PILLOLE DI PROJECT MANAGEMENT 5th - Time Management
L’area di conoscenza “Gestione dei tempi di progetto” include i processi necessari ad assicurare il completamento del progetto nei tempi previsti.
“Assicurare” è una parola un po’ forte. Il PMBOK ci dà degli strumenti necessari per cercare diportare a termine il nostro progetto. Ma occorre considerare che alla base del PMBOK ci sono tanti progetti, grandi e piccoli che siano, i quali hanno raggiunto un certo livello di successo nella gestione grazie all’applicazione di alcune metodologie che sono state poi standardizzate ed inserite nel PMBOK.
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GESTIONE DEI TEMPI DEL PROGETTO
Definizione:
L’area di conoscenza “Gestione dei tempi di progetto” include i processi necessari ad assicurare il
completamento del progetto nei tempi previsti.
“Assicurare” è una parola un po’ forte. Il PMBOK ci dà degli strumenti necessari per cercare diportare
a termine il nostro progetto. Ma occorre considerare che alla base del PMBOK ci sono tanti progetti,
grandi e piccoli che siano, i quali hanno raggiunto un certo livello di successo nella gestione grazie
all’applicazione di alcune metodologie che sono state poi standardizzate ed inserite nel PMBOK.
Quindi il BOK ci mette a disposizione tutte le informazioni (che ritroviamo nel frame work) e ci indica
quali sono i principali strumenti che dovrebbero aiutarci a gestire il nostro progetto in maniera più
strutturata.
I processi che andremo ad analizzare sono:
3. Se si ricorda, i gruppi di processi principali sono 5: Inizializzazione – pianificazione – esecuzione –
chiusura- ed il tutto circondato dal monitoraggio e controllo.
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La gestione dei tempi tocca però solo il processo di pianificazione e monitoraggio e controllo.
Il monitoraggio e controllo ha sempre una doppia valenza: una parte è passiva (monitorare) , cioè
vedere come sta andando il progetto e quindi rilevazione dei dati e delle informazioni e che mi
permetterà di fare delle valutazioni di quelle che sono le performance del progetto, ed una seconda
parte (controllo) che è pro-attiva, cioè capire come intervenire proattivamente e cercare di
mantenere quello che è l’andamento effettivo del progetto più che possibile aderente a quello che
era l’andamento pianificato.
• PIANIFICARE LA GESTIONE DELLA SCHEDULAZIONE
Pianificare vuol dire identificare le regole, le modalità con cui andiamo ad eseguire un lavoro; esso
mi permette di determinare le regole con cui decidiamo di gestire i tempi di progetto.
L’output principale di questo processo è il Piano di Gestione della schedulazione. Un documento
formalizzato che riporta le suddette regole.
E’ un piano documentato, cioè è un qualcosa che dovrebbe essere formalizzata al fine di eliminare gli
equivoci in futuro. Tuttavia documentare un qualcosa richiede però uno sforzo gestionale da parte
del P.M.
Da notare che il piano di gestione della schedulazione non esisteva prima della 4^ ed. del PMBOK
(anche se esisteva una sorta di gestione della schedulazione), che poi è stato inserito nella 5^
edizione.
Il PMBOK individua il processo di pianificare la gestione secondo lo schema seguente:
4. Tra gli input troviamo il Piano di Project Management il P. Charter, i Fattori ambientali ed aziendali
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e gli Asset dei processi organizzativi.
Il piano di project management è quel raccoglitore che nasce come elemento vuoto, che viene man
mano riempito da diversi elementi. Nel momento in cui dobbiamo andare a gestire i tempi del nostro
progetto mi interessa conoscere quello dell’ambito ed in particolare la baseline dell’ambito, che è
un elemento che è stato approvato da un organo direttivo (sponsor, ecc.), di cui se ne riconosce una
certa ufficialità e che è stato “congelato” con tale approvazione. Ed è un qualche cosa a cui il P.M.
farà riferimento per andare a monitorare ed a controllare l’andamento effettivo del progetto. Da qui
si capisce qual è l’importanza del monitoraggio e controllo: mi serve per capire se il mio progetto sta
andando bene oppure no.
5. Il P. Charter, che si trova nella gestione dell’integrazione del progetto, è quel documento che
ufficializza e formalizza l’avvio del progetto all’interno dell’azienda (quindi il nome del progetto),
nonché il nome del P.M. che deve gestire le risorse da allocare sul quel progetto.
In funzione di come nasce un progetto, nel P. Charter ci potrebbero essere altre informazioni
interessanti: uno studio di fattibilità preliminare, che mi permette di avere una idea di come si andrà
a svolgere il progetto tra cui i principali deliverable da tirare fuori, i possibili punti temporali di
controllo. Tutte queste informazioni, se esistono, possono anche essere inserite nel P. Charter.
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In genere il P. Charter viene sottoscritto da un executive ad es. dallo Sponsor del progetto.
I Fattori ambientali ed aziendali rappresentano il bagaglio dell’azienda: inteso come insieme di
risorse e strumenti che l’azienda può mettere a disposizione del progetto: un software, attrezzature,
materiali, risorse umane, ecc.
Con questo termine si intende anche quella che è la cultura aziendale soprattutto nel campo della
propensione al rischio (analisi delle riserve).
In definitiva i fattori ambientali ed aziendali sono tutto quello che l’azienda HA a disposizione per
lo svolgimento delle attività di progetto.
Asset dei processi organizzativi rappresenta l’esperienza maturata dall’azienda che poi si traduce
concretamente nelle normative aziendali, procedure aziendali, piani esistenti, direttive o standard
correnti nonché le nozioni apprese dall’azienda in precedenti progetti analoghi (knowledge base
aziendale). Di tutto questo si terrà conto nel momento in cui si andrà a gestire il progetto.
In definitiva gli Asset dei processi organizzativi sono tutto ciò che l’azienda E’ in funzione di tutte
quelle che sono state le esperienza passate.
Uno degli argomenti più rilevanti che in genere viene richiesto all’esame è proprio la knowledge base
aziendale. Una sorta di repository (magazzino) che dovrebbe essere accessibile da tutti coloro che
sono in azienda che svolgono dei progetti per andare a rilevare e a reperire tutte quelle informazioni
che possono essere utili per il progetto. Esso per essere efficace deve essere formalizzato, raccolto in
un data base, per facilitarne la ricerca. Tra gli argomenti principali esistenti all’interno delle
knowledge base aziendale sono le lesson learned (lezioni apprese): esso ci dice che sarebbe
opportuno che all’interno del progetto si vengano a formalizzare tutte quelle che sono state le
esperienze positive e negative rilevanti. E’ molto importante in genere andare a documentare che
6. cosa è andato male perché chi magari verrà dopo, e dovrà gestire il progetto o gestire un progetto
simile, e quindi dovrà individuare ad es. dei fornitori, la L. L. mi indica quali sono i fornitori più
affidabili e quali no. In sostanza qualificare fornitori.
Il grosso problema delle lesson learned è di tipo culturale. Per far sì che le lesson learned venga
introdotto all’interno delle knowledge base aziendale c’è bisogno del forte convincimento degli
organismi che hanno autorità di introdurlo, in quanto la lesson learned viene vista come “una lezione
negativa” e quindi come conseguenza di un qualcosa di negativo. I vertici aziendali dovrebbero
pretendere che il P.M. scriva dettagliatamente la lesson learned introducendo tutto ciò di positivo e
di negativo in quanto queste saranno le fondamenta più solide di prossimi progetti.
Che cosa scatena nel P.M.? il P.M. se durante la vita del progetto riscontra delle situazioni negative
che gli hanno fatto fare ritardo nella consegna del progetto, tendenzialmente ed egoisticamente non
menziona affatto le motivazioni magari a lui imputabili e quindi non arricchisce l’azienda di quelle
notizie che invece potrebbero essere d’aiuto alla stessa azienda.
Si fa presente altresì che la stesura di una lesson learned impone anche un impegno da parte del P.M.
ed ovviamente del team di progetto.
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Tra gli Strumenti e Tecniche:
– Parere degli esperti – mettere sul campo delle competenze;
– Tecniche analitiche: la definizione di tutte quelle che saranno le regole che poi verranno
formalizzate nel piano di schedulazione del progetto;
– Riunioni: il P.M. in genere si dovrà interfacciare con coloro (anche gli stakeholder che possono
impattare sul mio progetto) che ci supporteranno nelle attività di progetto per andare a capire
quali regole applicare.
L’output del processo è il Piano di Gestione della Schedulazione.
E’ quel documento che formalizza le regole della schedulazione che saranno all’interno del mio
progetto.
Esso può comprendere i seguenti elementi:
7. In oltre si andrà a descrivere come si andrà a controllare e a monitorare le performance del progetto.
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8. 8
• DEFINIRE LE ATTIVITA’
Questo è un processo che fa parte del gruppo di processi di PIANIFICAZIONE.
Tra gli input abbiamo il Piano di Gestione della Pianificazione visto prima, la baseline dell’ambito, i
fattori ambientali ed aziendali e gli assetti dei processi organizzativi.
Il piano di gestione della schedulazione, abbiamo visto, vengono descritte le regole della
schedulazione che dovrò seguire.
La baseline dell’ambito è la versione approvata dello scope che non posso variare a mio piacimento.
Per poterla modificare devo seguire un processo strutturale di gestione delle modifiche. Devo fare
una richiesta a chi me l’ha approvata, spiegare il perché non è più valida e sottoscriverne una nuova
per formalizzarla.
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La baseline dell’ambito contiene:
– La descrizione dell’ambito del progetto (Scope Statement)
– La struttura di scomposizione del lavoro (WBS)
– Il dizionario della WBS.
La descrizione dell’ambito del progetto (scope statement) è quel documento che formalizza quello
che il lavoro dovrà essere svolto per realizzare il progetto: i deliverable che dovranno essere rilasciati
al cliente, nonché i vincoli e gli assunti.
Il deliverable per definizione è n prodotto, un risultato o un servizio, univoco e verificabile che dovrà
essere realizzato per portare a termine un processo o una sua fase. Il deliverable è univoco ed è
orientato ad un elemento concreto e reale che io rilascio anche se poi non è tangibile come può
essere un servizio. Esso è anche verificabile, cioè misurabile.
Misurabile vuol dire andare ad identificare un elemento di tipo quantitativo (e non qualitativo) che
mi permette poi di confrontare mediante misurazione la grandezza della variabile di riferimento del
deliverable con quello che è il requisito che io volevo soddisfare con quel deliverable. Quindi solo se
riesco ad identificare quantitativamente questo elemento, poi posso andare a misurare e quindi a
verificare se quello che ho prodotto è effettivamente è quello che ci si aspettava da me oppure no.
I vincoli sono sostanzialmente quei fattori rigidi che in qualche modo limitano il P.M. nelle sue scelte.
In tale sessione si parla ovviamente di vincolo di tipo temporale, ma potrebbero essere altri vincoli
dettate anche dalle altre aree di conoscenza. Quindi sono tutti quegli elementi che il P.M. prende
passivamente e lo applica nella sua pianificazione.
Gli assunti sono anch’essi dei fattori che io reputo vero all’inizio e utilizzati dal P.M. per la sua
pianificazione ma sono dei fattori che vengono assunti nel momento in cui si pianifica, senza avere la
certezza che quando poi si arriverà ad eseguire quell’attività, poi quell’assunto che ho fatto sia
effettivamente realizzabile oppure no.
La struttura di scomposizione del progetto: esso fa da elemento di separatore fra la gestione
dell’ambito del progetto e la gestione dei tempi del progetto.
10. Essa viene strutturata attraverso la WBS è una struttura gerarchica ad albero orientata al deliverable
e quindi prende le informazioni descritte all’interno dell’ambito e focalizza l’attenzione sui
deliverable, cioè su tutto ciò che deve essere prodotto per realizzare il progetto.
Lo scopo della WBS è quello di scomposizione ad albero che scompone il deliverable ultimo del
progetto in elementi più piccoli e quindi più facile da gestire.
Quindi vado a scomporre il progetto in sotto elementi più piccoli che mi permette una gestione più
agevole.
