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FABLAB
FUTURE TRENDS
Verso nuove ibridazioni imprenditoriali
3
Docente: Lucia Pietroni
Studente: Manuel Scortichini
Magistrale di Design Computazionale
Corso di Design per l’innnovazione
Ascoli Piceno, 07-03-2017
4
INDICE
5
ABSTRACT									 6
INTRODUZIONE							 	 8
Spazi di progettazione condivisa dal Hackerspace ai Fablab			
	
CAPITOLO 1: BREVE STORIA DEI FABLAB		 12
1.1 Center for Bits and Atoms, MIT
1.2 Fab Foundation
	 1.2.1 Fab Charter
	 1.2.3 Fab Academy
	 1.2.4 Mobile Fablab
CAPITOLO 2: UN PROGETTO GLOBALE			 20
2.1. Fablab dal micro al mega
2.2 Fablab strutture organizzative
2.3 Fablab nel Mondo
	 2.3.1 Fablab MIT Norway
	 2.3.2 Soshanguve, Fablab di Pretoria
2.4 Fablab in Europa
	 2.4.1 Fablab Barcellona
	 2.4.2 Fablab Asmerfoort
	 2.4.3 Fablab Manchester	
CAPITOLO 3: IL CONTESTO ITALIANO			 30
3.1 Stato dell’arte
3.2 Il fenomeno italiano in dati
3.3 Alcuni dati su cui riflettere
3.4 Fablab Torino
3.5 Fablab Milano
CAPITOLO 4: PROSPETTIVE FUTURE			 44
4.1 Fablab Innovation Ecology di Peter Troxler
4.2 Fablab and Museum di Irene Posch
CONCLUSIONI								 50
Scenari futuri nel mondo della progettazione condivisa
BIBLIOGRAFIA								 52
6
ABSTRACT
7
Il processo di progettazione ha risentito di una svolta
paradigmatica, da un processo spesso individualistico
o di un ristretto gruppo di persone, ci si sta muoven-
do verso un percorso di progettazione partecipativo
continuo. Questo fenomeno necessita di un ripensa-
mento degli spazi analogi quanto di quelli digitali. In
questa ricerca si cerca di delineare una breve storia di
queste sperimentazioni, dalle diverse peculiarità che le
distinguono agli attori che le hanno rese possibili. In
ultimo, diverse teorie e realtà innovative, cercheranno
di offrire un quadro di riferimento, nella comprensio-
ne dei futuri sviluppi nel mondo design partecipato.
8
INTRODUZIONE
“Technology is just a tool. In terms of
getting the kids working together and
motivating them, the teacher is the
most important. “
							 	
Bill Gates
9
Spazi di progettazione condivisa dal
Hackerspace ai Fablab
La crisi economica ha cambiato i paradigmi del mondo del la-
voro, portando alla luce sfide insidiose da affrontare con l’ausilio
di conoscenze, mezzi e strategie nuove. Per superare le difficoltà,
una delle scelte che sembra ora premiare i lavoratori è quella di
creare sinergie, condividendo un’idea e collaborando per metterla
in pratica. Il primo passo verso questo cambiamento arriva dalla
cultura degli hacker,con la creazione degli Hackerspace,luoghi di
incontro/confronto figli di una tradizione culturale e tecnologica
relativamente antica, molto legati all’informatica, alla telematica,
all’open source e al digitale. Con il tempo gli hackerspace hanno
fatto proprie anche le tecnologie per la manifattura digitale e si
sono avvicinati agli oggetti fisici; tuttavia le attività hardware di
un hackerspace sono storicamente legate al riciclo di vecchi com-
puter,apparecchi elettronici o alla realizzazione di circuiti elettro-
nici; è infatti proprio l’elettronica il principale driver comune con
il movimento dei fabber. Quello dei maker è un movimento più
giovane che ha appunto coniato la parola Makerspace proprio per
indicare uno spazio che fosse più orientato alla creazione di oggetti
(make) piuttosto che alla loro modifica (hack) e, soprattutto, che
accogliesse tecnologie non necessariamente elettroniche o infor-
matiche: il Makerspace è un’officina condivisa, dotata di spazi di
lavoro, attrezzature, macchine digitali e non. È l’ambiente dove si
svolgono corsi per adulti e bambini, e spesso si trova anche all’in-
terno di scuole perché costituisce il laboratorio per eccellenza.
Figura 1: Mapping of
Fabbing World, Peter
Troxler, 2010, Rotterdam
Fonte: Commons-based
Peer-Production of Physi-
cal Goods Is there Room
for a Hybrid Innovation
Ecology?
10
La categoria dei TechShop non è molto diffusa in Italia, si trat-
ta di laboratori che offrono servizi di prototipazione per con-
to degli utenti: sono quindi vere e proprie imprese, organizzate
spesso in franchising come appunto i TechShop americani, at-
trezzate con macchinari di alto livello e staff in grado di seguire
gli utenti nella realizzazione dei propri progetti. Questa catena
viene fondata nel 2006 da Jim Newton e Ridge McGee, in so-
stanza si tratta di makerplace che basano il loro business sull’of-
ferta di spazi, macchinari e corsi di formazione, in cambio di un
abbonamento alle loro strutture. Luoghi di manifattura digitale
che hanno avuto un discreto successo e si sono dimostrati utilis-
simi per le piccole medie imprese ed i free lancer. DODOcase
è una delle aziende nate proprio fra le mura di uno di questi
Techshop che ha avuto un largo successo commerciale. Questi
spazi condividono le tecnologie di cui abbiamo parlato finora,
ma decadono i concetti di condivisione, community e ricerca.
Figura 2: Schema di
intersezione fra le diverse
realtà di progettazione
condivisa, Alessandro
Ranellucci, 2015
Fonte: http://www.
makeinitaly.founda-
tion/fablab-makerspa-
ce-hackerspace-tech-
shop-limportanza-del-
le-definizioni
11
Arriviamo quindi ai Fablab, ovvero una categoria speciale di
Makerspace: questi ultimi condividono tutti gli aspetti, dallo
spazio alle attività fino alle attrezzature, ma hanno in più alcu-
ne caratteristiche immateriali. Si differenziano sotto il punto di
vista dei valori fondanti, che si riflette nella loro origine acca-
demica: nei Fablab si privilegiano le tecnologie digitali a sfavo-
re delle tecniche artigianali manuali, con l’obiettivo di cercare la
corrispondenza biunivoca tra bit e atomi, ovvero tra rappresen-
tazione digitale e fabbricazione di un oggetto complesso. Nei
Makerspace, che sono singoli laboratori slegati tra loro, spesso
c’è un organizzazione sotto forma di impresa a carattere com-
merciale.I Fablab rappresentano piuttosto una rete che condivide
un set di strumenti e processi, che si impegna ad essere aper-
ta al pubblico gratuitamente almeno per parte della settimana e
che crede nel valore di una didattica aperta, rivolta a chiunque
dimostri interesse nell’apprendere le meraviglie della scienza.
Figura 3: President Oba-
ma visita un TechShop,
Pittsburgh,2014
Fonte: http://
www.ostraway.cz/
post/105276673709/
techshop-maker-move-
ment-in-practice-ha-
ve-you
12
CAPITOLO 1:
BREVE STORIA
DEI FABLAB
“If anyone can make anything,
anywhere. It fundamentally changes
the meaning of business.”
Neil Gershenfeld
13
1.1 Center for Bits and Atoms, MIT
Nel 2001, grazie al contributo della National Science Founda-
tion, nasce a Boston il Center for Bits and Atoms, un progetto
interdisciplinare che coniuga scienza teorica e fisica all’interno
di un unico dipartimento del MIT. L’obbiettivo del CBA, sin-
teticamente, è studiare tecniche (e formularne nuove) per tra-
sformare i dati in cose, e le cose in dati. In questo contesto, tra
i più influenti a livello mondiale nell’ambito della scienza ap-
plicata nasce, per volontà di Neil Gershenfeld, il primo Fablab.
Questo spazio, dotato delle migliori attrezzature da laboratorio
sul mercato, rappresenta uno spazio di studio interdisciplinare
dove, tutti gli studenti del MIT hanno la possibilità di accedere
ai corsi organizzati da questo dipartimento. La diffusione delle
ricerche del CBA è svolta in maniera attiva da una rete globale di
ricercatori e, negli ultimi anni, da un sempre più dinamico ecosi-
stema di Fablab che consentono un ampio accesso agli strumenti
di fabbricazione personale e digitale anche al di fuori del CBA.
E’ stato costituito anche un ufficio per comunicare con i prin-
cipali media in maniera efficiente. Un atteggiamento di aper-
tura che sottolinea la convinzione che il progresso tecnologico
si alimenta grazie alla condivisione e alla diffusione delle idee.
In questo contesto culturale, nel 2002, il direttore del CBA,
Neil Gershenfeld avvia un corso dal nome “How to Make al-
most Anything”che,successivamente alla positiva risposta dei
suoi studenti, sarà la base teorica di riferimento per la costi-
tuzione del primo Fablab, il cui nome può essere interpretato
comeFabricationLaboratoriesoancheFabulousLaboratories.
Con un investimento di cinquantamila dollari in macchinari, che
include solitamente un laser cutter,una stampante 3D,e una fresa
CNC,e ventimila dollari di materiali da utilizzare per la produzio-
ne,essocominciaadoperareaserviziodellacomunità.Ilcapostipi-
te dei Fab Lab nasce al South End Technology Center,nel centro
dellacittàdiBoston,eilteamchecontribuisceallasuarealizzazione
è guidato da Sherry Lassiter,oggi direttore della Fab Foundation.
Il progetto che all’epoca prevedeva l’apertura del Fablab di Bo-
ston all’interno del SETC, si è subito ampliato per la richiesta
della comunità Ghanese di avere un proprio Fablab. Così col
supporto del NSF e l’aiuto di un team locale nasce un Fablab
anche nella città di Sekondi-Takorandi, lungo la costa del
Ghana. Da allora i Fablab si sono diffusi in tutto il mondo.
14
Figura 4: Neil Gershen-
feld discute con un
dottorando in uno dei
laboratori del Center for
Bits and Atoms al MIT,
USA
Fonte: https://www.pri.
org/stories/2016-08-25/
indias-kerala-embra-
ces-fab-labs-and-inter-
net-things-future
Figura 5: Il sito web di
Fab Foundation.
Fonte: http://www.
fabfoundation.org/
15
1.2 Fab Foundation
A seguito di un crescente interesse e diffusione su scala globale
del fenomeno Fablab, nel 2009 al fine di semplificare ed incenti-
vare la crescita del network di FabLab nasce la Fab Foundation.
Associazione non profit collegata al MIT con la missione di
facilitare l’accesso a strumenti, alla conoscenza e ai finan-
ziamenti necessari al fine di educare, innovare ed inventare
attraverso l’utilizzo della tecnologia e la fabbricazione di-
gitale, per consentire pressochè a chiunque di fare qualsi-
asi cosa e di migliorare le condizioni di vita delle persone.
I tre focus della Fab Foundation sono:
- i programmi educativi (.edu),
- i servizi organizzativi della fondazione (.org),
- il programma per lo sviluppo di business attraverso i servizi del
Fab Lab (.org).
In particolare viene evidenziato ciò che Fab Fondation sup-
porta: la creazione di nuovi Fablab, la formazione per i fabbers
nel mondo, lo sviluppo di network e fondazioni locali, i pro-
getti internazionali. Le persone che costituiscono il consiglio
amministrativo della Fab Foundation sono Sherry Laissiter,
direttore e tesoriere, Neil Gershenfeld, presidente della fon-
dazione, Stuart Gannes, Simone Amber e Chris Wilkinson.
Il cuore della Fab Foundation è il suo network costituito da
una comunità aperta e creativa di makers, artisti, scienziati,
ingegneri, insegnanti, studenti, hobbisti e professionisti che
fianco a fianco lavorano in più di 40 paesi in circa 250 Fab Lab.
Gershenfeld prevede che proprio da questo network possa nasce-
re la prossima generazione di quelli che qui in Italia chiamiamo
artigiani. Artigiani digitali che sfruttando il network dei FabLab
diffusi globalmente possono così diffondere i propri prodotti e
farli conoscere attraverso un canale privilegiato,in cui si premiano
le eccellenze, in un contesto di innovazione leggera. Sono esem-
pi di imprese nate grazie alla digital fabrication Ponoko, leader
fra i makerplace, MakerBot, Ultimaker, Remake Electric, Snap etc..
16
1.2.1 Fab Charter
Ogni Fablab che vuole entrare nella rete globale della Fab Fon-
dation deve rispettare le linee guida di un documento chiave: la
Fab Charter.
Figura 6: Schema concet-
tuale attori Fablab.
Fonte: http://www.
cursosenairio.com.br/
link-inside-senai-fablab-
rj-brazil,37.html
17
Rappresentando un movimento diffuso globalmente, questo in-
sieme di linee guida spesso non può essere verificato e le leggi
dei vari paesi differenziano gli oneri e i diritti di tali associazio-
ni. Nonostante ciò in un’epoca in cui il potere delle reti sociali
per mezzo del web può influenzare moltissimo le persone, dif-
fondere globalmente i valori che dovrebbero essere alla base di
ogni Fablab permette alla comunità in cui è inserito quest’ulti-
mo di giudicarne l’operato e di denunciare eventuali mancanze.
