le variabili discrete sono una categoria di variabili quantitative e assumono solo valori interi tra un minimo e 
un massimo. 
In conclusione
47 
Figura 1: Schema riassuntivo variabili 
Media 
La media aritmetica di un set di dati è la somma numerica di tutti i valori dei dati diviso il numero dei dati. 

  
       
    
In simboli matematici: 
! # 
$ 
Variabili 
Quantitative Qualitative 
Continue 
Discrete 
 Le variabili sono attributi di cose 
 Le variabili qualitative usano parole 
 Le variabili quantitative usano numeri 
 Le variabili continue assumono qualsiasi 
valore tra un minimo e un massimo 
 Le variabili discrete assumono un valore 
intero tra un minimo e un massimo 
-------------------------------------------------------- 
 Le variabili aleatorie (random, casuali) 
assumono determinati valori in modo casuale 
(sia discrete che continue) 
Aleatorie
48 
Dove: 
 ! è la media del set di x valori 
 è la somma di tutti gli x valori facenti parte del set 
 n è il numero di x valori del set 
Mediana 
La mediana di un insieme di dati è il valore del dato centrale dell'insieme dopo che questi sono stati 
ordinati in ordine crescente. 
Mediana = ½ (n + 1) -esimo valore del set di dati 
Dove: n è il numero dei dati 
Nota: Se è il numero dei dati è pari, allora la mediana è calcolata come la media di due valori 
centrali di un insieme di dati. 
La mediana indica il numero che occupa la posizione centrale in un insieme di numeri, ovvero una 
metà dei numeri ha un valore superiore rispetto alla mediana, mentre l'altra metà ha un valore 
inferiore. 
La media e la mediana sono misure usate per descrivere il valore più tipico di una popolazione. 
Gli Statistici li definiscono come misure della tendenza centrale. 
Moda 
La moda indica il valore più ricorrente in un insieme di dati. In alcune distribuzioni, la moda può 
mancare, oppure essere presente per più di un valore; in questo caso, si hanno distribuzioni 
bimodali (due mode), trimodali (tre mode), plurimodali. 
Moda = valore che compare con maggior frequenza
49 
La moda, ad esempio, di 2, 3, 3, 5, 7 e 10 è 3. 
Esempio di applicazione 
In un progetto si registra un aumento dei costi mensile. Dopo una analisi sui costi, il PM decide di 
calcolare l'over-costo medio settimanale dovuto alle ore di straordinario richieste negli ultimi due 
mesi (1 ora di straordinario costa all'azienda 122 euro). 
1. Settimana 1 = 25 ore 
2. Settimana 2 = 21 ore 
3. Settimana 3 = 15 ore 
4. Settimana 4 = 28 ore 
5. Settimana 5 = 21 ore 
6. Settimana 6 = 32 ore 
7. Settimana 7 = 17 ore 
8. Settimana 8 = 22 ore 
Media 
Σ =25+21+15+28+21+32+17+22=181 ore 
n 8 
! 22,625 ore 
Costo medio settimanale 
imputabile alle ore di 
straordinario 
2760,25€ 
Mediana 
Ordiniamo le ore settimanali in ordine crescente: 15, 17, 21, 21, 22, 25, 28, 32 
Valori centrali: 21, 22
50 
Mediana: (21+22)/2 = 21,5 ore 
Moda 
Il valore più ricorrente è 21 ore. 
1 minuto di riflessione 
Nell'esempio precedente quali delle 2 misure della centralità meglio risponde alle esigenze del Project 
Manager? 
Domande di verifica 
Quando è meglio usare la media e quando la mediana? 
Usiamo la media quando abbiamo un campione grande di dati. Usiamo la mediana quando abbiamo 
un campione piccolo di dati e il campione presenta un valore che differisce moltissimo da tutti gli altri 
dati. Tale valore si chiama outlier (dato erratico). Questo perché il dato erratico può falsare la media. 
Test di comprensione 
Il punteggio di 4 test di IQ è il seguente: 96, 100, 106, 114. Quale delle seguenti affermazioni è 
vera? 
[A] La media è 103 
[B] La media è 104 
[C] La mediana è 100 
[D] La mediana è 106 
Soluzione 
La risposta corretta è [B]. Infatti:
51 
Media = Σx / n = (96 + 100 + 106 + 114) / 4 = 104 
Dal momento che ci sono un numero pari di punteggi (4), la mediana è la media dei due punteggi centrali. 
Mediana = (100 + 106) / 2 = 103 
Tendenza centrale 
Mediana Media 
Moda 
Senza 
outlier 
Valore 
centrale 
Con 
outlier 
Valore più 
ricorrente 
Le misure di tendenza 
centrale rappresentano 
il valore “più tipico” 
La mediana è il valore 
centrale 
Figura 2: Schema riassuntivo Media, Mediana, Moda
52 
Range 
Il Range è la differenza tra valore massimo e valore minimo di un insieme di dati. 
Nell'intervallo di Figura 3 i valori sono {4, 6, 9, 3, 7}. Il valore minimo è 3, il valore massimo 9, 
il range = 9 - 3 = 6. 
Figura 3: Range di un insieme di dati 
Varianza 
Nel capitolo precedente abbiamo visto come la media sia una misura della centralità del nostro 
insieme di dati (popolazione). Utilizziamo ora la media come punto di riferimento per calcolare la 
deviazione (o variabilità) di ciascun valore dal valore centrale (media). 
Questa deviazione si chiama scarto. 
Le deviazioni sono numeri positivi per tutti i valori al di sopra della media e numeri negativi per tutti 
i valori al di sotto della media. 
Sommando queste deviazioni il risultato è 0 (i valori positivi sono elisi dai valori negativi). 
Quest'approccio non ci consente quindi di ottenere una misura della variabilità dei dati. Il problema 
si risolve elevando al quadrato le deviazioni dalla media (il quadrato di un numero negativo è un 
numero positivo). 
Sommando i quadrati delle deviazioni (o “scarti”) dalla media e dividendo questa somma per il 
numero delle osservazioni, otteniamo la deviazione quadratica media (o scarto quadratico medio) 
o varianza.
Data una popolazione, la varianza è una funzione che fornisce una misura di quanto i valori 
assunti dalla variabile si discostano dal valore medio. 
53 
La varianza è quindi definita come lo scarto quadratico medio dalla media della popolazione, 
secondo la seguente formula: 
  Σ'(	 
) 
Dove 
σ2 è la varianza 
μ è la media 
Xi è l'i-esimo elemento della popolazione 
N è il numero degli elementi della popolazione. 
In sintesi, la varianza dice come sono distribuiti i valori attorno alla media. 
Per esempio: prendiamo l'età di una popolazione di 3 gruppi di individui adulti in 3 ospedali diversi 
per sperimentare un nuovo protocollo di cura. 
Età gruppo 1 (anni): 20, 30, 40, 50, 60. 
Età gruppo 2 (anni): 10, 25, 40, 55, 70. 
Età gruppo 3 (anni): 35, 37, 40, 43, 45.
L'età media (media aritmetica) è pari a 40 anni per tutti e tre i gruppi, ma nel secondo gruppo i dati 
sono più dispersi attorno alla media. 
È per questo che, accanto ai valori medi, vanno introdotti anche indici di misura della variabilità (o 
54 
dispersione o scarto) dei dati. 
Nota: Nella formula della varianza, il denominatore è pari ad N quando si calcola la varianza di una 
popolazione, si usa invece (n-1) quando si calcola la varianza di un campione di dati (sample). 
Deviazione Standard 
Il limite della varianza come misura di dispersione è quella di avere una unità di misura espressa al 
quadrato rispetto all'unità di misura originale. 
Essa indica quanto, in media, ciascun elemento si discosta dalla media aritmetica. 
La radice quadrata della varianza, chiamata deviazione standard, ci riporta i valori nell'unità di misura 
di partenza: 
*+  , 
Σ'  (	+ 
) 
Dove: 
σ è la deviazione standard 
σ2 è la varianza 
μ è la media 
Xi è l'i-esimo elemento della popolazione 
N è il numero degli elementi della popolazione. 
La Deviazione Standard è l'indice di variabilità più reale e, quindi, più utilizzato per misurare 
l'incertezza di una misura.
55 
Quanto più elevata è la deviazione standard, tanto più i dati si discostano dal valore medio. 
Nel paragrafo seguente vedremo come il valore della varianza e della deviazione standard possono 
dare al Project Manager una indicazione sulle stima di durata e di costo di un progetto. 
La deviazione standard rappresenta l'incertezza della nostra misura centrale (media). Essendo 
definita come la radice quadrata della varianza assume sia valori negativi che valori positivi. 
Deviazione Standard come misura dell'incertezza sulle stime di durata e 
costi di progetto 
A) Stime con la tecnica a 3 punti 
Ogni attività di un progetto presenta un margine di incertezza o rischio relativamente ai parametri 
come la durata e i costi del progetto stesso. 
Nella pratica di tutti i giorni sono molti i rischi di non terminare un progetto in una determinata data 
ed entro un determinato budget. Valutare questi rischi permette di pianificare meglio una risposta 
agli stessi, aumentando così la probabilità di successo del progetto. 
Le stime a 3 punti sono di supporto al Project Manager per valutare i rischi di alcuni parametri 
fondamentali di progetto come la durata e i costi. 
Le stime a 3 punti usano 3 stime differenti: valore Ottimistico (caso migliore, O), valore Pessimistico 
(caso peggiore, P) e valore più probabile (M dall'inglese Most Likely) per stimare sia la durata che i 
costi di un progetto.
56 
Il modo più semplice è quello di calcolare la media semplice del parametro in esame: 
-./01 023/1 42056/72	  μ  
9 + ; +  
= 
+  
  ?	+ + 
 ?	+ ∗ 
 	+ 
@ 
  ,  ?	+ + 
 ?	+ ∗ 
 	+ 
@ 
Tali formule derivano dalla Distribuzione di Probabilità Triangolare. 
B) Stime con la tecnica PERT 
Anche la tecnica PERT (Program Evaluation and Review Technique) è una stima dell'incertezza che 
usa 3 punti. 
Per poter arrivare alla formula di PERT, osserviamo che la durata di un progetto è una variabile 
aleatoria (rif. 0). Assumiamo ancora che il tempo di completamento di un progetto sia un valore finito. 
In riferimento alla durata del progetto, chiamiamo stima Ottimistica (caso migliore, O) il minimo 
valore del range della durata e stima pessimistica (caso peggiore, P) il massimo valore del range. 
Queste assunzioni sono anche alla base della definizione della così detta Distribuzione Beta (β) che 
è una distribuzione di probabilità continua con range finito che vedremo in dettaglio nel capitolo 0. 
Il picco di questa distribuzione corrisponde alla moda (M), ovverosia al valore più probabile della 
distribuzione. 
O, P ed M sono quindi dei parametri della distribuzione di una variabile aleatoria (quale può essere 
appunto la durata o il costo di un progetto). 
La distribuzione Beta è caratterizzata da 4 parametri:
57 
– un valore minimo, 
– un valore massimo, 
– due parametri di forma. 
Indipendentemente dai valori di minimo e massimo, dando ai parametri di forma specifici valori, si 
calcola: 
-./01 023/1 5241.1	  μ  
9 + A; +  
 
+  
?  	+ 
+ 
B  
  9 
 
Il valore medio μ rappresenta la stima media della durata oppure dei costi del progetto. Il valore CD 
la varianza e il valore σ la deviazione standard, ossia rappresenta l'incertezza sulla stima del valore 
medio μ. 
Osserviamo che la differenza fra il valore pessimistico e il valore ottimistico è 6 volte la deviazione 
standard e che PERT dà uno peso 4 al valore della moda (valore più probabile). 
In sintesi PERT è un tipo di tecnica di stima a 3 punti e usa una stima della media pesata rispetto 
alla stima semplice della formula a 3 punti semplice. Le stime a 3 punti sono anche usate per l'analisi 
Monte Carlo. 
La formula PERT è detta anche EAD (Expected Activity Duration).
Affineremo e completeremo le tecniche di stima della durata e dei costi di un progetto quando 
esamineremo la Distribuzione Normale (Distribuzione Gaussiana) nel paragrafo 0 e il metodo del 
cammino critico (Critical Path Method). 
58 
Esempio di applicazione 
In seguito ad un cambiamento di un requisito software che implica l'installazione di un nuovo plug-in, 
il Project Manager chiede alla risorsa interessata di stimare il tempo che gli occorre per effettuare 
tale modifica. La risorsa risponde che nel caso migliore potrebbe impiegarci 6 ore, nel caso peggiore 
26 ore (problemi con l'installazione del plug-in), più probabilmente 10 ore. 
Il Project Manager decide di aggiornare la schedulazione usando la stima PERT che porta al seguente 
risultato: (6 + 4*10 + 26)/6 = 72/6 = 12 ore, molto vicino alla stima più probabile. 
1 minuto di riflessione 
Abbiamo visto che sia la varianza che la deviazione standard danno la misura dell'incertezza di una 
variabile aleatoria intorno al valore medio: perché abbiamo bisogno di due variabili che ci dicono la 
stessa cosa? 
Domande di verifica 
Un progetto è normalmente formato da più attività (scomponibili per esempio utilizzando la WBS). 
Una volta calcolato la durata media e la deviazione standard di ogni attività, a cosa corrisponde la 
durata totale e la deviazione standard totale del progetto? 
Suggerimento: verifica la tua risposta dopo aver letto il paragrafo 0.
59 
Test di comprensione 
Due progetti X e Y hanno una durata prevista di 48 giorni ciascuno. La Deviazione Standard è 4 
giorni per il progetto X e 8 giorni per il progetto Y. Cosa possiamo affermare in riferimento ai due 
progetti? 
[A] Il progetto X ha una probabilità di completarsi in metà del tempo del progetto Y 
[B] Il progetto Y ha una probabilità di completarsi in metà del tempo del progetto X 
[C] Il progetto X è più rischioso del progetto Y 
[D] Il progetto Y è più rischioso del progetto X. 
Soluzione Test di comprensione 
La risposta corretta è[D]. Il progetto Y è più rischioso del progetto X. Una deviazione standard più elevata indica 
maggiore incertezza sui rischi.
60 
Valore più grande meno il valore più piccolo 
Facile da calcolare, ignora la media 
2 
μ = (O+M+P)/3 
Range 
Deviazione quadratica media dal valor medio 
Notazione: σ 
Varianza 
Radice quadrata della varianza 
Notazione: σ 
Deviazione Standard 
Stima semplice 3 punti 
2 
= (P-O) 
μ = (O+4M+P)/6; σ 
2 
/6 
2 
; σ = (P-O) 
Stima PERT 3 punti /6
61 
Distribuzioni di Probabilità e loro applicazioni in Project 
Management 
Nel capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. Abbiamo definito le variabili aleatorie. Se 
disegniamo un grafico con i valori di tali variabili lungo l'asse x e disegniamo la probabilità che ciascun di esse 
si verifichi lungo l'asse y, otteniamo una distribuzione di probabilità. 
La funzione matematica che descrive la forma della distribuzione di probabilità si chiama funzione di 
distribuzione della probabilità. 
In questo capitolo vediamo alcune tra le distribuzioni più usate nella disciplina del Project Management e le 
loro applicazioni. 
Distribuzione Uniforme 
Nella distribuzione uniforme ogni valore della variabile aleatoria ha una uguale probabilità di verificarsi. Per 
esempio, nel lancio di un dado (facce numerate da 1 a 6), ciascuna faccia ha una uguale probabilità di 
occorrenza. Quindi ogni faccia del dado ha una probabilità di 1/6 di verificarsi. 
La distribuzione uniforme può essere discreta o continua. Il lancio di un dado è un esempio di distribuzione 
discreta perché il risultato può assumere solo valori discreti (1, 2, 3, 4, 5, e 6). Le variabili aleatorie continue, 
invece, sono quelle che possono assumere un insieme continuo di valori tra un intervallo dato [a, b]. 
La distribuzione uniforme di un insieme definito di valori è la distribuzione di probabilità che 
attribuisce a tutti gli elementi dell'insieme la stessa probabilità di verificarsi.
62 
Figura 4: Distribuzione Uniforme discreta 
Figura 5: Distribuzione Uniforme continua 
Utilità in Project Management 
Tale distribuzione è usata in Project Management quando si hanno poche informazioni sui dati di progetto e 
si vogliono determinare delle stime grossolane. È inoltre usata nel processo di Gestione dei Rischi quando un 
certo numero di rischi ha una uguale probabilità di verificarsi. 
Distribuzione Triangolare 
La Distribuzione Triangolare è una distribuzione di probabilità continua con un valore minimo, una moda 
(valore più probabile) e un valore massimo. Differentemente dalla Distribuzione Uniforme i valori di una 
variabile aleatoria in questo caso NON hanno la stessa probabilità di verificarsi. La probabilità del valore 
minimo (a) è 0, come pure la probabilità del valore massimo (b), la probabilità della moda (c) invece è il valore 
più alto della distribuzione.
63 
Figura 6: Distribuzione Triangolare 
Utilità in Project Management 
Tale distribuzione è usata spesso come approssimazione della Distribuzione Beta che vedremo nel prossimo 
paragrafo per stimare la durata delle attività di un progetto come abbiamo visto nel paragrafo A) (stima a 3 
punti semplice). Assumendo infatti una Distribuzione Triangolare, la durata aspettata di una attività (media 
della distribuzione) può essere calcolata usando il metodo della media semplice. 