Non ci sono regole precise per strutturare una WBS così come non ci sono regole precise per capire
fino a che punto posso scomporre il mio progetto in sotto elementi. Esso dipende molto
dall’approccio che il P.M. vuole dare al progetto.
Ma allora fino a quando possiamo scomporre il nostro progetto. Alla base di ciò ci si deve porre due
domande:
1) Ho compreso perfettamente quello che è il contenuto di lavoro che deve essere realizzato per
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portare a casa il deliverable rappresentato nel tassellino?
2) Posso assegnare univocamente la responsabilità di realizzazione di quel progetto ad una
risorsa ben definita?
Pertanto la WBS è formata da livelli, costituiti dalla definizione più o meno puntuale del loro
contenuto nonché dall’individuazione univoca di un responsabile del singolo tassello all’interno del
generico livello.
Quindi la WBS non fa altro che scomporre l’ambito del progetto in sotto elementi più gestibili a cui
affidare responsabilità univoche.
Sarebbe buona norma inserire sempre al primo livello di scomposizione della WBS una ulteriore
tabellina in cui si viene a definire le attività del P.M. all’interno della quale posso andare ad
identificare tutte quelle che sono le attività di tipo gestionale tipica del PMBOK.
Nella WBS occorre sempre che ogni livello rappresenti sempre il 100% del progetto. (Regola del
100%).
Gli elementi terminali della WBS (le foglie terminali) si chiamano Work Package (un insieme di attività
o un piccolo progettino).
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Genericamente per definire le attività si procede:
La WBS è un forte elemento di team building in quanto in genere la wbs non viene fatta dal
P.M. ma sarebbe opportuno farlo in condivisione con coloro che lavoreranno sul progetto.
Per ogni elemento della wbs sarebbe opportuno altresì definire il dizionario della wbs: descrizione
dettagliata dei componenti della WBS, compresi i work package.
Per concludere la fase di input abbiamo i soliti fattori ambientali ed aziendali e gli Asset dei processi
organizzativi:
Quali sono ora gli strumenti e tecniche per definire le attività?
Parliamo della scomposizione. Andare a prendere i singoli Work Package (che è il risultato di un
deliverable) e scomporlo in attività (lavoro) schedulate, lavoro che deve essere realizzato per dover
compiere il deliverable rappresentato dal W.P. Anche in tale scomposizione dobbiamo stare attenti
12. alla regola del 100%, cioè tutto e solo quello che necessario realizzare nel W.P. verrà emesso
nell’attività schedulata.
Le attività che vengono in qualche modo individuate nella scomposizione in W.P. vengono individuate
in attività schedulate e da qui rappresenteranno quell’oggetto elementare su cui andremo a
focalizzare la nostra attenzione per quanto riguarda lo sviluppo della schedulazione di progetto.
Di solito le attività vengono individuate con dei codici univoci. La modalità più usuale è quella di
partire con il primo livello che è il progetto, andare avanti al secondo livello, e così via fino ad arrivare
al livello dei W.P. Come di seguito illustrato:
Tra gli strumenti e tecniche troviamo anche la pianificazione a finestra mobile (Rolling Wave
Planning).
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Qui ci sono due concetti fondamentali:
– Elaborazione progressiva: il fatto fisiologico che io non abbia conoscenza delle informazioni del
progetto allo stesso livello e con lo stesso approfondimento in ogni istante, iniziale e nei momenti
futuri.
– Il buon senso applicato alle attività di progetto.
13. Tale tecnica cosa ci suggerisce: sappiamo che purtroppo l’attività di progetto a partire sin dall’inizio,
sarà caratterizzato da tutta una serie di informazioni che cambieranno nel tempo e che allo stesso
momento sappiamo che il progetto ha una durata limitata a partire ad esempio da oggi e terminare
entro una certa data nel futuro. Considerato questo, ci si deve domandare del perché già al tempo
T0 andare ad impegnare risorse nell’andare ad identificare una definizione di un’attività di dettaglio
anche di quel W.P. che dovrà essere realizzata molto in là nel tempo, sapendo che ciò che definisco
oggi forse sarà vero domani ma molto probabilmente non sarà vero fra 1 mese. Identifichiamo allora
una serie di periodi temporali, dall’inizio fino a 1 o 2 momenti di controllo, rispetto al quale andremo
a pianificare la nostra schedulazione.
Pertanto andremo a scomporre nel dettaglio i W.P. che rientrano all’interno di una finestra certa da
un punto di vista temporale, lasciando gli altri ad un livello di non dettaglio. Tale finestra, all’interno
della quale ci saranno dei W.P. dettagliati, si va a spostare fino a comprendere dei nuovi W.P. che
andrò quindi e successivamente a pianificare nel dettaglio. Tale ultimo dettaglio tuttavia lo andrò a
fare in un tempo T1 maggiore di T0 e quindi farò tale nuova pianificazione godendo di tutto quello
che è stata la mia maturazione precedente del progetto.
N.B. di solito le attività vengono identificate con i verbi mentre le W.P. con i sostantivi. Cioè i
deliverable con i sostantivi: progettazione, esecuzione, ecc. mentre le attività le attività con i verbi
che danno l’idea del lavoro da fare.
13
14. Ci sono altri due elementi gestionali della pianificazione dei tempi che subentrano nel momento in
cui la definizione dell’ambito del progetto a disposizione non è sufficiente a scomporre un rampo
della WBS al livello di W.P. Essi sono:
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– Punto di controllo (Control Account – CA)
– Planning Package
Il punto di controllo indica il punto al livello della WBS rispetto al quale andiamo a considerare le
performance del progetto e quindi rispetto al quale andiamo a fare il controllo di come sta andando
il progetto. Di solito è un aggregato di W.P. Cioè possono includere uno o più W.P., ma ciascun W.P.
può essere associato ad un solo punto di controllo. In passato è stato indicato anche come Cost
Account per indicare un punto in cui si effettuano anche dei pagamenti.
Il Planning Package si trova sotto un punto di controllo, ma sopra una W.P. di cui si conosce il lavoro
da svolgere ma senza un dettaglio di schedulazione, cioè ancora non si effettua una scomposizione
dettagliata.
L’output del processo “Definire le Attività” è l’Elenco delle attività cioè di tutte le attività pianificate
e da eseguire nel corso del progetto. Tale elenco è importante in quanto mi identifica il lavoro che
deve essere fatto e quindi nel momento in cui ho definito le attività avrò l’elenco di tutte le attività
nel dettaglio. Tale elenco non segue comunque una regola cronologica ma vengono buttate tutte
all’interno di un “raccoglitore” per poi metterle in sequenza.
Le attività sono componenti discreti della schedulazione di progetto, ma non sono componenti
della WBS.
Associato all’elenco delle attività abbiamo come output gli attributi delle attività cioè informazioni
associate alle attività schedulate, e cioè:
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Un altro elemento di Output è l’elenco delle Milestone.
Si intende l’evento output di un attività che ha prodotto qualche cosa. Esso ha la caratteristica di
avere un tempo di lavoro nullo e quindi non va a coprire un arco temporale bensì è un evento
significativo importante per il progetto: il raggiungimento di qualcosa che dovrebbe essere chiaro per
il mio progetto. Essi possono essere obbligatori se sono definiti in un contratto ovvero facoltativi se
si basano su momenti ritenuti rilevanti da chi svolge il progetto ma oggetto di contratto.
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• SEQUENZALIZZARE LE ATTIVITA’
E’ una rappresentazione grafica del progetto che può essere fatta manualmente o con l’utilizzo di
software o con la loro combinazione.
Da notare che tra gli strumenti e tecniche non troviamo il parere degli esperti.
Tra gli input troviamo:
– il Piano di Gestione dei tempi, cioè le regole che mi indicano come e cosa utilizzo per
sequenzializzare le attività.
17. – L’elenco delle attività visto prima con tutte le milestone e gli attributi;
– La descrizione dell’ambito del progetto, che è sempre utile vedere in quanto deve essere sempre
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chiaro quali sono i confini del nostro progetto e che cosa dobbiamo fare.
– I fattori ambientali ed aziendali e gli Asset dei processi organizzativi, cioè tutto ciò che ho a
disposizione, dagli standard alle normative, da un software aziendale, da un pregresso aziendale
sul tipo di schedulazione di progetti simili che mi possono aiutare come approcciare la
problematica, e dalle linee guida.
Tra gli strumenti e tecniche troviamo:
– Metodo del diagramma di precedenza (PDM)
– Determinazione della dipendenza
– Applicazione della Lead e Lag
Quindi come andiamo a disegnare il nostro progetto.
– Metodo del diagramma di precedenza (PDM)
Esso prevede che la costruzione del reticolo di schedulazione (che sarà un output) avvenga
rappresentando le attività su nodi a forma di rettangolo e le relazioni di dipendenza con delle frecce
che uniscono gli spigoli iniziali e finali delle diverse attività: di solito si indica un attività predecessore
ed un’attività successore.
Proprio perché le attività vengono rappresentate sui nodi a forma di rettangolo questa tecnica prende
anche il nome di AON (Activity On Node): Attività sui nodi o diagrammi di precedenza, orientato alle
attività.
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Le principali relazioni di collegamento tra le attività sono:
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Che graficamente troviamo in questo modo:
Teniamo sempre presente che le attività sono quelle all’interno dei W.P. e che troviamo nella lista
delle attività (quella sorta di raccoglitore). Le singole attività le metto a confronto due a due tra di
loro e capire chi viene prima e chi viene dopo, e così via fino a definire un reticolo complesso che mi
20. mostra la regola della precedenza. Chiaramente non essendo il P.M. esperto della consequenzialità
delle attività esso si dovrà sedere con un esperto per capire questo flusso logico.
20
Altre situazioni che troviamo è la seguente:
Oltre al metodo PDM esiste anche il metodo ADM (Arrow Diagramming Method): diagramma a
frecce. In cui le attività vengono rappresentate su frecce che uniscono un evento o un nodo iniziale
ed un evento o un nodo finale rappresentate a forma di cerchi.
Tale metodo prende anche il nome di AOA (Activity on Arch): Attività sugli archi, orientato agli eventi.
21. Tutte le attività (frecce) che arrivano su un nodo sono predecessori di tutte le attività che escono dal
nodo e l’unica relazione di dipendenza che viene ad essere descritta da questo metodo è la relazione
di dipendenza di tipo INIZIO – FINE a differenza del metodo PDM (AON) che invece mi permette di
avere ulteriori relazioni di dipendenza.
Questo metodo è del tutto alternativo al precedente. Tutti i progetti che hanno delle relazioni
specifiche di dipendenza possono essere rappresentate da un metodo o dall’altro. Siccome però le
regole di disegno del metodo ADM usufruiscono solo della relazione del tipo Inizio–Fine, e siccome
esistono anche altre relazioni di dipendenza, allora sono state introdotte delle attività fittizie
(dummy activities) che permettono di esprimere le relazioni di dipendenza più disparate.
Tali attività fittizie (in tratteggio) non hanno contenuto di lavoro ed hanno convenzionalmente una
durata nulla. Servono unicamente ad andare ad esprimere le relazioni.
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Di seguito si può vedere come con un esempio si applica tale metodo:
Tale metodo non si trova nel PMBOK in quanto anche nel software microsoft project o nel Primavera
si utilizza solo il metodo PDM.
Un altro tecnica per sequenzializzare le attività è il GERT che però non si può utilizzare per il reticolo
di schedulazione e quando vogliamo andare avanti con la gestione dei tempi di progetto in quanto
prevede il dover ripetere più volte un test se lo stesso fallisce ovvero la possibilità di scegliere una
delle possibili ramificazioni proposte dal reticolo di progetto. Con questo metodo non si possono
applicare le tecniche analitiche.
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Tra gli strumenti e tecniche troviamo altresì la
– Determinazione della dipendenza tra le attività
Chiaramente sono attività qualitative dove cerco di capire quale posso fare primo o dopo e quale tipo
di relazione posso identificare. Queste relazioni si classificano i 4 categorie:
24. Tra gli altri strumenti e tecniche troviamo altri strumenti per sequenzializzare le attività ovvero per
affinare meglio in maniera più accurata le relazioni di dipendenza: LEAD e LAG
LEAD consente di accelerare l’attività successore, ad es. in una relazione di dipendenza di Inizio-Fine
con un Lead di 10 giorni, l’attività successore può iniziare prima di 10 giorni la fine dell’attività
precedente.