Che cosa è un Fablab?
I Fablab sono una rete globale di laboratori locali che facilitano
lo sviluppo di invenzioni dando accesso a strumenti di fabbrica-
zione digitale.
Che cosa c’è in un Fablab?
I Fablab condividono un inventario in continua evoluzione di ca-
pacità base per fare (praticamente) qualunque cosa, permettendo
la condivisione alle persone ed ai progetti.
Che cosa fornisce la rete dei Fablab?
Assistenza operativa, educativa, tecnica, finanziaria e logistica ol-
tre a tutto ciò che è disponibile in un singolo laboratorio.
Chi può usare un Fablab?
I Fablab sono disponibili come risorsa comunitaria offrendo sia
accesso libero ai singoli individui sia accesso programmato per
specifiche iniziative.
Quali sono le tue responsabilità?
1_sicurezza: non fare del male alle altre persone e non danneg-
giare le macchine
2_operazioni: aiutare nella pulizia, mantenimento e sviluppo del
laboratorio
3_conoscenza: contribuire alla documentazione ed alle istruzioni
A chi appartengono le invenzioni sviluppate nei Fablab?
I progetti e i processi sviluppati nei Fablab possono essere protet-
ti e venduti come l’inventore preferisce, ma dovrebbero rimanere
disponibili per l’utilizzo e l’apprendimento delle altre persone
Come possono fare le aziende ad usufruire dei Fablab?
Le attività commerciali possono essere prototipate e incubate in
un Fablab,ma non devono entrare in conflitto con gli altri utilizzi
e attività,dovrebbero crescere oltre al Fablab piuttosto che dentro
al Fablab e ci si aspetta che portino benefici agli inventori, ai la-
boratori ed alle reti che contribuiscono al loro successo.
18
1.2.2 Fab Education
Fab Education è un istituzione che, in collaborazione con
TIES (un istituto americano per l’eccellenza, collegato al pro-
getto didattico STEM) lavora per implementare l’insegna-
mento delle discipline di digital fabrication all’interno del
percorso scolastico delle scuole superiori. Fab Foundation e
TIES attraverso Fab Education, cercano dunque di dare una
risposta al sempre maggior bisogno di strutture per l’innova-
zione, stimolando il learning by doing all’interno delle scuole
di tutto il mondo. La collaborazione è cominciata con l’inau-
gurazione di MC2 STEM High School a Cleveland, Ohio.
Fab Education svolge il ruolo di facilitatore aiutando le scuole a
strutturare dei curriculum adeguati e ad investire le loro risorse in
modo corretto nell’allestimento di spazi per la digital fabrication.
Figura 7: Stanford’s “Ma-
kers in Residence” Fab
Lab, Stanford University,
USA
Fonte: http://news.
stanford.edu/pr/2013/
pr-stem-education-te-
ens-030413.html
19
1.2.3 Fablab Mobile
Il progetto Fablab Mobile nasce nel agosto 2007 al Center for
Bits and Atoms al MIT, si tratta di un vero e proprio laboratorio
mobile fornito delle strumentazioni di base di un generico Fablab.
L’ideale portato avanti da Fablab Mobile è quello di svilluppare
una piattaforma mobile utile per workshop didattici nelle scuole
o per presentare il progetto Fablab all’interno di grandi eventi.
Figura 8: Mobile Fablab,
Carnegie Science Center,
USA
Fonte: http://www.
carnegiesciencecenter.org/
programs/fablab-mobile/
20
CAPITOLO 2:
FABLAB UN
PROGETTO
GLOBALE
“The great opportunity in the New
Maker Movement is the ability to be
both small and global. Both artisanal
and innovative. Both High-tech and
low cost. Starting small but getting
big.”
Chris Anderson
21
2.1 Fablab dal micro al mega
Nella realtà della progettazione condivisa, la strumentazioen di
base di un laboratorio è una questione di continuo dibattito.
Per quanto riguarda gli Hackerspace e Maerspace, esistono piat-
taforme di indirizzo e confronto ma, vi è molta variabilità nella
dotazione Hardware da un laboratorio ad un altro.
Discorso diverso per i Fablab dove la dotazione è molto più stan-
dardizzata e frutto di un processo di confronto collaborativo av-
viato da anni fra i diversi fabbers.
Questa omologazione non equivale ad un sistema rigido o re-
strittivo ma, bensì a delle linee guida consigliate dalla comunità,
frutto di anni di ricerca e sperimentazione che, oltretutto, be-
neficia di un supporto e compatibilità con altre realtà limitrofe,
restituendo un grandissimo valore aggiunto.
Le dimensione economica consigliata dal fondatore Neil Ger-
shenfeld è da tempo stabile attorno ai 100.000 $, tuttavia nel
corso del tempo sono emerse proposte alternative volte a demo-
cratizzare il processo, permettendo anche a realtà con budget li-
mitati di trovare delle linee guide adeguate al budget.
Esperienze come quella di Asmerfoort (di cui parleremo più
avanti) sono state uno spunto provocatorio di riflessione, attual-
mente la classificazione dei Fablab è definita in una scala di 10.
Direttore
Manager
Intern
- Definisce le linee guida strategiche
del FabLab.
- Gestione e raccolta fondi
- Rapporti con i partner
- Gestione giornaliera del lab.
- Accoglie e informa il pubblico.
- Disponibile per progetti di supporto.
- Riparazione e manutenzione
macchinari.
- Organizza e gestisce i worshop o
corsi di formazione.
- Aiuta il manager nei compiti
quotidiani.
- Accoglie e informa il pubblico.
- Organizza e gestisce worshop in
base alle competenze.
Figura 9: Fablab Team,
FabLab Overview, Fa-
bienne Eychenne, 2012
Fonte: FabLab Overview
22
MICRO FABLAB		 1k
Laboratorio 			 5 m²
Budget				5.000 €
Personale				1 persona
MINI FABLAB		 10k
Laboratorio 			 25 m²
Budget				50.000 €
Personale				1 persona
STANDARD FABLAB	 100k
Laboratorio 			 75-200 m²
Budget				80.000-200.000 €
Personale				2-3 persone
MEGA FABLAB		 1000k
Laboratorio 			 >300 m²
Budget				200.000-.....€
Personale				5-15 persone Figura 10: Fablab
Dimensioni, Massimo
Menichienelli, 2015
Fonte: Fab Lab e MaKer
23
Macchina a
taglio laser
- Taglio di una vasta selezione di ma-
teriali come PMMA, legno, compen-
sato, stoffa, pelle, carta, ecc....
- Bruciatura
Figura 11: Fablab
Strumentazioni, FabLab
Overview, Fabienne
Eychenne, 2012
5.000-30.000 €
Macchine a
controllo
numerico
- Taglio o rimozione parti da una vasta
selezione di materiali come PMMA,
legno, compensato, stoffa, pelle, carta,
ecc....
- Creazione stampi.
- Fresatura di circuti stampati
3.000-5.000 €
Stampa 3D
- Creazioni modelli tridimensionali
stampati per estrusione a caldo
- Creazione stampi.
- Prototipazione rapida.
2.000-50.000 €
Cutter
digitale
- Creazioni modelli tridimensionali
stampati per estrusione a caldo
- Creazione stampi.
- Prototipazione rapida.
1.500-3.000 €
Fablab
Amsterdam
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato
Fablab
Manchester
Fablab
Iceland
Fablab
LCCC (Usa)
Figura 12: Fablab Orari,
FabLab Overview, Fa-
bienne Eychenne, 2012
Fonte: FabLab Overview
worshop
/classes/
presenta-
tions
openLab
su
appunta-
mento
openLab
openLab
Chiuso
su
appuntamento openLab
noleggio
macchinari Chiuso
openLab
openLab
openLab
su
appuntamento
su
appunta-
mento
openLab
openLab
Chiuso
openLab openLab openLab
openLab openLabWorkshop
24
2.2 Fablab strutture e organizzazioni
L’organizzazione e la struttura di un Fablab giocano un ruolo de-
cisivo nel definire la successiva offerta e l’impatto generale del
laboratorio, l’orientamento organizzativo influenza la gestione
economica, il target a cui il lab si rivolge, le spesa per gli utenti e
moltissime altre questioni.
Ad oggi è possibile suddividire i Fablab in tre macro categorie:
-Fablab supportati da scuole o università (come ad esempio
Stanford e Barcellona). Sono principalmente frequentati da stu-
denti e sono coinvolti in un limitato numero di progetti esterni
(13% Barcellona). L’organizazione regolare dei workshop (due al
mese a Barcellona) non è particolarmente spinta. La spesa per
l’utilizzo delle strumentazioni da parte dei studenti è contenuta
(6€ l’ora per le macchine a taglio laser a Barcellona). Il laborato-
rio è largamente finanziato dall’università, la parte restante dei
finanziamenti arrivano da alcuni sponsor privati e punti ristoro
interni. Il numero di utenti esterni che utilizzano le macchine è
contenuto.
-Fablab privati che si rivolgono a piccole attività, startups o libe-
ri professionisti. Per acquisire il diritto a chiamarsi MIT Fablab
devono obbligatoriamente avere un giorno settimanale di “Open
Lab”. Gli altri giorni sono riservati ad utilizzo dei macchinari per
prototizzazione per terzi, per noleggio attrezzatura o workshop
professionali.Riescono a convogliare dei sussidi statali o sovrana-
zionali in fase di avvio ma su un medio e lungo termine arrivano
all’indipendenza economica.
-Fablab supportati dal governo, organizzazioni R&D o autori-
tà locali, si rivolgono ad un supporto rivolto al grande pubblico.
Il maggior obbiettivo di questi lab è didattico, gli stessi corsi e
worshop sono pensati per rivolgersi ad un pubblico vasto e tra-
sversale. I fondi pubblici permettono molti giorni di “Openlab”,
solitamente sono due o tre per settimana, mentre negli altri gior-
ni si lavora a prototipazione rapida per singoli utenti esterni.
25
2.3 Fablab nel Mondo
A marzo del 2017, il sito di FabLab.io/labs ci restituisce ben
1.093 Fablab in tutto il mondo, una presenza su tutti i conti-
nenti ad eccezione dell’Antartide. In questa parte della ricerca
andrò ad analizzare due casi studio provenienti da latitudini e
contesti profondamente differenti per dimostrare la capacità di
adattamento e la flessibilità di questo progetto, caratteristiche
che hanno sicuramente agevolato la forte diffusione planetaria.
Figura 13: Mappa dei
FabLab nel Mondo.
Fonte: www.fablabs.io/
26
2.3.1 Fablab MIT Norway
Si tratta del primo Fablab collegato al MIT, nato grazie all’im-
pegno di Haakon Karlsen, ingegnere, allevatore ed agricoltore.
Questo laboratorio è situato a Lyngseidet,in una zona rurale della
Norvegia, nelle strette vicinanze di un magnifico fiordo. Questo
spazio rappresenta prima di tutto un importante spazio sociale
per la comunità oltre che un laboratorio di fabbricazione digitale.
Siamo all’inizio del 2000, la comunità locale avan-
za la richiesta all Dott. Karlsen di trovare una soluzio-
ne per aiutare la comunità locale di allevatori colpi-
ta da una grave moria di pecore a seguito di diverse malattie.
In collaborazione con altri allevatori, l’ingegnere Kaarlsen ha
inventato un dispositivo elettronico in grado di misurare la
temperatura delle femmine di pecora ed inviare in tempo rea-
le un messaggio di notifica agli allevatori, così da poter avviare
la fecondazione nel momento ideale. Successivamente in colla-
borazione con MIT, hanno implementato il dispositivo attra-
verso un sensore GPS in grado di geolocalizzare il pascolo al
fine di evitare attacchi da lupi o limitare il pericolo valanghe.
PROGETTO		 Elettronic Shepard
Figura 14: Fablab MIT
Norway schema relazio-
nale, 2014
Fonte: http://pe-
erproduction.net/
issues/issue-5-sha-
red-machine-shops/
peer-reviewed-articles/
the-story-of-mit-fablab-
norway-community-
embedding-of-peer-pro-
duction/
27
2.3.2 Soshanguve, Fablab di Pretoria, Sud Africa
Il progetto Fablab si espande precocemente in Sud Africa con il
supporto del Department of Science and Technology già nel 2005 e
vengono gestiti dal Council for Scientific and Industrial Research.
Questa organizzazione ha permesso di creare fin da subito un
network locale all’interno del network globale dei Fablab. Ogni
Fablab in Sud Africa nasce e viene affiancato da una cosiddetta
host institution che provvede alla gestione delle risorse umane,
alla gestione manageriale, al marketing e ad ogni altra necessità.
I Fablab in questo caso,come in molti altri,nascono come costola
di istituzioni solide e in grado di sostenerli anche finanziariamen-
te. Questo sembra il modello sempre più ricorrente, in uno stadio
di evoluzione in cui le attività dei Fablab non sembrano essere
ancora in grado di garantirne la propria sostenibilità economica.