Distribuzione Beta 
La distribuzione Beta è determinata da 4 parametri: 
a - valore minimo 
b - valore massimo 
α - parametro di forma 
β - parametro di forma 
Dove a e b sono numeri finiti. Anche se gli eventi naturali raramente hanno numeri finiti, la distribuzione Beta 
li approssima abbastanza bene. 
La forma della Distribuzione Beta assomiglia a quella della Distribuzione Triangolare ma con la punta del 
triangolo arrotondata.
I parametri di forma α e β permettono di variare la forma della distribuzione (vedi Figura 7). Per valori di α 
piccoli e di β grandi, il picco della distribuzione è spostato a sinistra del grafico. Viceversa, per valori di α grandi 
e di β piccoli, il picco della distribuzione è spostato a destra del grafico. Infine, quando i valori di α e β sono 
paragonabili, il picco della distribuzione si situa al centro del grafico. 
64 
Figura 7: Distribuzione Beta 
Utilità in Project Management 
Come abbiamo visto nel paragrafo B) in occasione della tecnica PERT, interpretando come pessimistico (P) il 
valore minimo, Ottimistico (O) il valore massimo e più probabile (M) il valore di moda della distribuzione Beta, 
possiamo ottenere delle buone stime sia per la durata delle attività di un progetto, sia per i costi. 
Distribuzione Normale 
Una variabile aleatoria che può assumere qualsiasi valore tra -∞ e +∞ segue una distribuzione Normale (detta 
anche Gaussiana). Molti fenomeni naturali si distribuiscono secondo la Distribuzione Normale. La particolarità 
di questa distribuzione è che è simmetrica rispetto al valore medio (valore aspettato). Inoltre il valore medio 
coincide con la mediana e con la moda (valore più probabile). 
La distribuzione normale presenta la caratteristica forma a campana. 
La forma più semplice di distribuzione normale si chiama Distribuzione Normale Standard ed ha come media 
il valore 0 e come varianza il valore 1. 
Grazie alla sua capacità di modellare bene moltissimi eventi naturali, tale distribuzione presenta molte 
applicazioni pratiche in ogni disciplina di studio.
65 
Figura 8: Distribuzione Normale (Gaussiana) 
Nel capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. Abbiamo visto come la varianza e la deviazione 
standard danno una misura della dispersione dei valori di una variabile aleatoria. 
L'asse y della curva di distribuzione dà la probabilità di verificarsi di ogni valore che può assumere una variabile 
aleatoria. Il rapporto dell'area sotto la curva tra due qualsiasi punti a e b e l'area totale della curva, dà la 
probabilità che un determinato valore della variabile aleatoria cada dentro l'intervallo tra a e b. E qui entra in 
gioco la deviazione standard. 
In accordo con la statistica il 68,2% dei valori di una variabile aleatoria cadono dentro 1 deviazione standard 
dal valore della media, il 95,5% dentro 2 deviazioni standard dal valore della media e il 99,7% dentro 3 
deviazioni standard. 
In altre parole: c'è una probabilità di 68,2% che i valori di una variabile aleatoria stiano tra [!  C, ! + C], 
95,5% [!  2C, ! + 2C] e 99,7% [!  3C, ! + 3C].
66 
Figura 9: Deviazioni Standard dalla media 
Utilità in Project Management 
Qualsiasi variabile aleatoria di un progetto può essere gestita con i livelli di confidenza dati dalle stime di 
deviazione standard. Questo perché molte variabili di progetto seguono la tipica forma a campana della 
Distribuzione Normale. 
Molti Project Manager sono confidenti con stime di ±2C, alcuni preferiscono avere livelli di confidenza sulle 
loro stime fino a 3C. Una tecnica, nota come Six-Sigma, termine coniato da Motorola nel 1985 per ridurre al 
minimo gli errori sul prodotto e aumentare la qualità dello stesso minimizzando la variabilità nei processi di 
produzione e di business, considera livelli di confidenza fino ±6C. In realtà sono sufficienti ±4,5C per 
raggiungere un livello tale di controllo del processo da avere soltanto 3,4 parti difettose per milione (valore 
standard), il che porta a limiti molto restrittivi sulla variabilità del processo produttivo. 
La Distribuzione Log normale (Lognormal) 
In teoria delle probabilità la Distribuzione Log normale, o Lognormal, è la distribuzione di probabilità di una 
variabile aleatoria X il cui logaritmo logN segue una distribuzione normale. 
Questa distribuzione può approssimare il prodotto di molte variabili aleatorie positive indipendenti.
67 
Figura 10: Distribuzione Lognormal 
Teorema del limite centrale 
Il Teorema del limite centrale dice che, preso un grande campione di variabili aleatorie indipendenti (più di 
30), ognuna delle quali presenta lo stesso tipo di distribuzione (come per esempio la distribuzione Beta) con 
una media finita e una varianza, esso si distribuisce secondo la Distribuzione Normale. 
Più è grande il campione, più il risultato si avvicina alla Distribuzione Normale. 
Abbiamo visto nel paragrafo B) che l'assunzione di base della tecnica PERT è che ogni singola attività 
di un progetto sia una variabile aleatoria che segue la Distribuzione Beta. La durata totale del progetto 
ha una incertezza che vogliamo valutare. Consideriamo le durate delle singole attività come variabili 
aleatorie e le durate delle attività sul percorso critico (vedi paragrafo Errore. L'origine riferimento 
non è stata trovata.) come campione. Per calcolare la durata totale del progetto sommiamo le stime 
PERT delle attività sul percorso critico. Il Teorema del limite centrale ci assicura che il risultato, cioè 
la durata totale del progetto (somma delle attività sul cammino critico), sia ancora una variabile 
aleatoria avente distribuzione normale con media pari alla somma delle medie e varianza pari alla 
somma delle varianze. Il teorema del limite centrale risponde quindi alla domanda di verifica del 
capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.
68 
Il ruolo delle distribuzioni di probabilità nella gestione dei rischi 
Nei paragrafi precedenti abbiamo visto il ruolo delle distribuzioni di probabilità per fare delle stime 
anche accurate di variabili aleatorie fondamentali per il progetto quali tempi e costi. 
Tempi e costi possono rappresentare elementi di rischio di un progetto e quindi vanno gestiti con 
molta attenzione. 
Altri parametri concorrono ad allungare la lista dei rischi di un progetto. Essi dipendono 
essenzialmente dal tipo di progetto e dal contesto in cui il progetto si svolge. 
Tutti i tipi di rischi, siano essi minacce (rischi negativi) od opportunità (rischi positivi), a differenza dei 
problemi che sono certi e sono quindi da risolvere, sono delle variabili aleatorie che hanno come 
attributo una probabilità associata. Quantificare questa probabilità permette una maggiore 
consapevolezza delle criticità che potrebbero emergere in corso d’opera. La gestione dei rischi è una 
attività proattiva, mentre la gestione dei problemi è una attività reattiva. 
Una volta identificati i rischi e registrati nell'apposito registro, si procede alla loro analisi qualitativa 
e quindi all'analisi quantitativa. Dopo di che si procede con il piano di risposta ai rischi (cfr. 
PMBOK - 5° edizione, cap. 11 - Project Risk Management). 
L'analisi quantitativa dei rischi, ragionando in termini probabilistici, si serve delle distribuzioni di 
probabilità. 
Ma quali funzioni di probabilità usare? 
Dipende dal tipo di rischio, dalla quantità di informazioni e dal livello di accuratezza che vogliamo 
ottenere. 
Per stime poco accurate può essere sufficiente la Distribuzione Triangolare, per stime più accurate ci 
serviamo della Distribuzione Beta oppure della Distribuzione Normale che dà ottimi risultati 
soprattutto per grandi numeri. 
In generale le Distribuzioni Triangolari e Beta si usano al livello di working package nella WBS, cioè 
quando il Project Manager ha informazioni di massima sul progetto, invece si usa la Distribuzione 
Normale quando il Project Manager ha acceso ad informazioni più dettagliate di progetto.
La Distribuzione Beta ha una forma a campana come la Distribuzione Normale ma è asimmetrica. 
Questa sua caratteristica la rende adatta per stimare tempi e costi. Questo perché il costo o il tempo 
per completare un'attività o un progetto hanno un limite inferiore conosciuto, mentre il limite 
superiore può essere anche molto alto. 
Per esempio, se un'attività richiede dieci giorni per essere completata, essa non può essere 
completata in meno di zero giorni (limite inferiore), ma, d'altra parte, potrebbe richiedere un numero 
di giorni maggiore di dieci (limite superiore). Allo stesso modo, se un'attività ha un budget di 5.000 
euro, potrebbe richiedere alla fine un costo superiore a 5.000 euro, ma non è probabile che sia 
inferiore al budget prefissato di 5.000 euro. 
In conclusione, l’identificazione dei rischi e la loro probabilità di verificarsi, quindi la loro analisi 
attraverso le distribuzioni di probabilità, aiutano il Project Manager a prevenirli e, laddove possibile, 
a mitigarli se si tratta di minacce, a sfruttarli, se si tratta di opportunità. 
69 
Esempio di applicazione 
Utilizzando la stima PERT un Project Manager stima che la durata del suo progetto è di 48 giorni e 
che la deviazione standard è di 4 giorni. Quali considerazioni egli può fare in riferimento alle 
probabilità di completamento date dalla deviazione standard? 
Il progetto ha: 
– il 50% delle probabilità che sia completato in 48 giorni (valore medio) 
– il 68,2% di probabilità che sia completato tra 44 e 52 giorni (1 deviazione standard) 
– il 95,5% di probabilità che sia completato tra 40 e 56 giorni (2 deviazioni stardard) 
– il 99,7% di probabilità che sia completato tra 36 e 60 giorni (3 deviazioni standard).
Il committente vuole conoscere esattamente quale è la probabilità che il progetto sia completato in 44 giorni. 
Ora questo valore rappresenta -1C della curva di probabilità (dove il segno - indica che ci troviamo a sinistra 
del valore medio della curva). Dalla Figura 9 possiamo dire che l'area sotto la curva a sinistra del valore medio 
(!) è ~50% dell'area totale e che l'area tra -1C e ! è 34,1%. L'area a sinistra di -1C è la probabilità cercata ed è 
pari a ~50% - 34,1% = 15,9% . Quindi la probabilità di completare il progetto in 44 giorni è di 15,9% ovvero il 
68,2%. 
70 
1 minuto di riflessione 
Stai gestendo un progetto e hai appena disegnato la WBS. Sapendo che la durata delle attività di un 
progetto è una variabile aleatoria, di quale, tra le distribuzioni esaminate, ti servi per avere una stima 
del tempo totale di un progetto? 
Suggerimento: rileggi con attenzione il presente capitolo. 
Domande di verifica 
Prendi carta e penna e tieni sottomano la Figura 9. Sulla base dell'esempio di applicazione di questo 
capitolo, calcola la probabilità di completare il progetto il 52 giorni.
71 
Test di comprensione 
Quale è la percentuale corrispondente a 3C dalla media di una Distribuzione Normale? 
[A] 68,2% 
[B] 99.9% 
[C] 95.5% 
[D] 99,7% 
Soluzione Test di comprensione 
La risposta è D. Vedi Figura 9. 
Le variabili aleatorie si distribuiscono secondo 
distribuzioni di probabilità. I rischi del progetto sono 
variabile aleatorie. Es: tempi e costi. 
Esiste un valore Pessimistico, un valore 
Ottimitisco (O) e un valore più Probabile (M). 
Usata nella stima PERT a 3 punti 
Distribuzioni 
I valori hanno la stessa probabilità Uniforme di verificarsi 
Esiste un valore min, un max e uno più probabile 
Usata nella stima semplice a 3 punti 
Approssimazione della Beta 
Triangolare 
Beta 
Gaussiana Dà ottimi risultati soprattutto per grandi numeri.
Quindi il tempo atteso è una media pesata tra il punto medio dell’intervallo di dispersione ed il valore 
più probabile (può essere superiore, inferiore o uguale al valore più probabile, come si evince dalla 
seguente figura: 
Un altro concetto che potrebbe capitare all’esame è il Livello di Confidenza: la probabilità che la 
durata effettiva dell’attività sia compresa all’interno di un intervallo intorno al valor medio calcolato 
del tipo: 
± 1 σ - 68,26% 
± 2 σ - 95,46% 
± 3 σ - 99,73% 
72
Un esercizio che può capitare all’esame è il seguente relativo al calcolo del tempo atteso e della 
deviazione standard o scarto quadratico medio): 
73 
Tra gli strumenti e tecniche troviamo anche le Tecniche decisionali di gruppo. 
Sono tecniche introdotte all’interno delle riunioni. Decidere come andare a rilevare un grosso 
numero di informazioni in poco tempo. Tra le tecniche troviamo il brainstorming, il metodo Delphi, 
ecc. 
Il metodo Delphi basata sul parere degli esperti e utilizza la professionalità ed esperienze di un gruppo 
di esperti per produrre una stima di un progetto. 
Questa tecnica richiede la presenza di un coordinatore e si articola nei seguenti passi: 
• il coordinatore dà agli esperti specifiche e requisiti su cui basarsi per la stima; 
• il coordinatore organizza una riunione in cui i punti chiave della stima vengono discussi con il 
coordinatore e tra esperti; 
• ogni esperto fa una sua stima indipendentemente dagli altri; 
• il coordinatore prepara e distribuisce un sommario delle stime per confronto;
• il coordinatore organizza una riunione in cui si discute degli aspetti in cui le stime variano 
74 
ampiamente tra loro; 
• gli esperti scrivono ancora le loro stime per i punti rivisti; 
• i passi precedenti vengono ripetuti fino a che le stime convergono. 
I Vantaggi sono: 
• Ripetibilità 
• Facile acquisizione e applicazioni; 
• Se utilizzato come complemento a un metodo algoritmico fornisce un’alta accuratezza di stima; 
Gli svantaggi sono: 
• Il metodo non è quantitativo e dipende dalle abilità soggettive; 
• I fattori utilizzati dagli esperti non vengono documentati; 
• La stima comunque può essere non corretta, anche se il lavoro di gruppo mitiga questi aspetti; 
• Tende alla sottostima. 
Questa tecnica si applica quando l’unica fonte della nostra stima è il parere di esperti, per lo più 
esterni all’organizzazione. 
Tra gli strumenti e tecniche troviamo anche l’Analisi della Riserva. 
Si intende il fatto che stiamo andando in qualche modo ad addentrarci nella tematica della gestione 
dei rischi di progetto. Per analisi della riserva si intende andare a capire il numero di periodi temporali 
da associare ad un’attività in funzione di quelli che sono gli eventi di rischio che si potrebbero 
verificare sull’attività stessa. L’analisi della riserva è finalizzata al fatto di identificare una cosiddetta 
Contingency o Buffer cioè una quantità di periodi temporali che devo considerare sull’attività (che 
devo mettere da parte) per riuscire a gestire eventuali situazioni di incertezza che si potrebbero 
verificare per la singola attività. Tale fattore di riserva, generalmente espresso in % rispetto alla stima 
originaria, può essere ridotto o eliminato non appena siano disponibili maggiori informazioni sul 
progetto o nel caso il rischio sia superato.
75 
Le riserve che andremo ad analizzare sono di 2 tipi: 
o Riserve per Contingency 
o Riserve di Gestione 
Per capire le differenze dobbiamo approcciare un attimo la gestione dei rischi di progetto. 
Il punto di partenza è la definizione di quelli che sono i rischi associati al progetto ovvero associabili 
a tutte le attività del progetto. Informazioni che vengono inserite all’interno di un documento che 
deve essere formalizzato e che nasce sin dalle primissime fasi di avvio del progetto che prende il 
nome di Registro dei Rischi. In tale registro inserisco le attività schedulate e per ciascuna attività 
identifico i rischi che potrebbero essere associati a quella specifica attività. Quindi il rischio è quel 
qualcosa che se dovesse accadere provocherebbe un impatto su una variabile che stiamo 
analizzando. In tale caso si parla di variabile tempo, ma potrebbe anche essere il costo, ecc. 
Quindi il rischio è tutto ciò che potrebbe accadere che potrebbe influenzare la durata dell’attività. 
Una volta identificato il Registro dei rischi occorre effettuare un’analisi qualitativa prima (se è 
possibile) e quantitativa poi del rischio. 
L’analisi qualitativa serve per andare ad identificare le macro categorie di appartenenza dei rischi, lo 
scopo sarà quello di gestire i rischi in qualche modo, in quanto si lavora sempre con i tempi stretti 
e/o costi ridotti nonché poche risorse. Dunque l’analisi qualitativa mi potrebbe categorizzare i rischi 
in Alto-Medio-Basso e poi in maniera approfondita andare a valutare i rischi che ho valutato in 
maniera alta. 
L’analisi quantitativa mi serve per quantificare i rischi per ciascuna attività schedulata. 
Ad es. dobbiamo realizzare una piscina. Quindi ci sarà un’attività che sarà lo scavo con una ruspa che 
lavora, un camion che trasporta il materiale a discarica, ecc. Quali sono i rischi che potrei associare a 
tale attività? Magari si può rompere la ruspa ovvero il camion non funzione o una risorsa umana sta 
male oppure piove e quindi non posso lavorare. Tutti questi rischi o solo una di essa, quando accade, 
può impattare in qualche modo sull’attività che sto analizzando. 
In genere la formula che si utilizza per quantificare il rischio è la seguente: 
Rischio = Prob. x Impatto
Dove P è la probabilità di accadimento di quel rischio. 
Mentre per Impatto si intende cosa accade se ad es. si rompe una ruspa ovvero si ammala una risorsa, 
ecc. 