LAG comporta un ritardo dell’attività successore, ad es. in una relazione di dipendenza fine-inizio con
un Lag di 10 giorni, l’attività successore non può iniziare prima di 10 giorni dopo la fine dell’attività
predecessore.
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Una forma grafica di tali espressioni è la seguente:
I Lag e Lead vengono denominati anche Constraint Delay (CDE) e rappresentano un ritardo o un
anticipo che può essere assegnato ad un legame tra due attività. Tale delay nell’analisi viene trattato
come una durata. Esso implica un ritardo (se positivo) o un anticipo (se negativo) tra la fine del
predecessore e l’inizio del successore.
Se rappresenta un anticipo generalmente sul segno della freccia viene inserito un numero negativo
ovvero la dizione LEAD seguito da un numero positivo. Se esso rappresenta un ritardo sulla freccia
viene inserito un valore positivo ovvero la dizione LAG seguito analogamente da un numero positivo.
Questo modo di sequenzializzare mi può servire nel momento in cui devo svolgere delle attività che
magari in quel giorno non sono disponibili e quindi un ritardo o un anticipo dell’attività successiva mi
può venire incontro all’utilizzo di risorse che diversamente non potrei avere.
Cosa esce fuori come output dal processo di Sequenzializzare le Attività?
Otteniamo i reticoli di visualizzazione del progetto o reticoli di schedulazione del progetto e cioè una
visualizzazione schematica delle ATTIVITA’ schedulate del progetto e delle relazioni logiche che le
uniscono (relazioni di dipendenza).
26. Allo stato attuale stiamo ancora a livello del disegno del progetto ovvero delle singole attività
schedulate.
Un esempio di progetto rappresentato da un grafico reticolare sia con il metodo PDM che ADM è il
seguente:
Essi rappresentano lo stesso progetto. Solo che nel primo disegno le attività vengono rappresentate
nei nodi (rettangoli) mentre nel secondo disegno le attività vengono rappresentate sulle frecce.
Altra cosa importante, nel momento in cui abbiamo disegnato il tipo di schedulazione, occorre andare
a capire quali sono tutti i possibili percorsi (strade) di attività che mi permettono di andare dall’inizio
della schedulazione alla fine della schedulazione. Ad es.
26
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Come si può vedere i possibili percorsi per andare dall’inizio ST alla fine FI sono 3.
Da tener presente che le attività schedulate le devo svolgere tutte, in quanto sono loro che mi danno
il 100% del singolo W.P. Tuttavia questi 3 percorsi che abbiamo identificato hanno delle
caratteristiche particolari.
Il suddetto reticolo di schedulazione del progetto fornisce un supporto nella gestione del progetto in
quanto:
– Mostra le relazioni tra tutte le attività schedulate di progetto;
– Mostra al gruppo di progetto la sequenza di esecuzione del progetto;
– Aiuta ad ottimizzare l’organizzazione ed il controllo del lavoro di progetto;
– Può mostrare l’avanzamento del progetto;
– Aiuta a definire e giustificare la stima dei tempi di progetto.
Facciamo un esempio di disegno di reticolo di schedulazione del progetto sia con il metodo PDM che
ADM, come segue:
Abbiamo le seguenti attività articolate in questa maniera:
Attività Predecessori
1 -
2 1
3 1
4 3
5 2
6 4 – 5
28. 28
La tipologia di relazione è del tipo Fine-Inizio.
Disegnare il reticolo di schedulazione di questo progetto con il metodo PDM e poi con il metodo ADM.
Avremo così i seguenti schemi:
Start
1
2
3
5
4
5
Dove all’inizio ed alla fine avremo due milestone che hanno durata nulla.
Il reticolo PDM è orientato alle attività: ad es. dopo l’attività 1 viene la 2 e la 3 e così via; mentre il
reticolo ADM è orientato agli eventi: cioè l’evento 1 ha un inizio (primo cerchietto e finisce con il
secondo cerchietto) e così via.
I numeri sulle frecce indicano gli eventi ed i nodi indicano l’inizio e fine della singolo evento.
Nel reticolo ADM si può notare come l’attività 6, dipendente dalla 4 e 5, lo si deve disegnare con una
attività Dummy che mi dice che l’attività 6 può iniziare solo dopo che sono finite entrambe le attività
4 e 5 che magari hanno durate differenti. Se avessi fatto partire una freccia direttamente dall’attività
4 non avrei espresso tale concetto.
Tuttavia nella realtà il metodo ADM difficilmente si utilizza.
6 Finish
Reticolo di schedulazione con il metodo
PDM
Reticolo di schedulazione con il metodo
ADM
F
6
4
2
3
S 1
29. 29
Cosa succede se ho dimenticato di inserire una attività o devo modificarne qualcuna?
Aggiornerò l’elenco delle attività, vedo su cosa impatta tale aggiornamento e vado a modificare il
work package; identifico quindi che dalle relazioni di dipendenza nascono dei nuovi rischi che fino a
quel momento non avevo identificato per quella specifica nuova attività, magari capisco che dovrò
fare una analisi dei rischi più approfondita. Tali nuovi rischi li andrò ad inserire in nuovo oggetto che
si chiamerà Registro dei Rischi che andrò ad aggiornare.
Ancora una volta si evince qui il significato di “integrazione”.
30. 30
• STIMARE LE RISORSE PER LE ATTIVITA’
Vediamo tra le altre cose che tra gli input troviamo il calendario delle risorse.
Esso va a definire la disponibilità delle risorse sul progetto con quelle che sono le caratteristiche
tipiche delle singole risorse in termini di competenze, ed esperienze, di costi e soprattutto l’effettiva
disponibilità delle risorse. All’interno di tale calendario potrei trovare il gruppo utile per svolgere il
progetto. Il calendario non è altro che un elenco delle risorse che possiede l’azienda all’interno della
quale sono esplicitate i nominativi, le competenze, i turni, il piano ferie di ciascun elemento e così
via.
Tra le risorse abbiamo anche i materiali e macchinari propri dell’azienda.
31. Poi abbiamo i soliti Fattori ambientali aziendali, cioè tutto quello che ha l’azienda a disposizione per
tale processo: disponibilità delle risorse; nonché gli Asset dei processi organizzativi, cioè tutto quello
che è l’azienda nei confronti di tale processo. Essi forniscono i criteri adottati dall’organizzazione
aziendale per la gestione delle risorse sia umane che materiali. Se disponibili vengono esaminati i dati
storici relativi ai tipi di risorse necessarie per un lavoro simile nel contesto di progetti precedenti.
31
Tra gli strumenti e tecniche troviamo
– l’Analisi delle alternative:
Già in questa fase si inizia a fare un ragionamento sulle possibili alternative di risorse da utilizzare per
lo svolgimento delle specifiche attività schedulate.
Tale analisi delle alternative ci indica se andare verso le risorse molto competenti o con skill molto
basso; ovvero utilizzare strumenti che hanno un alto tasso di produttività (macchinari nuovi e più
performanti) o macchine men o performanti.
Questo pezzo di progetto lo realizza la stessa azienda o lo facciamo realizzare all’esterno (acquistiamo
il prodotto finito) – Make or Buy –
Tutte queste considerazioni non si fanno solo in un momento ma si applicano continuamente durante
il progetto e man mano che passa il tempo lo riesco a fare anche in maniera più approfondita.
Ipotizziamo che il progetto debba essere eseguito con dei vincoli temporali molto stringenti.
A tale punto devo capire se devo prendere delle risorse con dei skill molto alti o molto bassi per
risolvere il problema. Ovvero prendere anche dei macchinari più grandi o più performanti.
Chiaramente i costi ne subiscono un impatto considerevole (famoso triangolo tempi – costi – ambito).
Quindi l‘analisi delle alternative deve prendere in considerazione tutte le risorse (umane e macchine)
a disposizione e capire a seconda degli obiettivi temporali, di costi, di rischi ecc. quali sono le scelte
migliori da intraprendere. In tal caso si può scegliere se il progetto, o parte di esso, lo deve fare
l’azienda (Make), sempre le risorse interne sono in grado di svolgerlo oppure far fare un pezzo del
progetto all’esterno (Buy) perché magari si tratta di una fase progettuale più complicata e che magari
mi costa anche di meno che farlo fare all’interno.
Dalla scelta delle risorse utilizzate dipenderanno i costi, i tempi ed anche la qualità del prodotto finito.
32. 32
– Dati di stima pubblicati
Si può fare riferimento a tutta una serie di dati che si trovano in commercio che mi indicano quali
sono le risorse, di solito associati anche ai costi, legati allo svolgimento delle attività tipiche
logisticamente dislocate in varie parti del paese o per tipologia di lavoro. Con la diffusione
dell’Internet tali notizie sono sempre più sviluppate.
– Stima Bottom – Up
Esso è un ragionamento del tipo:
Se dalla definizione dell’attività non riesco a capire chiaramente qual’ è la tipologia e la quantità di
risorsa da utilizzare posso effettuare tale tecnica che mi esplode ulteriormente l’attività schedulata
ancora più in dettaglio per andare a capire meglio le risorse che devo utilizzare in quell’attività. E’ un
po’ come fare l’analisi dei costi o del prezzo, e quindi questo è un’esplosione della singola attività:
dettagliare l’utilizzo delle singole risorse e dei materiali per capire quale possa essere il prezzo
unitario della singola attività. Tali informazioni andranno ad alimentare quella scheda del Work
Package, cha avrò a monte dettagliato, che andrò poi a dare al responsabile del W.P.
In tale metodo:
– Il sistema viene scomposto top-down in componenti conosciute e valutabili;
– Il costo di ogni risorsa viene stimato e i risultati aggregati botton-up per comporre la stima
complessiva;
– Lo scopo è costruire una stima partendo dalla conoscenza (per esperienza o altri fattori) del costo
necessario per sviluppare e integrare le singole risorse.
I Vantaggi sono:
– Elevato livello di affidabilità (stima dettagliata);
– Permette di eseguire stime in modo tradizionale e di trattare stime delle risorse di cui c’è
conoscenza diretta;
– Il metodo è abbastanza buono perché le stime errate delle risorse tendono a compensarsi.
I limiti sono:
33. 33
– Eventuali errori si riflettono su tutta la WBS;
– Le stime potrebbero non essere stabili nel tempo;
– Processo di stima lungo e costoso;
– È poco accurato nelle fasi iniziali in cui non ci sono sufficienti informazioni;
– Tende a non essere applicabile se risorse e tempo sono poco disponibili.
– Software di project management
Output del processo di Stimare le Risorse per le Attività sono:
– Requisiti di risorse per le attività
Cioè quali devono essere i requisiti richiesti per svolgere quelle attività. Cioè Identificazione e
Descrizione dei tipi e delle quantità delle risorse richieste.
Esse devono essere documentate riportando informazioni relative alle esperienze passate ovvero alla
disponibilità e quantità di risorse impiegate, ecc.
Altro Output è la struttura di Scomposizione delle Risorse (RBS – Resource Breakdown Structure).
Le informazioni tirate fuori da questa analisi fatte sulla stima delle risorse delle attività descritte nei
requisiti di risorse per le attività, vengono strutturate in forma gerarchica di WBS. Cioè partendo
dall’inizio del progetto si tira fuori una “struttura” suddivisa in risorse umane, strumenti e materiali.
Le risorse umane a sua volta possono essere scomposte in risorse umane interne ed esterne. Così
pure le strumentazioni possono essere suddivise in interne ed esterne.
34. Addirittura andando a fare una stima Botton-Up e cioè esplodere ulteriormente l’attività fino a
scendere all’analisi dettagliata delle risorse (umane, strumenti e materiali), posso capire come tale
costo si spalma sulle diverse risorse (umane, strumentali e materiali).
La RBS altro non è che la WBS delle risorse. In ciascun nodo della RBS (ma di fatto della WBS
limitatamente alle risorse) viene evidenziato il tipo di risorsa, il tempo di utilizzo e il parametro di
costo orario unitario. Risalendo sui rami della WBS si giunge all’impiego cumulato delle risorse e al
suo costo.