I progetti FabKids e Fab Teachers, nati nel 2006 dal progetto
Young Engineers and Scientists of Africa (YESA) rappresentano
un importante caso d’innovazione sociale. FabKids con la parte-
cipazione del Fablab di Soshanguve è un programma che mette in
contatto studenti e personale docente con un’ampia esposizione
al mondo reale della scienza, tecnologia, ingegneria, matemati-
ca e innovazione. Lo scopo è di creare un ambiente educativo
in cui domini il learning by doing e il learning by interacting
with others. Inoltre questo progetto funge da laboratorio per
capire come strutturare nuovi corsi in altri Fablab sud africani.
PROGETTO		 FabKids
Figura 15: Fab Kids di
Soshanguve, Pretoria
Fonte: https://vimeo.
com/82052034
28
2.4 Fablab in Europa
Al contrario di quello che si potrebbe pensare, non sono gli
Stati Uniti il luogo in cui sono presenti più Fablab, bensì l’Eu-
ropa, che ne conta più di cento cinquanta. In Italia ce ne sono
più di trenta, in Francia quaranta, i Paesi Bassi ne hanno una
ventina, dieci nel Regno Unito, quattordici in Spagna, quindi-
ci in Germania e gli altri sono sparsi fra pressoché tutti i pa-
esi dell’Europa. Anche la Russia ha alcuni Fablab nel suo ter-
ritorio. Insomma sembra che il desiderio di superare la crisi
della manifattura, che ha colpito in maniera molto forte i pa-
esi europei, abbia fatto accogliere con assoluto entusiasmo
una proposta che vede il fare come focus delle sue attività.
Figura 16: Mappa dei
FabLab nel Mondo,
Fonte: www.fablabs.io/
map
29
2.4.1 Fablab Barcellona
La città di Barcellona ospita il più importante Fablab del vecchio
continente, ha ospitato il FabX nel luglio 2014 e si è impegnata
a rivoluzionare la propria gestione del territorio proponendosi
come prima metropoli orientata ad un futuro sostenibile. In que-
sto vivace contesto culturale nasce nel 2008 il Fablab con sede allo
IAAC, l’istituto per l’architettura della Catalogna, ed è parte del
network dei Fablab.Esso sviluppa tre differenti programmi: il Fab
Kids,il Fab Pro e la Fab Academy.L’ambizione di questo Fablab è
molto alta,il progetto del direttore Tomas Diez è quello di rende-
re Barcellona la prima Fab City del mondo. L’obbiettivo è di cre-
are una rete interconnessa di Fablab distribuiti nei vari quartieri
della città, al fine di stimolare l’imprenditorialità e l’interesse per
l’innovazione,attitudini da sempre presenti nel cuore dei catalani.
PROGETTO		 Fablab Pro
Figura 17: Fablab IAAC,
Barcellona, 2015
Fonte: http://www.
iaacblog.com/2011/06/27/
fab-lab-sant-joan/
Il Fablab Pro è un programma educativo, e allo stes-
so tempo un servizio di produzione per professionisti, im-
prenditori, curiosi e appassionati. Esso attraverso l’uti-
lizzo di macchinari dell’ultima generazione permette la
produzione di oggetti su commissione e allo stesso tempo or-
ganizza corsi di formazione per neofiti e personale più esperto.
30
Figura 18: TweakShow,
Spullenmannen, Fablab
Asmerfoort
Fonte: http://www.spul-
lenmannen.nl/en/knopje-
smuseum
2.4.2 Fablab Amersfoort
La comunità fondante del Fablab di Asmerfoort lavora, ora-
mai da più di trent’anni, con il nome “De War” a diversi pro-
getti a cavallo tra arte, scienza e sostenibità. Questa realtà so-
ciale nel 2009, in seguito all’incontro con un resposabile del
network dei Fablab olandesi, realizza di essere in linea con gli
ideali della comunità dei Fablab senza saperlo. Decidono così
di aderire al progetto lanciando una sfida: realizzare un labo-
ratorio in sette giorni, in quattro persone con soli 5.000€. L’e-
sperienza conferisce al Fablab, un interessamento da parte
della comunità internazionale dei makers. Nel 2010, apre uffi-
cilamente le porte il Fablab di Amersfoort, un laboratorio ef-
fervescente molto impegnato in ambito artistico, nella didat-
tica rivolta ai ragazzi e nello sviluppo di progetti peer to peer.
Harmen Zijp e Diana Wildschut, sono due dei resposabi-
li del Fablab e artisti della compagnia Spullenmannen, lavo-
rano da anni al tema della sostenibilità cercando di rende-
re, accessibili ad un grande pubblico, dati sui cambiamenti
climatici. Da questa volontà nasce il progetto TweakShow,
una serie di istallazioni interattive che cercano di tradurre in
maniera ludica e facilmente intuitiva, complessi fenomeni
scientifici e sociali. Il progetto è stato presentato al Dutch Fe-
stival del 2007 per poi essere esposto in diversi musei europei.
PROGETTO		 TweakShow
31
2.4.3 Fablab Manchester
Manchester è la città simbolo della prima e della seconda rivolu-
zione industriale in Inghilterra, ma, da oltre settant’anni sta vi-
vendo un inesorabile declino dello stesso settore manifatturiero
che l’ha rese celebre e florida in passato. Dalle ceneri di questo
glorioso passato, nel 2010, proprio all’interno di un’ex fabbrica,
nasce il primo Fablab del Regno Unito.L’edificio in cui è colloca-
to è stato offerto ad un’associazione senza scopo di lucro che of-
fre programmi formativi e di consulenza per aiutare a sviluppare
l’eccellenza nelle aziende manifatturiere. Il palazzo oggi si chia-
ma Chips ed è un’icona del quartiere di New Istington. Questo
centro di digital manufacturing ha avuto fin da subito un grande
successo in città, ed è organizzato in modo di permettere sia a
singoli utenti, che a imprenditori, free lancer e studenti di acce-
dere alle sue strutture. Il venerdì e il sabato è consentito il libero
accesso a chiunque.
Nifty MiniDrive è una memoria esterna semipermanente pen-
sata appositamente per le necessità di un possessore di MacBo-
ok. Questo dispositivo è stato pensato, progettato e realizzato da
Piers Ridyard, un avvocato tirocinante di Manchester, che ne ha
testato la fattibilità all’interno delle strutture del Fablab prima di
iniziare la fase di produzione.Il progetto di questo giovane inven-
tore è stato lanciato su Kickstarter ed ha ottenuto ben 384.000
dollari di donazioni per una produzione iniziale di 13.000 pez-
zi, rappresentando la raccolta fondi di Kickstarter più di succes-
so degli UK e l’undicesima più finanziata al mondo nel 2014.
PROGETTO		 Nifty MiniDrive
Figura 19: Nifty Mini Dri-
ve, Piers Ridyard, Fablab
Manchester
Fonte: https://www.
gadgetdaily.xyz/nifty-mi-
nidrive-review/
32
CAPITOLO 3:
IL CONTESTO
ITALIANO
“Gli Hardware diventeranno pezzi di
una cultura che ognuno sarà in grado
di poter costruire, come una canzone
o una poesia.”
Massimo Banzi
33
3.1 Stato dell’arte e scenari futuri
LacrescitadelmovimentomakerinItalia,haavutounleggeroritardo
rispetto ad altri paesi europei,allo stesso tempo,si è rivelata molto
veloce,alpuntodacollocarel’ItaliacomesecondanazioneinEuropa
per numero di Fablab secondo i dati del portale ufficiale fablab.io.
Il mondo dei maker italiano è trasversale, composto da appas-
sionati, divulgatori, docenti, ricercatori, imprenditori e am-
ministratori pubblici che veicolano queste novità tecnolo-
gico-sociali a molti settori della vita economica e culturale,
con l’auspicio di rilanciare l’occupazione e il progresso sociale.
Eventi come il World Wide Rome e Maker Fai-
re Rome hanno contribuito alla diffusione del fenome-
no tra il grande pubblico ma, a mio avviso, in maniera
maggioritaria, ha inciso un tessuto industriale italiano, preva-
lentemente composto da piccola e media imprenditoria nata con
il motto del Do It Yourself quando il motto ancora non esisteva.
In un contesto come questo, dei spazi di progettazione parteci-
pata dove, curare una didattica volta alla formazione dei giova-
ni artigiani, risultano vincenti ed accolti con spiccato interesse.
La trasformazione dai bit in atomi attraverso la digital ma-
nifacturing permette, a prezzi accessibili, lavorazioni prece-
dentemente riservate alle grandi aziende, la flessibilità nel-
la produzione e personalizzazione in comparti come quello
dell’orificieriaodelmobilio,nonhannomairaggiuntounlivel-
lo di accessibilità, come quello attuale, in riferimento ai costi.
In un articolo1
il Prof. Stefano Miceli, avvia una riflessio-
ne su queste tematiche, sottolineando in particolare, la ne-
cessità di ripensare i modelli organizzativi delle impre-
se alla luce di questo nuovo panorama tecnologico e sociale.
Le aziende nel corso degli ultimi anni, hanno sapu-
to cogliere le potenzialità offerte dalla rete in termi-
ni di marketing ma, al tempo stesso l’autore osserva che
“le nuove tecnologie hanno investito in un model-
lo produttivo e gestionale ancora profondamen-
te radicato sui presupposti della fabbrica tradizionale”.
1	 “La manifattura al tempo dei bit” di Stefano Miceli, Il Sole 24 Ore del
15/04/2014
34
Guardando al futuro, il Professor Miceli prefigura la crescita di
due possibili scenari:
-La grande automazione, dove grandi imprese su spin-
ta di grandi investitori, rinnovano il parco macchine del-
le loro aziende con strumentazioni ad altissima flessi-
bilità produttiva, alcuni esempi ci arrivano oltre oceano
dagli avveniristici stabilimenti californiani di Tesla ed Amazon.
-La rinascita del piccolo, una nuova classe di produtto-
ri organizzati in piccolee medie imprese, una manifattura
caratterizzata da competenze tecnologiche e capacità con-
solidate nella culture e nei territori di appartenenza. Il ruo-
lo didattico dei Fablab appare quindi molto importante nel
contribuire alla formazione di artigiani hi-tech che sappia-
no interacciarsi con le tecnologia della digital manifacturing.
Quest’ultimo scenario rappresenterebbe un nuovo momen-
to per il Made in Italy che, attraverso un investimento capil-
lare in luoghi di progettazione partecipata, riesce ad innovarsi
superando le difficoltà riscontrate negli ultimi anni. Un esem-
pio che ha reso celebre nuovamente il Made in Italy negli ulti-
mi anni è Arduino, un oggetto diventato icona del movimento
dei maker, esempio lampante di come si possa tuttora produr-
re in Italia per esportare (ed essere copiati) in tutto il mondo.
Figura 20: Corso di
Oreficeria Digitale,
Design for Craft e 3DItaly
Pescara, Treia (MC) 29-
30/01/2017
Fonte: http://www.
macerata.confartigianato.
it/2017/01/27/corso-orefi-
ceria-digitale/
35
3.2 Il fenomeno italiano in dati
Nel tracciare un osservazione su scala naziona-
le doverosa una premessa metodologica, attraverso il ter-
mine Fablab si definisce, volendo essere rigorosi, un la-
boratorio che rispetti queste quattro condizioni di base:
- Accesso al pubblico almeno in parte.
- Sottoscrizione ed esposizione del Fab Charter.
- Disponibilità di strumenti e processi condivisi con la rete dei
Fablab.
-Partecipazione alla rete dei Fablab.
Detto questo va constatato che,nel linguaggio generico,il termine
Fablab viene spesso associato a diverse forme di Laboratori di fab-
bricazione digitale,più propriamente note nel mondo anglosasso-
ne come Makerspaces.Nel investigare sull’entità del fenomeno in
Italia ci si atterrà quindi ad una definizione più generica del termi-
ne Fablab. Il primo dato che andrò ad illustrare, riguarda proprio
l’autodefinizione di ciascun laboratorio, dove possiamo notare
una una maggioranza di Fablab, probabilmente dovuta al succes-
so mediatico di alcune manifestazioni come accennato poc’anzi.
Figura 21: Autodefini-
zione dei laboratori di
progettazione in Italia
Fonte: Censimento Make
in Italy, 2014
36
Figura 22: Diffusione su
scala nazionale per città
Fonte: Censimento Make
in Italy, 2014
Una distribuzione eterogenea dei laboratori di fabbricazione di-
gitale in Italia, dove il Nord e Centro Italia risultano molto più
popolati.
Il fenomeno dei maker in Italia sta crescendo in numeri ed inte-
resse ma, ci troviamo ancora nella fase iniziale di questo percorso
evolutivo.
Figura 23: Grado di svi-
luppo dei laboratori
Fonte: Censimento Make
in Italy, 2014
37
Figura 24: Soggetti pro-
motori dell’apertura di un
Fablab
Fonte: Censimento Make
in Italy, 2014
Figura 25: Finanziatori in
fase di avvio di un Fablab
Fonte: Censimento Make
in Italy, 2014
L’avviazione di un Fablab è una volta su due frutto di un gruppo
eterogeneo di soggetti privati piuttosto che di una pianificazione
di enti o istituzioni.
Situazione analoga nel reperire risorse per l’apertura, nel 60% dei
casi si tratta di autofinanziamento o autotassazione dei soci.