Ipotizziamo che si rompe un pezzo di una ruspa. Quindi qual è la probabilità che si possa rompere 
tale pezzo? Esso potrebbe essere alto e esprimendolo in % potrebbe essere pari al 50%. 
Qual è l’impatto che può causare tale rottura? Mi si ferma la ruspa, devo smontare il pezzo, portarlo 
al meccanico che magari si trova in un posto molto distante ovvero devo ordinare un pezzo nuovo, e 
poi rimontarlo. Ci vogliono almeno 4 giorni. 
Alla fine la quantificazione di quel rischio è R = 0.5 x 4g = 2 giorni 
Questo lo faccio per tutti i rischi che ho identificato all’interno del mio progetto. 
La lista di rischi determinati li andrò ad ordinare dal più alto al più basso. A questo punto il P.M. , 
eventualmente aiutato dal Risk Manager, riflette un attimo: e così entra in gioco quel fattore 
ambientale aziendale (la propensione al rischio) . Cioè il P.M. va dallo Sponsor o dal Committente per 
capire quali rischi loro sono disposti ad accettare o no. 
Scartati i rischi con valori più alti si arriva ad un livello di rischio medio ritenuto accettabile dallo 
Sponsor o dall’azienda (dalla propensione al rischio che si ha all’interno dell’azienda). 
Si definisce quindi una soglia che divide in due i rischi più alti da quelli medio-bassi. Siccome i rischi 
sopra soglia sono quelli che l’azienda non è disposta ad accettare, si fa un piano di mitigazione dei 
rischi (considerando che il rischio è il prodotto della probabilità di accadimento per impatto). Cioè un 
insieme di attività o di interventi che mi riducono tale rischio alto al di sotto della soglia accettabile, 
intervenendo sulle variabili P ed I affinché tale rischio non mi si riduce. 
Nell’esempio precedente di un pezzo di ruspa che si rompe i possibili approcci o sono relativi alla 
probabilità o all’impatto. Nel primo caso, probabilità, lo potrò ridurre effettuando delle manutenzioni 
programmate. In tal caso la probabilità mi passa dal 50% al 10%. Ma se il pezzo si rompe l’impatto è 
sempre lo stesso e per cui il rischio è dato da R = 0.1 x 4 = 0,4 g ovvero 8 ore. 
Ridurre l’impatto vuol dire ridurre i giorni e quindi se prevedo che in genere si possa rompere quel 
pezzo, lo porto in cantiere così in caso di rottura è già pronto in cantiere un pezzo nuovo e non devo 
aspettare 4 giorni. Supponiamo che per smontare e rimontare il pezzo ci vuole 1 giorni e quindi non 
più 4 giorni. Il rischio sarà uguale a R = 0.5 x 1 = 0.5 giorni cioè 12 ore. 
Chiaramente in entrambi i casi ho dovuto pagare qualche cosa per ridurre i rischio, nel primo caso, 
programmando delle manutenzioni che comunque hanno un costo e nel secondo caso andando a 
76
comprare a priori il pezzo e portarlo in cantiere. Cioè ho dovuto impegnare delle risorse per ridurre 
il rischio ad un livello accettabile. 
Capito questo vediamo cosa si intende per Riserva per Contingency e di Gestione. 
La riserva per Contingency è una riserva (quantità di tempo) che metto da parte per intervenire 
qualora dovessero verificarsi rischi residui previsti (ovvero rischi che rimangono dopo l’attuazione 
delle risposte al rischio) ovvero rischi che rimangono sempre ma stanno sotto la soglia di accettabilità. 
Questo tipo di rischio e determinabile in quanto proviene da un’analisi del problema. Tale rischio 
entra all’interno della Baseline della schedulazione o dei costi. 
La riserva di Gestione è un qualcosa di extra, accantonata per essere utilizzata in caso si concretizzino 
rischi non previsti (e quindi non gestiti). E’ una riserva che accantono o metto da parte per gestire 
eventuali rischi che non avevo previsto in un analisi preliminare del rischio. Questo rischio non è 
determinabile a monte. 
La riserva di Gestione (Management Reserve) è possibile determinarlo all’intero progetto e non solo 
alla singola attività, allocata allo scopo di fare fronte ai cosiddetti Unknown-Unknown, incertezze 
delle quali non è possibile avere cognizione, ma per le quali al livello del management risulta 
opportuno segregare una riserva temporale per l’intero progetto. Tale riserva in genere si aggira 
intorno al 9-10%. 
Questa riserva non fa parte della baseline della schedulazione in quanto tale riserva non è trasparente 
e visibile ovvero determinabile a monte, cioè determinato da fattori chiari e concordati, quali il 
risultato dell’analisi del rischio. 
In Output a tale processi di “Stimare le durate delle Attività” abbiamo la Stima della Durata 
dell’Attività. 
Cioè un numero di periodi temporali che mi indicano la durata delle attività schedulata. 
Al solito se ho monitorato i rischi ovvero se ho capito quali rischi attentano alle singole risorse 
(adeguate o non adeguate) ecc., vado a fare le modifiche delle scelte fatte in precedenza e 
documentate: assunti utilizzati in fase di stima della durata delle attività, registri di rischio, nel 
calendario di progetto. Tutti questi documenti che vengono toccati da altre analisi faranno parte 
dell’aggiornamento dei documenti di progetto. In particolare i documenti riguardanti gli attributi 
delle attività e gli assunti utilizzati in fase di stima della durata dell’attività. 
77
78 
• SVILUPPARE LA SCHEDULAZIONE 
Fino ad ora abbiamo determinato il numero di unità temporali per sviluppare l’attività singola. 
Esso è un processo iterativo per determinare la data di inizio e di fine pianificata del progetto. Può 
richiedere l’effettuazione di analisi successive e la revisione delle stime delle risorse e della durata 
delle attività per creare una schedulazione di progetto approvata che funge come baseline per il 
monitoraggio dell’avanzamento lavori. 
Il processo ha lo scopo di sviluppare la schedulazione (Develop Schedule) e di produrre la 
calendarizzazione delle attività, ovvero determinare le date di inizio e fin di ciascuna attività o del 
progetto.
Lo scopo principale del processo è quello di creare la Baseline della schedulazione (Schedule Baseline) 
attraverso ricicli successivi nel corso dei quali occorre tener conto non solo delle esigenze 
strettamente temporali del progetto, ma anche delle esigenze di risorse create dal calendario delle 
attività, degli impatti sul piano dei costi attesi e di altre dimensioni del progetto, nella logica di 
bilanciamento continuo tipica delle attività di P.M. 
Tra gli input troviamo: 
Nel piano di Gestione della schedulazione ci sono dentro le regole per la gestione dei tempi del 
progetto o delle singole attività. 
Gli altri Input sono: 
79
80 
Tra gli strumenti e tecniche abbiamo: 
– Analisi del reticolo di schedulazione 
Sostanzialmente è una sorta di analisi che ci dice ciò che faremo e dove andremo a identificare delle 
tecniche analitiche che si andranno ad applicare su reticoli di schedulazione definiti nel processo 
sequenzializzare le attività. Tra le tecniche analitiche più note troviamo il Metodo del Percorso Critico 
– CPM o Critical Path Mathod, il metodo della catena critica – CCM o Critical Chain Method, metodo 
del livellamento delle risorse, il metodo What-If , ed altre. 
Sono tutte tecniche (algoritmi o regole) che vanno implementate sul reticolo di schedulazione che ci 
permettono di tirar fuori le date di inizio e di fine di tutte le attività e quindi dell’intero progetto, che 
è lo scopo di tale processo, cioè tirar fuori una data per cui consegneremo il nostro progetto.
Siccome tale tecniche le applicheremo sul reticolo di schedulazione non ci devono essere anelli del 
reticolo o estremità aperte. Tali situazioni devono essere eliminate prima di applicare tali tecniche di 
schedulazione. 
Le tecniche reticolari si chiamano così perché si basano sui diagrammi reticolari e sono finalizzate non 
tanto alla visualizzazione bensì all’elaborazione dei dati, con l’obiettivo di effettuare: 
– Lo scheduling delle attività, cioè definire per ciascuna attività la sua data di inizio e di fine, e 
81 
conseguentemente la durata dell’intero progetto; 
– L’analisi degli slittamenti (o margini di flessibilità) possibili fra le attività, senza per questo 
determinare un allungamento della durata complessiva del progetto; ciò si traduce 
nell’individuazione delle attività critiche da un punto di vista temporale (ovvero il cui ritardo 
determina il ritardo dell’intero progetto, cioè il mancato rispetto della data a finire. 
Come si può vedere per ogni attività si tratta della “criticità” dal punto di vista della variabile tempo 
(cioè il rischio di ritardare l’intero progetto); tuttavia potrebbero essere diversamente critiche le altre 
variabili: le risorse (rischio di sovraccarico o indisponibilità), i costi (impatto rilevante sui costi di 
progetto), la qualità (rischio di fallimento tecnico). 
Dunque i dati di partenza sono di tre tipi: 
1) Le attività (nome e codice identificativo) 
2) La loro durata; 
3) I vincoli di precedenza fra di esse. 
Le attività sono desunte dalla WBS, in particolare dalle attività “foglia” o Work Package, mentre 
durate e precedenze vengono discusse in apposite riunioni, e possono essere deterministiche (cioè 
certe) oppure probabilistiche (cioè stimate con un certo grado di probabilità).
82 
Tra le varie tecniche reticolari troviamo il: 
METODO DEL PERCORSO CRITICO – CPM – Tecnica orientata alle attività 
E’ una delle tecniche analitiche che viene sviluppata sul reticolo di schedulazione e vedremo 
mediante il cosiddetto “passaggio in avanti e all’indietro” sul reticolo di schedulazione di identificare 
le date di inizio e di fine delle singole attività. 
In realtà le date saranno identificate in uno step successivo della semplice applicazione del CPM. 
Tuttavia tale metodo ci dà gli elementi per ragionare su dove posizionare le date di inizio e di fine di 
ogni singola attività schedulata. 
Quando si effettua tale tipo di analisi si dice che non vengono prese in considerazione i limiti delle 
risorse: cioè si effettua l’ipotesi iniziale di avere le risorse illimitate. 
Tale metodo in definitiva calcola le date di inizio e di fine minime e le date di inizio e di fine massime 
per tutte le attività schedulate, senza prendere in considerazione eventuali limiti delle risorse, con 
l’obiettivo della compressione, cioè della generazione del calendario dei lavori più breve possibile. 
Le tecniche reticolari che troviamo in genere (seguendo un ordine crescente di complessità): 
– CPM – Critical Path Method: qualora la durata delle attività venga considerata fissa, così come le 
precedenze, che sono del tipo Fine – Inizio 
– PERT – Program Evaluation and Review Technique: che è un CPM avente però le durate espresse 
in chiave probabilistica; 
– GERT – Graphical Evaluation e Review Technique: che è un PERT avente come probabilistici anche 
I percorsi, cioè i legami di precedenza fra le attività (vi sono pertanto dei “Gates” logici per 
designare i percorsi, garantendo la possibilità di più conclusioni e di feedback tra le attività); 
– VERT – Venture Evaluation e Review Technique: che considera contemporaneamente come 
variabili decisionali alla stessa stregua tempi, costi, risorse e rischi; esso risulta particolarmente 
utile nelle simulazioni “What-If” e nei problemi di valutazione e controllo di nuovi business o 
iniziative strategiche.
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3 time management

  • 1. 1
  • 2. 2 GESTIONE DEI TEMPI DEL PROGETTO Definizione: L’area di conoscenza “Gestione dei tempi di progetto” include i processi necessari ad assicurare il completamento del progetto nei tempi previsti. “Assicurare” è una parola un po’ forte. Il PMBOK ci dà degli strumenti necessari per cercare diportare a termine il nostro progetto. Ma occorre considerare che alla base del PMBOK ci sono tanti progetti, grandi e piccoli che siano, i quali hanno raggiunto un certo livello di successo nella gestione grazie all’applicazione di alcune metodologie che sono state poi standardizzate ed inserite nel PMBOK. Quindi il BOK ci mette a disposizione tutte le informazioni (che ritroviamo nel frame work) e ci indica quali sono i principali strumenti che dovrebbero aiutarci a gestire il nostro progetto in maniera più strutturata. I processi che andremo ad analizzare sono:
  • 3. Se si ricorda, i gruppi di processi principali sono 5: Inizializzazione – pianificazione – esecuzione – chiusura- ed il tutto circondato dal monitoraggio e controllo. 3 La gestione dei tempi tocca però solo il processo di pianificazione e monitoraggio e controllo. Il monitoraggio e controllo ha sempre una doppia valenza: una parte è passiva (monitorare) , cioè vedere come sta andando il progetto e quindi rilevazione dei dati e delle informazioni e che mi permetterà di fare delle valutazioni di quelle che sono le performance del progetto, ed una seconda parte (controllo) che è pro-attiva, cioè capire come intervenire proattivamente e cercare di mantenere quello che è l’andamento effettivo del progetto più che possibile aderente a quello che era l’andamento pianificato. • PIANIFICARE LA GESTIONE DELLA SCHEDULAZIONE Pianificare vuol dire identificare le regole, le modalità con cui andiamo ad eseguire un lavoro; esso mi permette di determinare le regole con cui decidiamo di gestire i tempi di progetto. L’output principale di questo processo è il Piano di Gestione della schedulazione. Un documento formalizzato che riporta le suddette regole. E’ un piano documentato, cioè è un qualcosa che dovrebbe essere formalizzata al fine di eliminare gli equivoci in futuro. Tuttavia documentare un qualcosa richiede però uno sforzo gestionale da parte del P.M. Da notare che il piano di gestione della schedulazione non esisteva prima della 4^ ed. del PMBOK (anche se esisteva una sorta di gestione della schedulazione), che poi è stato inserito nella 5^ edizione. Il PMBOK individua il processo di pianificare la gestione secondo lo schema seguente:
  • 4. Tra gli input troviamo il Piano di Project Management il P. Charter, i Fattori ambientali ed aziendali 4 e gli Asset dei processi organizzativi. Il piano di project management è quel raccoglitore che nasce come elemento vuoto, che viene man mano riempito da diversi elementi. Nel momento in cui dobbiamo andare a gestire i tempi del nostro progetto mi interessa conoscere quello dell’ambito ed in particolare la baseline dell’ambito, che è un elemento che è stato approvato da un organo direttivo (sponsor, ecc.), di cui se ne riconosce una certa ufficialità e che è stato “congelato” con tale approvazione. Ed è un qualche cosa a cui il P.M. farà riferimento per andare a monitorare ed a controllare l’andamento effettivo del progetto. Da qui si capisce qual è l’importanza del monitoraggio e controllo: mi serve per capire se il mio progetto sta andando bene oppure no.
  • 5. Il P. Charter, che si trova nella gestione dell’integrazione del progetto, è quel documento che ufficializza e formalizza l’avvio del progetto all’interno dell’azienda (quindi il nome del progetto), nonché il nome del P.M. che deve gestire le risorse da allocare sul quel progetto. In funzione di come nasce un progetto, nel P. Charter ci potrebbero essere altre informazioni interessanti: uno studio di fattibilità preliminare, che mi permette di avere una idea di come si andrà a svolgere il progetto tra cui i principali deliverable da tirare fuori, i possibili punti temporali di controllo. Tutte queste informazioni, se esistono, possono anche essere inserite nel P. Charter. 5 In genere il P. Charter viene sottoscritto da un executive ad es. dallo Sponsor del progetto. I Fattori ambientali ed aziendali rappresentano il bagaglio dell’azienda: inteso come insieme di risorse e strumenti che l’azienda può mettere a disposizione del progetto: un software, attrezzature, materiali, risorse umane, ecc. Con questo termine si intende anche quella che è la cultura aziendale soprattutto nel campo della propensione al rischio (analisi delle riserve). In definitiva i fattori ambientali ed aziendali sono tutto quello che l’azienda HA a disposizione per lo svolgimento delle attività di progetto. Asset dei processi organizzativi rappresenta l’esperienza maturata dall’azienda che poi si traduce concretamente nelle normative aziendali, procedure aziendali, piani esistenti, direttive o standard correnti nonché le nozioni apprese dall’azienda in precedenti progetti analoghi (knowledge base aziendale). Di tutto questo si terrà conto nel momento in cui si andrà a gestire il progetto. In definitiva gli Asset dei processi organizzativi sono tutto ciò che l’azienda E’ in funzione di tutte quelle che sono state le esperienza passate. Uno degli argomenti più rilevanti che in genere viene richiesto all’esame è proprio la knowledge base aziendale. Una sorta di repository (magazzino) che dovrebbe essere accessibile da tutti coloro che sono in azienda che svolgono dei progetti per andare a rilevare e a reperire tutte quelle informazioni che possono essere utili per il progetto. Esso per essere efficace deve essere formalizzato, raccolto in un data base, per facilitarne la ricerca. Tra gli argomenti principali esistenti all’interno delle knowledge base aziendale sono le lesson learned (lezioni apprese): esso ci dice che sarebbe opportuno che all’interno del progetto si vengano a formalizzare tutte quelle che sono state le esperienze positive e negative rilevanti. E’ molto importante in genere andare a documentare che
  • 6. cosa è andato male perché chi magari verrà dopo, e dovrà gestire il progetto o gestire un progetto simile, e quindi dovrà individuare ad es. dei fornitori, la L. L. mi indica quali sono i fornitori più affidabili e quali no. In sostanza qualificare fornitori. Il grosso problema delle lesson learned è di tipo culturale. Per far sì che le lesson learned venga introdotto all’interno delle knowledge base aziendale c’è bisogno del forte convincimento degli organismi che hanno autorità di introdurlo, in quanto la lesson learned viene vista come “una lezione negativa” e quindi come conseguenza di un qualcosa di negativo. I vertici aziendali dovrebbero pretendere che il P.M. scriva dettagliatamente la lesson learned introducendo tutto ciò di positivo e di negativo in quanto queste saranno le fondamenta più solide di prossimi progetti. Che cosa scatena nel P.M.? il P.M. se durante la vita del progetto riscontra delle situazioni negative che gli hanno fatto fare ritardo nella consegna del progetto, tendenzialmente ed egoisticamente non menziona affatto le motivazioni magari a lui imputabili e quindi non arricchisce l’azienda di quelle notizie che invece potrebbero essere d’aiuto alla stessa azienda. Si fa presente altresì che la stesura di una lesson learned impone anche un impegno da parte del P.M. ed ovviamente del team di progetto. 6 Tra gli Strumenti e Tecniche: – Parere degli esperti – mettere sul campo delle competenze; – Tecniche analitiche: la definizione di tutte quelle che saranno le regole che poi verranno formalizzate nel piano di schedulazione del progetto; – Riunioni: il P.M. in genere si dovrà interfacciare con coloro (anche gli stakeholder che possono impattare sul mio progetto) che ci supporteranno nelle attività di progetto per andare a capire quali regole applicare. L’output del processo è il Piano di Gestione della Schedulazione. E’ quel documento che formalizza le regole della schedulazione che saranno all’interno del mio progetto. Esso può comprendere i seguenti elementi:
  • 7. In oltre si andrà a descrivere come si andrà a controllare e a monitorare le performance del progetto. 7
  • 8. 8 • DEFINIRE LE ATTIVITA’ Questo è un processo che fa parte del gruppo di processi di PIANIFICAZIONE. Tra gli input abbiamo il Piano di Gestione della Pianificazione visto prima, la baseline dell’ambito, i fattori ambientali ed aziendali e gli assetti dei processi organizzativi. Il piano di gestione della schedulazione, abbiamo visto, vengono descritte le regole della schedulazione che dovrò seguire. La baseline dell’ambito è la versione approvata dello scope che non posso variare a mio piacimento. Per poterla modificare devo seguire un processo strutturale di gestione delle modifiche. Devo fare una richiesta a chi me l’ha approvata, spiegare il perché non è più valida e sottoscriverne una nuova per formalizzarla.