Una rappresentazione di una RBS è la seguente:
34
a) In formato grafico tipo WBS:
b) Oppure in formato a cascata:
36. 36
• STIMARE LE DURATE DELLE ATTIVITA’
Esso è una stima elaborata progressivamente (concetto di elaborazione progressiva). Quindi è un
processo che svolgerò più volte nel ciclo di vita del progetto: condizioni al contorno che variano
progressivamente nel tempo, e quindi progressivamente andrò a variare quelle che sono le modifiche
effettuate.
37. Tra gli input troviamo:
– il Piano di Gestione della Schedulazione, cioè le regole da utilizzare per la gestione dei tempi di
37
progetto.
– Inoltre i requisiti di risorse per le attività che abbiamo già visto in precedenza, esse influenzano
significativamente la durata della maggior parte delle attività (ad es. se un’attività schedulata
richiede l’intervento simultaneo di due risorse per essere efficacemente completata, ma una sola
persona è assegnata al lavoro, l’attività schedulata, generalmente durerà il doppio del tempo per
essere completata).
– Il calendario delle risorse è un documento presente in azienda che mi indica le disponibilità,
capacità e skill delle risorse umane nonché il tipo, la quantità e disponibilità delle attrezzature e
dei materiali.
Generalmente tale calendario è dato dal PMO (Project Management Office) che è un ufficio
facente parte dell’azienda (struttura organizzativa a matrice forte) e non del progetto singolo, da
non confondere con il P.O. (Project Office) che invece fa parte del Team di Progetto, di carattere
gestionale, ma che non sono orientate a lavorare sulle attività ma coadiuvare il P.M. nella
gestione dei rischi, dei tempi, ecc.
Il PMO serve invece a supportare la gestione del progetto e quindi anche del P.M.
– Descrizione dell’ambito del progetto: devo sempre avere in mente che cosa devo realizzare e
all’interno della quale occorre considerare i vincoli e assunti derivanti dalla descrizione
dell’ambito del progetto, che mi possono servire per identificare le durate delle singole attività
(ad es. termini contrattuali come vincoli o invece le condizioni di lavoro come assunti. Il livello di
finitura delle lavorazioni può anche influenzare la determinazione della stima della durata delle
attività.
– Registro dei rischi: fornisce l’elenco dei rischi associate alle singole attività insieme ai risultati
dell’analisi del rischio ed il piano di risposta ai rischi.
– Struttura di scomposizione delle risorse: la famosa RBS già vista in precedenza che è una
suddivisione gerarchica delle risorse identificate per categoria e per tipo.
– Fattori ambientali aziendali: quello che l’azienda HA a disposizione per il progetto: database di
stime delle attività e relativa allocazione di risorse opportunamente organizzate per tipologia di
attività/risorsa
38. – Asset dei processi organizzativi: quello che l’azienda E’; generalmente sono documenti che
possono essere utili al P.M. come ad es. le lesson learned, il calendario di progetto con
l’indicazione dei giorni lavorativi e non lavorativi).
38
Tra gli strumenti e tecniche troviamo:
– Il parere degli esperti (metodo: per portare avanti un processo occorre che il P.M. abbia una
certa esperienza oppure coinvolgere un gruppo di lavoro formato da esperti. Infatti la stima delle
durate delle attività non è cosa semplice per un P.M. che non è addentrato perfettamente nella
problematica ed in questo caso il parere del personale esperto (interno o esterno) supportate da
informazioni storicizzate, può aiutare nella stima della durata delle attività.
– Stima per analogia: il metodo di stima chiamato anche TOP-Down (a volte si intende la macro
stima che viene dato dallo Sponsor o top manager) si usa quando si hanno poche informazioni
(ad es. nelle primissime fasi del progetto). La stima complessiva del progetto viene effettuata
partendo dai livelli più alti della WBS e prosegue poi verso i livelli più bassi.
I vantaggi sono:
• è estremamente rapido;
• è valido per una prima stima di massima;
I Limiti sono:
• è poco affidabile ed è poco accurato
Tale metodo potrebbe trovare ad es. applicazione in caso d partecipazione ad un bando di gara di
Appalto. In questo modo si potrà disporre di una stima di massima, non precisa, ma che potrà dare
una misura complessiva dell’appalto da riportare nell’offerta.
La stima per analogia ci dà la possibilità di confrontare altresì il progetto attuale con progetti analoghi
già completati. E’ applicabile sia a livello di progetto complessivo sia di singoli parti della WBS. E’ in
certo senso molto vicino al metodo che si basa sulla stima degli esperti, in quanto si lavora per
analogie con l’esperienza passata.
Il metodo consiste:
Nel caratterizzare il progetto;
Selezionare il progetto più simile fra quelli di cui si dispongono i dati storici;
39. 39
Evidenziare le differenze;
Preparare la stima
In particolare sarà necessario selezionare:
Le caratteristiche rilevanti delle attività;
Le caratteristiche di similarità o distanza;
Il numero di progetti analoghi che devono essere presi in considerazione per la predizione
Inoltre se si considerano più progetti ritenuti simili si può utilizzare una media pesata. Si possono
utilizzare meccanismi di aggiustamento basati su criteri oggettivi o soggettivi.
I vantaggi di tale metodo sono:
o Confronto con un progetto simile già realizzato (o sue parti)
o Stima rapida;
o Stime basate su dati reali;
o Utilizzato per stime di massima (spesso in fase preliminare di analisi), utile anche come raffronto;
Gli svantaggi sono:
o Necessità di esperienza professionale, interna o esterna (consulenti);
o Vincolato alle informazioni passate disponibili (quantità e qualità);
o Non applicabile o impreciso se i progetti sono troppo diversi.
La Stima parametrica invece è una stima più dettagliata.
Per tali stime occorre basarsi sulla valutazione di opportuni parametri. Si definiscono cioè alcuni
parametri misurabili, detti driver “D”, come per es. la superficie calpestabile ovvero la superfice del
tetto o delle pareti, e su questi si individuano le attività necessarie per unità “U” (ad es. mq, mc,
ore/uomo, ecc.)
La stima della durata dell’attività può essere quantitativamente determinata moltiplicando la
quantità di lavoro da eseguire per il tasso di produttività (team di risorse). Ad es. devo cablare un
chilometro di strada con la fibra ottica. Ipotizzo di utilizzare due operai ed una macchina per srotolare
la fibra. I due operai riescono a cablare 100 ml. di fibra all’ora; dalla stima parametrica ottengo che
per cablare 1 km di fibra ci vogliono 10 ore.
40. 40
I Vantaggi di tale metodo sono:
• È molto accurato;
• È basato su misure oggettive e precise;
• È valido in fase avanzata di pianificazione;
I limiti sono:
• Occorre disporre di tutte le informazioni di dettaglio del progetto (o una sua parte);
• È laborioso;
Questo tipo di stima si applica quando si dispone di misure certe del nostro progetto (o prodotto). E’
tipico l’esempio di una costruzione di un edificio di cui si conosce la cubatura, di un pavimento di cui
è nota la superficie calpestabile, di un manto stradale di cui si conosce la lunghezza, di un muro di cui
sono note le dimensioni.
In casi come questi, verificando il costo unitario delle attività (o risorse) è immediato il computo del
costo totale.
Tale tipologia di stima quindi si basa su dati storici consolidati. Ma sono applicabili anche dati
provenienti su basi statistiche, e da qui si possono ricordare l’Analisi della Regressione (Scatter
Diagram) oppure le Curve di Apprendimento.
Stima a tre punti (o a tre valori)
Alcune attività hanno una tipologia che non consente di esprimere la stima della durata in modo
deterministico, ma con un ordine di incertezza.
Un caso tipico sono le attività di movimentazione materiali che possono essere molto influenzate
dalle condizioni del traffico, per cui in questi casi è più adeguato determinare la stima della durata
come distribuzione probabilistica della durata stessa.
La stima a 3 punti è appunto una determinazione statistica della durata attesa di un attività. In tale
tecnica, la stima della durata EAD (= Expected activity duration), si basa su tre valori:
41. 41
Durata più probabile (= Dml dove “ml” sta per Most Likely)
Durata ottimistica (Do)
Durata pessimistica (Dp)
Una stima della durata dell’attività (tempo atteso dell’attività) può essere costruita utilizzando una
media delle tre durate stimate (o un’altra formula matematica). Questa media fornisce in genere una
stima più accurata della durata dell’attività rispetto a una stima più probabile a valore singolo.
Quindi la stima si può fare applicando le tecniche probabilistiche e cioè la Distribuzione Beta
(tipicamente usata nel metodo PERT) e la distribuzione triangolare (media dei tre valori), secondo le
seguenti formule.
Tempo atteso:
1) Distribuzione Beta: EAD = (D0+4Dml+Dp)/6 (ovvero una media pesata dei tre valori stimati,
di cui il valore più probabile pesa in modo prevalente (4 volte di più degli altri due)
2) Distribuzione triangolare: EAD = (Do+Dml+Dp)/3
Concettualmente le stime di durata dell’attività di tipo probabilistico sono di maggior valore delle
stime di tipo deterministico o a singolo valore (per es. quella parametrica). Ogni stima è per sua
natura approssimata. Il valore consuntivo della grandezza si discosterà dal valore stimato. La stima di
tipo probabilistico ha il pregio di evidenziare la quantità e distribuzione dell’approssimazione che
grava sul valore stimato la quale, con le stime deterministiche, viene invece percepita in modo più
grossolano (per es. +/- 25%).
42. Quindi la durata della singola attività può essere determinata o con un approccio deterministico
(quando sono sicuro della materia ovvero ho dei dati certi) oppure con un approccio probabilistico.
E’ ovvio che ci possono essere delle differenze tra i due approcci. Maggiore è la differenza fra le stime
ottimistica e pessimistica delle durate maggiore è il livello di indeterminatezza della stima a te punti.
Per capire quant’è l’indeterminatezza si usano due valori:
– La Deviazione standard (o scarto quadratico medio o misura della dispersione) anche detta σ
(Sigma), che è un indicatore dell’affollamento dei valori della durata attorno al valore EAD, ed è
data dalla formula:
42
σ =
∗
– La Varianza (detta anche σ2) è data dalla formula (quadrato della deviazione standard)
σ2 =
43. 2
La varianza è un indicatore di dispersione in quanto è nulla solo nei casi in cui tutti i valori son uguali
tra loro (e pertanto uguale alla loro media) e cresce con il crescere delle differenze reciproche dei
valori. Essa risulta essere in pratica una misura della dispersione dei valori ottenuti in “n” prove:
maggiore differenza vi è tra i valori ottenuti in “n” prove e maggiore sarà il valore della varianza. Offre
cioè una indicazione sull’addensamento dei valori della variabile attorno al valor medio.
44. 43
Facciamo un esempio:
Vediamo ora di richiamare alcuni concetti di statistica e probabilità.
L'obiettivo primario per il Project Manager è il successo del progetto. Essere efficaci, arrivare all'obiettivo, non
basta! Bisogna anche essere efficienti e arrivare all'obiettivo con il minore dispendio e spreco di risorse,
mantenendo alti gli standard qualitativi. Per essere efficaci, quindi, non è sufficiente misurare, occorre anche
elaborare le misurazioni effettuate e utilizzarle a scopi previsionali sempre nell'ottica dell'efficienza e della
sostenibilità del progetto.
La conoscenza di base e la comprensione di alcuni elementi delle discipline della Statistica e della Probabilità
sono di supporto al Project Manager nello svolgere le attività di gestione di un progetto, tra le quali citiamo:
la gestione dei rischi, la capacità di predire in maniera oggettiva l'andamento dei costi e delle tempistiche, la
misurazione degli indici di performance del progetto e la loro analisi necessaria per capire l'andamento del
progetto stesso. Inoltre, durante la fase del Monitoring Controlling, sono numerosi i metodi statistici che
supportano una comprensione analitica (qualitativa e quantitativa) dell'andamento del progetto. Tale
comprensione permette di avere gli strumenti necessari per intraprendere eventuali correzioni (di costo, di
risorse, di budget, di tempistiche, di qualità, di scopo) durante le varie fasi del progetto.