38
Figura 26: Dimensioni in
mq dei laboratori.
Fonte: Censimento Make
in Italy, 2014
La superficie media fra tutti i Fablab è di 154 mq,dove le dimen-
sioni più frequenti sono 60 mq, 100 mq, 150 mq, 200 mq.
La superficie consigliata dalla Fab Fondation è di 140 mq.
Figura 27: Tipologia sede
dei laboratori.
Fonte: Censimento Make
in Italy, 2014
Si nota una interessante prevalenza degli immobili industriali e
dei capannoni dovuta a diversi fattori:
	 - la disponibilità di tali immobili a basso costo per via
della crisi industriale.
	 - l’opportunità di unire fabbricazione digitale con attività
produttive.
	 - la funzionalità di ambienti ampi e talvolta anche par-
zialmente attrezzati.
39
La seconda tipologia più frequente, ovvero negozi o bottega, si
riferisce ai laboratori situati nei centri urbani, con superfici più
ridotte.
Un altro dato interessante è notare come ci siano più laboratori
all’interno dei musei rispetto a quanti ve ne siano all’interno di
università.
Emerge da questi dati un aspetto in controtendenza rispetto a
quanto accade generalmente all’estero, ossia in Italia il fenomeno
Fablab è legato all’artigianato e alla piccola industria piuttosto
che all’educazione e alla ricerca.
Figura 28:Titolo d’uso
della sede dei laboratori.
Fonte: Censimento Make
in Italy, 2014
Da questi dati risulta evidente una maggioranza di laboratori che
dispone di sedi a titolo gratuito.
Questo dato dimostra come la presenza dei Fablab o makerspace
benifici di un’attenzione particolare da parte di soggetti, soprat-
tutto istituzionali,che riconoscono il valore pubblico di un labo-
ratorio condiviso e contribuiscono abbattendo il costo principale
che è quello legato alla sede.
40
Figura 29: Tipologia sede
dei laboratori.
Fonte: Censimento Make
in Italy, 2014
Per quanto riguardo questo dato, non ci sono sorprese, com’era
prevedibile troviaWmo una naturale propensione di questi spa-
zi ad essere associata a studi di progettazione o prototipazione
vista l’utilità di un laboratorio tecnico associato a queste attività.
Una larga maggioranza assoluta dei laboratori dichiara di essere
aperta liberamente al pubblico, ma questa quota si divide quasi
esattamente a metà tra chi offre l’accesso gratuito e chi invece
richiede il pagamento di una tariffa di accesso o abbonamento.
Figura 30: Modalità di
accesso ai laboratori.
Fonte: Censimento Make
in Italy, 2014
41
3.3 Alcuni dati su cui riflettere
VS21% 64%
Popolazione italiana con
accesso alla banda larga
Media Europea
5% Percentuale delle piccole e medie
imprese che vendo online
paesi europei in uso del capitale umano,
integrazione delle tecnologie digitali,
digitalizzazione dei servizi pubblic,
ricerca e sviluppo.
25° su 28
606
Fablab nel mondo a
febbraio 2016
1095
Fablab nel mondo a
marzo 2017
42
3.4 Fablab Torino
Il Fablab di Torino è il primo Lab italiano, è stato fondato nel
2011. La realtà torinese è una delle più collaudate in Italia ed
è in grado di offrire seminari e workshop ad una vasta gamma
di utenti che spaziano dai ragazzi delle scuole medie inferiori
agli studenti del politecnico di Torino e al pubblico in genere.
L’accesso agli spazi del Lab è garantito al pubblico dalle 16.00
alle 20.00 dal martedì al venerdì ed è presente un mentore per
seguire i neofiti e chiunque abbia bisogno di assistenza.I costi per
poter accedere per un anno agli spazi del Lab sono assolutamente
abbordabili e vanno dai 35 euro per gli studenti agli 85 euro per
la categoria pro. I seminari, quando non sono gratuiti, hanno un
costo differente in base al tema trattato, rimanendo anch’essi in
soglie di prezzo più che accettabili.I soci del Lab fra l’altro hanno
la possibilità di accumulare dei crediti svolgendo diverse attività
utili al Lab stesso. Ogni credito equivale ad un euro e al raggiun-
gimento dei valori necessari permette di volta in volta di accedere
ai vari workshop o di avere accesso agli spazi del Lab.
ChaiseLounge è una seduta di facile costruzione pro-
gettata da Pietro Leoni. Risultato di un unico foglio
di compensato tagliato con una macchina a taglio la-
ser, successivamente assemblato con delle fascette in
plastica, rappresenta una proposta interessante di seduta DIY.
Nel2012, ilprogettohavintoilconcorsoAutoprogettazione2.0ed
è stato esibito al Palazzo Clerici durante la Milano Design Week.
PROGETTO		 ChaiseLounge
Figura 31: ChaiseLounge,
Pietro Leoni, Officine
Arduino, Torino
Fonte: http://pietroleoni.
com/#chaiselounge
43
Figura 32: Skiddi, Sergio
Pedolazzi, Fablab Milano
Fonte: http://www.fablab-
milano.it/portfolio-item/
skiddi-il-primo-por-
tasci-tascabile-crea-
to-da-un-maker-italiano/
3.5 Fablab Milano
Francesco Colorini, Massimo Temporelli e Giovanni Gennari
sono gli uomini che hanno creato il primo Fab Lab di Milano,
capitale italiana della moda e del design. La sede del Lab è pro-
prio davanti alla Scuola del Design del Politecnico di Milano e
fin da subito ha riscosso il successo e l’interessamento del pub-
blico. Il motto di Fablab Milano è fare le idee e questo attraverso
condivisione, alfabetizzazione alla digital production, prototipa-
zione ed incubazione. Attraverso l’utilizzo degli strumenti della
digital fabrication è possibile prototipare rapidamente, testare e
migliorare il proprio prodotto ma, allo stesso tempo, è possibile
presentare ai partner industriali del fablab, i prototipi trovando
un assist competente per la creazione di un impresa. L’accesso
agli spazi è concesso a prezzi modici e diviso secondo categorie
con tariffe orarie per l’utilizzo dei macchinari a più alto tasso di
consumo energetico e costo di manutenzione. Il porsi come hub
per l’innovazione apre però a nuove possibilità di guadagno per
rendere la struttura più solida e permettere anche maggiori inve-
stimenti all’interno dei laboratori per l’acquisto di più macchinari
e materiali e quindi per un’esperienza ancora migliore da parte
degli utenti.
PROGETTO		 Skiddi
Skiddi è un piccolo trolley per sci, realizzato in plastica rici-
clata dall’ ingegnere Sergio Pedolazzi. Il progetto viene pro-
totipato all’interno del Fablab e supportato dall’incubatore
D-Dinamic sempre all’interno della stessa struttura, permet-
tendo in pochi mesi, di lanciare il prodotto sulla piattaforma
Kickstarter dove raggiunge in sole 72 ore la cifra di 10.000 $.
44
CAPITOLO 4:
PROSPETTIVE
FUTURE
“..these experiments are the avan-
guard of a new science and a new era of
post-digital literacy in which we will be
as familiar with digital fabrication as
we are today with information proces-
sing.” 					
				 Peter Troxler
45
4.1 Fablab Innovation Ecology
di Peter Troxler
Fablab Innovation Ecology rappresenta, secondo la definizio-
ne di Petere Troxler, il business model ideale per un laboratorio
di fabbricazione digitale che voglia rispettare i principi del Fab
Charter mantenendo una gestione ibrida dell’innovazione e del
bilancio economico. Nel 2010, in qualità di ricercatore presso l’u-
niversità di Rotterdam, avvia una ricerca di una analisi sul campo
di dieci Fablab in attività (tre statunitensi, due colombiani, due
spagnoli, uno islandese, due olandesi ed uno norvegese). L’obbie-
tivo di questo lavoro è definire gli schemi di hybrid innovation
ecology dove comprendere le dinamiche dei Fablab all’interno
del panorama della Peer Production.Protagonisti di questo feno-
meno, come per il censimento di Make in Italy, sono gli spazi di
progettazione condivisa in senso esteso, comprendendo oltre ai
Fablab, i Makerspace e gli Hackerspace. É interessante constata-
re come emerga una continuità dai bit agli atomi, il processo di
condivisione, dimostratosi vincente per lo sviluppo dei softwa-
re, si sta rivelando un approccio innovativo ed efficace anche nel
mondo analogico. I Fablab inclusi nello studio offrono in pri-
mo luogo infrastrutture per gli studenti, e sono piuttosto passivi
nel tentativo di captare altri utenti. I fondi per la loro creazione
e finanziamento provengono dal governo o da imprese private.
Si nota subito una differenza fra i Fablab che agiscono sostan-
zialmente come facilitatori nei processi di produzione e quelli
che svolgono il più ampio e complesso ruolo di supporto all’in-
novazione. Questa differenza mette subito in evidenza due pro-
poste di valore che scaturiscono dai Lab: mettere a disposizione
strumenti per la produzione da un lato e supportare il processo di
innovazione dall’altro. I laboratori che sono in grado di svolge-
re questo ruolo di supporto per l’innovazione sono anche quelli
che hanno la capacità di sfruttare meglio il network globale dei
Fablab e che all’interno delle proprie fila vedono una partecipa-
zione trasversale di studenti, imprenditori e makers in genere.
Entrambi i modelli, quello a supporto dell’innovazione e quello
che propone strumenti e spazi per la produzione, possono essere
visti sotto la lente della peer-production. Nel primo modello è
ricompreso anche il ruolo svolto dal secondo, ma non viceversa.
46
La natura ibrida dei Fablab si nota nell’agire in una dimen-
sione private-collective, da una parte l’intraprendenza del
singolo, dall’altra il supporto della comunità attraverso gli
strumenti a sua disposizione, la quale supporta chi agisce all’in-
terno di un’ sistema in grado di standardizzare le procedure di
un network diffuso globalmente in più di duecento laboratori.
La sostenibilità dell’attuale modello di business private-collective
è consentita dai fondi investiti in queste realtà da soggetti esterni.
Probabilmente la chiave per consentire la sostenibilità economi-
ca di questi spazi sarà offrire servizi complementari a pagamen-
to, proprio come avviene nei business model dell’open software.
Naturalmente la funzione centrale in qualsiasi approccio ai Fab
Lab sarà produrre oggetti, mentre nel modello del Fablab stru-
mentale la proposta di valore complementare potrebbe riguardare
un aggiunta di valore in termini di processi di produzione più
efficaci ed efficienti, nel modello di Lab a supporto dell’innova-
zione i servizi complementari possono essere ricavati da un mix
di ingredienti determinati dagli strumenti e dalle competenze del
network che possono essere implementate in ogni specifico caso.
Una sezione di questa ricerca si focalizza sulle risposte alle intervi-
ste ai responsabili dei diversi Fablab durante il Fab X di Amster-
dam del 2010, dove si delinea un quadro incoraggiante sul fun-
zionamento dei Fablab, in cui i valori della Fab Charter sono ben
chiari e soprattutto apprezzati dai partecipanti di questo network.
Da un lato i principi della peer-production sono alla base di ogni
Fablab, dall’altro lato i fondi necessari alla sostenibilità econo-
mica dei Lab ed il modello ibrido private-collective, in cui inve-
stimenti privati si interfacciano con risultati e innovazioni non
brevettabili e a disposizione della comunità, può provocare una
serie di difficoltà nella gestione economico finanziaria dei centri.
Un’altro passaggio molto interessante della ricerca di Troxler ana-
lizza alcuni progetti nati dai Fablab che mostrano come concreta-
mente operi il modello ibrido dei Lab.Nel dettaglio vengono stu-
diati alcuni progetti scelti per la loro documentabilità e che vanno
a coprire differenti aspetti dell’innovazione, come il progetto
WalkingRobotdiEdwinDertien, descritto nellapaginaseguente.
47
Walking robot è un progetto di Edwin Dertien, realizzato all’in-
terno del Fablab di Utrecht. Si tratta di un semplice ed economi-
co robot capace di muoversi grazie ad un piccolo servo motore. Il
progetto fin da subito è molto apprezzato dallo staff del Lab che
preme affinché Dertien descriva il progetto nel sito del Lab stesso.
Dopo appena due giorni dalla messa on-line della descrizione,vie-
ne contattato da un produttore di robot da assemblare che si dice
interessato al progetto realizzato nel Lab. Dopo poco più di una
settimana da quando Dertien mette il progetto on-line comincia
già a guadagnare denaro con il suo prodotto. La condivisione del
progetto via Web porta in questo caso ad una sorta di commercia-
lizzazione, nella quale l’inventore non avrebbe mai potuto imma-
ginare di riuscire ad ottenere un risultato economico dal suo agire.
Esso è un esempio perfetto di applicazione di un modello di
business ibrido private-collective all’interno di una peerpro-
duction. Il prodotto viene sviluppato attraverso un investimen-
to privato all’interno di un’ ecosistema aperto di conoscenza e
successivamente messo a disposizione della community come
un prodotto open-source. Alla fine di questo percorso un im-
prenditore capisce di poter produrre dei ricavi grazie a questo
oggetto e comincia a venderlo creando un indotto economico.