  • 9. 9 La baseline dell’ambito contiene: – La descrizione dell’ambito del progetto (Scope Statement) – La struttura di scomposizione del lavoro (WBS) – Il dizionario della WBS. La descrizione dell’ambito del progetto (scope statement) è quel documento che formalizza quello che il lavoro dovrà essere svolto per realizzare il progetto: i deliverable che dovranno essere rilasciati al cliente, nonché i vincoli e gli assunti. Il deliverable per definizione è n prodotto, un risultato o un servizio, univoco e verificabile che dovrà essere realizzato per portare a termine un processo o una sua fase. Il deliverable è univoco ed è orientato ad un elemento concreto e reale che io rilascio anche se poi non è tangibile come può essere un servizio. Esso è anche verificabile, cioè misurabile. Misurabile vuol dire andare ad identificare un elemento di tipo quantitativo (e non qualitativo) che mi permette poi di confrontare mediante misurazione la grandezza della variabile di riferimento del deliverable con quello che è il requisito che io volevo soddisfare con quel deliverable. Quindi solo se riesco ad identificare quantitativamente questo elemento, poi posso andare a misurare e quindi a verificare se quello che ho prodotto è effettivamente è quello che ci si aspettava da me oppure no. I vincoli sono sostanzialmente quei fattori rigidi che in qualche modo limitano il P.M. nelle sue scelte. In tale sessione si parla ovviamente di vincolo di tipo temporale, ma potrebbero essere altri vincoli dettate anche dalle altre aree di conoscenza. Quindi sono tutti quegli elementi che il P.M. prende passivamente e lo applica nella sua pianificazione. Gli assunti sono anch’essi dei fattori che io reputo vero all’inizio e utilizzati dal P.M. per la sua pianificazione ma sono dei fattori che vengono assunti nel momento in cui si pianifica, senza avere la certezza che quando poi si arriverà ad eseguire quell’attività, poi quell’assunto che ho fatto sia effettivamente realizzabile oppure no. La struttura di scomposizione del progetto: esso fa da elemento di separatore fra la gestione dell’ambito del progetto e la gestione dei tempi del progetto.
  • 10. Essa viene strutturata attraverso la WBS è una struttura gerarchica ad albero orientata al deliverable e quindi prende le informazioni descritte all’interno dell’ambito e focalizza l’attenzione sui deliverable, cioè su tutto ciò che deve essere prodotto per realizzare il progetto. Lo scopo della WBS è quello di scomposizione ad albero che scompone il deliverable ultimo del progetto in elementi più piccoli e quindi più facile da gestire. Quindi vado a scomporre il progetto in sotto elementi più piccoli che mi permette una gestione più agevole. Non ci sono regole precise per strutturare una WBS così come non ci sono regole precise per capire fino a che punto posso scomporre il mio progetto in sotto elementi. Esso dipende molto dall’approccio che il P.M. vuole dare al progetto. Ma allora fino a quando possiamo scomporre il nostro progetto. Alla base di ciò ci si deve porre due domande: 1) Ho compreso perfettamente quello che è il contenuto di lavoro che deve essere realizzato per 10 portare a casa il deliverable rappresentato nel tassellino? 2) Posso assegnare univocamente la responsabilità di realizzazione di quel progetto ad una risorsa ben definita? Pertanto la WBS è formata da livelli, costituiti dalla definizione più o meno puntuale del loro contenuto nonché dall’individuazione univoca di un responsabile del singolo tassello all’interno del generico livello. Quindi la WBS non fa altro che scomporre l’ambito del progetto in sotto elementi più gestibili a cui affidare responsabilità univoche. Sarebbe buona norma inserire sempre al primo livello di scomposizione della WBS una ulteriore tabellina in cui si viene a definire le attività del P.M. all’interno della quale posso andare ad identificare tutte quelle che sono le attività di tipo gestionale tipica del PMBOK. Nella WBS occorre sempre che ogni livello rappresenti sempre il 100% del progetto. (Regola del 100%). Gli elementi terminali della WBS (le foglie terminali) si chiamano Work Package (un insieme di attività o un piccolo progettino).
  • 11. 11 Genericamente per definire le attività si procede: La WBS è un forte elemento di team building in quanto in genere la wbs non viene fatta dal P.M. ma sarebbe opportuno farlo in condivisione con coloro che lavoreranno sul progetto. Per ogni elemento della wbs sarebbe opportuno altresì definire il dizionario della wbs: descrizione dettagliata dei componenti della WBS, compresi i work package. Per concludere la fase di input abbiamo i soliti fattori ambientali ed aziendali e gli Asset dei processi organizzativi: Quali sono ora gli strumenti e tecniche per definire le attività? Parliamo della scomposizione. Andare a prendere i singoli Work Package (che è il risultato di un deliverable) e scomporlo in attività (lavoro) schedulate, lavoro che deve essere realizzato per dover compiere il deliverable rappresentato dal W.P. Anche in tale scomposizione dobbiamo stare attenti
  • 12. alla regola del 100%, cioè tutto e solo quello che necessario realizzare nel W.P. verrà emesso nell’attività schedulata. Le attività che vengono in qualche modo individuate nella scomposizione in W.P. vengono individuate in attività schedulate e da qui rappresenteranno quell’oggetto elementare su cui andremo a focalizzare la nostra attenzione per quanto riguarda lo sviluppo della schedulazione di progetto. Di solito le attività vengono individuate con dei codici univoci. La modalità più usuale è quella di partire con il primo livello che è il progetto, andare avanti al secondo livello, e così via fino ad arrivare al livello dei W.P. Come di seguito illustrato: Tra gli strumenti e tecniche troviamo anche la pianificazione a finestra mobile (Rolling Wave Planning). 12 Qui ci sono due concetti fondamentali: – Elaborazione progressiva: il fatto fisiologico che io non abbia conoscenza delle informazioni del progetto allo stesso livello e con lo stesso approfondimento in ogni istante, iniziale e nei momenti futuri. – Il buon senso applicato alle attività di progetto.
  • 13. Tale tecnica cosa ci suggerisce: sappiamo che purtroppo l’attività di progetto a partire sin dall’inizio, sarà caratterizzato da tutta una serie di informazioni che cambieranno nel tempo e che allo stesso momento sappiamo che il progetto ha una durata limitata a partire ad esempio da oggi e terminare entro una certa data nel futuro. Considerato questo, ci si deve domandare del perché già al tempo T0 andare ad impegnare risorse nell’andare ad identificare una definizione di un’attività di dettaglio anche di quel W.P. che dovrà essere realizzata molto in là nel tempo, sapendo che ciò che definisco oggi forse sarà vero domani ma molto probabilmente non sarà vero fra 1 mese. Identifichiamo allora una serie di periodi temporali, dall’inizio fino a 1 o 2 momenti di controllo, rispetto al quale andremo a pianificare la nostra schedulazione. Pertanto andremo a scomporre nel dettaglio i W.P. che rientrano all’interno di una finestra certa da un punto di vista temporale, lasciando gli altri ad un livello di non dettaglio. Tale finestra, all’interno della quale ci saranno dei W.P. dettagliati, si va a spostare fino a comprendere dei nuovi W.P. che andrò quindi e successivamente a pianificare nel dettaglio. Tale ultimo dettaglio tuttavia lo andrò a fare in un tempo T1 maggiore di T0 e quindi farò tale nuova pianificazione godendo di tutto quello che è stata la mia maturazione precedente del progetto. N.B. di solito le attività vengono identificate con i verbi mentre le W.P. con i sostantivi. Cioè i deliverable con i sostantivi: progettazione, esecuzione, ecc. mentre le attività le attività con i verbi che danno l’idea del lavoro da fare. 13
  • 14. Ci sono altri due elementi gestionali della pianificazione dei tempi che subentrano nel momento in cui la definizione dell’ambito del progetto a disposizione non è sufficiente a scomporre un rampo della WBS al livello di W.P. Essi sono: 14 – Punto di controllo (Control Account – CA) – Planning Package Il punto di controllo indica il punto al livello della WBS rispetto al quale andiamo a considerare le performance del progetto e quindi rispetto al quale andiamo a fare il controllo di come sta andando il progetto. Di solito è un aggregato di W.P. Cioè possono includere uno o più W.P., ma ciascun W.P. può essere associato ad un solo punto di controllo. In passato è stato indicato anche come Cost Account per indicare un punto in cui si effettuano anche dei pagamenti. Il Planning Package si trova sotto un punto di controllo, ma sopra una W.P. di cui si conosce il lavoro da svolgere ma senza un dettaglio di schedulazione, cioè ancora non si effettua una scomposizione dettagliata. L’output del processo “Definire le Attività” è l’Elenco delle attività cioè di tutte le attività pianificate e da eseguire nel corso del progetto. Tale elenco è importante in quanto mi identifica il lavoro che deve essere fatto e quindi nel momento in cui ho definito le attività avrò l’elenco di tutte le attività nel dettaglio. Tale elenco non segue comunque una regola cronologica ma vengono buttate tutte all’interno di un “raccoglitore” per poi metterle in sequenza. Le attività sono componenti discreti della schedulazione di progetto, ma non sono componenti della WBS. Associato all’elenco delle attività abbiamo come output gli attributi delle attività cioè informazioni associate alle attività schedulate, e cioè:
  • 15. 15 Un altro elemento di Output è l’elenco delle Milestone. Si intende l’evento output di un attività che ha prodotto qualche cosa. Esso ha la caratteristica di avere un tempo di lavoro nullo e quindi non va a coprire un arco temporale bensì è un evento significativo importante per il progetto: il raggiungimento di qualcosa che dovrebbe essere chiaro per il mio progetto. Essi possono essere obbligatori se sono definiti in un contratto ovvero facoltativi se si basano su momenti ritenuti rilevanti da chi svolge il progetto ma oggetto di contratto.
  • 16. 16 • SEQUENZALIZZARE LE ATTIVITA’ E’ una rappresentazione grafica del progetto che può essere fatta manualmente o con l’utilizzo di software o con la loro combinazione. Da notare che tra gli strumenti e tecniche non troviamo il parere degli esperti. Tra gli input troviamo: – il Piano di Gestione dei tempi, cioè le regole che mi indicano come e cosa utilizzo per sequenzializzare le attività.
  • 17. – L’elenco delle attività visto prima con tutte le milestone e gli attributi; – La descrizione dell’ambito del progetto, che è sempre utile vedere in quanto deve essere sempre 17 chiaro quali sono i confini del nostro progetto e che cosa dobbiamo fare. – I fattori ambientali ed aziendali e gli Asset dei processi organizzativi, cioè tutto ciò che ho a disposizione, dagli standard alle normative, da un software aziendale, da un pregresso aziendale sul tipo di schedulazione di progetti simili che mi possono aiutare come approcciare la problematica, e dalle linee guida. Tra gli strumenti e tecniche troviamo: – Metodo del diagramma di precedenza (PDM) – Determinazione della dipendenza – Applicazione della Lead e Lag Quindi come andiamo a disegnare il nostro progetto. – Metodo del diagramma di precedenza (PDM) Esso prevede che la costruzione del reticolo di schedulazione (che sarà un output) avvenga rappresentando le attività su nodi a forma di rettangolo e le relazioni di dipendenza con delle frecce che uniscono gli spigoli iniziali e finali delle diverse attività: di solito si indica un attività predecessore ed un’attività successore. Proprio perché le attività vengono rappresentate sui nodi a forma di rettangolo questa tecnica prende anche il nome di AON (Activity On Node): Attività sui nodi o diagrammi di precedenza, orientato alle attività.
  • 18. 18 Le principali relazioni di collegamento tra le attività sono:
  • 19. 19 Che graficamente troviamo in questo modo: Teniamo sempre presente che le attività sono quelle all’interno dei W.P. e che troviamo nella lista delle attività (quella sorta di raccoglitore). Le singole attività le metto a confronto due a due tra di loro e capire chi viene prima e chi viene dopo, e così via fino a definire un reticolo complesso che mi
  • 20. mostra la regola della precedenza. Chiaramente non essendo il P.M. esperto della consequenzialità delle attività esso si dovrà sedere con un esperto per capire questo flusso logico. 20 Altre situazioni che troviamo è la seguente: Oltre al metodo PDM esiste anche il metodo ADM (Arrow Diagramming Method): diagramma a frecce. In cui le attività vengono rappresentate su frecce che uniscono un evento o un nodo iniziale ed un evento o un nodo finale rappresentate a forma di cerchi. Tale metodo prende anche il nome di AOA (Activity on Arch): Attività sugli archi, orientato agli eventi.
  • 21. Tutte le attività (frecce) che arrivano su un nodo sono predecessori di tutte le attività che escono dal nodo e l’unica relazione di dipendenza che viene ad essere descritta da questo metodo è la relazione di dipendenza di tipo INIZIO – FINE a differenza del metodo PDM (AON) che invece mi permette di avere ulteriori relazioni di dipendenza. Questo metodo è del tutto alternativo al precedente. Tutti i progetti che hanno delle relazioni specifiche di dipendenza possono essere rappresentate da un metodo o dall’altro. Siccome però le regole di disegno del metodo ADM usufruiscono solo della relazione del tipo Inizio–Fine, e siccome esistono anche altre relazioni di dipendenza, allora sono state introdotte delle attività fittizie (dummy activities) che permettono di esprimere le relazioni di dipendenza più disparate. Tali attività fittizie (in tratteggio) non hanno contenuto di lavoro ed hanno convenzionalmente una durata nulla. Servono unicamente ad andare ad esprimere le relazioni. 21
  • 22. 22 Di seguito si può vedere come con un esempio si applica tale metodo: Tale metodo non si trova nel PMBOK in quanto anche nel software microsoft project o nel Primavera si utilizza solo il metodo PDM. Un altro tecnica per sequenzializzare le attività è il GERT che però non si può utilizzare per il reticolo di schedulazione e quando vogliamo andare avanti con la gestione dei tempi di progetto in quanto prevede il dover ripetere più volte un test se lo stesso fallisce ovvero la possibilità di scegliere una delle possibili ramificazioni proposte dal reticolo di progetto. Con questo metodo non si possono applicare le tecniche analitiche.
  • 23. 23 Tra gli strumenti e tecniche troviamo altresì la – Determinazione della dipendenza tra le attività Chiaramente sono attività qualitative dove cerco di capire quale posso fare primo o dopo e quale tipo di relazione posso identificare. Queste relazioni si classificano i 4 categorie:
  • 24. Tra gli altri strumenti e tecniche troviamo altri strumenti per sequenzializzare le attività ovvero per affinare meglio in maniera più accurata le relazioni di dipendenza: LEAD e LAG LEAD consente di accelerare l’attività successore, ad es. in una relazione di dipendenza di Inizio-Fine con un Lead di 10 giorni, l’attività successore può iniziare prima di 10 giorni la fine dell’attività precedente. LAG comporta un ritardo dell’attività successore, ad es. in una relazione di dipendenza fine-inizio con un Lag di 10 giorni, l’attività successore non può iniziare prima di 10 giorni dopo la fine dell’attività predecessore. 24
  • 25. 25 Una forma grafica di tali espressioni è la seguente: I Lag e Lead vengono denominati anche Constraint Delay (CDE) e rappresentano un ritardo o un anticipo che può essere assegnato ad un legame tra due attività. Tale delay nell’analisi viene trattato come una durata. Esso implica un ritardo (se positivo) o un anticipo (se negativo) tra la fine del predecessore e l’inizio del successore. Se rappresenta un anticipo generalmente sul segno della freccia viene inserito un numero negativo ovvero la dizione LEAD seguito da un numero positivo. Se esso rappresenta un ritardo sulla freccia viene inserito un valore positivo ovvero la dizione LAG seguito analogamente da un numero positivo. Questo modo di sequenzializzare mi può servire nel momento in cui devo svolgere delle attività che magari in quel giorno non sono disponibili e quindi un ritardo o un anticipo dell’attività successiva mi può venire incontro all’utilizzo di risorse che diversamente non potrei avere. Cosa esce fuori come output dal processo di Sequenzializzare le Attività? Otteniamo i reticoli di visualizzazione del progetto o reticoli di schedulazione del progetto e cioè una visualizzazione schematica delle ATTIVITA’ schedulate del progetto e delle relazioni logiche che le uniscono (relazioni di dipendenza).