In Statistica una variabile ha due caratteristiche:
– è un attributo che descrive una persona, un posto, un oggetto o un idea;
– ha un valore che dipende dal tipo di entità cui si riferisce.
Variabili qualitative e variabili quantitative
Le variabili sono classificate in due modi: qualitative e quantitative.
45. 44
– Variabili qualitative (o categoriche): il valore è un testo, un aggettivo. Per esempio: il colore dei
capelli di una persona è una variabile qualitativa.
– Variabili quantitative (o numeriche): il valore è un numero. Per esempio: l'altezza di una persona,
espressa in centimetri, è una variabile quantitativa.
Le variabili quantitative sono a loro volta classificate come discrete o continue.
– Discrete: le variabile discrete assumono solo numeri interi.
Esempio: la popolazione del pianeta Terra è un numero discreto.
– Continue: le variabili continue assumono qualsiasi valore tra un minimo e un massimo.
Esempio: Il budget previsto per l'acquisto di una nuova automobile della famiglia Bianchi, può
assumere qualsiasi valore tra il minimo di 15.000 € e il massimo di 20.000 €.
Variabili aleatorie
Una variabile aleatoria (casuale, random) è una variabile che assume determinati valori in modo
casuale (non deterministico).
Esempi:
– il lancio di un dado;
– l’esito di una estrazione del Lotto;
– il risultato di una partita di calcio;
– il voto di un esame.
Dato che ciascuno dei valori ha una probabilità di verificarsi, ci sarà anche una funzione detta distribuzione di
probabilità P(x) della variabile aleatoria x.
Le variabili aleatorie possono essere sia discrete che continue.
Esempio di applicazione
Una piccola azienda ha deciso di investire in un progetto che prevede la ristrutturazione e riqualificazione dei
locali situati al piano terra di un edificio di 3 piani per la realizzazione di un centro ricreativo e culturale che ha
l'obiettivo di erogare corsi di: lingua, teatro, musica, arte e doposcuola. Il Project Manager fa un elenco delle
seguenti variabili qualitative e quantitative che intende tenere sotto controllo durante le varie fasi del
progetto.
Variabili qualitative:
46. 45
– risposta della popolazione alla proposta dei corsi;
– tempi di realizzazione struttura.
Variabili quantitative:
– popolazione potenziale interessata ai corsi
– tra 4 e 6 anni
– tra 7 e 11 anni
– tra 12 e 14 anni
– tra 14 e 25 anni
– tra 25 e 55 anni
– tra 55 e 65 anni
– 65 anni
– percentuale di persone che hanno espresso interesse per i corsi di lingua
– percentuale di persone che hanno espresso interesse per i corsi di teatro
– percentuale di persone che hanno espresso interesse per il servizio di doposcuola e tutoraggio
I valori delle suddette variabili permetteranno di valutare il numero dei corsi da erogare e il numero dei docenti
esterni da reclutare sul territorio.
1 minuto di riflessione
Rifletti su quali possano essere le variabili quantitative principali che caratterizzano un individuo.
Alto è una variabile qualitativa, 178 cm è una variabile quantitativa.
Domande di verifica
Tra le variabili quantitative che hai individuato nel minuto di riflessione precedente, quali sono le variabili
continue?
47. 46
Test di comprensione
Quale delle seguenti affermazioni è vera?
[A] Tutte le variabili possono essere classificate come numeriche o qualitative.
[B] Le variabili categoriche possono essere variabili continue.
[C] Le variabili qualitative possono essere variabili discrete.
[D] Le variabili discrete assumono qualsiasi valore tra un minimo e un massimo.
Soluzione Test di comprensione
La risposta corretta è [A]. Tutte le variabili possono essere classificate come qualitative o numeriche. Le variabili
categoriche (dette anche qualitative), non possono essere numeriche e quindi non possono essere classificate come
continue. Le variabili discrete sono una categoria di variabili quantitative e assumono solo valori interi tra un minimo e
un massimo.
In conclusione
48. 47
Figura 1: Schema riassuntivo variabili
Media
La media aritmetica di un set di dati è la somma numerica di tutti i valori dei dati diviso il numero dei dati.
In simboli matematici:
! #
$
Variabili
Quantitative Qualitative
Continue
Discrete
Le variabili sono attributi di cose
Le variabili qualitative usano parole
Le variabili quantitative usano numeri
Le variabili continue assumono qualsiasi
valore tra un minimo e un massimo
Le variabili discrete assumono un valore
intero tra un minimo e un massimo
--------------------------------------------------------
Le variabili aleatorie (random, casuali)
assumono determinati valori in modo casuale
(sia discrete che continue)
Aleatorie
49. 48
Dove:
! è la media del set di x valori
è la somma di tutti gli x valori facenti parte del set
n è il numero di x valori del set
Mediana
La mediana di un insieme di dati è il valore del dato centrale dell'insieme dopo che questi sono stati
ordinati in ordine crescente.
Mediana = ½ (n + 1) -esimo valore del set di dati
Dove: n è il numero dei dati
Nota: Se è il numero dei dati è pari, allora la mediana è calcolata come la media di due valori
centrali di un insieme di dati.
La mediana indica il numero che occupa la posizione centrale in un insieme di numeri, ovvero una
metà dei numeri ha un valore superiore rispetto alla mediana, mentre l'altra metà ha un valore
inferiore.
La media e la mediana sono misure usate per descrivere il valore più tipico di una popolazione.
Gli Statistici li definiscono come misure della tendenza centrale.
Moda
La moda indica il valore più ricorrente in un insieme di dati. In alcune distribuzioni, la moda può
mancare, oppure essere presente per più di un valore; in questo caso, si hanno distribuzioni
bimodali (due mode), trimodali (tre mode), plurimodali.
Moda = valore che compare con maggior frequenza
50. 49
La moda, ad esempio, di 2, 3, 3, 5, 7 e 10 è 3.
Esempio di applicazione
In un progetto si registra un aumento dei costi mensile. Dopo una analisi sui costi, il PM decide di
calcolare l'over-costo medio settimanale dovuto alle ore di straordinario richieste negli ultimi due
mesi (1 ora di straordinario costa all'azienda 122 euro).
1. Settimana 1 = 25 ore
2. Settimana 2 = 21 ore
3. Settimana 3 = 15 ore
4. Settimana 4 = 28 ore
5. Settimana 5 = 21 ore
6. Settimana 6 = 32 ore
7. Settimana 7 = 17 ore
8. Settimana 8 = 22 ore
Media
Σ =25+21+15+28+21+32+17+22=181 ore
n 8
! 22,625 ore
Costo medio settimanale
imputabile alle ore di
straordinario
2760,25€
Mediana
Ordiniamo le ore settimanali in ordine crescente: 15, 17, 21, 21, 22, 25, 28, 32
Valori centrali: 21, 22
51. 50
Mediana: (21+22)/2 = 21,5 ore
Moda
Il valore più ricorrente è 21 ore.
1 minuto di riflessione
Nell'esempio precedente quali delle 2 misure della centralità meglio risponde alle esigenze del Project
Manager?
Domande di verifica
Quando è meglio usare la media e quando la mediana?
Usiamo la media quando abbiamo un campione grande di dati. Usiamo la mediana quando abbiamo
un campione piccolo di dati e il campione presenta un valore che differisce moltissimo da tutti gli altri
dati. Tale valore si chiama outlier (dato erratico). Questo perché il dato erratico può falsare la media.
Test di comprensione
Il punteggio di 4 test di IQ è il seguente: 96, 100, 106, 114. Quale delle seguenti affermazioni è
vera?
[A] La media è 103
[B] La media è 104
[C] La mediana è 100
[D] La mediana è 106
Soluzione
La risposta corretta è [B]. Infatti:
52. 51
Media = Σx / n = (96 + 100 + 106 + 114) / 4 = 104
Dal momento che ci sono un numero pari di punteggi (4), la mediana è la media dei due punteggi centrali.
Mediana = (100 + 106) / 2 = 103
Tendenza centrale
Mediana Media
Moda
Senza
outlier
Valore
centrale
Con
outlier
Valore più
ricorrente
Le misure di tendenza
centrale rappresentano
il valore “più tipico”
La mediana è il valore
centrale
Figura 2: Schema riassuntivo Media, Mediana, Moda
53. 52
Range
Il Range è la differenza tra valore massimo e valore minimo di un insieme di dati.
Nell'intervallo di Figura 3 i valori sono {4, 6, 9, 3, 7}. Il valore minimo è 3, il valore massimo 9,
il range = 9 - 3 = 6.
Figura 3: Range di un insieme di dati
Varianza
Nel capitolo precedente abbiamo visto come la media sia una misura della centralità del nostro
insieme di dati (popolazione). Utilizziamo ora la media come punto di riferimento per calcolare la
deviazione (o variabilità) di ciascun valore dal valore centrale (media).
Questa deviazione si chiama scarto.
Le deviazioni sono numeri positivi per tutti i valori al di sopra della media e numeri negativi per tutti
i valori al di sotto della media.
Sommando queste deviazioni il risultato è 0 (i valori positivi sono elisi dai valori negativi).
Quest'approccio non ci consente quindi di ottenere una misura della variabilità dei dati. Il problema
si risolve elevando al quadrato le deviazioni dalla media (il quadrato di un numero negativo è un
numero positivo).
Sommando i quadrati delle deviazioni (o “scarti”) dalla media e dividendo questa somma per il
numero delle osservazioni, otteniamo la deviazione quadratica media (o scarto quadratico medio)
o varianza.
54. Data una popolazione, la varianza è una funzione che fornisce una misura di quanto i valori
assunti dalla variabile si discostano dal valore medio.
53
La varianza è quindi definita come lo scarto quadratico medio dalla media della popolazione,
secondo la seguente formula:
Σ'(
)
Dove
σ2 è la varianza
μ è la media
Xi è l'i-esimo elemento della popolazione
N è il numero degli elementi della popolazione.
In sintesi, la varianza dice come sono distribuiti i valori attorno alla media.
Per esempio: prendiamo l'età di una popolazione di 3 gruppi di individui adulti in 3 ospedali diversi
per sperimentare un nuovo protocollo di cura.
Età gruppo 1 (anni): 20, 30, 40, 50, 60.
Età gruppo 2 (anni): 10, 25, 40, 55, 70.
Età gruppo 3 (anni): 35, 37, 40, 43, 45.
55. L'età media (media aritmetica) è pari a 40 anni per tutti e tre i gruppi, ma nel secondo gruppo i dati
sono più dispersi attorno alla media.
È per questo che, accanto ai valori medi, vanno introdotti anche indici di misura della variabilità (o
54
dispersione o scarto) dei dati.
Nota: Nella formula della varianza, il denominatore è pari ad N quando si calcola la varianza di una
popolazione, si usa invece (n-1) quando si calcola la varianza di un campione di dati (sample).
Deviazione Standard
Il limite della varianza come misura di dispersione è quella di avere una unità di misura espressa al
quadrato rispetto all'unità di misura originale.
Essa indica quanto, in media, ciascun elemento si discosta dalla media aritmetica.
La radice quadrata della varianza, chiamata deviazione standard, ci riporta i valori nell'unità di misura
di partenza:
*+ ,
Σ' ( +
)
Dove:
σ è la deviazione standard
σ2 è la varianza
μ è la media
Xi è l'i-esimo elemento della popolazione
N è il numero degli elementi della popolazione.
La Deviazione Standard è l'indice di variabilità più reale e, quindi, più utilizzato per misurare
l'incertezza di una misura.
56. 55
Quanto più elevata è la deviazione standard, tanto più i dati si discostano dal valore medio.
Nel paragrafo seguente vedremo come il valore della varianza e della deviazione standard possono
dare al Project Manager una indicazione sulle stima di durata e di costo di un progetto.
La deviazione standard rappresenta l'incertezza della nostra misura centrale (media). Essendo
definita come la radice quadrata della varianza assume sia valori negativi che valori positivi.
Deviazione Standard come misura dell'incertezza sulle stime di durata e
costi di progetto
A) Stime con la tecnica a 3 punti
Ogni attività di un progetto presenta un margine di incertezza o rischio relativamente ai parametri
come la durata e i costi del progetto stesso.