PROGETTO		 Walking Robot
Figura 33: Walking Robot,
Fablab Utrecht
Fonte: http://retrointerfa-
cing.edwindertien.nl/ar-
duino/flatpack-walker-wi-
th-sensor/
48
4.2 Fablab and Museum di Irene Posch
Irene Posch è una ricercatrice e un’artista attiva nel campo delle
nuovetecnologie,dell’arteedellaformazioneconunbackgroundin
ComputerScienceandMediaacquisitofraViennaeLondra.Perla
mia analisi mi riferisco ai suoi studi effettuati presso il dipartimen-
to di ricerca dell’Ars Electronica Center (AEC) di Linz, Austria.
La prospettiva qui considerata è quella di un Fablab
come un luogo per l’innovazione artistica e didattica.
Il museo della tecnica o di arte moderna al cui interno viene cre-
ato un Fablab è un luogo dove i visitatori possono toccare con
mano lo stato dell’arte delle tecnologie che magari hanno per-
messo di realizzare proprio ciò che stanno osservando. Il visi-
tatore diventa creatore, e come nel caso del Fablab di Chicago,
realizza oggetti che diventeranno parte del museo stesso. Il visi-
tatore andrà al museo per osservare,ma anche per imparare a fare,
insomma esso è un luogo che diventerà un’importante piattafor-
ma educativa in cui le persone potranno cimentarsi nel learning
by doing, by absorbing e by interacting with others. Ciò rende
l’esperienza dell’utente completa e allo stesso tempo garantisce
un certo grado di autonomia finanziaria al Fablab che potrebbe
appoggiarsi e collaborare con il museo andando a lavorare su più
fronti e quindi raggiungendo più facilmente anche la sostenibilità
economica. Questi spazi possono essere pensati specificamente
per un pubblico di bambini e ragazzi o anche per gli adulti e
a seconda dei casi, verrebbero predisposte attività differenti. La
prima cosa che si punta ad ottenere in un luogo del genere è
la libertà creativa dei partecipanti. Le infrastrutture devono per-
ciò permettere un’esperienza significativa che non sia impedita
da un’eccessiva facilità ne da una standardizzazione forzata delle
attività. Il personale dei Lab dovrà necessariamente seguire passo
passo gli utenti nello svolgimento delle attività, pre impostando
delle linee guida al solo fine orientativo,e per il restante dialogare
attivamente per tradurre le idee in oggetti, colmando le lacune
tecniche degli utenti e facendoli restare sempre protagonisti attivi
di quanto succede. Desktop intuitivi per il design e strumenti di
input come gli scanner 3D devono essere componenti imman-
cabili in luoghi del genere. Importante è poi la valorizzazione
dei risultati del lavoro degli utenti, spazi espositivi dove possono
essere mostrati questi oggetti sono di fondamentale importanza
per rendere coscienti i visitatori di quello che altre persone come
loro hanno realizzato e di quello che anch’essi potrebbero fare.
49
Larghe fette di pubblico che sarebbe rimasto altrimenti lontano
dalle tecnologie della digital production possono venire diretta-
mente a conoscenza della sua potenzialità attraverso la visita ad
un museo. A tal riguardo sarebbero molto interessanti dei Fablab
mobili che in maniera itinerante andassero a completare l’offer-
ta di musei con esposizioni attinenti alla tematica dei Lab. Le
opere realizzate negli altri musei del mondo dagli utenti stessi
potrebbero essere messe a confronto e divise fra tematiche o per
argomenti sviluppati, proponendo ad esempio di creare degli og-
getti secondo vari quesiti indirizzanti. Un museo di questo tipo
è quello che sorge all’Ars Electronica Center di Linz. Credo che
anche in Italia possa esserci spazio per strutture di questo genere
all’interno dei musei, magari con una dimensione itinerante o
come appendice dei Fablab geograficamente più prossimi ai mu-
sei stessi. Potrebbe essere un’iniziativa per raccogliere appassio-
nati e curiosi e far nascere nuove vocazioni al mondo del making,
nonché per creare un particolare modello di Business per i Fablab.
Figura 34: Museum of
Science and Industry,
Fablab Chicago
Fonte: http://blog.wolfje-
schonnek.de/?p=10
50
CONCLUSIONI
51
Quello che emerge da questa ricerca, in relazione alle diverse
esperienze laboratoriali di fabbricazione digitale, è una nuova
realtà sociale che opera in maniera trasversale a livello socio-e-
conomico.
In questi contesti, si può passare da una progettazione avanzata
per l’industria a semplici progetti di hobbistica, da realtà sociali
semi-anarchiche come gli Hackerspace, dove condividere spazi e
logistica rimanendo soli con il proprio lavoro davanti al pc fino a
realtà comunitarie come i Fablab dove il concetto di condivisione
travalica la mera progettazione per diventare un concetto etico
comune, una rete prima di tutto fatta di persone.
Questo fenomeno ha avuto uno sviluppo definibile in tre fasi:
- Una prima fase di incubazione che ha visto la realizzazione de-
gli Hackerspace, Makerspace e dei primi Fablab, che potremmo
racchiudere nel decennio che va dal 1998 al 2008.
- Una seconda fase di consolidamento di questa rete e delle sue
prime esperienze pratiche nel periodo che va dal 2009 al 2013.
- Una terza fase che va dal 2014 al presente, in cui questo feno-
meno ha avuto un esplosione a livello mediatico ed una crescente
diffusione su tutto il pianeta, allargando il proprio bacino d’in-
luenza ad un pubblico molto più eterogeneo.
Proprio questo crescente interesse, da una parte sta muovendo
sempre più le istituzioni a favorire, attraverso finanziamenti e
collaborazioni,questi processi laboratoriali; dall’altra,queste stes-
se realtà si stanno emancipando attraverso l’attuazioni di modelli
di business più evoluti, che rendano sostenibili questi spazi su
una dinamica di medio e lungo termine.
Concludo riprendendo una riflessione di Massimo Menichinelli
fatta nel suo ultimo libro “Fablab e Maker” in cui riassume egre-
giamente questo scenario:
“I Fablab, e in generale il mondo dei Maker, operano in un contesto
di tecnologia avanzata resa finalmente accessibile,di progettazione
collaborativa e democratizzata, di manifattura rivoluzionata e ri-
organizzata da una ricerca continua e aperta, e hanno quindi tutte
le carte in regola per espandere tale democratizzazione all’intera
sfera sociale e produttiva; tanto più nel nostro paese, tradizional-
mente vocato alla manifattura, che a livello internazionale sta ora
diventando sotto questo aspetto un vero e proprio caso di studio.”
52
BIBLIOGRAFIA
53
http://cba.mit.edu/
http://www.fabfoundation.org/
http://fab.cba.mit.edu/about/charter/
https://www.fablabs.io/map
https://www.fablabs.io/labs
http://www.makeinitaly.foundation/fablab-makerspace-hackerspace-techshop-limportanza-delle-definizioni/
http://makezine.com/2013/05/22/the-difference-between-hackerspaces-makerspaces-techshops-and-fablabs/
Fab Lab e Maker, 2016, M. Menichinelli, Quodilibet
Makers The New Industrial Revolution, 2012, C. Anderson, RH Busines Books
Censimento dei laboratori di fabbricazione digitale in Italia, 2014, M. Menichinelli, A. Ranellucci.
Maker’s Inquiry, 2015, Massimo Bianchini,Massimo Menichinelli, Stefano Maffei, Francesco Bombardi,
Libraccio Editore.
Common-based Peer-Production of Physical Goods is there room for a Hbrid Innovation Ecology? P.Trox-
ler, 2013.
How to make almost anything,The digital revolution, 2002, Neil Gershenfeld.
The Fab Lab Network: a global platform for digital invention, education and entrepreneuship, Global Solu-
tion Network, 2014.
Making Futures, Plymouth College of Art 2013.
Aa. Vv., Fab Lab: sfida finale all’industria italiana, , in “Wired”, n. 59,Febbraio 2014, pp.
56

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FabLab future trends

  • 1. FABLAB FUTURE TRENDS Verso nuove ibridazioni imprenditoriali
  • 2.
  • 3. 3 Docente: Lucia Pietroni Studente: Manuel Scortichini Magistrale di Design Computazionale Corso di Design per l’innnovazione Ascoli Piceno, 07-03-2017
  • 5. 5 ABSTRACT 6 INTRODUZIONE 8 Spazi di progettazione condivisa dal Hackerspace ai Fablab CAPITOLO 1: BREVE STORIA DEI FABLAB 12 1.1 Center for Bits and Atoms, MIT 1.2 Fab Foundation 1.2.1 Fab Charter 1.2.3 Fab Academy 1.2.4 Mobile Fablab CAPITOLO 2: UN PROGETTO GLOBALE 20 2.1. Fablab dal micro al mega 2.2 Fablab strutture organizzative 2.3 Fablab nel Mondo 2.3.1 Fablab MIT Norway 2.3.2 Soshanguve, Fablab di Pretoria 2.4 Fablab in Europa 2.4.1 Fablab Barcellona 2.4.2 Fablab Asmerfoort 2.4.3 Fablab Manchester CAPITOLO 3: IL CONTESTO ITALIANO 30 3.1 Stato dell’arte 3.2 Il fenomeno italiano in dati 3.3 Alcuni dati su cui riflettere 3.4 Fablab Torino 3.5 Fablab Milano CAPITOLO 4: PROSPETTIVE FUTURE 44 4.1 Fablab Innovation Ecology di Peter Troxler 4.2 Fablab and Museum di Irene Posch CONCLUSIONI 50 Scenari futuri nel mondo della progettazione condivisa BIBLIOGRAFIA 52
  • 7. 7 Il processo di progettazione ha risentito di una svolta paradigmatica, da un processo spesso individualistico o di un ristretto gruppo di persone, ci si sta muoven- do verso un percorso di progettazione partecipativo continuo. Questo fenomeno necessita di un ripensa- mento degli spazi analogi quanto di quelli digitali. In questa ricerca si cerca di delineare una breve storia di queste sperimentazioni, dalle diverse peculiarità che le distinguono agli attori che le hanno rese possibili. In ultimo, diverse teorie e realtà innovative, cercheranno di offrire un quadro di riferimento, nella comprensio- ne dei futuri sviluppi nel mondo design partecipato.
  • 8. 8 INTRODUZIONE “Technology is just a tool. In terms of getting the kids working together and motivating them, the teacher is the most important. “ Bill Gates
  • 9. 9 Spazi di progettazione condivisa dal Hackerspace ai Fablab La crisi economica ha cambiato i paradigmi del mondo del la- voro, portando alla luce sfide insidiose da affrontare con l’ausilio di conoscenze, mezzi e strategie nuove. Per superare le difficoltà, una delle scelte che sembra ora premiare i lavoratori è quella di creare sinergie, condividendo un’idea e collaborando per metterla in pratica. Il primo passo verso questo cambiamento arriva dalla cultura degli hacker,con la creazione degli Hackerspace,luoghi di incontro/confronto figli di una tradizione culturale e tecnologica relativamente antica, molto legati all’informatica, alla telematica, all’open source e al digitale. Con il tempo gli hackerspace hanno fatto proprie anche le tecnologie per la manifattura digitale e si sono avvicinati agli oggetti fisici; tuttavia le attività hardware di un hackerspace sono storicamente legate al riciclo di vecchi com- puter,apparecchi elettronici o alla realizzazione di circuiti elettro- nici; è infatti proprio l’elettronica il principale driver comune con il movimento dei fabber. Quello dei maker è un movimento più giovane che ha appunto coniato la parola Makerspace proprio per indicare uno spazio che fosse più orientato alla creazione di oggetti (make) piuttosto che alla loro modifica (hack) e, soprattutto, che accogliesse tecnologie non necessariamente elettroniche o infor- matiche: il Makerspace è un’officina condivisa, dotata di spazi di lavoro, attrezzature, macchine digitali e non. È l’ambiente dove si svolgono corsi per adulti e bambini, e spesso si trova anche all’in- terno di scuole perché costituisce il laboratorio per eccellenza. Figura 1: Mapping of Fabbing World, Peter Troxler, 2010, Rotterdam Fonte: Commons-based Peer-Production of Physi- cal Goods Is there Room for a Hybrid Innovation Ecology?