  • 26. Allo stato attuale stiamo ancora a livello del disegno del progetto ovvero delle singole attività schedulate. Un esempio di progetto rappresentato da un grafico reticolare sia con il metodo PDM che ADM è il seguente: Essi rappresentano lo stesso progetto. Solo che nel primo disegno le attività vengono rappresentate nei nodi (rettangoli) mentre nel secondo disegno le attività vengono rappresentate sulle frecce. Altra cosa importante, nel momento in cui abbiamo disegnato il tipo di schedulazione, occorre andare a capire quali sono tutti i possibili percorsi (strade) di attività che mi permettono di andare dall’inizio della schedulazione alla fine della schedulazione. Ad es. 26
  • 27. 27 Come si può vedere i possibili percorsi per andare dall’inizio ST alla fine FI sono 3. Da tener presente che le attività schedulate le devo svolgere tutte, in quanto sono loro che mi danno il 100% del singolo W.P. Tuttavia questi 3 percorsi che abbiamo identificato hanno delle caratteristiche particolari. Il suddetto reticolo di schedulazione del progetto fornisce un supporto nella gestione del progetto in quanto: – Mostra le relazioni tra tutte le attività schedulate di progetto; – Mostra al gruppo di progetto la sequenza di esecuzione del progetto; – Aiuta ad ottimizzare l’organizzazione ed il controllo del lavoro di progetto; – Può mostrare l’avanzamento del progetto; – Aiuta a definire e giustificare la stima dei tempi di progetto. Facciamo un esempio di disegno di reticolo di schedulazione del progetto sia con il metodo PDM che ADM, come segue: Abbiamo le seguenti attività articolate in questa maniera: Attività Predecessori 1 - 2 1 3 1 4 3 5 2 6 4 – 5
  • 28. 28 La tipologia di relazione è del tipo Fine-Inizio. Disegnare il reticolo di schedulazione di questo progetto con il metodo PDM e poi con il metodo ADM. Avremo così i seguenti schemi: Start 1 2 3 5 4 5 Dove all’inizio ed alla fine avremo due milestone che hanno durata nulla. Il reticolo PDM è orientato alle attività: ad es. dopo l’attività 1 viene la 2 e la 3 e così via; mentre il reticolo ADM è orientato agli eventi: cioè l’evento 1 ha un inizio (primo cerchietto e finisce con il secondo cerchietto) e così via. I numeri sulle frecce indicano gli eventi ed i nodi indicano l’inizio e fine della singolo evento. Nel reticolo ADM si può notare come l’attività 6, dipendente dalla 4 e 5, lo si deve disegnare con una attività Dummy che mi dice che l’attività 6 può iniziare solo dopo che sono finite entrambe le attività 4 e 5 che magari hanno durate differenti. Se avessi fatto partire una freccia direttamente dall’attività 4 non avrei espresso tale concetto. Tuttavia nella realtà il metodo ADM difficilmente si utilizza. 6 Finish Reticolo di schedulazione con il metodo PDM Reticolo di schedulazione con il metodo ADM F 6 4 2 3 S 1
  • 29. 29 Cosa succede se ho dimenticato di inserire una attività o devo modificarne qualcuna? Aggiornerò l’elenco delle attività, vedo su cosa impatta tale aggiornamento e vado a modificare il work package; identifico quindi che dalle relazioni di dipendenza nascono dei nuovi rischi che fino a quel momento non avevo identificato per quella specifica nuova attività, magari capisco che dovrò fare una analisi dei rischi più approfondita. Tali nuovi rischi li andrò ad inserire in nuovo oggetto che si chiamerà Registro dei Rischi che andrò ad aggiornare. Ancora una volta si evince qui il significato di “integrazione”.
  • 30. 30 • STIMARE LE RISORSE PER LE ATTIVITA’ Vediamo tra le altre cose che tra gli input troviamo il calendario delle risorse. Esso va a definire la disponibilità delle risorse sul progetto con quelle che sono le caratteristiche tipiche delle singole risorse in termini di competenze, ed esperienze, di costi e soprattutto l’effettiva disponibilità delle risorse. All’interno di tale calendario potrei trovare il gruppo utile per svolgere il progetto. Il calendario non è altro che un elenco delle risorse che possiede l’azienda all’interno della quale sono esplicitate i nominativi, le competenze, i turni, il piano ferie di ciascun elemento e così via. Tra le risorse abbiamo anche i materiali e macchinari propri dell’azienda.
  • 31. Poi abbiamo i soliti Fattori ambientali aziendali, cioè tutto quello che ha l’azienda a disposizione per tale processo: disponibilità delle risorse; nonché gli Asset dei processi organizzativi, cioè tutto quello che è l’azienda nei confronti di tale processo. Essi forniscono i criteri adottati dall’organizzazione aziendale per la gestione delle risorse sia umane che materiali. Se disponibili vengono esaminati i dati storici relativi ai tipi di risorse necessarie per un lavoro simile nel contesto di progetti precedenti. 31 Tra gli strumenti e tecniche troviamo – l’Analisi delle alternative: Già in questa fase si inizia a fare un ragionamento sulle possibili alternative di risorse da utilizzare per lo svolgimento delle specifiche attività schedulate. Tale analisi delle alternative ci indica se andare verso le risorse molto competenti o con skill molto basso; ovvero utilizzare strumenti che hanno un alto tasso di produttività (macchinari nuovi e più performanti) o macchine men o performanti. Questo pezzo di progetto lo realizza la stessa azienda o lo facciamo realizzare all’esterno (acquistiamo il prodotto finito) – Make or Buy – Tutte queste considerazioni non si fanno solo in un momento ma si applicano continuamente durante il progetto e man mano che passa il tempo lo riesco a fare anche in maniera più approfondita. Ipotizziamo che il progetto debba essere eseguito con dei vincoli temporali molto stringenti. A tale punto devo capire se devo prendere delle risorse con dei skill molto alti o molto bassi per risolvere il problema. Ovvero prendere anche dei macchinari più grandi o più performanti. Chiaramente i costi ne subiscono un impatto considerevole (famoso triangolo tempi – costi – ambito). Quindi l‘analisi delle alternative deve prendere in considerazione tutte le risorse (umane e macchine) a disposizione e capire a seconda degli obiettivi temporali, di costi, di rischi ecc. quali sono le scelte migliori da intraprendere. In tal caso si può scegliere se il progetto, o parte di esso, lo deve fare l’azienda (Make), sempre le risorse interne sono in grado di svolgerlo oppure far fare un pezzo del progetto all’esterno (Buy) perché magari si tratta di una fase progettuale più complicata e che magari mi costa anche di meno che farlo fare all’interno. Dalla scelta delle risorse utilizzate dipenderanno i costi, i tempi ed anche la qualità del prodotto finito.
  • 32. 32 – Dati di stima pubblicati Si può fare riferimento a tutta una serie di dati che si trovano in commercio che mi indicano quali sono le risorse, di solito associati anche ai costi, legati allo svolgimento delle attività tipiche logisticamente dislocate in varie parti del paese o per tipologia di lavoro. Con la diffusione dell’Internet tali notizie sono sempre più sviluppate. – Stima Bottom – Up Esso è un ragionamento del tipo: Se dalla definizione dell’attività non riesco a capire chiaramente qual’ è la tipologia e la quantità di risorsa da utilizzare posso effettuare tale tecnica che mi esplode ulteriormente l’attività schedulata ancora più in dettaglio per andare a capire meglio le risorse che devo utilizzare in quell’attività. E’ un po’ come fare l’analisi dei costi o del prezzo, e quindi questo è un’esplosione della singola attività: dettagliare l’utilizzo delle singole risorse e dei materiali per capire quale possa essere il prezzo unitario della singola attività. Tali informazioni andranno ad alimentare quella scheda del Work Package, cha avrò a monte dettagliato, che andrò poi a dare al responsabile del W.P. In tale metodo: – Il sistema viene scomposto top-down in componenti conosciute e valutabili; – Il costo di ogni risorsa viene stimato e i risultati aggregati botton-up per comporre la stima complessiva; – Lo scopo è costruire una stima partendo dalla conoscenza (per esperienza o altri fattori) del costo necessario per sviluppare e integrare le singole risorse. I Vantaggi sono: – Elevato livello di affidabilità (stima dettagliata); – Permette di eseguire stime in modo tradizionale e di trattare stime delle risorse di cui c’è conoscenza diretta; – Il metodo è abbastanza buono perché le stime errate delle risorse tendono a compensarsi. I limiti sono:
  • 33. 33 – Eventuali errori si riflettono su tutta la WBS; – Le stime potrebbero non essere stabili nel tempo; – Processo di stima lungo e costoso; – È poco accurato nelle fasi iniziali in cui non ci sono sufficienti informazioni; – Tende a non essere applicabile se risorse e tempo sono poco disponibili. – Software di project management Output del processo di Stimare le Risorse per le Attività sono: – Requisiti di risorse per le attività Cioè quali devono essere i requisiti richiesti per svolgere quelle attività. Cioè Identificazione e Descrizione dei tipi e delle quantità delle risorse richieste. Esse devono essere documentate riportando informazioni relative alle esperienze passate ovvero alla disponibilità e quantità di risorse impiegate, ecc. Altro Output è la struttura di Scomposizione delle Risorse (RBS – Resource Breakdown Structure). Le informazioni tirate fuori da questa analisi fatte sulla stima delle risorse delle attività descritte nei requisiti di risorse per le attività, vengono strutturate in forma gerarchica di WBS. Cioè partendo dall’inizio del progetto si tira fuori una “struttura” suddivisa in risorse umane, strumenti e materiali. Le risorse umane a sua volta possono essere scomposte in risorse umane interne ed esterne. Così pure le strumentazioni possono essere suddivise in interne ed esterne.
  • 34. Addirittura andando a fare una stima Botton-Up e cioè esplodere ulteriormente l’attività fino a scendere all’analisi dettagliata delle risorse (umane, strumenti e materiali), posso capire come tale costo si spalma sulle diverse risorse (umane, strumentali e materiali). La RBS altro non è che la WBS delle risorse. In ciascun nodo della RBS (ma di fatto della WBS limitatamente alle risorse) viene evidenziato il tipo di risorsa, il tempo di utilizzo e il parametro di costo orario unitario. Risalendo sui rami della WBS si giunge all’impiego cumulato delle risorse e al suo costo. Una rappresentazione di una RBS è la seguente: 34 a) In formato grafico tipo WBS: b) Oppure in formato a cascata:
  • 35. 35 Tale struttura in genere si utilizza insieme alla WBS.
  • 36. 36 • STIMARE LE DURATE DELLE ATTIVITA’ Esso è una stima elaborata progressivamente (concetto di elaborazione progressiva). Quindi è un processo che svolgerò più volte nel ciclo di vita del progetto: condizioni al contorno che variano progressivamente nel tempo, e quindi progressivamente andrò a variare quelle che sono le modifiche effettuate.
  • 37. Tra gli input troviamo: – il Piano di Gestione della Schedulazione, cioè le regole da utilizzare per la gestione dei tempi di 37 progetto. – Inoltre i requisiti di risorse per le attività che abbiamo già visto in precedenza, esse influenzano significativamente la durata della maggior parte delle attività (ad es. se un’attività schedulata richiede l’intervento simultaneo di due risorse per essere efficacemente completata, ma una sola persona è assegnata al lavoro, l’attività schedulata, generalmente durerà il doppio del tempo per essere completata). – Il calendario delle risorse è un documento presente in azienda che mi indica le disponibilità, capacità e skill delle risorse umane nonché il tipo, la quantità e disponibilità delle attrezzature e dei materiali. Generalmente tale calendario è dato dal PMO (Project Management Office) che è un ufficio facente parte dell’azienda (struttura organizzativa a matrice forte) e non del progetto singolo, da non confondere con il P.O. (Project Office) che invece fa parte del Team di Progetto, di carattere gestionale, ma che non sono orientate a lavorare sulle attività ma coadiuvare il P.M. nella gestione dei rischi, dei tempi, ecc. Il PMO serve invece a supportare la gestione del progetto e quindi anche del P.M. – Descrizione dell’ambito del progetto: devo sempre avere in mente che cosa devo realizzare e all’interno della quale occorre considerare i vincoli e assunti derivanti dalla descrizione dell’ambito del progetto, che mi possono servire per identificare le durate delle singole attività (ad es. termini contrattuali come vincoli o invece le condizioni di lavoro come assunti. Il livello di finitura delle lavorazioni può anche influenzare la determinazione della stima della durata delle attività. – Registro dei rischi: fornisce l’elenco dei rischi associate alle singole attività insieme ai risultati dell’analisi del rischio ed il piano di risposta ai rischi. – Struttura di scomposizione delle risorse: la famosa RBS già vista in precedenza che è una suddivisione gerarchica delle risorse identificate per categoria e per tipo. – Fattori ambientali aziendali: quello che l’azienda HA a disposizione per il progetto: database di stime delle attività e relativa allocazione di risorse opportunamente organizzate per tipologia di attività/risorsa
  • 38. – Asset dei processi organizzativi: quello che l’azienda E’; generalmente sono documenti che possono essere utili al P.M. come ad es. le lesson learned, il calendario di progetto con l’indicazione dei giorni lavorativi e non lavorativi). 38 Tra gli strumenti e tecniche troviamo: – Il parere degli esperti (metodo: per portare avanti un processo occorre che il P.M. abbia una certa esperienza oppure coinvolgere un gruppo di lavoro formato da esperti. Infatti la stima delle durate delle attività non è cosa semplice per un P.M. che non è addentrato perfettamente nella problematica ed in questo caso il parere del personale esperto (interno o esterno) supportate da informazioni storicizzate, può aiutare nella stima della durata delle attività. – Stima per analogia: il metodo di stima chiamato anche TOP-Down (a volte si intende la macro stima che viene dato dallo Sponsor o top manager) si usa quando si hanno poche informazioni (ad es. nelle primissime fasi del progetto). La stima complessiva del progetto viene effettuata partendo dai livelli più alti della WBS e prosegue poi verso i livelli più bassi. I vantaggi sono: • è estremamente rapido; • è valido per una prima stima di massima; I Limiti sono: • è poco affidabile ed è poco accurato Tale metodo potrebbe trovare ad es. applicazione in caso d partecipazione ad un bando di gara di Appalto. In questo modo si potrà disporre di una stima di massima, non precisa, ma che potrà dare una misura complessiva dell’appalto da riportare nell’offerta. La stima per analogia ci dà la possibilità di confrontare altresì il progetto attuale con progetti analoghi già completati. E’ applicabile sia a livello di progetto complessivo sia di singoli parti della WBS. E’ in certo senso molto vicino al metodo che si basa sulla stima degli esperti, in quanto si lavora per analogie con l’esperienza passata. Il metodo consiste: Nel caratterizzare il progetto; Selezionare il progetto più simile fra quelli di cui si dispongono i dati storici;
  • 39. 39 Evidenziare le differenze; Preparare la stima In particolare sarà necessario selezionare: Le caratteristiche rilevanti delle attività; Le caratteristiche di similarità o distanza; Il numero di progetti analoghi che devono essere presi in considerazione per la predizione Inoltre se si considerano più progetti ritenuti simili si può utilizzare una media pesata. Si possono utilizzare meccanismi di aggiustamento basati su criteri oggettivi o soggettivi. I vantaggi di tale metodo sono: o Confronto con un progetto simile già realizzato (o sue parti) o Stima rapida; o Stime basate su dati reali; o Utilizzato per stime di massima (spesso in fase preliminare di analisi), utile anche come raffronto; Gli svantaggi sono: o Necessità di esperienza professionale, interna o esterna (consulenti); o Vincolato alle informazioni passate disponibili (quantità e qualità); o Non applicabile o impreciso se i progetti sono troppo diversi. La Stima parametrica invece è una stima più dettagliata. Per tali stime occorre basarsi sulla valutazione di opportuni parametri. Si definiscono cioè alcuni parametri misurabili, detti driver “D”, come per es. la superficie calpestabile ovvero la superfice del tetto o delle pareti, e su questi si individuano le attività necessarie per unità “U” (ad es. mq, mc, ore/uomo, ecc.) La stima della durata dell’attività può essere quantitativamente determinata moltiplicando la quantità di lavoro da eseguire per il tasso di produttività (team di risorse). Ad es. devo cablare un chilometro di strada con la fibra ottica. Ipotizzo di utilizzare due operai ed una macchina per srotolare la fibra. I due operai riescono a cablare 100 ml. di fibra all’ora; dalla stima parametrica ottengo che per cablare 1 km di fibra ci vogliono 10 ore.