Nella pratica di tutti i giorni sono molti i rischi di non terminare un progetto in una determinata data
ed entro un determinato budget. Valutare questi rischi permette di pianificare meglio una risposta
agli stessi, aumentando così la probabilità di successo del progetto.
Le stime a 3 punti sono di supporto al Project Manager per valutare i rischi di alcuni parametri
fondamentali di progetto come la durata e i costi.
Le stime a 3 punti usano 3 stime differenti: valore Ottimistico (caso migliore, O), valore Pessimistico
(caso peggiore, P) e valore più probabile (M dall'inglese Most Likely) per stimare sia la durata che i
costi di un progetto.
57. 56
Il modo più semplice è quello di calcolare la media semplice del parametro in esame:
-./01 023/1 42056/72 μ
9 + ; +
=
+
? + +
? + ∗
+
@
, ? + +
? + ∗
+
@
Tali formule derivano dalla Distribuzione di Probabilità Triangolare.
B) Stime con la tecnica PERT
Anche la tecnica PERT (Program Evaluation and Review Technique) è una stima dell'incertezza che
usa 3 punti.
Per poter arrivare alla formula di PERT, osserviamo che la durata di un progetto è una variabile
aleatoria (rif. 0). Assumiamo ancora che il tempo di completamento di un progetto sia un valore finito.
In riferimento alla durata del progetto, chiamiamo stima Ottimistica (caso migliore, O) il minimo
valore del range della durata e stima pessimistica (caso peggiore, P) il massimo valore del range.
Queste assunzioni sono anche alla base della definizione della così detta Distribuzione Beta (β) che
è una distribuzione di probabilità continua con range finito che vedremo in dettaglio nel capitolo 0.
Il picco di questa distribuzione corrisponde alla moda (M), ovverosia al valore più probabile della
distribuzione.
O, P ed M sono quindi dei parametri della distribuzione di una variabile aleatoria (quale può essere
appunto la durata o il costo di un progetto).
La distribuzione Beta è caratterizzata da 4 parametri:
58. 57
– un valore minimo,
– un valore massimo,
– due parametri di forma.
Indipendentemente dai valori di minimo e massimo, dando ai parametri di forma specifici valori, si
calcola:
-./01 023/1 5241.1 μ
9 + A; +
+
? +
+
B
9
Il valore medio μ rappresenta la stima media della durata oppure dei costi del progetto. Il valore CD
la varianza e il valore σ la deviazione standard, ossia rappresenta l'incertezza sulla stima del valore
medio μ.
Osserviamo che la differenza fra il valore pessimistico e il valore ottimistico è 6 volte la deviazione
standard e che PERT dà uno peso 4 al valore della moda (valore più probabile).
In sintesi PERT è un tipo di tecnica di stima a 3 punti e usa una stima della media pesata rispetto
alla stima semplice della formula a 3 punti semplice. Le stime a 3 punti sono anche usate per l'analisi
Monte Carlo.
La formula PERT è detta anche EAD (Expected Activity Duration).
59. Affineremo e completeremo le tecniche di stima della durata e dei costi di un progetto quando
esamineremo la Distribuzione Normale (Distribuzione Gaussiana) nel paragrafo 0 e il metodo del
cammino critico (Critical Path Method).
58
Esempio di applicazione
In seguito ad un cambiamento di un requisito software che implica l'installazione di un nuovo plug-in,
il Project Manager chiede alla risorsa interessata di stimare il tempo che gli occorre per effettuare
tale modifica. La risorsa risponde che nel caso migliore potrebbe impiegarci 6 ore, nel caso peggiore
26 ore (problemi con l'installazione del plug-in), più probabilmente 10 ore.
Il Project Manager decide di aggiornare la schedulazione usando la stima PERT che porta al seguente
risultato: (6 + 4*10 + 26)/6 = 72/6 = 12 ore, molto vicino alla stima più probabile.
1 minuto di riflessione
Abbiamo visto che sia la varianza che la deviazione standard danno la misura dell'incertezza di una
variabile aleatoria intorno al valore medio: perché abbiamo bisogno di due variabili che ci dicono la
stessa cosa?
Domande di verifica
Un progetto è normalmente formato da più attività (scomponibili per esempio utilizzando la WBS).
Una volta calcolato la durata media e la deviazione standard di ogni attività, a cosa corrisponde la
durata totale e la deviazione standard totale del progetto?
Suggerimento: verifica la tua risposta dopo aver letto il paragrafo 0.
60. 59
Test di comprensione
Due progetti X e Y hanno una durata prevista di 48 giorni ciascuno. La Deviazione Standard è 4
giorni per il progetto X e 8 giorni per il progetto Y. Cosa possiamo affermare in riferimento ai due
progetti?
[A] Il progetto X ha una probabilità di completarsi in metà del tempo del progetto Y
[B] Il progetto Y ha una probabilità di completarsi in metà del tempo del progetto X
[C] Il progetto X è più rischioso del progetto Y
[D] Il progetto Y è più rischioso del progetto X.
Soluzione Test di comprensione
La risposta corretta è[D]. Il progetto Y è più rischioso del progetto X. Una deviazione standard più elevata indica
maggiore incertezza sui rischi.
61. 60
Valore più grande meno il valore più piccolo
Facile da calcolare, ignora la media
2
μ = (O+M+P)/3
Range
Deviazione quadratica media dal valor medio
Notazione: σ
Varianza
Radice quadrata della varianza
Notazione: σ
Deviazione Standard
Stima semplice 3 punti
2
= (P-O)
μ = (O+4M+P)/6; σ
2
/6
2
; σ = (P-O)
Stima PERT 3 punti /6
62. 61
Distribuzioni di Probabilità e loro applicazioni in Project
Management
Nel capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. Abbiamo definito le variabili aleatorie. Se
disegniamo un grafico con i valori di tali variabili lungo l'asse x e disegniamo la probabilità che ciascun di esse
si verifichi lungo l'asse y, otteniamo una distribuzione di probabilità.
La funzione matematica che descrive la forma della distribuzione di probabilità si chiama funzione di
distribuzione della probabilità.
In questo capitolo vediamo alcune tra le distribuzioni più usate nella disciplina del Project Management e le
loro applicazioni.
Distribuzione Uniforme
Nella distribuzione uniforme ogni valore della variabile aleatoria ha una uguale probabilità di verificarsi. Per
esempio, nel lancio di un dado (facce numerate da 1 a 6), ciascuna faccia ha una uguale probabilità di
occorrenza. Quindi ogni faccia del dado ha una probabilità di 1/6 di verificarsi.
La distribuzione uniforme può essere discreta o continua. Il lancio di un dado è un esempio di distribuzione
discreta perché il risultato può assumere solo valori discreti (1, 2, 3, 4, 5, e 6). Le variabili aleatorie continue,
invece, sono quelle che possono assumere un insieme continuo di valori tra un intervallo dato [a, b].
La distribuzione uniforme di un insieme definito di valori è la distribuzione di probabilità che
attribuisce a tutti gli elementi dell'insieme la stessa probabilità di verificarsi.
63. 62
Figura 4: Distribuzione Uniforme discreta
Figura 5: Distribuzione Uniforme continua
Utilità in Project Management
Tale distribuzione è usata in Project Management quando si hanno poche informazioni sui dati di progetto e
si vogliono determinare delle stime grossolane. È inoltre usata nel processo di Gestione dei Rischi quando un
certo numero di rischi ha una uguale probabilità di verificarsi.
Distribuzione Triangolare
La Distribuzione Triangolare è una distribuzione di probabilità continua con un valore minimo, una moda
(valore più probabile) e un valore massimo. Differentemente dalla Distribuzione Uniforme i valori di una
variabile aleatoria in questo caso NON hanno la stessa probabilità di verificarsi. La probabilità del valore
minimo (a) è 0, come pure la probabilità del valore massimo (b), la probabilità della moda (c) invece è il valore
più alto della distribuzione.
64. 63
Figura 6: Distribuzione Triangolare
Utilità in Project Management
Tale distribuzione è usata spesso come approssimazione della Distribuzione Beta che vedremo nel prossimo
paragrafo per stimare la durata delle attività di un progetto come abbiamo visto nel paragrafo A) (stima a 3
punti semplice). Assumendo infatti una Distribuzione Triangolare, la durata aspettata di una attività (media
della distribuzione) può essere calcolata usando il metodo della media semplice.
Distribuzione Beta
La distribuzione Beta è determinata da 4 parametri:
a - valore minimo
b - valore massimo
α - parametro di forma
β - parametro di forma
Dove a e b sono numeri finiti. Anche se gli eventi naturali raramente hanno numeri finiti, la distribuzione Beta
li approssima abbastanza bene.
La forma della Distribuzione Beta assomiglia a quella della Distribuzione Triangolare ma con la punta del
triangolo arrotondata.
65. I parametri di forma α e β permettono di variare la forma della distribuzione (vedi Figura 7). Per valori di α
piccoli e di β grandi, il picco della distribuzione è spostato a sinistra del grafico. Viceversa, per valori di α grandi
e di β piccoli, il picco della distribuzione è spostato a destra del grafico. Infine, quando i valori di α e β sono
paragonabili, il picco della distribuzione si situa al centro del grafico.
64
Figura 7: Distribuzione Beta
Utilità in Project Management
Come abbiamo visto nel paragrafo B) in occasione della tecnica PERT, interpretando come pessimistico (P) il
valore minimo, Ottimistico (O) il valore massimo e più probabile (M) il valore di moda della distribuzione Beta,
possiamo ottenere delle buone stime sia per la durata delle attività di un progetto, sia per i costi.
Distribuzione Normale
Una variabile aleatoria che può assumere qualsiasi valore tra -∞ e +∞ segue una distribuzione Normale (detta
anche Gaussiana). Molti fenomeni naturali si distribuiscono secondo la Distribuzione Normale. La particolarità
di questa distribuzione è che è simmetrica rispetto al valore medio (valore aspettato). Inoltre il valore medio
coincide con la mediana e con la moda (valore più probabile).
La distribuzione normale presenta la caratteristica forma a campana.
La forma più semplice di distribuzione normale si chiama Distribuzione Normale Standard ed ha come media
il valore 0 e come varianza il valore 1.
Grazie alla sua capacità di modellare bene moltissimi eventi naturali, tale distribuzione presenta molte
applicazioni pratiche in ogni disciplina di studio.
66. 65
Figura 8: Distribuzione Normale (Gaussiana)
Nel capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. Abbiamo visto come la varianza e la deviazione
standard danno una misura della dispersione dei valori di una variabile aleatoria.
L'asse y della curva di distribuzione dà la probabilità di verificarsi di ogni valore che può assumere una variabile
aleatoria. Il rapporto dell'area sotto la curva tra due qualsiasi punti a e b e l'area totale della curva, dà la
probabilità che un determinato valore della variabile aleatoria cada dentro l'intervallo tra a e b. E qui entra in
gioco la deviazione standard.
In accordo con la statistica il 68,2% dei valori di una variabile aleatoria cadono dentro 1 deviazione standard
dal valore della media, il 95,5% dentro 2 deviazioni standard dal valore della media e il 99,7% dentro 3
deviazioni standard.
In altre parole: c'è una probabilità di 68,2% che i valori di una variabile aleatoria stiano tra [! C, ! + C],
95,5% [! 2C, ! + 2C] e 99,7% [! 3C, ! + 3C].
67. 66
Figura 9: Deviazioni Standard dalla media
Utilità in Project Management
Qualsiasi variabile aleatoria di un progetto può essere gestita con i livelli di confidenza dati dalle stime di
deviazione standard. Questo perché molte variabili di progetto seguono la tipica forma a campana della
Distribuzione Normale.
Molti Project Manager sono confidenti con stime di ±2C, alcuni preferiscono avere livelli di confidenza sulle
loro stime fino a 3C. Una tecnica, nota come Six-Sigma, termine coniato da Motorola nel 1985 per ridurre al
minimo gli errori sul prodotto e aumentare la qualità dello stesso minimizzando la variabilità nei processi di
produzione e di business, considera livelli di confidenza fino ±6C. In realtà sono sufficienti ±4,5C per
raggiungere un livello tale di controllo del processo da avere soltanto 3,4 parti difettose per milione (valore
standard), il che porta a limiti molto restrittivi sulla variabilità del processo produttivo.