  • 10. 10 La categoria dei TechShop non è molto diffusa in Italia, si trat- ta di laboratori che offrono servizi di prototipazione per con- to degli utenti: sono quindi vere e proprie imprese, organizzate spesso in franchising come appunto i TechShop americani, at- trezzate con macchinari di alto livello e staff in grado di seguire gli utenti nella realizzazione dei propri progetti. Questa catena viene fondata nel 2006 da Jim Newton e Ridge McGee, in so- stanza si tratta di makerplace che basano il loro business sull’of- ferta di spazi, macchinari e corsi di formazione, in cambio di un abbonamento alle loro strutture. Luoghi di manifattura digitale che hanno avuto un discreto successo e si sono dimostrati utilis- simi per le piccole medie imprese ed i free lancer. DODOcase è una delle aziende nate proprio fra le mura di uno di questi Techshop che ha avuto un largo successo commerciale. Questi spazi condividono le tecnologie di cui abbiamo parlato finora, ma decadono i concetti di condivisione, community e ricerca. Figura 2: Schema di intersezione fra le diverse realtà di progettazione condivisa, Alessandro Ranellucci, 2015 Fonte: http://www. makeinitaly.founda- tion/fablab-makerspa- ce-hackerspace-tech- shop-limportanza-del- le-definizioni
  • 11. 11 Arriviamo quindi ai Fablab, ovvero una categoria speciale di Makerspace: questi ultimi condividono tutti gli aspetti, dallo spazio alle attività fino alle attrezzature, ma hanno in più alcu- ne caratteristiche immateriali. Si differenziano sotto il punto di vista dei valori fondanti, che si riflette nella loro origine acca- demica: nei Fablab si privilegiano le tecnologie digitali a sfavo- re delle tecniche artigianali manuali, con l’obiettivo di cercare la corrispondenza biunivoca tra bit e atomi, ovvero tra rappresen- tazione digitale e fabbricazione di un oggetto complesso. Nei Makerspace, che sono singoli laboratori slegati tra loro, spesso c’è un organizzazione sotto forma di impresa a carattere com- merciale.I Fablab rappresentano piuttosto una rete che condivide un set di strumenti e processi, che si impegna ad essere aper- ta al pubblico gratuitamente almeno per parte della settimana e che crede nel valore di una didattica aperta, rivolta a chiunque dimostri interesse nell’apprendere le meraviglie della scienza. Figura 3: President Oba- ma visita un TechShop, Pittsburgh,2014 Fonte: http:// www.ostraway.cz/ post/105276673709/ techshop-maker-move- ment-in-practice-ha- ve-you
  • 12. 12 CAPITOLO 1: BREVE STORIA DEI FABLAB “If anyone can make anything, anywhere. It fundamentally changes the meaning of business.” Neil Gershenfeld
  • 13. 13 1.1 Center for Bits and Atoms, MIT Nel 2001, grazie al contributo della National Science Founda- tion, nasce a Boston il Center for Bits and Atoms, un progetto interdisciplinare che coniuga scienza teorica e fisica all’interno di un unico dipartimento del MIT. L’obbiettivo del CBA, sin- teticamente, è studiare tecniche (e formularne nuove) per tra- sformare i dati in cose, e le cose in dati. In questo contesto, tra i più influenti a livello mondiale nell’ambito della scienza ap- plicata nasce, per volontà di Neil Gershenfeld, il primo Fablab. Questo spazio, dotato delle migliori attrezzature da laboratorio sul mercato, rappresenta uno spazio di studio interdisciplinare dove, tutti gli studenti del MIT hanno la possibilità di accedere ai corsi organizzati da questo dipartimento. La diffusione delle ricerche del CBA è svolta in maniera attiva da una rete globale di ricercatori e, negli ultimi anni, da un sempre più dinamico ecosi- stema di Fablab che consentono un ampio accesso agli strumenti di fabbricazione personale e digitale anche al di fuori del CBA. E’ stato costituito anche un ufficio per comunicare con i prin- cipali media in maniera efficiente. Un atteggiamento di aper- tura che sottolinea la convinzione che il progresso tecnologico si alimenta grazie alla condivisione e alla diffusione delle idee. In questo contesto culturale, nel 2002, il direttore del CBA, Neil Gershenfeld avvia un corso dal nome “How to Make al- most Anything”che,successivamente alla positiva risposta dei suoi studenti, sarà la base teorica di riferimento per la costi- tuzione del primo Fablab, il cui nome può essere interpretato comeFabricationLaboratoriesoancheFabulousLaboratories. Con un investimento di cinquantamila dollari in macchinari, che include solitamente un laser cutter,una stampante 3D,e una fresa CNC,e ventimila dollari di materiali da utilizzare per la produzio- ne,essocominciaadoperareaserviziodellacomunità.Ilcapostipi- te dei Fab Lab nasce al South End Technology Center,nel centro dellacittàdiBoston,eilteamchecontribuisceallasuarealizzazione è guidato da Sherry Lassiter,oggi direttore della Fab Foundation. Il progetto che all’epoca prevedeva l’apertura del Fablab di Bo- ston all’interno del SETC, si è subito ampliato per la richiesta della comunità Ghanese di avere un proprio Fablab. Così col supporto del NSF e l’aiuto di un team locale nasce un Fablab anche nella città di Sekondi-Takorandi, lungo la costa del Ghana. Da allora i Fablab si sono diffusi in tutto il mondo.
  • 14. 14 Figura 4: Neil Gershen- feld discute con un dottorando in uno dei laboratori del Center for Bits and Atoms al MIT, USA Fonte: https://www.pri. org/stories/2016-08-25/ indias-kerala-embra- ces-fab-labs-and-inter- net-things-future Figura 5: Il sito web di Fab Foundation. Fonte: http://www. fabfoundation.org/
  • 15. 15 1.2 Fab Foundation A seguito di un crescente interesse e diffusione su scala globale del fenomeno Fablab, nel 2009 al fine di semplificare ed incenti- vare la crescita del network di FabLab nasce la Fab Foundation. Associazione non profit collegata al MIT con la missione di facilitare l’accesso a strumenti, alla conoscenza e ai finan- ziamenti necessari al fine di educare, innovare ed inventare attraverso l’utilizzo della tecnologia e la fabbricazione di- gitale, per consentire pressochè a chiunque di fare qualsi- asi cosa e di migliorare le condizioni di vita delle persone. I tre focus della Fab Foundation sono: - i programmi educativi (.edu), - i servizi organizzativi della fondazione (.org), - il programma per lo sviluppo di business attraverso i servizi del Fab Lab (.org). In particolare viene evidenziato ciò che Fab Fondation sup- porta: la creazione di nuovi Fablab, la formazione per i fabbers nel mondo, lo sviluppo di network e fondazioni locali, i pro- getti internazionali. Le persone che costituiscono il consiglio amministrativo della Fab Foundation sono Sherry Laissiter, direttore e tesoriere, Neil Gershenfeld, presidente della fon- dazione, Stuart Gannes, Simone Amber e Chris Wilkinson. Il cuore della Fab Foundation è il suo network costituito da una comunità aperta e creativa di makers, artisti, scienziati, ingegneri, insegnanti, studenti, hobbisti e professionisti che fianco a fianco lavorano in più di 40 paesi in circa 250 Fab Lab. Gershenfeld prevede che proprio da questo network possa nasce- re la prossima generazione di quelli che qui in Italia chiamiamo artigiani. Artigiani digitali che sfruttando il network dei FabLab diffusi globalmente possono così diffondere i propri prodotti e farli conoscere attraverso un canale privilegiato,in cui si premiano le eccellenze, in un contesto di innovazione leggera. Sono esem- pi di imprese nate grazie alla digital fabrication Ponoko, leader fra i makerplace, MakerBot, Ultimaker, Remake Electric, Snap etc..
  • 16. 16 1.2.1 Fab Charter Ogni Fablab che vuole entrare nella rete globale della Fab Fon- dation deve rispettare le linee guida di un documento chiave: la Fab Charter. Figura 6: Schema concet- tuale attori Fablab. Fonte: http://www. cursosenairio.com.br/ link-inside-senai-fablab- rj-brazil,37.html
  • 17. 17 Rappresentando un movimento diffuso globalmente, questo in- sieme di linee guida spesso non può essere verificato e le leggi dei vari paesi differenziano gli oneri e i diritti di tali associazio- ni. Nonostante ciò in un’epoca in cui il potere delle reti sociali per mezzo del web può influenzare moltissimo le persone, dif- fondere globalmente i valori che dovrebbero essere alla base di ogni Fablab permette alla comunità in cui è inserito quest’ulti- mo di giudicarne l’operato e di denunciare eventuali mancanze. Che cosa è un Fablab? I Fablab sono una rete globale di laboratori locali che facilitano lo sviluppo di invenzioni dando accesso a strumenti di fabbrica- zione digitale. Che cosa c’è in un Fablab? I Fablab condividono un inventario in continua evoluzione di ca- pacità base per fare (praticamente) qualunque cosa, permettendo la condivisione alle persone ed ai progetti. Che cosa fornisce la rete dei Fablab? Assistenza operativa, educativa, tecnica, finanziaria e logistica ol- tre a tutto ciò che è disponibile in un singolo laboratorio. Chi può usare un Fablab? I Fablab sono disponibili come risorsa comunitaria offrendo sia accesso libero ai singoli individui sia accesso programmato per specifiche iniziative. Quali sono le tue responsabilità? 1_sicurezza: non fare del male alle altre persone e non danneg- giare le macchine 2_operazioni: aiutare nella pulizia, mantenimento e sviluppo del laboratorio 3_conoscenza: contribuire alla documentazione ed alle istruzioni A chi appartengono le invenzioni sviluppate nei Fablab? I progetti e i processi sviluppati nei Fablab possono essere protet- ti e venduti come l’inventore preferisce, ma dovrebbero rimanere disponibili per l’utilizzo e l’apprendimento delle altre persone Come possono fare le aziende ad usufruire dei Fablab? Le attività commerciali possono essere prototipate e incubate in un Fablab,ma non devono entrare in conflitto con gli altri utilizzi e attività,dovrebbero crescere oltre al Fablab piuttosto che dentro al Fablab e ci si aspetta che portino benefici agli inventori, ai la- boratori ed alle reti che contribuiscono al loro successo.
  • 18. 18 1.2.2 Fab Education Fab Education è un istituzione che, in collaborazione con TIES (un istituto americano per l’eccellenza, collegato al pro- getto didattico STEM) lavora per implementare l’insegna- mento delle discipline di digital fabrication all’interno del percorso scolastico delle scuole superiori. Fab Foundation e TIES attraverso Fab Education, cercano dunque di dare una risposta al sempre maggior bisogno di strutture per l’innova- zione, stimolando il learning by doing all’interno delle scuole di tutto il mondo. La collaborazione è cominciata con l’inau- gurazione di MC2 STEM High School a Cleveland, Ohio. Fab Education svolge il ruolo di facilitatore aiutando le scuole a strutturare dei curriculum adeguati e ad investire le loro risorse in modo corretto nell’allestimento di spazi per la digital fabrication. Figura 7: Stanford’s “Ma- kers in Residence” Fab Lab, Stanford University, USA Fonte: http://news. stanford.edu/pr/2013/ pr-stem-education-te- ens-030413.html
  • 19. 19 1.2.3 Fablab Mobile Il progetto Fablab Mobile nasce nel agosto 2007 al Center for Bits and Atoms al MIT, si tratta di un vero e proprio laboratorio mobile fornito delle strumentazioni di base di un generico Fablab. L’ideale portato avanti da Fablab Mobile è quello di svilluppare una piattaforma mobile utile per workshop didattici nelle scuole o per presentare il progetto Fablab all’interno di grandi eventi. Figura 8: Mobile Fablab, Carnegie Science Center, USA Fonte: http://www. carnegiesciencecenter.org/ programs/fablab-mobile/
  • 20. 20 CAPITOLO 2: FABLAB UN PROGETTO GLOBALE “The great opportunity in the New Maker Movement is the ability to be both small and global. Both artisanal and innovative. Both High-tech and low cost. Starting small but getting big.” Chris Anderson
  • 21. 21 2.1 Fablab dal micro al mega Nella realtà della progettazione condivisa, la strumentazioen di base di un laboratorio è una questione di continuo dibattito. Per quanto riguarda gli Hackerspace e Maerspace, esistono piat- taforme di indirizzo e confronto ma, vi è molta variabilità nella dotazione Hardware da un laboratorio ad un altro. Discorso diverso per i Fablab dove la dotazione è molto più stan- dardizzata e frutto di un processo di confronto collaborativo av- viato da anni fra i diversi fabbers. Questa omologazione non equivale ad un sistema rigido o re- strittivo ma, bensì a delle linee guida consigliate dalla comunità, frutto di anni di ricerca e sperimentazione che, oltretutto, be- neficia di un supporto e compatibilità con altre realtà limitrofe, restituendo un grandissimo valore aggiunto. Le dimensione economica consigliata dal fondatore Neil Ger- shenfeld è da tempo stabile attorno ai 100.000 $, tuttavia nel corso del tempo sono emerse proposte alternative volte a demo- cratizzare il processo, permettendo anche a realtà con budget li- mitati di trovare delle linee guide adeguate al budget. Esperienze come quella di Asmerfoort (di cui parleremo più avanti) sono state uno spunto provocatorio di riflessione, attual- mente la classificazione dei Fablab è definita in una scala di 10. Direttore Manager Intern - Definisce le linee guida strategiche del FabLab. - Gestione e raccolta fondi - Rapporti con i partner - Gestione giornaliera del lab. - Accoglie e informa il pubblico. - Disponibile per progetti di supporto. - Riparazione e manutenzione macchinari. - Organizza e gestisce i worshop o corsi di formazione. - Aiuta il manager nei compiti quotidiani. - Accoglie e informa il pubblico. - Organizza e gestisce worshop in base alle competenze. Figura 9: Fablab Team, FabLab Overview, Fa- bienne Eychenne, 2012 Fonte: FabLab Overview
  • 22. 22 MICRO FABLAB 1k Laboratorio 5 m² Budget 5.000 € Personale 1 persona MINI FABLAB 10k Laboratorio 25 m² Budget 50.000 € Personale 1 persona STANDARD FABLAB 100k Laboratorio 75-200 m² Budget 80.000-200.000 € Personale 2-3 persone MEGA FABLAB 1000k Laboratorio >300 m² Budget 200.000-.....€ Personale 5-15 persone Figura 10: Fablab Dimensioni, Massimo Menichienelli, 2015 Fonte: Fab Lab e MaKer
  • 23. 23 Macchina a taglio laser - Taglio di una vasta selezione di ma- teriali come PMMA, legno, compen- sato, stoffa, pelle, carta, ecc.... - Bruciatura Figura 11: Fablab Strumentazioni, FabLab Overview, Fabienne Eychenne, 2012 5.000-30.000 € Macchine a controllo numerico - Taglio o rimozione parti da una vasta selezione di materiali come PMMA, legno, compensato, stoffa, pelle, carta, ecc.... - Creazione stampi. - Fresatura di circuti stampati 3.000-5.000 € Stampa 3D - Creazioni modelli tridimensionali stampati per estrusione a caldo - Creazione stampi. - Prototipazione rapida. 2.000-50.000 € Cutter digitale - Creazioni modelli tridimensionali stampati per estrusione a caldo - Creazione stampi. - Prototipazione rapida. 1.500-3.000 € Fablab Amsterdam Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Fablab Manchester Fablab Iceland Fablab LCCC (Usa) Figura 12: Fablab Orari, FabLab Overview, Fa- bienne Eychenne, 2012 Fonte: FabLab Overview worshop /classes/ presenta- tions openLab su appunta- mento openLab openLab Chiuso su appuntamento openLab noleggio macchinari Chiuso openLab openLab openLab su appuntamento su appunta- mento openLab openLab Chiuso openLab openLab openLab openLab openLabWorkshop
  • 24. 24 2.2 Fablab strutture e organizzazioni L’organizzazione e la struttura di un Fablab giocano un ruolo de- cisivo nel definire la successiva offerta e l’impatto generale del laboratorio, l’orientamento organizzativo influenza la gestione economica, il target a cui il lab si rivolge, le spesa per gli utenti e moltissime altre questioni. Ad oggi è possibile suddividire i Fablab in tre macro categorie: -Fablab supportati da scuole o università (come ad esempio Stanford e Barcellona). Sono principalmente frequentati da stu- denti e sono coinvolti in un limitato numero di progetti esterni (13% Barcellona). L’organizazione regolare dei workshop (due al mese a Barcellona) non è particolarmente spinta. La spesa per l’utilizzo delle strumentazioni da parte dei studenti è contenuta (6€ l’ora per le macchine a taglio laser a Barcellona). Il laborato- rio è largamente finanziato dall’università, la parte restante dei finanziamenti arrivano da alcuni sponsor privati e punti ristoro interni. Il numero di utenti esterni che utilizzano le macchine è contenuto. -Fablab privati che si rivolgono a piccole attività, startups o libe- ri professionisti. Per acquisire il diritto a chiamarsi MIT Fablab devono obbligatoriamente avere un giorno settimanale di “Open Lab”. Gli altri giorni sono riservati ad utilizzo dei macchinari per prototizzazione per terzi, per noleggio attrezzatura o workshop professionali.Riescono a convogliare dei sussidi statali o sovrana- zionali in fase di avvio ma su un medio e lungo termine arrivano all’indipendenza economica. -Fablab supportati dal governo, organizzazioni R&D o autori- tà locali, si rivolgono ad un supporto rivolto al grande pubblico. Il maggior obbiettivo di questi lab è didattico, gli stessi corsi e worshop sono pensati per rivolgersi ad un pubblico vasto e tra- sversale. I fondi pubblici permettono molti giorni di “Openlab”, solitamente sono due o tre per settimana, mentre negli altri gior- ni si lavora a prototipazione rapida per singoli utenti esterni.