  • 40. 40 I Vantaggi di tale metodo sono: • È molto accurato; • È basato su misure oggettive e precise; • È valido in fase avanzata di pianificazione; I limiti sono: • Occorre disporre di tutte le informazioni di dettaglio del progetto (o una sua parte); • È laborioso; Questo tipo di stima si applica quando si dispone di misure certe del nostro progetto (o prodotto). E’ tipico l’esempio di una costruzione di un edificio di cui si conosce la cubatura, di un pavimento di cui è nota la superficie calpestabile, di un manto stradale di cui si conosce la lunghezza, di un muro di cui sono note le dimensioni. In casi come questi, verificando il costo unitario delle attività (o risorse) è immediato il computo del costo totale. Tale tipologia di stima quindi si basa su dati storici consolidati. Ma sono applicabili anche dati provenienti su basi statistiche, e da qui si possono ricordare l’Analisi della Regressione (Scatter Diagram) oppure le Curve di Apprendimento. Stima a tre punti (o a tre valori) Alcune attività hanno una tipologia che non consente di esprimere la stima della durata in modo deterministico, ma con un ordine di incertezza. Un caso tipico sono le attività di movimentazione materiali che possono essere molto influenzate dalle condizioni del traffico, per cui in questi casi è più adeguato determinare la stima della durata come distribuzione probabilistica della durata stessa. La stima a 3 punti è appunto una determinazione statistica della durata attesa di un attività. In tale tecnica, la stima della durata EAD (= Expected activity duration), si basa su tre valori:
  • 41. 41 Durata più probabile (= Dml dove “ml” sta per Most Likely) Durata ottimistica (Do) Durata pessimistica (Dp) Una stima della durata dell’attività (tempo atteso dell’attività) può essere costruita utilizzando una media delle tre durate stimate (o un’altra formula matematica). Questa media fornisce in genere una stima più accurata della durata dell’attività rispetto a una stima più probabile a valore singolo. Quindi la stima si può fare applicando le tecniche probabilistiche e cioè la Distribuzione Beta (tipicamente usata nel metodo PERT) e la distribuzione triangolare (media dei tre valori), secondo le seguenti formule. Tempo atteso: 1) Distribuzione Beta: EAD = (D0+4Dml+Dp)/6 (ovvero una media pesata dei tre valori stimati, di cui il valore più probabile pesa in modo prevalente (4 volte di più degli altri due) 2) Distribuzione triangolare: EAD = (Do+Dml+Dp)/3 Concettualmente le stime di durata dell’attività di tipo probabilistico sono di maggior valore delle stime di tipo deterministico o a singolo valore (per es. quella parametrica). Ogni stima è per sua natura approssimata. Il valore consuntivo della grandezza si discosterà dal valore stimato. La stima di tipo probabilistico ha il pregio di evidenziare la quantità e distribuzione dell’approssimazione che grava sul valore stimato la quale, con le stime deterministiche, viene invece percepita in modo più grossolano (per es. +/- 25%).
  • 42. Quindi la durata della singola attività può essere determinata o con un approccio deterministico (quando sono sicuro della materia ovvero ho dei dati certi) oppure con un approccio probabilistico. E’ ovvio che ci possono essere delle differenze tra i due approcci. Maggiore è la differenza fra le stime ottimistica e pessimistica delle durate maggiore è il livello di indeterminatezza della stima a te punti. Per capire quant’è l’indeterminatezza si usano due valori: – La Deviazione standard (o scarto quadratico medio o misura della dispersione) anche detta σ (Sigma), che è un indicatore dell’affollamento dei valori della durata attorno al valore EAD, ed è data dalla formula: 42 σ = ∗ – La Varianza (detta anche σ2) è data dalla formula (quadrato della deviazione standard) σ2 =
  • 43. 2 La varianza è un indicatore di dispersione in quanto è nulla solo nei casi in cui tutti i valori son uguali tra loro (e pertanto uguale alla loro media) e cresce con il crescere delle differenze reciproche dei valori. Essa risulta essere in pratica una misura della dispersione dei valori ottenuti in “n” prove: maggiore differenza vi è tra i valori ottenuti in “n” prove e maggiore sarà il valore della varianza. Offre cioè una indicazione sull’addensamento dei valori della variabile attorno al valor medio.
  • 44. 43 Facciamo un esempio: Vediamo ora di richiamare alcuni concetti di statistica e probabilità. L'obiettivo primario per il Project Manager è il successo del progetto. Essere efficaci, arrivare all'obiettivo, non basta! Bisogna anche essere efficienti e arrivare all'obiettivo con il minore dispendio e spreco di risorse, mantenendo alti gli standard qualitativi. Per essere efficaci, quindi, non è sufficiente misurare, occorre anche elaborare le misurazioni effettuate e utilizzarle a scopi previsionali sempre nell'ottica dell'efficienza e della sostenibilità del progetto. La conoscenza di base e la comprensione di alcuni elementi delle discipline della Statistica e della Probabilità sono di supporto al Project Manager nello svolgere le attività di gestione di un progetto, tra le quali citiamo: la gestione dei rischi, la capacità di predire in maniera oggettiva l'andamento dei costi e delle tempistiche, la misurazione degli indici di performance del progetto e la loro analisi necessaria per capire l'andamento del progetto stesso. Inoltre, durante la fase del Monitoring Controlling, sono numerosi i metodi statistici che supportano una comprensione analitica (qualitativa e quantitativa) dell'andamento del progetto. Tale comprensione permette di avere gli strumenti necessari per intraprendere eventuali correzioni (di costo, di risorse, di budget, di tempistiche, di qualità, di scopo) durante le varie fasi del progetto. In Statistica una variabile ha due caratteristiche: – è un attributo che descrive una persona, un posto, un oggetto o un idea; – ha un valore che dipende dal tipo di entità cui si riferisce. Variabili qualitative e variabili quantitative Le variabili sono classificate in due modi: qualitative e quantitative.
  • 45. 44 – Variabili qualitative (o categoriche): il valore è un testo, un aggettivo. Per esempio: il colore dei capelli di una persona è una variabile qualitativa. – Variabili quantitative (o numeriche): il valore è un numero. Per esempio: l'altezza di una persona, espressa in centimetri, è una variabile quantitativa. Le variabili quantitative sono a loro volta classificate come discrete o continue. – Discrete: le variabile discrete assumono solo numeri interi. Esempio: la popolazione del pianeta Terra è un numero discreto. – Continue: le variabili continue assumono qualsiasi valore tra un minimo e un massimo. Esempio: Il budget previsto per l'acquisto di una nuova automobile della famiglia Bianchi, può assumere qualsiasi valore tra il minimo di 15.000 € e il massimo di 20.000 €. Variabili aleatorie Una variabile aleatoria (casuale, random) è una variabile che assume determinati valori in modo casuale (non deterministico). Esempi: – il lancio di un dado; – l’esito di una estrazione del Lotto; – il risultato di una partita di calcio; – il voto di un esame. Dato che ciascuno dei valori ha una probabilità di verificarsi, ci sarà anche una funzione detta distribuzione di probabilità P(x) della variabile aleatoria x. Le variabili aleatorie possono essere sia discrete che continue. Esempio di applicazione Una piccola azienda ha deciso di investire in un progetto che prevede la ristrutturazione e riqualificazione dei locali situati al piano terra di un edificio di 3 piani per la realizzazione di un centro ricreativo e culturale che ha l'obiettivo di erogare corsi di: lingua, teatro, musica, arte e doposcuola. Il Project Manager fa un elenco delle seguenti variabili qualitative e quantitative che intende tenere sotto controllo durante le varie fasi del progetto. Variabili qualitative:
  • 46. 45 – risposta della popolazione alla proposta dei corsi; – tempi di realizzazione struttura. Variabili quantitative: – popolazione potenziale interessata ai corsi – tra 4 e 6 anni – tra 7 e 11 anni – tra 12 e 14 anni – tra 14 e 25 anni – tra 25 e 55 anni – tra 55 e 65 anni – 65 anni – percentuale di persone che hanno espresso interesse per i corsi di lingua – percentuale di persone che hanno espresso interesse per i corsi di teatro – percentuale di persone che hanno espresso interesse per il servizio di doposcuola e tutoraggio I valori delle suddette variabili permetteranno di valutare il numero dei corsi da erogare e il numero dei docenti esterni da reclutare sul territorio. 1 minuto di riflessione Rifletti su quali possano essere le variabili quantitative principali che caratterizzano un individuo. Alto è una variabile qualitativa, 178 cm è una variabile quantitativa. Domande di verifica Tra le variabili quantitative che hai individuato nel minuto di riflessione precedente, quali sono le variabili continue?
  • 47. 46 Test di comprensione Quale delle seguenti affermazioni è vera? [A] Tutte le variabili possono essere classificate come numeriche o qualitative. [B] Le variabili categoriche possono essere variabili continue. [C] Le variabili qualitative possono essere variabili discrete. [D] Le variabili discrete assumono qualsiasi valore tra un minimo e un massimo. Soluzione Test di comprensione La risposta corretta è [A]. Tutte le variabili possono essere classificate come qualitative o numeriche. Le variabili categoriche (dette anche qualitative), non possono essere numeriche e quindi non possono essere classificate come continue. Le variabili discrete sono una categoria di variabili quantitative e assumono solo valori interi tra un minimo e un massimo. In conclusione
  • 48. 47 Figura 1: Schema riassuntivo variabili Media La media aritmetica di un set di dati è la somma numerica di tutti i valori dei dati diviso il numero dei dati. In simboli matematici: ! # $ Variabili Quantitative Qualitative Continue Discrete Le variabili sono attributi di cose Le variabili qualitative usano parole Le variabili quantitative usano numeri Le variabili continue assumono qualsiasi valore tra un minimo e un massimo Le variabili discrete assumono un valore intero tra un minimo e un massimo -------------------------------------------------------- Le variabili aleatorie (random, casuali) assumono determinati valori in modo casuale (sia discrete che continue) Aleatorie
  • 49. 48 Dove: ! è la media del set di x valori è la somma di tutti gli x valori facenti parte del set n è il numero di x valori del set Mediana La mediana di un insieme di dati è il valore del dato centrale dell'insieme dopo che questi sono stati ordinati in ordine crescente. Mediana = ½ (n + 1) -esimo valore del set di dati Dove: n è il numero dei dati Nota: Se è il numero dei dati è pari, allora la mediana è calcolata come la media di due valori centrali di un insieme di dati. La mediana indica il numero che occupa la posizione centrale in un insieme di numeri, ovvero una metà dei numeri ha un valore superiore rispetto alla mediana, mentre l'altra metà ha un valore inferiore. La media e la mediana sono misure usate per descrivere il valore più tipico di una popolazione. Gli Statistici li definiscono come misure della tendenza centrale. Moda La moda indica il valore più ricorrente in un insieme di dati. In alcune distribuzioni, la moda può mancare, oppure essere presente per più di un valore; in questo caso, si hanno distribuzioni bimodali (due mode), trimodali (tre mode), plurimodali. Moda = valore che compare con maggior frequenza
  • 50. 49 La moda, ad esempio, di 2, 3, 3, 5, 7 e 10 è 3. Esempio di applicazione In un progetto si registra un aumento dei costi mensile. Dopo una analisi sui costi, il PM decide di calcolare l'over-costo medio settimanale dovuto alle ore di straordinario richieste negli ultimi due mesi (1 ora di straordinario costa all'azienda 122 euro). 1. Settimana 1 = 25 ore 2. Settimana 2 = 21 ore 3. Settimana 3 = 15 ore 4. Settimana 4 = 28 ore 5. Settimana 5 = 21 ore 6. Settimana 6 = 32 ore 7. Settimana 7 = 17 ore 8. Settimana 8 = 22 ore Media Σ =25+21+15+28+21+32+17+22=181 ore n 8 ! 22,625 ore Costo medio settimanale imputabile alle ore di straordinario 2760,25€ Mediana Ordiniamo le ore settimanali in ordine crescente: 15, 17, 21, 21, 22, 25, 28, 32 Valori centrali: 21, 22
  • 51. 50 Mediana: (21+22)/2 = 21,5 ore Moda Il valore più ricorrente è 21 ore. 1 minuto di riflessione Nell'esempio precedente quali delle 2 misure della centralità meglio risponde alle esigenze del Project Manager? Domande di verifica Quando è meglio usare la media e quando la mediana? Usiamo la media quando abbiamo un campione grande di dati. Usiamo la mediana quando abbiamo un campione piccolo di dati e il campione presenta un valore che differisce moltissimo da tutti gli altri dati. Tale valore si chiama outlier (dato erratico). Questo perché il dato erratico può falsare la media. Test di comprensione Il punteggio di 4 test di IQ è il seguente: 96, 100, 106, 114. Quale delle seguenti affermazioni è vera? [A] La media è 103 [B] La media è 104 [C] La mediana è 100 [D] La mediana è 106 Soluzione La risposta corretta è [B]. Infatti:
  • 52. 51 Media = Σx / n = (96 + 100 + 106 + 114) / 4 = 104 Dal momento che ci sono un numero pari di punteggi (4), la mediana è la media dei due punteggi centrali. Mediana = (100 + 106) / 2 = 103 Tendenza centrale Mediana Media Moda Senza outlier Valore centrale Con outlier Valore più ricorrente Le misure di tendenza centrale rappresentano il valore “più tipico” La mediana è il valore centrale Figura 2: Schema riassuntivo Media, Mediana, Moda
  • 53. 52 Range Il Range è la differenza tra valore massimo e valore minimo di un insieme di dati. Nell'intervallo di Figura 3 i valori sono {4, 6, 9, 3, 7}. Il valore minimo è 3, il valore massimo 9, il range = 9 - 3 = 6. Figura 3: Range di un insieme di dati Varianza Nel capitolo precedente abbiamo visto come la media sia una misura della centralità del nostro insieme di dati (popolazione). Utilizziamo ora la media come punto di riferimento per calcolare la deviazione (o variabilità) di ciascun valore dal valore centrale (media). Questa deviazione si chiama scarto. Le deviazioni sono numeri positivi per tutti i valori al di sopra della media e numeri negativi per tutti i valori al di sotto della media. Sommando queste deviazioni il risultato è 0 (i valori positivi sono elisi dai valori negativi). Quest'approccio non ci consente quindi di ottenere una misura della variabilità dei dati. Il problema si risolve elevando al quadrato le deviazioni dalla media (il quadrato di un numero negativo è un numero positivo). Sommando i quadrati delle deviazioni (o “scarti”) dalla media e dividendo questa somma per il numero delle osservazioni, otteniamo la deviazione quadratica media (o scarto quadratico medio) o varianza.
  • 54. Data una popolazione, la varianza è una funzione che fornisce una misura di quanto i valori assunti dalla variabile si discostano dal valore medio. 53 La varianza è quindi definita come lo scarto quadratico medio dalla media della popolazione, secondo la seguente formula: Σ'( ) Dove σ2 è la varianza μ è la media Xi è l'i-esimo elemento della popolazione N è il numero degli elementi della popolazione. In sintesi, la varianza dice come sono distribuiti i valori attorno alla media. Per esempio: prendiamo l'età di una popolazione di 3 gruppi di individui adulti in 3 ospedali diversi per sperimentare un nuovo protocollo di cura. Età gruppo 1 (anni): 20, 30, 40, 50, 60. Età gruppo 2 (anni): 10, 25, 40, 55, 70. Età gruppo 3 (anni): 35, 37, 40, 43, 45.
  • 55. L'età media (media aritmetica) è pari a 40 anni per tutti e tre i gruppi, ma nel secondo gruppo i dati sono più dispersi attorno alla media. È per questo che, accanto ai valori medi, vanno introdotti anche indici di misura della variabilità (o 54 dispersione o scarto) dei dati. Nota: Nella formula della varianza, il denominatore è pari ad N quando si calcola la varianza di una popolazione, si usa invece (n-1) quando si calcola la varianza di un campione di dati (sample). Deviazione Standard Il limite della varianza come misura di dispersione è quella di avere una unità di misura espressa al quadrato rispetto all'unità di misura originale. Essa indica quanto, in media, ciascun elemento si discosta dalla media aritmetica. La radice quadrata della varianza, chiamata deviazione standard, ci riporta i valori nell'unità di misura di partenza: *+ , Σ' ( + ) Dove: σ è la deviazione standard σ2 è la varianza μ è la media Xi è l'i-esimo elemento della popolazione N è il numero degli elementi della popolazione. La Deviazione Standard è l'indice di variabilità più reale e, quindi, più utilizzato per misurare l'incertezza di una misura.
  • 56. 55 Quanto più elevata è la deviazione standard, tanto più i dati si discostano dal valore medio. Nel paragrafo seguente vedremo come il valore della varianza e della deviazione standard possono dare al Project Manager una indicazione sulle stima di durata e di costo di un progetto. La deviazione standard rappresenta l'incertezza della nostra misura centrale (media). Essendo definita come la radice quadrata della varianza assume sia valori negativi che valori positivi. Deviazione Standard come misura dell'incertezza sulle stime di durata e costi di progetto A) Stime con la tecnica a 3 punti Ogni attività di un progetto presenta un margine di incertezza o rischio relativamente ai parametri come la durata e i costi del progetto stesso. Nella pratica di tutti i giorni sono molti i rischi di non terminare un progetto in una determinata data ed entro un determinato budget. Valutare questi rischi permette di pianificare meglio una risposta agli stessi, aumentando così la probabilità di successo del progetto. Le stime a 3 punti sono di supporto al Project Manager per valutare i rischi di alcuni parametri fondamentali di progetto come la durata e i costi. Le stime a 3 punti usano 3 stime differenti: valore Ottimistico (caso migliore, O), valore Pessimistico (caso peggiore, P) e valore più probabile (M dall'inglese Most Likely) per stimare sia la durata che i costi di un progetto.