La Distribuzione Log normale (Lognormal)
In teoria delle probabilità la Distribuzione Log normale, o Lognormal, è la distribuzione di probabilità di una
variabile aleatoria X il cui logaritmo logN segue una distribuzione normale.
Questa distribuzione può approssimare il prodotto di molte variabili aleatorie positive indipendenti.
68. 67
Figura 10: Distribuzione Lognormal
Teorema del limite centrale
Il Teorema del limite centrale dice che, preso un grande campione di variabili aleatorie indipendenti (più di
30), ognuna delle quali presenta lo stesso tipo di distribuzione (come per esempio la distribuzione Beta) con
una media finita e una varianza, esso si distribuisce secondo la Distribuzione Normale.
Più è grande il campione, più il risultato si avvicina alla Distribuzione Normale.
Abbiamo visto nel paragrafo B) che l'assunzione di base della tecnica PERT è che ogni singola attività
di un progetto sia una variabile aleatoria che segue la Distribuzione Beta. La durata totale del progetto
ha una incertezza che vogliamo valutare. Consideriamo le durate delle singole attività come variabili
aleatorie e le durate delle attività sul percorso critico (vedi paragrafo Errore. L'origine riferimento
non è stata trovata.) come campione. Per calcolare la durata totale del progetto sommiamo le stime
PERT delle attività sul percorso critico. Il Teorema del limite centrale ci assicura che il risultato, cioè
la durata totale del progetto (somma delle attività sul cammino critico), sia ancora una variabile
aleatoria avente distribuzione normale con media pari alla somma delle medie e varianza pari alla
somma delle varianze. Il teorema del limite centrale risponde quindi alla domanda di verifica del
capitolo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.
69. 68
Il ruolo delle distribuzioni di probabilità nella gestione dei rischi
Nei paragrafi precedenti abbiamo visto il ruolo delle distribuzioni di probabilità per fare delle stime
anche accurate di variabili aleatorie fondamentali per il progetto quali tempi e costi.
Tempi e costi possono rappresentare elementi di rischio di un progetto e quindi vanno gestiti con
molta attenzione.
Altri parametri concorrono ad allungare la lista dei rischi di un progetto. Essi dipendono
essenzialmente dal tipo di progetto e dal contesto in cui il progetto si svolge.
Tutti i tipi di rischi, siano essi minacce (rischi negativi) od opportunità (rischi positivi), a differenza dei
problemi che sono certi e sono quindi da risolvere, sono delle variabili aleatorie che hanno come
attributo una probabilità associata. Quantificare questa probabilità permette una maggiore
consapevolezza delle criticità che potrebbero emergere in corso d’opera. La gestione dei rischi è una
attività proattiva, mentre la gestione dei problemi è una attività reattiva.
Una volta identificati i rischi e registrati nell'apposito registro, si procede alla loro analisi qualitativa
e quindi all'analisi quantitativa. Dopo di che si procede con il piano di risposta ai rischi (cfr.
PMBOK - 5° edizione, cap. 11 - Project Risk Management).
L'analisi quantitativa dei rischi, ragionando in termini probabilistici, si serve delle distribuzioni di
probabilità.
Ma quali funzioni di probabilità usare?
Dipende dal tipo di rischio, dalla quantità di informazioni e dal livello di accuratezza che vogliamo
ottenere.
Per stime poco accurate può essere sufficiente la Distribuzione Triangolare, per stime più accurate ci
serviamo della Distribuzione Beta oppure della Distribuzione Normale che dà ottimi risultati
soprattutto per grandi numeri.
In generale le Distribuzioni Triangolari e Beta si usano al livello di working package nella WBS, cioè
quando il Project Manager ha informazioni di massima sul progetto, invece si usa la Distribuzione
Normale quando il Project Manager ha acceso ad informazioni più dettagliate di progetto.
70. La Distribuzione Beta ha una forma a campana come la Distribuzione Normale ma è asimmetrica.
Questa sua caratteristica la rende adatta per stimare tempi e costi. Questo perché il costo o il tempo
per completare un'attività o un progetto hanno un limite inferiore conosciuto, mentre il limite
superiore può essere anche molto alto.
Per esempio, se un'attività richiede dieci giorni per essere completata, essa non può essere
completata in meno di zero giorni (limite inferiore), ma, d'altra parte, potrebbe richiedere un numero
di giorni maggiore di dieci (limite superiore). Allo stesso modo, se un'attività ha un budget di 5.000
euro, potrebbe richiedere alla fine un costo superiore a 5.000 euro, ma non è probabile che sia
inferiore al budget prefissato di 5.000 euro.
In conclusione, l’identificazione dei rischi e la loro probabilità di verificarsi, quindi la loro analisi
attraverso le distribuzioni di probabilità, aiutano il Project Manager a prevenirli e, laddove possibile,
a mitigarli se si tratta di minacce, a sfruttarli, se si tratta di opportunità.
69
Esempio di applicazione
Utilizzando la stima PERT un Project Manager stima che la durata del suo progetto è di 48 giorni e
che la deviazione standard è di 4 giorni. Quali considerazioni egli può fare in riferimento alle
probabilità di completamento date dalla deviazione standard?
Il progetto ha:
– il 50% delle probabilità che sia completato in 48 giorni (valore medio)
– il 68,2% di probabilità che sia completato tra 44 e 52 giorni (1 deviazione standard)
– il 95,5% di probabilità che sia completato tra 40 e 56 giorni (2 deviazioni stardard)
– il 99,7% di probabilità che sia completato tra 36 e 60 giorni (3 deviazioni standard).
71. Il committente vuole conoscere esattamente quale è la probabilità che il progetto sia completato in 44 giorni.
Ora questo valore rappresenta -1C della curva di probabilità (dove il segno - indica che ci troviamo a sinistra
del valore medio della curva). Dalla Figura 9 possiamo dire che l'area sotto la curva a sinistra del valore medio
(!) è ~50% dell'area totale e che l'area tra -1C e ! è 34,1%. L'area a sinistra di -1C è la probabilità cercata ed è
pari a ~50% - 34,1% = 15,9% . Quindi la probabilità di completare il progetto in 44 giorni è di 15,9% ovvero il
68,2%.
70
1 minuto di riflessione
Stai gestendo un progetto e hai appena disegnato la WBS. Sapendo che la durata delle attività di un
progetto è una variabile aleatoria, di quale, tra le distribuzioni esaminate, ti servi per avere una stima
del tempo totale di un progetto?
Suggerimento: rileggi con attenzione il presente capitolo.
Domande di verifica
Prendi carta e penna e tieni sottomano la Figura 9. Sulla base dell'esempio di applicazione di questo
capitolo, calcola la probabilità di completare il progetto il 52 giorni.
72. 71
Test di comprensione
Quale è la percentuale corrispondente a 3C dalla media di una Distribuzione Normale?
[A] 68,2%
[B] 99.9%
[C] 95.5%
[D] 99,7%
Soluzione Test di comprensione
La risposta è D. Vedi Figura 9.
Le variabili aleatorie si distribuiscono secondo
distribuzioni di probabilità. I rischi del progetto sono
variabile aleatorie. Es: tempi e costi.
Esiste un valore Pessimistico, un valore
Ottimitisco (O) e un valore più Probabile (M).
Usata nella stima PERT a 3 punti
Distribuzioni
I valori hanno la stessa probabilità Uniforme di verificarsi
Esiste un valore min, un max e uno più probabile
Usata nella stima semplice a 3 punti
Approssimazione della Beta
Triangolare
Beta
Gaussiana Dà ottimi risultati soprattutto per grandi numeri.
73. Quindi il tempo atteso è una media pesata tra il punto medio dell’intervallo di dispersione ed il valore
più probabile (può essere superiore, inferiore o uguale al valore più probabile, come si evince dalla
seguente figura:
Un altro concetto che potrebbe capitare all’esame è il Livello di Confidenza: la probabilità che la
durata effettiva dell’attività sia compresa all’interno di un intervallo intorno al valor medio calcolato
del tipo:
± 1 σ - 68,26%
± 2 σ - 95,46%
± 3 σ - 99,73%
72
74. Un esercizio che può capitare all’esame è il seguente relativo al calcolo del tempo atteso e della
deviazione standard o scarto quadratico medio):
73
Tra gli strumenti e tecniche troviamo anche le Tecniche decisionali di gruppo.
Sono tecniche introdotte all’interno delle riunioni. Decidere come andare a rilevare un grosso
numero di informazioni in poco tempo. Tra le tecniche troviamo il brainstorming, il metodo Delphi,
ecc.
Il metodo Delphi basata sul parere degli esperti e utilizza la professionalità ed esperienze di un gruppo
di esperti per produrre una stima di un progetto.
Questa tecnica richiede la presenza di un coordinatore e si articola nei seguenti passi:
• il coordinatore dà agli esperti specifiche e requisiti su cui basarsi per la stima;
• il coordinatore organizza una riunione in cui i punti chiave della stima vengono discussi con il
coordinatore e tra esperti;
• ogni esperto fa una sua stima indipendentemente dagli altri;
• il coordinatore prepara e distribuisce un sommario delle stime per confronto;
75. • il coordinatore organizza una riunione in cui si discute degli aspetti in cui le stime variano
74
ampiamente tra loro;
• gli esperti scrivono ancora le loro stime per i punti rivisti;
• i passi precedenti vengono ripetuti fino a che le stime convergono.
I Vantaggi sono:
• Ripetibilità
• Facile acquisizione e applicazioni;
• Se utilizzato come complemento a un metodo algoritmico fornisce un’alta accuratezza di stima;
Gli svantaggi sono:
• Il metodo non è quantitativo e dipende dalle abilità soggettive;
• I fattori utilizzati dagli esperti non vengono documentati;
• La stima comunque può essere non corretta, anche se il lavoro di gruppo mitiga questi aspetti;
• Tende alla sottostima.
Questa tecnica si applica quando l’unica fonte della nostra stima è il parere di esperti, per lo più
esterni all’organizzazione.
Tra gli strumenti e tecniche troviamo anche l’Analisi della Riserva.
Si intende il fatto che stiamo andando in qualche modo ad addentrarci nella tematica della gestione
dei rischi di progetto. Per analisi della riserva si intende andare a capire il numero di periodi temporali
da associare ad un’attività in funzione di quelli che sono gli eventi di rischio che si potrebbero
verificare sull’attività stessa. L’analisi della riserva è finalizzata al fatto di identificare una cosiddetta
Contingency o Buffer cioè una quantità di periodi temporali che devo considerare sull’attività (che
devo mettere da parte) per riuscire a gestire eventuali situazioni di incertezza che si potrebbero
verificare per la singola attività. Tale fattore di riserva, generalmente espresso in % rispetto alla stima
originaria, può essere ridotto o eliminato non appena siano disponibili maggiori informazioni sul
progetto o nel caso il rischio sia superato.
76. 75
Le riserve che andremo ad analizzare sono di 2 tipi:
o Riserve per Contingency
o Riserve di Gestione
Per capire le differenze dobbiamo approcciare un attimo la gestione dei rischi di progetto.
Il punto di partenza è la definizione di quelli che sono i rischi associati al progetto ovvero associabili
a tutte le attività del progetto. Informazioni che vengono inserite all’interno di un documento che
deve essere formalizzato e che nasce sin dalle primissime fasi di avvio del progetto che prende il
nome di Registro dei Rischi. In tale registro inserisco le attività schedulate e per ciascuna attività
identifico i rischi che potrebbero essere associati a quella specifica attività. Quindi il rischio è quel
qualcosa che se dovesse accadere provocherebbe un impatto su una variabile che stiamo
analizzando. In tale caso si parla di variabile tempo, ma potrebbe anche essere il costo, ecc.
Quindi il rischio è tutto ciò che potrebbe accadere che potrebbe influenzare la durata dell’attività.
Una volta identificato il Registro dei rischi occorre effettuare un’analisi qualitativa prima (se è
possibile) e quantitativa poi del rischio.
L’analisi qualitativa serve per andare ad identificare le macro categorie di appartenenza dei rischi, lo
scopo sarà quello di gestire i rischi in qualche modo, in quanto si lavora sempre con i tempi stretti
e/o costi ridotti nonché poche risorse. Dunque l’analisi qualitativa mi potrebbe categorizzare i rischi
in Alto-Medio-Basso e poi in maniera approfondita andare a valutare i rischi che ho valutato in
maniera alta.