  • 25. 25 2.3 Fablab nel Mondo A marzo del 2017, il sito di FabLab.io/labs ci restituisce ben 1.093 Fablab in tutto il mondo, una presenza su tutti i conti- nenti ad eccezione dell’Antartide. In questa parte della ricerca andrò ad analizzare due casi studio provenienti da latitudini e contesti profondamente differenti per dimostrare la capacità di adattamento e la flessibilità di questo progetto, caratteristiche che hanno sicuramente agevolato la forte diffusione planetaria. Figura 13: Mappa dei FabLab nel Mondo. Fonte: www.fablabs.io/
  • 26. 26 2.3.1 Fablab MIT Norway Si tratta del primo Fablab collegato al MIT, nato grazie all’im- pegno di Haakon Karlsen, ingegnere, allevatore ed agricoltore. Questo laboratorio è situato a Lyngseidet,in una zona rurale della Norvegia, nelle strette vicinanze di un magnifico fiordo. Questo spazio rappresenta prima di tutto un importante spazio sociale per la comunità oltre che un laboratorio di fabbricazione digitale. Siamo all’inizio del 2000, la comunità locale avan- za la richiesta all Dott. Karlsen di trovare una soluzio- ne per aiutare la comunità locale di allevatori colpi- ta da una grave moria di pecore a seguito di diverse malattie. In collaborazione con altri allevatori, l’ingegnere Kaarlsen ha inventato un dispositivo elettronico in grado di misurare la temperatura delle femmine di pecora ed inviare in tempo rea- le un messaggio di notifica agli allevatori, così da poter avviare la fecondazione nel momento ideale. Successivamente in colla- borazione con MIT, hanno implementato il dispositivo attra- verso un sensore GPS in grado di geolocalizzare il pascolo al fine di evitare attacchi da lupi o limitare il pericolo valanghe. PROGETTO Elettronic Shepard Figura 14: Fablab MIT Norway schema relazio- nale, 2014 Fonte: http://pe- erproduction.net/ issues/issue-5-sha- red-machine-shops/ peer-reviewed-articles/ the-story-of-mit-fablab- norway-community- embedding-of-peer-pro- duction/
  • 27. 27 2.3.2 Soshanguve, Fablab di Pretoria, Sud Africa Il progetto Fablab si espande precocemente in Sud Africa con il supporto del Department of Science and Technology già nel 2005 e vengono gestiti dal Council for Scientific and Industrial Research. Questa organizzazione ha permesso di creare fin da subito un network locale all’interno del network globale dei Fablab. Ogni Fablab in Sud Africa nasce e viene affiancato da una cosiddetta host institution che provvede alla gestione delle risorse umane, alla gestione manageriale, al marketing e ad ogni altra necessità. I Fablab in questo caso,come in molti altri,nascono come costola di istituzioni solide e in grado di sostenerli anche finanziariamen- te. Questo sembra il modello sempre più ricorrente, in uno stadio di evoluzione in cui le attività dei Fablab non sembrano essere ancora in grado di garantirne la propria sostenibilità economica. I progetti FabKids e Fab Teachers, nati nel 2006 dal progetto Young Engineers and Scientists of Africa (YESA) rappresentano un importante caso d’innovazione sociale. FabKids con la parte- cipazione del Fablab di Soshanguve è un programma che mette in contatto studenti e personale docente con un’ampia esposizione al mondo reale della scienza, tecnologia, ingegneria, matemati- ca e innovazione. Lo scopo è di creare un ambiente educativo in cui domini il learning by doing e il learning by interacting with others. Inoltre questo progetto funge da laboratorio per capire come strutturare nuovi corsi in altri Fablab sud africani. PROGETTO FabKids Figura 15: Fab Kids di Soshanguve, Pretoria Fonte: https://vimeo. com/82052034
  • 28. 28 2.4 Fablab in Europa Al contrario di quello che si potrebbe pensare, non sono gli Stati Uniti il luogo in cui sono presenti più Fablab, bensì l’Eu- ropa, che ne conta più di cento cinquanta. In Italia ce ne sono più di trenta, in Francia quaranta, i Paesi Bassi ne hanno una ventina, dieci nel Regno Unito, quattordici in Spagna, quindi- ci in Germania e gli altri sono sparsi fra pressoché tutti i pa- esi dell’Europa. Anche la Russia ha alcuni Fablab nel suo ter- ritorio. Insomma sembra che il desiderio di superare la crisi della manifattura, che ha colpito in maniera molto forte i pa- esi europei, abbia fatto accogliere con assoluto entusiasmo una proposta che vede il fare come focus delle sue attività. Figura 16: Mappa dei FabLab nel Mondo, Fonte: www.fablabs.io/ map
  • 29. 29 2.4.1 Fablab Barcellona La città di Barcellona ospita il più importante Fablab del vecchio continente, ha ospitato il FabX nel luglio 2014 e si è impegnata a rivoluzionare la propria gestione del territorio proponendosi come prima metropoli orientata ad un futuro sostenibile. In que- sto vivace contesto culturale nasce nel 2008 il Fablab con sede allo IAAC, l’istituto per l’architettura della Catalogna, ed è parte del network dei Fablab.Esso sviluppa tre differenti programmi: il Fab Kids,il Fab Pro e la Fab Academy.L’ambizione di questo Fablab è molto alta,il progetto del direttore Tomas Diez è quello di rende- re Barcellona la prima Fab City del mondo. L’obbiettivo è di cre- are una rete interconnessa di Fablab distribuiti nei vari quartieri della città, al fine di stimolare l’imprenditorialità e l’interesse per l’innovazione,attitudini da sempre presenti nel cuore dei catalani. PROGETTO Fablab Pro Figura 17: Fablab IAAC, Barcellona, 2015 Fonte: http://www. iaacblog.com/2011/06/27/ fab-lab-sant-joan/ Il Fablab Pro è un programma educativo, e allo stes- so tempo un servizio di produzione per professionisti, im- prenditori, curiosi e appassionati. Esso attraverso l’uti- lizzo di macchinari dell’ultima generazione permette la produzione di oggetti su commissione e allo stesso tempo or- ganizza corsi di formazione per neofiti e personale più esperto.