  • 57. 56 Il modo più semplice è quello di calcolare la media semplice del parametro in esame: -./01 023/1 42056/72 μ 9 + ; + = + ? + + ? + ∗ + @ , ? + + ? + ∗ + @ Tali formule derivano dalla Distribuzione di Probabilità Triangolare. B) Stime con la tecnica PERT Anche la tecnica PERT (Program Evaluation and Review Technique) è una stima dell'incertezza che usa 3 punti. Per poter arrivare alla formula di PERT, osserviamo che la durata di un progetto è una variabile aleatoria (rif. 0). Assumiamo ancora che il tempo di completamento di un progetto sia un valore finito. In riferimento alla durata del progetto, chiamiamo stima Ottimistica (caso migliore, O) il minimo valore del range della durata e stima pessimistica (caso peggiore, P) il massimo valore del range. Queste assunzioni sono anche alla base della definizione della così detta Distribuzione Beta (β) che è una distribuzione di probabilità continua con range finito che vedremo in dettaglio nel capitolo 0. Il picco di questa distribuzione corrisponde alla moda (M), ovverosia al valore più probabile della distribuzione. O, P ed M sono quindi dei parametri della distribuzione di una variabile aleatoria (quale può essere appunto la durata o il costo di un progetto). La distribuzione Beta è caratterizzata da 4 parametri:
  • 58. 57 – un valore minimo, – un valore massimo, – due parametri di forma. Indipendentemente dai valori di minimo e massimo, dando ai parametri di forma specifici valori, si calcola: -./01 023/1 5241.1 μ 9 + A; + + ? + + B 9 Il valore medio μ rappresenta la stima media della durata oppure dei costi del progetto. Il valore CD la varianza e il valore σ la deviazione standard, ossia rappresenta l'incertezza sulla stima del valore medio μ. Osserviamo che la differenza fra il valore pessimistico e il valore ottimistico è 6 volte la deviazione standard e che PERT dà uno peso 4 al valore della moda (valore più probabile). In sintesi PERT è un tipo di tecnica di stima a 3 punti e usa una stima della media pesata rispetto alla stima semplice della formula a 3 punti semplice. Le stime a 3 punti sono anche usate per l'analisi Monte Carlo. La formula PERT è detta anche EAD (Expected Activity Duration).
  • 59. Affineremo e completeremo le tecniche di stima della durata e dei costi di un progetto quando esamineremo la Distribuzione Normale (Distribuzione Gaussiana) nel paragrafo 0 e il metodo del cammino critico (Critical Path Method). 58 Esempio di applicazione In seguito ad un cambiamento di un requisito software che implica l'installazione di un nuovo plug-in, il Project Manager chiede alla risorsa interessata di stimare il tempo che gli occorre per effettuare tale modifica. La risorsa risponde che nel caso migliore potrebbe impiegarci 6 ore, nel caso peggiore 26 ore (problemi con l'installazione del plug-in), più probabilmente 10 ore. Il Project Manager decide di aggiornare la schedulazione usando la stima PERT che porta al seguente risultato: (6 + 4*10 + 26)/6 = 72/6 = 12 ore, molto vicino alla stima più probabile. 1 minuto di riflessione Abbiamo visto che sia la varianza che la deviazione standard danno la misura dell'incertezza di una variabile aleatoria intorno al valore medio: perché abbiamo bisogno di due variabili che ci dicono la stessa cosa? Domande di verifica Un progetto è normalmente formato da più attività (scomponibili per esempio utilizzando la WBS). Una volta calcolato la durata media e la deviazione standard di ogni attività, a cosa corrisponde la durata totale e la deviazione standard totale del progetto? Suggerimento: verifica la tua risposta dopo aver letto il paragrafo 0.
  • 60. 59 Test di comprensione Due progetti X e Y hanno una durata prevista di 48 giorni ciascuno. La Deviazione Standard è 4 giorni per il progetto X e 8 giorni per il progetto Y. Cosa possiamo affermare in riferimento ai due progetti? [A] Il progetto X ha una probabilità di completarsi in metà del tempo del progetto Y [B] Il progetto Y ha una probabilità di completarsi in metà del tempo del progetto X [C] Il progetto X è più rischioso del progetto Y [D] Il progetto Y è più rischioso del progetto X. Soluzione Test di comprensione La risposta corretta è[D]. Il progetto Y è più rischioso del progetto X. Una deviazione standard più elevata indica maggiore incertezza sui rischi.
  • 61. 60 Valore più grande meno il valore più piccolo Facile da calcolare, ignora la media 2 μ = (O+M+P)/3 Range Deviazione quadratica media dal valor medio Notazione: σ Varianza Radice quadrata della varianza Notazione: σ Deviazione Standard Stima semplice 3 punti 2 = (P-O) μ = (O+4M+P)/6; σ 2 /6 2 ; σ = (P-O) Stima PERT 3 punti /6
  • 62. 61 Distribuzioni di Probabilità e loro applicazioni in Project Management Nel capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. Abbiamo definito le variabili aleatorie. Se disegniamo un grafico con i valori di tali variabili lungo l'asse x e disegniamo la probabilità che ciascun di esse si verifichi lungo l'asse y, otteniamo una distribuzione di probabilità. La funzione matematica che descrive la forma della distribuzione di probabilità si chiama funzione di distribuzione della probabilità. In questo capitolo vediamo alcune tra le distribuzioni più usate nella disciplina del Project Management e le loro applicazioni. Distribuzione Uniforme Nella distribuzione uniforme ogni valore della variabile aleatoria ha una uguale probabilità di verificarsi. Per esempio, nel lancio di un dado (facce numerate da 1 a 6), ciascuna faccia ha una uguale probabilità di occorrenza. Quindi ogni faccia del dado ha una probabilità di 1/6 di verificarsi. La distribuzione uniforme può essere discreta o continua. Il lancio di un dado è un esempio di distribuzione discreta perché il risultato può assumere solo valori discreti (1, 2, 3, 4, 5, e 6). Le variabili aleatorie continue, invece, sono quelle che possono assumere un insieme continuo di valori tra un intervallo dato [a, b]. La distribuzione uniforme di un insieme definito di valori è la distribuzione di probabilità che attribuisce a tutti gli elementi dell'insieme la stessa probabilità di verificarsi.
  • 63. 62 Figura 4: Distribuzione Uniforme discreta Figura 5: Distribuzione Uniforme continua Utilità in Project Management Tale distribuzione è usata in Project Management quando si hanno poche informazioni sui dati di progetto e si vogliono determinare delle stime grossolane. È inoltre usata nel processo di Gestione dei Rischi quando un certo numero di rischi ha una uguale probabilità di verificarsi. Distribuzione Triangolare La Distribuzione Triangolare è una distribuzione di probabilità continua con un valore minimo, una moda (valore più probabile) e un valore massimo. Differentemente dalla Distribuzione Uniforme i valori di una variabile aleatoria in questo caso NON hanno la stessa probabilità di verificarsi. La probabilità del valore minimo (a) è 0, come pure la probabilità del valore massimo (b), la probabilità della moda (c) invece è il valore più alto della distribuzione.
  • 64. 63 Figura 6: Distribuzione Triangolare Utilità in Project Management Tale distribuzione è usata spesso come approssimazione della Distribuzione Beta che vedremo nel prossimo paragrafo per stimare la durata delle attività di un progetto come abbiamo visto nel paragrafo A) (stima a 3 punti semplice). Assumendo infatti una Distribuzione Triangolare, la durata aspettata di una attività (media della distribuzione) può essere calcolata usando il metodo della media semplice. Distribuzione Beta La distribuzione Beta è determinata da 4 parametri: a - valore minimo b - valore massimo α - parametro di forma β - parametro di forma Dove a e b sono numeri finiti. Anche se gli eventi naturali raramente hanno numeri finiti, la distribuzione Beta li approssima abbastanza bene. La forma della Distribuzione Beta assomiglia a quella della Distribuzione Triangolare ma con la punta del triangolo arrotondata.
  • 65. I parametri di forma α e β permettono di variare la forma della distribuzione (vedi Figura 7). Per valori di α piccoli e di β grandi, il picco della distribuzione è spostato a sinistra del grafico. Viceversa, per valori di α grandi e di β piccoli, il picco della distribuzione è spostato a destra del grafico. Infine, quando i valori di α e β sono paragonabili, il picco della distribuzione si situa al centro del grafico. 64 Figura 7: Distribuzione Beta Utilità in Project Management Come abbiamo visto nel paragrafo B) in occasione della tecnica PERT, interpretando come pessimistico (P) il valore minimo, Ottimistico (O) il valore massimo e più probabile (M) il valore di moda della distribuzione Beta, possiamo ottenere delle buone stime sia per la durata delle attività di un progetto, sia per i costi. Distribuzione Normale Una variabile aleatoria che può assumere qualsiasi valore tra -∞ e +∞ segue una distribuzione Normale (detta anche Gaussiana). Molti fenomeni naturali si distribuiscono secondo la Distribuzione Normale. La particolarità di questa distribuzione è che è simmetrica rispetto al valore medio (valore aspettato). Inoltre il valore medio coincide con la mediana e con la moda (valore più probabile). La distribuzione normale presenta la caratteristica forma a campana. La forma più semplice di distribuzione normale si chiama Distribuzione Normale Standard ed ha come media il valore 0 e come varianza il valore 1. Grazie alla sua capacità di modellare bene moltissimi eventi naturali, tale distribuzione presenta molte applicazioni pratiche in ogni disciplina di studio.
  • 66. 65 Figura 8: Distribuzione Normale (Gaussiana) Nel capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. Abbiamo visto come la varianza e la deviazione standard danno una misura della dispersione dei valori di una variabile aleatoria. L'asse y della curva di distribuzione dà la probabilità di verificarsi di ogni valore che può assumere una variabile aleatoria. Il rapporto dell'area sotto la curva tra due qualsiasi punti a e b e l'area totale della curva, dà la probabilità che un determinato valore della variabile aleatoria cada dentro l'intervallo tra a e b. E qui entra in gioco la deviazione standard. In accordo con la statistica il 68,2% dei valori di una variabile aleatoria cadono dentro 1 deviazione standard dal valore della media, il 95,5% dentro 2 deviazioni standard dal valore della media e il 99,7% dentro 3 deviazioni standard. In altre parole: c'è una probabilità di 68,2% che i valori di una variabile aleatoria stiano tra [! C, ! + C], 95,5% [! 2C, ! + 2C] e 99,7% [! 3C, ! + 3C].
  • 67. 66 Figura 9: Deviazioni Standard dalla media Utilità in Project Management Qualsiasi variabile aleatoria di un progetto può essere gestita con i livelli di confidenza dati dalle stime di deviazione standard. Questo perché molte variabili di progetto seguono la tipica forma a campana della Distribuzione Normale. Molti Project Manager sono confidenti con stime di ±2C, alcuni preferiscono avere livelli di confidenza sulle loro stime fino a 3C. Una tecnica, nota come Six-Sigma, termine coniato da Motorola nel 1985 per ridurre al minimo gli errori sul prodotto e aumentare la qualità dello stesso minimizzando la variabilità nei processi di produzione e di business, considera livelli di confidenza fino ±6C. In realtà sono sufficienti ±4,5C per raggiungere un livello tale di controllo del processo da avere soltanto 3,4 parti difettose per milione (valore standard), il che porta a limiti molto restrittivi sulla variabilità del processo produttivo. La Distribuzione Log normale (Lognormal) In teoria delle probabilità la Distribuzione Log normale, o Lognormal, è la distribuzione di probabilità di una variabile aleatoria X il cui logaritmo logN segue una distribuzione normale. Questa distribuzione può approssimare il prodotto di molte variabili aleatorie positive indipendenti.
  • 68. 67 Figura 10: Distribuzione Lognormal Teorema del limite centrale Il Teorema del limite centrale dice che, preso un grande campione di variabili aleatorie indipendenti (più di 30), ognuna delle quali presenta lo stesso tipo di distribuzione (come per esempio la distribuzione Beta) con una media finita e una varianza, esso si distribuisce secondo la Distribuzione Normale. Più è grande il campione, più il risultato si avvicina alla Distribuzione Normale. Abbiamo visto nel paragrafo B) che l'assunzione di base della tecnica PERT è che ogni singola attività di un progetto sia una variabile aleatoria che segue la Distribuzione Beta. La durata totale del progetto ha una incertezza che vogliamo valutare. Consideriamo le durate delle singole attività come variabili aleatorie e le durate delle attività sul percorso critico (vedi paragrafo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.) come campione. Per calcolare la durata totale del progetto sommiamo le stime PERT delle attività sul percorso critico. Il Teorema del limite centrale ci assicura che il risultato, cioè la durata totale del progetto (somma delle attività sul cammino critico), sia ancora una variabile aleatoria avente distribuzione normale con media pari alla somma delle medie e varianza pari alla somma delle varianze. Il teorema del limite centrale risponde quindi alla domanda di verifica del capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.
  • 69. 68 Il ruolo delle distribuzioni di probabilità nella gestione dei rischi Nei paragrafi precedenti abbiamo visto il ruolo delle distribuzioni di probabilità per fare delle stime anche accurate di variabili aleatorie fondamentali per il progetto quali tempi e costi. Tempi e costi possono rappresentare elementi di rischio di un progetto e quindi vanno gestiti con molta attenzione. Altri parametri concorrono ad allungare la lista dei rischi di un progetto. Essi dipendono essenzialmente dal tipo di progetto e dal contesto in cui il progetto si svolge. Tutti i tipi di rischi, siano essi minacce (rischi negativi) od opportunità (rischi positivi), a differenza dei problemi che sono certi e sono quindi da risolvere, sono delle variabili aleatorie che hanno come attributo una probabilità associata. Quantificare questa probabilità permette una maggiore consapevolezza delle criticità che potrebbero emergere in corso d’opera. La gestione dei rischi è una attività proattiva, mentre la gestione dei problemi è una attività reattiva. Una volta identificati i rischi e registrati nell'apposito registro, si procede alla loro analisi qualitativa e quindi all'analisi quantitativa. Dopo di che si procede con il piano di risposta ai rischi (cfr. PMBOK - 5° edizione, cap. 11 - Project Risk Management). L'analisi quantitativa dei rischi, ragionando in termini probabilistici, si serve delle distribuzioni di probabilità. Ma quali funzioni di probabilità usare? Dipende dal tipo di rischio, dalla quantità di informazioni e dal livello di accuratezza che vogliamo ottenere. Per stime poco accurate può essere sufficiente la Distribuzione Triangolare, per stime più accurate ci serviamo della Distribuzione Beta oppure della Distribuzione Normale che dà ottimi risultati soprattutto per grandi numeri. In generale le Distribuzioni Triangolari e Beta si usano al livello di working package nella WBS, cioè quando il Project Manager ha informazioni di massima sul progetto, invece si usa la Distribuzione Normale quando il Project Manager ha acceso ad informazioni più dettagliate di progetto.
  • 70. La Distribuzione Beta ha una forma a campana come la Distribuzione Normale ma è asimmetrica. Questa sua caratteristica la rende adatta per stimare tempi e costi. Questo perché il costo o il tempo per completare un'attività o un progetto hanno un limite inferiore conosciuto, mentre il limite superiore può essere anche molto alto. Per esempio, se un'attività richiede dieci giorni per essere completata, essa non può essere completata in meno di zero giorni (limite inferiore), ma, d'altra parte, potrebbe richiedere un numero di giorni maggiore di dieci (limite superiore). Allo stesso modo, se un'attività ha un budget di 5.000 euro, potrebbe richiedere alla fine un costo superiore a 5.000 euro, ma non è probabile che sia inferiore al budget prefissato di 5.000 euro. In conclusione, l’identificazione dei rischi e la loro probabilità di verificarsi, quindi la loro analisi attraverso le distribuzioni di probabilità, aiutano il Project Manager a prevenirli e, laddove possibile, a mitigarli se si tratta di minacce, a sfruttarli, se si tratta di opportunità. 69 Esempio di applicazione Utilizzando la stima PERT un Project Manager stima che la durata del suo progetto è di 48 giorni e che la deviazione standard è di 4 giorni. Quali considerazioni egli può fare in riferimento alle probabilità di completamento date dalla deviazione standard? Il progetto ha: – il 50% delle probabilità che sia completato in 48 giorni (valore medio) – il 68,2% di probabilità che sia completato tra 44 e 52 giorni (1 deviazione standard) – il 95,5% di probabilità che sia completato tra 40 e 56 giorni (2 deviazioni stardard) – il 99,7% di probabilità che sia completato tra 36 e 60 giorni (3 deviazioni standard).
  • 71. Il committente vuole conoscere esattamente quale è la probabilità che il progetto sia completato in 44 giorni. Ora questo valore rappresenta -1C della curva di probabilità (dove il segno - indica che ci troviamo a sinistra del valore medio della curva). Dalla Figura 9 possiamo dire che l'area sotto la curva a sinistra del valore medio (!) è ~50% dell'area totale e che l'area tra -1C e ! è 34,1%. L'area a sinistra di -1C è la probabilità cercata ed è pari a ~50% - 34,1% = 15,9% . Quindi la probabilità di completare il progetto in 44 giorni è di 15,9% ovvero il 68,2%. 70 1 minuto di riflessione Stai gestendo un progetto e hai appena disegnato la WBS. Sapendo che la durata delle attività di un progetto è una variabile aleatoria, di quale, tra le distribuzioni esaminate, ti servi per avere una stima del tempo totale di un progetto? Suggerimento: rileggi con attenzione il presente capitolo. Domande di verifica Prendi carta e penna e tieni sottomano la Figura 9. Sulla base dell'esempio di applicazione di questo capitolo, calcola la probabilità di completare il progetto il 52 giorni.