L’analisi quantitativa mi serve per quantificare i rischi per ciascuna attività schedulata.
Ad es. dobbiamo realizzare una piscina. Quindi ci sarà un’attività che sarà lo scavo con una ruspa che
lavora, un camion che trasporta il materiale a discarica, ecc. Quali sono i rischi che potrei associare a
tale attività? Magari si può rompere la ruspa ovvero il camion non funzione o una risorsa umana sta
male oppure piove e quindi non posso lavorare. Tutti questi rischi o solo una di essa, quando accade,
può impattare in qualche modo sull’attività che sto analizzando.
In genere la formula che si utilizza per quantificare il rischio è la seguente:
Rischio = Prob. x Impatto
77. Dove P è la probabilità di accadimento di quel rischio.
Mentre per Impatto si intende cosa accade se ad es. si rompe una ruspa ovvero si ammala una risorsa,
ecc.
Ipotizziamo che si rompe un pezzo di una ruspa. Quindi qual è la probabilità che si possa rompere
tale pezzo? Esso potrebbe essere alto e esprimendolo in % potrebbe essere pari al 50%.
Qual è l’impatto che può causare tale rottura? Mi si ferma la ruspa, devo smontare il pezzo, portarlo
al meccanico che magari si trova in un posto molto distante ovvero devo ordinare un pezzo nuovo, e
poi rimontarlo. Ci vogliono almeno 4 giorni.
Alla fine la quantificazione di quel rischio è R = 0.5 x 4g = 2 giorni
Questo lo faccio per tutti i rischi che ho identificato all’interno del mio progetto.
La lista di rischi determinati li andrò ad ordinare dal più alto al più basso. A questo punto il P.M. ,
eventualmente aiutato dal Risk Manager, riflette un attimo: e così entra in gioco quel fattore
ambientale aziendale (la propensione al rischio) . Cioè il P.M. va dallo Sponsor o dal Committente per
capire quali rischi loro sono disposti ad accettare o no.
Scartati i rischi con valori più alti si arriva ad un livello di rischio medio ritenuto accettabile dallo
Sponsor o dall’azienda (dalla propensione al rischio che si ha all’interno dell’azienda).
Si definisce quindi una soglia che divide in due i rischi più alti da quelli medio-bassi. Siccome i rischi
sopra soglia sono quelli che l’azienda non è disposta ad accettare, si fa un piano di mitigazione dei
rischi (considerando che il rischio è il prodotto della probabilità di accadimento per impatto). Cioè un
insieme di attività o di interventi che mi riducono tale rischio alto al di sotto della soglia accettabile,
intervenendo sulle variabili P ed I affinché tale rischio non mi si riduce.
Nell’esempio precedente di un pezzo di ruspa che si rompe i possibili approcci o sono relativi alla
probabilità o all’impatto. Nel primo caso, probabilità, lo potrò ridurre effettuando delle manutenzioni
programmate. In tal caso la probabilità mi passa dal 50% al 10%. Ma se il pezzo si rompe l’impatto è
sempre lo stesso e per cui il rischio è dato da R = 0.1 x 4 = 0,4 g ovvero 8 ore.
Ridurre l’impatto vuol dire ridurre i giorni e quindi se prevedo che in genere si possa rompere quel
pezzo, lo porto in cantiere così in caso di rottura è già pronto in cantiere un pezzo nuovo e non devo
aspettare 4 giorni. Supponiamo che per smontare e rimontare il pezzo ci vuole 1 giorni e quindi non
più 4 giorni. Il rischio sarà uguale a R = 0.5 x 1 = 0.5 giorni cioè 12 ore.
Chiaramente in entrambi i casi ho dovuto pagare qualche cosa per ridurre i rischio, nel primo caso,
programmando delle manutenzioni che comunque hanno un costo e nel secondo caso andando a
76
78. comprare a priori il pezzo e portarlo in cantiere. Cioè ho dovuto impegnare delle risorse per ridurre
il rischio ad un livello accettabile.
Capito questo vediamo cosa si intende per Riserva per Contingency e di Gestione.
La riserva per Contingency è una riserva (quantità di tempo) che metto da parte per intervenire
qualora dovessero verificarsi rischi residui previsti (ovvero rischi che rimangono dopo l’attuazione
delle risposte al rischio) ovvero rischi che rimangono sempre ma stanno sotto la soglia di accettabilità.
Questo tipo di rischio e determinabile in quanto proviene da un’analisi del problema. Tale rischio
entra all’interno della Baseline della schedulazione o dei costi.
La riserva di Gestione è un qualcosa di extra, accantonata per essere utilizzata in caso si concretizzino
rischi non previsti (e quindi non gestiti). E’ una riserva che accantono o metto da parte per gestire
eventuali rischi che non avevo previsto in un analisi preliminare del rischio. Questo rischio non è
determinabile a monte.
La riserva di Gestione (Management Reserve) è possibile determinarlo all’intero progetto e non solo
alla singola attività, allocata allo scopo di fare fronte ai cosiddetti Unknown-Unknown, incertezze
delle quali non è possibile avere cognizione, ma per le quali al livello del management risulta
opportuno segregare una riserva temporale per l’intero progetto. Tale riserva in genere si aggira
intorno al 9-10%.
Questa riserva non fa parte della baseline della schedulazione in quanto tale riserva non è trasparente
e visibile ovvero determinabile a monte, cioè determinato da fattori chiari e concordati, quali il
risultato dell’analisi del rischio.
In Output a tale processi di “Stimare le durate delle Attività” abbiamo la Stima della Durata
dell’Attività.
Cioè un numero di periodi temporali che mi indicano la durata delle attività schedulata.
Al solito se ho monitorato i rischi ovvero se ho capito quali rischi attentano alle singole risorse
(adeguate o non adeguate) ecc., vado a fare le modifiche delle scelte fatte in precedenza e
documentate: assunti utilizzati in fase di stima della durata delle attività, registri di rischio, nel
calendario di progetto. Tutti questi documenti che vengono toccati da altre analisi faranno parte
dell’aggiornamento dei documenti di progetto. In particolare i documenti riguardanti gli attributi
delle attività e gli assunti utilizzati in fase di stima della durata dell’attività.
77
79. 78
• SVILUPPARE LA SCHEDULAZIONE
Fino ad ora abbiamo determinato il numero di unità temporali per sviluppare l’attività singola.
Esso è un processo iterativo per determinare la data di inizio e di fine pianificata del progetto. Può
richiedere l’effettuazione di analisi successive e la revisione delle stime delle risorse e della durata
delle attività per creare una schedulazione di progetto approvata che funge come baseline per il
monitoraggio dell’avanzamento lavori.
Il processo ha lo scopo di sviluppare la schedulazione (Develop Schedule) e di produrre la
calendarizzazione delle attività, ovvero determinare le date di inizio e fin di ciascuna attività o del
progetto.
80. Lo scopo principale del processo è quello di creare la Baseline della schedulazione (Schedule Baseline)
attraverso ricicli successivi nel corso dei quali occorre tener conto non solo delle esigenze
strettamente temporali del progetto, ma anche delle esigenze di risorse create dal calendario delle
attività, degli impatti sul piano dei costi attesi e di altre dimensioni del progetto, nella logica di
bilanciamento continuo tipica delle attività di P.M.
Tra gli input troviamo:
Nel piano di Gestione della schedulazione ci sono dentro le regole per la gestione dei tempi del
progetto o delle singole attività.
Gli altri Input sono:
79
81. 80
Tra gli strumenti e tecniche abbiamo:
– Analisi del reticolo di schedulazione
Sostanzialmente è una sorta di analisi che ci dice ciò che faremo e dove andremo a identificare delle
tecniche analitiche che si andranno ad applicare su reticoli di schedulazione definiti nel processo
sequenzializzare le attività. Tra le tecniche analitiche più note troviamo il Metodo del Percorso Critico
– CPM o Critical Path Mathod, il metodo della catena critica – CCM o Critical Chain Method, metodo
del livellamento delle risorse, il metodo What-If , ed altre.
Sono tutte tecniche (algoritmi o regole) che vanno implementate sul reticolo di schedulazione che ci
permettono di tirar fuori le date di inizio e di fine di tutte le attività e quindi dell’intero progetto, che
è lo scopo di tale processo, cioè tirar fuori una data per cui consegneremo il nostro progetto.
82. Siccome tale tecniche le applicheremo sul reticolo di schedulazione non ci devono essere anelli del
reticolo o estremità aperte. Tali situazioni devono essere eliminate prima di applicare tali tecniche di
schedulazione.
Le tecniche reticolari si chiamano così perché si basano sui diagrammi reticolari e sono finalizzate non
tanto alla visualizzazione bensì all’elaborazione dei dati, con l’obiettivo di effettuare:
– Lo scheduling delle attività, cioè definire per ciascuna attività la sua data di inizio e di fine, e
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conseguentemente la durata dell’intero progetto;
– L’analisi degli slittamenti (o margini di flessibilità) possibili fra le attività, senza per questo
determinare un allungamento della durata complessiva del progetto; ciò si traduce
nell’individuazione delle attività critiche da un punto di vista temporale (ovvero il cui ritardo
determina il ritardo dell’intero progetto, cioè il mancato rispetto della data a finire.
Come si può vedere per ogni attività si tratta della “criticità” dal punto di vista della variabile tempo
(cioè il rischio di ritardare l’intero progetto); tuttavia potrebbero essere diversamente critiche le altre
variabili: le risorse (rischio di sovraccarico o indisponibilità), i costi (impatto rilevante sui costi di
progetto), la qualità (rischio di fallimento tecnico).
Dunque i dati di partenza sono di tre tipi:
1) Le attività (nome e codice identificativo)
2) La loro durata;
3) I vincoli di precedenza fra di esse.
Le attività sono desunte dalla WBS, in particolare dalle attività “foglia” o Work Package, mentre
durate e precedenze vengono discusse in apposite riunioni, e possono essere deterministiche (cioè
certe) oppure probabilistiche (cioè stimate con un certo grado di probabilità).
83. 82
Tra le varie tecniche reticolari troviamo il:
METODO DEL PERCORSO CRITICO – CPM – Tecnica orientata alle attività
E’ una delle tecniche analitiche che viene sviluppata sul reticolo di schedulazione e vedremo
mediante il cosiddetto “passaggio in avanti e all’indietro” sul reticolo di schedulazione di identificare
le date di inizio e di fine delle singole attività.
In realtà le date saranno identificate in uno step successivo della semplice applicazione del CPM.
Tuttavia tale metodo ci dà gli elementi per ragionare su dove posizionare le date di inizio e di fine di
ogni singola attività schedulata.
Quando si effettua tale tipo di analisi si dice che non vengono prese in considerazione i limiti delle
risorse: cioè si effettua l’ipotesi iniziale di avere le risorse illimitate.
Tale metodo in definitiva calcola le date di inizio e di fine minime e le date di inizio e di fine massime
per tutte le attività schedulate, senza prendere in considerazione eventuali limiti delle risorse, con
l’obiettivo della compressione, cioè della generazione del calendario dei lavori più breve possibile.
Le tecniche reticolari che troviamo in genere (seguendo un ordine crescente di complessità):
– CPM – Critical Path Method: qualora la durata delle attività venga considerata fissa, così come le
precedenze, che sono del tipo Fine – Inizio
– PERT – Program Evaluation and Review Technique: che è un CPM avente però le durate espresse
in chiave probabilistica;
– GERT – Graphical Evaluation e Review Technique: che è un PERT avente come probabilistici anche
I percorsi, cioè i legami di precedenza fra le attività (vi sono pertanto dei “Gates” logici per
designare i percorsi, garantendo la possibilità di più conclusioni e di feedback tra le attività);
– VERT – Venture Evaluation e Review Technique: che considera contemporaneamente come
variabili decisionali alla stessa stregua tempi, costi, risorse e rischi; esso risulta particolarmente
utile nelle simulazioni “What-If” e nei problemi di valutazione e controllo di nuovi business o
iniziative strategiche.