  • 72. 71 Test di comprensione Quale è la percentuale corrispondente a 3C dalla media di una Distribuzione Normale? [A] 68,2% [B] 99.9% [C] 95.5% [D] 99,7% Soluzione Test di comprensione La risposta è D. Vedi Figura 9. Le variabili aleatorie si distribuiscono secondo distribuzioni di probabilità. I rischi del progetto sono variabile aleatorie. Es: tempi e costi. Esiste un valore Pessimistico, un valore Ottimitisco (O) e un valore più Probabile (M). Usata nella stima PERT a 3 punti Distribuzioni I valori hanno la stessa probabilità Uniforme di verificarsi Esiste un valore min, un max e uno più probabile Usata nella stima semplice a 3 punti Approssimazione della Beta Triangolare Beta Gaussiana Dà ottimi risultati soprattutto per grandi numeri.
  • 73. Quindi il tempo atteso è una media pesata tra il punto medio dell’intervallo di dispersione ed il valore più probabile (può essere superiore, inferiore o uguale al valore più probabile, come si evince dalla seguente figura: Un altro concetto che potrebbe capitare all’esame è il Livello di Confidenza: la probabilità che la durata effettiva dell’attività sia compresa all’interno di un intervallo intorno al valor medio calcolato del tipo: ± 1 σ - 68,26% ± 2 σ - 95,46% ± 3 σ - 99,73% 72
  • 74. Un esercizio che può capitare all’esame è il seguente relativo al calcolo del tempo atteso e della deviazione standard o scarto quadratico medio): 73 Tra gli strumenti e tecniche troviamo anche le Tecniche decisionali di gruppo. Sono tecniche introdotte all’interno delle riunioni. Decidere come andare a rilevare un grosso numero di informazioni in poco tempo. Tra le tecniche troviamo il brainstorming, il metodo Delphi, ecc. Il metodo Delphi basata sul parere degli esperti e utilizza la professionalità ed esperienze di un gruppo di esperti per produrre una stima di un progetto. Questa tecnica richiede la presenza di un coordinatore e si articola nei seguenti passi: • il coordinatore dà agli esperti specifiche e requisiti su cui basarsi per la stima; • il coordinatore organizza una riunione in cui i punti chiave della stima vengono discussi con il coordinatore e tra esperti; • ogni esperto fa una sua stima indipendentemente dagli altri; • il coordinatore prepara e distribuisce un sommario delle stime per confronto;
  • 75. • il coordinatore organizza una riunione in cui si discute degli aspetti in cui le stime variano 74 ampiamente tra loro; • gli esperti scrivono ancora le loro stime per i punti rivisti; • i passi precedenti vengono ripetuti fino a che le stime convergono. I Vantaggi sono: • Ripetibilità • Facile acquisizione e applicazioni; • Se utilizzato come complemento a un metodo algoritmico fornisce un’alta accuratezza di stima; Gli svantaggi sono: • Il metodo non è quantitativo e dipende dalle abilità soggettive; • I fattori utilizzati dagli esperti non vengono documentati; • La stima comunque può essere non corretta, anche se il lavoro di gruppo mitiga questi aspetti; • Tende alla sottostima. Questa tecnica si applica quando l’unica fonte della nostra stima è il parere di esperti, per lo più esterni all’organizzazione. Tra gli strumenti e tecniche troviamo anche l’Analisi della Riserva. Si intende il fatto che stiamo andando in qualche modo ad addentrarci nella tematica della gestione dei rischi di progetto. Per analisi della riserva si intende andare a capire il numero di periodi temporali da associare ad un’attività in funzione di quelli che sono gli eventi di rischio che si potrebbero verificare sull’attività stessa. L’analisi della riserva è finalizzata al fatto di identificare una cosiddetta Contingency o Buffer cioè una quantità di periodi temporali che devo considerare sull’attività (che devo mettere da parte) per riuscire a gestire eventuali situazioni di incertezza che si potrebbero verificare per la singola attività. Tale fattore di riserva, generalmente espresso in % rispetto alla stima originaria, può essere ridotto o eliminato non appena siano disponibili maggiori informazioni sul progetto o nel caso il rischio sia superato.
  • 76. 75 Le riserve che andremo ad analizzare sono di 2 tipi: o Riserve per Contingency o Riserve di Gestione Per capire le differenze dobbiamo approcciare un attimo la gestione dei rischi di progetto. Il punto di partenza è la definizione di quelli che sono i rischi associati al progetto ovvero associabili a tutte le attività del progetto. Informazioni che vengono inserite all’interno di un documento che deve essere formalizzato e che nasce sin dalle primissime fasi di avvio del progetto che prende il nome di Registro dei Rischi. In tale registro inserisco le attività schedulate e per ciascuna attività identifico i rischi che potrebbero essere associati a quella specifica attività. Quindi il rischio è quel qualcosa che se dovesse accadere provocherebbe un impatto su una variabile che stiamo analizzando. In tale caso si parla di variabile tempo, ma potrebbe anche essere il costo, ecc. Quindi il rischio è tutto ciò che potrebbe accadere che potrebbe influenzare la durata dell’attività. Una volta identificato il Registro dei rischi occorre effettuare un’analisi qualitativa prima (se è possibile) e quantitativa poi del rischio. L’analisi qualitativa serve per andare ad identificare le macro categorie di appartenenza dei rischi, lo scopo sarà quello di gestire i rischi in qualche modo, in quanto si lavora sempre con i tempi stretti e/o costi ridotti nonché poche risorse. Dunque l’analisi qualitativa mi potrebbe categorizzare i rischi in Alto-Medio-Basso e poi in maniera approfondita andare a valutare i rischi che ho valutato in maniera alta. L’analisi quantitativa mi serve per quantificare i rischi per ciascuna attività schedulata. Ad es. dobbiamo realizzare una piscina. Quindi ci sarà un’attività che sarà lo scavo con una ruspa che lavora, un camion che trasporta il materiale a discarica, ecc. Quali sono i rischi che potrei associare a tale attività? Magari si può rompere la ruspa ovvero il camion non funzione o una risorsa umana sta male oppure piove e quindi non posso lavorare. Tutti questi rischi o solo una di essa, quando accade, può impattare in qualche modo sull’attività che sto analizzando. In genere la formula che si utilizza per quantificare il rischio è la seguente: Rischio = Prob. x Impatto
  • 77. Dove P è la probabilità di accadimento di quel rischio. Mentre per Impatto si intende cosa accade se ad es. si rompe una ruspa ovvero si ammala una risorsa, ecc. Ipotizziamo che si rompe un pezzo di una ruspa. Quindi qual è la probabilità che si possa rompere tale pezzo? Esso potrebbe essere alto e esprimendolo in % potrebbe essere pari al 50%. Qual è l’impatto che può causare tale rottura? Mi si ferma la ruspa, devo smontare il pezzo, portarlo al meccanico che magari si trova in un posto molto distante ovvero devo ordinare un pezzo nuovo, e poi rimontarlo. Ci vogliono almeno 4 giorni. Alla fine la quantificazione di quel rischio è R = 0.5 x 4g = 2 giorni Questo lo faccio per tutti i rischi che ho identificato all’interno del mio progetto. La lista di rischi determinati li andrò ad ordinare dal più alto al più basso. A questo punto il P.M. , eventualmente aiutato dal Risk Manager, riflette un attimo: e così entra in gioco quel fattore ambientale aziendale (la propensione al rischio) . Cioè il P.M. va dallo Sponsor o dal Committente per capire quali rischi loro sono disposti ad accettare o no. Scartati i rischi con valori più alti si arriva ad un livello di rischio medio ritenuto accettabile dallo Sponsor o dall’azienda (dalla propensione al rischio che si ha all’interno dell’azienda). Si definisce quindi una soglia che divide in due i rischi più alti da quelli medio-bassi. Siccome i rischi sopra soglia sono quelli che l’azienda non è disposta ad accettare, si fa un piano di mitigazione dei rischi (considerando che il rischio è il prodotto della probabilità di accadimento per impatto). Cioè un insieme di attività o di interventi che mi riducono tale rischio alto al di sotto della soglia accettabile, intervenendo sulle variabili P ed I affinché tale rischio non mi si riduce. Nell’esempio precedente di un pezzo di ruspa che si rompe i possibili approcci o sono relativi alla probabilità o all’impatto. Nel primo caso, probabilità, lo potrò ridurre effettuando delle manutenzioni programmate. In tal caso la probabilità mi passa dal 50% al 10%. Ma se il pezzo si rompe l’impatto è sempre lo stesso e per cui il rischio è dato da R = 0.1 x 4 = 0,4 g ovvero 8 ore. Ridurre l’impatto vuol dire ridurre i giorni e quindi se prevedo che in genere si possa rompere quel pezzo, lo porto in cantiere così in caso di rottura è già pronto in cantiere un pezzo nuovo e non devo aspettare 4 giorni. Supponiamo che per smontare e rimontare il pezzo ci vuole 1 giorni e quindi non più 4 giorni. Il rischio sarà uguale a R = 0.5 x 1 = 0.5 giorni cioè 12 ore. Chiaramente in entrambi i casi ho dovuto pagare qualche cosa per ridurre i rischio, nel primo caso, programmando delle manutenzioni che comunque hanno un costo e nel secondo caso andando a 76
  • 78. comprare a priori il pezzo e portarlo in cantiere. Cioè ho dovuto impegnare delle risorse per ridurre il rischio ad un livello accettabile. Capito questo vediamo cosa si intende per Riserva per Contingency e di Gestione. La riserva per Contingency è una riserva (quantità di tempo) che metto da parte per intervenire qualora dovessero verificarsi rischi residui previsti (ovvero rischi che rimangono dopo l’attuazione delle risposte al rischio) ovvero rischi che rimangono sempre ma stanno sotto la soglia di accettabilità. Questo tipo di rischio e determinabile in quanto proviene da un’analisi del problema. Tale rischio entra all’interno della Baseline della schedulazione o dei costi. La riserva di Gestione è un qualcosa di extra, accantonata per essere utilizzata in caso si concretizzino rischi non previsti (e quindi non gestiti). E’ una riserva che accantono o metto da parte per gestire eventuali rischi che non avevo previsto in un analisi preliminare del rischio. Questo rischio non è determinabile a monte. La riserva di Gestione (Management Reserve) è possibile determinarlo all’intero progetto e non solo alla singola attività, allocata allo scopo di fare fronte ai cosiddetti Unknown-Unknown, incertezze delle quali non è possibile avere cognizione, ma per le quali al livello del management risulta opportuno segregare una riserva temporale per l’intero progetto. Tale riserva in genere si aggira intorno al 9-10%. Questa riserva non fa parte della baseline della schedulazione in quanto tale riserva non è trasparente e visibile ovvero determinabile a monte, cioè determinato da fattori chiari e concordati, quali il risultato dell’analisi del rischio. In Output a tale processi di “Stimare le durate delle Attività” abbiamo la Stima della Durata dell’Attività. Cioè un numero di periodi temporali che mi indicano la durata delle attività schedulata. Al solito se ho monitorato i rischi ovvero se ho capito quali rischi attentano alle singole risorse (adeguate o non adeguate) ecc., vado a fare le modifiche delle scelte fatte in precedenza e documentate: assunti utilizzati in fase di stima della durata delle attività, registri di rischio, nel calendario di progetto. Tutti questi documenti che vengono toccati da altre analisi faranno parte dell’aggiornamento dei documenti di progetto. In particolare i documenti riguardanti gli attributi delle attività e gli assunti utilizzati in fase di stima della durata dell’attività. 77
  • 79. 78 • SVILUPPARE LA SCHEDULAZIONE Fino ad ora abbiamo determinato il numero di unità temporali per sviluppare l’attività singola. Esso è un processo iterativo per determinare la data di inizio e di fine pianificata del progetto. Può richiedere l’effettuazione di analisi successive e la revisione delle stime delle risorse e della durata delle attività per creare una schedulazione di progetto approvata che funge come baseline per il monitoraggio dell’avanzamento lavori. Il processo ha lo scopo di sviluppare la schedulazione (Develop Schedule) e di produrre la calendarizzazione delle attività, ovvero determinare le date di inizio e fin di ciascuna attività o del progetto.
  • 80. Lo scopo principale del processo è quello di creare la Baseline della schedulazione (Schedule Baseline) attraverso ricicli successivi nel corso dei quali occorre tener conto non solo delle esigenze strettamente temporali del progetto, ma anche delle esigenze di risorse create dal calendario delle attività, degli impatti sul piano dei costi attesi e di altre dimensioni del progetto, nella logica di bilanciamento continuo tipica delle attività di P.M. Tra gli input troviamo: Nel piano di Gestione della schedulazione ci sono dentro le regole per la gestione dei tempi del progetto o delle singole attività. Gli altri Input sono: 79
  • 81. 80 Tra gli strumenti e tecniche abbiamo: – Analisi del reticolo di schedulazione Sostanzialmente è una sorta di analisi che ci dice ciò che faremo e dove andremo a identificare delle tecniche analitiche che si andranno ad applicare su reticoli di schedulazione definiti nel processo sequenzializzare le attività. Tra le tecniche analitiche più note troviamo il Metodo del Percorso Critico – CPM o Critical Path Mathod, il metodo della catena critica – CCM o Critical Chain Method, metodo del livellamento delle risorse, il metodo What-If , ed altre. Sono tutte tecniche (algoritmi o regole) che vanno implementate sul reticolo di schedulazione che ci permettono di tirar fuori le date di inizio e di fine di tutte le attività e quindi dell’intero progetto, che è lo scopo di tale processo, cioè tirar fuori una data per cui consegneremo il nostro progetto.
  • 82. Siccome tale tecniche le applicheremo sul reticolo di schedulazione non ci devono essere anelli del reticolo o estremità aperte. Tali situazioni devono essere eliminate prima di applicare tali tecniche di schedulazione. Le tecniche reticolari si chiamano così perché si basano sui diagrammi reticolari e sono finalizzate non tanto alla visualizzazione bensì all’elaborazione dei dati, con l’obiettivo di effettuare: – Lo scheduling delle attività, cioè definire per ciascuna attività la sua data di inizio e di fine, e 81 conseguentemente la durata dell’intero progetto; – L’analisi degli slittamenti (o margini di flessibilità) possibili fra le attività, senza per questo determinare un allungamento della durata complessiva del progetto; ciò si traduce nell’individuazione delle attività critiche da un punto di vista temporale (ovvero il cui ritardo determina il ritardo dell’intero progetto, cioè il mancato rispetto della data a finire. Come si può vedere per ogni attività si tratta della “criticità” dal punto di vista della variabile tempo (cioè il rischio di ritardare l’intero progetto); tuttavia potrebbero essere diversamente critiche le altre variabili: le risorse (rischio di sovraccarico o indisponibilità), i costi (impatto rilevante sui costi di progetto), la qualità (rischio di fallimento tecnico). Dunque i dati di partenza sono di tre tipi: 1) Le attività (nome e codice identificativo) 2) La loro durata; 3) I vincoli di precedenza fra di esse. Le attività sono desunte dalla WBS, in particolare dalle attività “foglia” o Work Package, mentre durate e precedenze vengono discusse in apposite riunioni, e possono essere deterministiche (cioè certe) oppure probabilistiche (cioè stimate con un certo grado di probabilità).
  • 83. 82 Tra le varie tecniche reticolari troviamo il: METODO DEL PERCORSO CRITICO – CPM – Tecnica orientata alle attività E’ una delle tecniche analitiche che viene sviluppata sul reticolo di schedulazione e vedremo mediante il cosiddetto “passaggio in avanti e all’indietro” sul reticolo di schedulazione di identificare le date di inizio e di fine delle singole attività. In realtà le date saranno identificate in uno step successivo della semplice applicazione del CPM. Tuttavia tale metodo ci dà gli elementi per ragionare su dove posizionare le date di inizio e di fine di ogni singola attività schedulata. Quando si effettua tale tipo di analisi si dice che non vengono prese in considerazione i limiti delle risorse: cioè si effettua l’ipotesi iniziale di avere le risorse illimitate. Tale metodo in definitiva calcola le date di inizio e di fine minime e le date di inizio e di fine massime per tutte le attività schedulate, senza prendere in considerazione eventuali limiti delle risorse, con l’obiettivo della compressione, cioè della generazione del calendario dei lavori più breve possibile. Le tecniche reticolari che troviamo in genere (seguendo un ordine crescente di complessità): – CPM – Critical Path Method: qualora la durata delle attività venga considerata fissa, così come le precedenze, che sono del tipo Fine – Inizio – PERT – Program Evaluation and Review Technique: che è un CPM avente però le durate espresse in chiave probabilistica; – GERT – Graphical Evaluation e Review Technique: che è un PERT avente come probabilistici anche I percorsi, cioè i legami di precedenza fra le attività (vi sono pertanto dei “Gates” logici per designare i percorsi, garantendo la possibilità di più conclusioni e di feedback tra le attività); – VERT – Venture Evaluation e Review Technique: che considera contemporaneamente come variabili decisionali alla stessa stregua tempi, costi, risorse e rischi; esso risulta particolarmente utile nelle simulazioni “What-If” e nei problemi di valutazione e controllo di nuovi business o iniziative strategiche.