  • 30. 30 Figura 18: TweakShow, Spullenmannen, Fablab Asmerfoort Fonte: http://www.spul- lenmannen.nl/en/knopje- smuseum 2.4.2 Fablab Amersfoort La comunità fondante del Fablab di Asmerfoort lavora, ora- mai da più di trent’anni, con il nome “De War” a diversi pro- getti a cavallo tra arte, scienza e sostenibità. Questa realtà so- ciale nel 2009, in seguito all’incontro con un resposabile del network dei Fablab olandesi, realizza di essere in linea con gli ideali della comunità dei Fablab senza saperlo. Decidono così di aderire al progetto lanciando una sfida: realizzare un labo- ratorio in sette giorni, in quattro persone con soli 5.000€. L’e- sperienza conferisce al Fablab, un interessamento da parte della comunità internazionale dei makers. Nel 2010, apre uffi- cilamente le porte il Fablab di Amersfoort, un laboratorio ef- fervescente molto impegnato in ambito artistico, nella didat- tica rivolta ai ragazzi e nello sviluppo di progetti peer to peer. Harmen Zijp e Diana Wildschut, sono due dei resposabi- li del Fablab e artisti della compagnia Spullenmannen, lavo- rano da anni al tema della sostenibilità cercando di rende- re, accessibili ad un grande pubblico, dati sui cambiamenti climatici. Da questa volontà nasce il progetto TweakShow, una serie di istallazioni interattive che cercano di tradurre in maniera ludica e facilmente intuitiva, complessi fenomeni scientifici e sociali. Il progetto è stato presentato al Dutch Fe- stival del 2007 per poi essere esposto in diversi musei europei. PROGETTO TweakShow
  • 31. 31 2.4.3 Fablab Manchester Manchester è la città simbolo della prima e della seconda rivolu- zione industriale in Inghilterra, ma, da oltre settant’anni sta vi- vendo un inesorabile declino dello stesso settore manifatturiero che l’ha rese celebre e florida in passato. Dalle ceneri di questo glorioso passato, nel 2010, proprio all’interno di un’ex fabbrica, nasce il primo Fablab del Regno Unito.L’edificio in cui è colloca- to è stato offerto ad un’associazione senza scopo di lucro che of- fre programmi formativi e di consulenza per aiutare a sviluppare l’eccellenza nelle aziende manifatturiere. Il palazzo oggi si chia- ma Chips ed è un’icona del quartiere di New Istington. Questo centro di digital manufacturing ha avuto fin da subito un grande successo in città, ed è organizzato in modo di permettere sia a singoli utenti, che a imprenditori, free lancer e studenti di acce- dere alle sue strutture. Il venerdì e il sabato è consentito il libero accesso a chiunque. Nifty MiniDrive è una memoria esterna semipermanente pen- sata appositamente per le necessità di un possessore di MacBo- ok. Questo dispositivo è stato pensato, progettato e realizzato da Piers Ridyard, un avvocato tirocinante di Manchester, che ne ha testato la fattibilità all’interno delle strutture del Fablab prima di iniziare la fase di produzione.Il progetto di questo giovane inven- tore è stato lanciato su Kickstarter ed ha ottenuto ben 384.000 dollari di donazioni per una produzione iniziale di 13.000 pez- zi, rappresentando la raccolta fondi di Kickstarter più di succes- so degli UK e l’undicesima più finanziata al mondo nel 2014. PROGETTO Nifty MiniDrive Figura 19: Nifty Mini Dri- ve, Piers Ridyard, Fablab Manchester Fonte: https://www. gadgetdaily.xyz/nifty-mi- nidrive-review/
  • 32. 32 CAPITOLO 3: IL CONTESTO ITALIANO “Gli Hardware diventeranno pezzi di una cultura che ognuno sarà in grado di poter costruire, come una canzone o una poesia.” Massimo Banzi
  • 33. 33 3.1 Stato dell’arte e scenari futuri LacrescitadelmovimentomakerinItalia,haavutounleggeroritardo rispetto ad altri paesi europei,allo stesso tempo,si è rivelata molto veloce,alpuntodacollocarel’ItaliacomesecondanazioneinEuropa per numero di Fablab secondo i dati del portale ufficiale fablab.io. Il mondo dei maker italiano è trasversale, composto da appas- sionati, divulgatori, docenti, ricercatori, imprenditori e am- ministratori pubblici che veicolano queste novità tecnolo- gico-sociali a molti settori della vita economica e culturale, con l’auspicio di rilanciare l’occupazione e il progresso sociale. Eventi come il World Wide Rome e Maker Fai- re Rome hanno contribuito alla diffusione del fenome- no tra il grande pubblico ma, a mio avviso, in maniera maggioritaria, ha inciso un tessuto industriale italiano, preva- lentemente composto da piccola e media imprenditoria nata con il motto del Do It Yourself quando il motto ancora non esisteva. In un contesto come questo, dei spazi di progettazione parteci- pata dove, curare una didattica volta alla formazione dei giova- ni artigiani, risultano vincenti ed accolti con spiccato interesse. La trasformazione dai bit in atomi attraverso la digital ma- nifacturing permette, a prezzi accessibili, lavorazioni prece- dentemente riservate alle grandi aziende, la flessibilità nel- la produzione e personalizzazione in comparti come quello dell’orificieriaodelmobilio,nonhannomairaggiuntounlivel- lo di accessibilità, come quello attuale, in riferimento ai costi. In un articolo1 il Prof. Stefano Miceli, avvia una riflessio- ne su queste tematiche, sottolineando in particolare, la ne- cessità di ripensare i modelli organizzativi delle impre- se alla luce di questo nuovo panorama tecnologico e sociale. Le aziende nel corso degli ultimi anni, hanno sapu- to cogliere le potenzialità offerte dalla rete in termi- ni di marketing ma, al tempo stesso l’autore osserva che “le nuove tecnologie hanno investito in un model- lo produttivo e gestionale ancora profondamen- te radicato sui presupposti della fabbrica tradizionale”. 1 “La manifattura al tempo dei bit” di Stefano Miceli, Il Sole 24 Ore del 15/04/2014
  • 34. 34 Guardando al futuro, il Professor Miceli prefigura la crescita di due possibili scenari: -La grande automazione, dove grandi imprese su spin- ta di grandi investitori, rinnovano il parco macchine del- le loro aziende con strumentazioni ad altissima flessi- bilità produttiva, alcuni esempi ci arrivano oltre oceano dagli avveniristici stabilimenti californiani di Tesla ed Amazon. -La rinascita del piccolo, una nuova classe di produtto- ri organizzati in piccolee medie imprese, una manifattura caratterizzata da competenze tecnologiche e capacità con- solidate nella culture e nei territori di appartenenza. Il ruo- lo didattico dei Fablab appare quindi molto importante nel contribuire alla formazione di artigiani hi-tech che sappia- no interacciarsi con le tecnologia della digital manifacturing. Quest’ultimo scenario rappresenterebbe un nuovo momen- to per il Made in Italy che, attraverso un investimento capil- lare in luoghi di progettazione partecipata, riesce ad innovarsi superando le difficoltà riscontrate negli ultimi anni. Un esem- pio che ha reso celebre nuovamente il Made in Italy negli ulti- mi anni è Arduino, un oggetto diventato icona del movimento dei maker, esempio lampante di come si possa tuttora produr- re in Italia per esportare (ed essere copiati) in tutto il mondo. Figura 20: Corso di Oreficeria Digitale, Design for Craft e 3DItaly Pescara, Treia (MC) 29- 30/01/2017 Fonte: http://www. macerata.confartigianato. it/2017/01/27/corso-orefi- ceria-digitale/
  • 35. 35 3.2 Il fenomeno italiano in dati Nel tracciare un osservazione su scala naziona- le doverosa una premessa metodologica, attraverso il ter- mine Fablab si definisce, volendo essere rigorosi, un la- boratorio che rispetti queste quattro condizioni di base: - Accesso al pubblico almeno in parte. - Sottoscrizione ed esposizione del Fab Charter. - Disponibilità di strumenti e processi condivisi con la rete dei Fablab. -Partecipazione alla rete dei Fablab. Detto questo va constatato che,nel linguaggio generico,il termine Fablab viene spesso associato a diverse forme di Laboratori di fab- bricazione digitale,più propriamente note nel mondo anglosasso- ne come Makerspaces.Nel investigare sull’entità del fenomeno in Italia ci si atterrà quindi ad una definizione più generica del termi- ne Fablab. Il primo dato che andrò ad illustrare, riguarda proprio l’autodefinizione di ciascun laboratorio, dove possiamo notare una una maggioranza di Fablab, probabilmente dovuta al succes- so mediatico di alcune manifestazioni come accennato poc’anzi. Figura 21: Autodefini- zione dei laboratori di progettazione in Italia Fonte: Censimento Make in Italy, 2014
  • 36. 36 Figura 22: Diffusione su scala nazionale per città Fonte: Censimento Make in Italy, 2014 Una distribuzione eterogenea dei laboratori di fabbricazione di- gitale in Italia, dove il Nord e Centro Italia risultano molto più popolati. Il fenomeno dei maker in Italia sta crescendo in numeri ed inte- resse ma, ci troviamo ancora nella fase iniziale di questo percorso evolutivo. Figura 23: Grado di svi- luppo dei laboratori Fonte: Censimento Make in Italy, 2014
  • 37. 37 Figura 24: Soggetti pro- motori dell’apertura di un Fablab Fonte: Censimento Make in Italy, 2014 Figura 25: Finanziatori in fase di avvio di un Fablab Fonte: Censimento Make in Italy, 2014 L’avviazione di un Fablab è una volta su due frutto di un gruppo eterogeneo di soggetti privati piuttosto che di una pianificazione di enti o istituzioni. Situazione analoga nel reperire risorse per l’apertura, nel 60% dei casi si tratta di autofinanziamento o autotassazione dei soci.
  • 38. 38 Figura 26: Dimensioni in mq dei laboratori. Fonte: Censimento Make in Italy, 2014 La superficie media fra tutti i Fablab è di 154 mq,dove le dimen- sioni più frequenti sono 60 mq, 100 mq, 150 mq, 200 mq. La superficie consigliata dalla Fab Fondation è di 140 mq. Figura 27: Tipologia sede dei laboratori. Fonte: Censimento Make in Italy, 2014 Si nota una interessante prevalenza degli immobili industriali e dei capannoni dovuta a diversi fattori: - la disponibilità di tali immobili a basso costo per via della crisi industriale. - l’opportunità di unire fabbricazione digitale con attività produttive. - la funzionalità di ambienti ampi e talvolta anche par- zialmente attrezzati.
  • 39. 39 La seconda tipologia più frequente, ovvero negozi o bottega, si riferisce ai laboratori situati nei centri urbani, con superfici più ridotte. Un altro dato interessante è notare come ci siano più laboratori all’interno dei musei rispetto a quanti ve ne siano all’interno di università. Emerge da questi dati un aspetto in controtendenza rispetto a quanto accade generalmente all’estero, ossia in Italia il fenomeno Fablab è legato all’artigianato e alla piccola industria piuttosto che all’educazione e alla ricerca. Figura 28:Titolo d’uso della sede dei laboratori. Fonte: Censimento Make in Italy, 2014 Da questi dati risulta evidente una maggioranza di laboratori che dispone di sedi a titolo gratuito. Questo dato dimostra come la presenza dei Fablab o makerspace benifici di un’attenzione particolare da parte di soggetti, soprat- tutto istituzionali,che riconoscono il valore pubblico di un labo- ratorio condiviso e contribuiscono abbattendo il costo principale che è quello legato alla sede.
  • 40. 40 Figura 29: Tipologia sede dei laboratori. Fonte: Censimento Make in Italy, 2014 Per quanto riguardo questo dato, non ci sono sorprese, com’era prevedibile troviaWmo una naturale propensione di questi spa- zi ad essere associata a studi di progettazione o prototipazione vista l’utilità di un laboratorio tecnico associato a queste attività. Una larga maggioranza assoluta dei laboratori dichiara di essere aperta liberamente al pubblico, ma questa quota si divide quasi esattamente a metà tra chi offre l’accesso gratuito e chi invece richiede il pagamento di una tariffa di accesso o abbonamento. Figura 30: Modalità di accesso ai laboratori. Fonte: Censimento Make in Italy, 2014
  • 41. 41 3.3 Alcuni dati su cui riflettere VS21% 64% Popolazione italiana con accesso alla banda larga Media Europea 5% Percentuale delle piccole e medie imprese che vendo online paesi europei in uso del capitale umano, integrazione delle tecnologie digitali, digitalizzazione dei servizi pubblic, ricerca e sviluppo. 25° su 28 606 Fablab nel mondo a febbraio 2016 1095 Fablab nel mondo a marzo 2017
  • 42. 42 3.4 Fablab Torino Il Fablab di Torino è il primo Lab italiano, è stato fondato nel 2011. La realtà torinese è una delle più collaudate in Italia ed è in grado di offrire seminari e workshop ad una vasta gamma di utenti che spaziano dai ragazzi delle scuole medie inferiori agli studenti del politecnico di Torino e al pubblico in genere. L’accesso agli spazi del Lab è garantito al pubblico dalle 16.00 alle 20.00 dal martedì al venerdì ed è presente un mentore per seguire i neofiti e chiunque abbia bisogno di assistenza.I costi per poter accedere per un anno agli spazi del Lab sono assolutamente abbordabili e vanno dai 35 euro per gli studenti agli 85 euro per la categoria pro. I seminari, quando non sono gratuiti, hanno un costo differente in base al tema trattato, rimanendo anch’essi in soglie di prezzo più che accettabili.I soci del Lab fra l’altro hanno la possibilità di accumulare dei crediti svolgendo diverse attività utili al Lab stesso. Ogni credito equivale ad un euro e al raggiun- gimento dei valori necessari permette di volta in volta di accedere ai vari workshop o di avere accesso agli spazi del Lab. ChaiseLounge è una seduta di facile costruzione pro- gettata da Pietro Leoni. Risultato di un unico foglio di compensato tagliato con una macchina a taglio la- ser, successivamente assemblato con delle fascette in plastica, rappresenta una proposta interessante di seduta DIY. Nel2012, ilprogettohavintoilconcorsoAutoprogettazione2.0ed è stato esibito al Palazzo Clerici durante la Milano Design Week. PROGETTO ChaiseLounge Figura 31: ChaiseLounge, Pietro Leoni, Officine Arduino, Torino Fonte: http://pietroleoni. com/#chaiselounge
  • 43. 43 Figura 32: Skiddi, Sergio Pedolazzi, Fablab Milano Fonte: http://www.fablab- milano.it/portfolio-item/ skiddi-il-primo-por- tasci-tascabile-crea- to-da-un-maker-italiano/ 3.5 Fablab Milano Francesco Colorini, Massimo Temporelli e Giovanni Gennari sono gli uomini che hanno creato il primo Fab Lab di Milano, capitale italiana della moda e del design. La sede del Lab è pro- prio davanti alla Scuola del Design del Politecnico di Milano e fin da subito ha riscosso il successo e l’interessamento del pub- blico. Il motto di Fablab Milano è fare le idee e questo attraverso condivisione, alfabetizzazione alla digital production, prototipa- zione ed incubazione. Attraverso l’utilizzo degli strumenti della digital fabrication è possibile prototipare rapidamente, testare e migliorare il proprio prodotto ma, allo stesso tempo, è possibile presentare ai partner industriali del fablab, i prototipi trovando un assist competente per la creazione di un impresa. L’accesso agli spazi è concesso a prezzi modici e diviso secondo categorie con tariffe orarie per l’utilizzo dei macchinari a più alto tasso di consumo energetico e costo di manutenzione. Il porsi come hub per l’innovazione apre però a nuove possibilità di guadagno per rendere la struttura più solida e permettere anche maggiori inve- stimenti all’interno dei laboratori per l’acquisto di più macchinari e materiali e quindi per un’esperienza ancora migliore da parte degli utenti. PROGETTO Skiddi Skiddi è un piccolo trolley per sci, realizzato in plastica rici- clata dall’ ingegnere Sergio Pedolazzi. Il progetto viene pro- totipato all’interno del Fablab e supportato dall’incubatore D-Dinamic sempre all’interno della stessa struttura, permet- tendo in pochi mesi, di lanciare il prodotto sulla piattaforma Kickstarter dove raggiunge in sole 72 ore la cifra di 10.000 $.
  • 44. 44 CAPITOLO 4: PROSPETTIVE FUTURE “..these experiments are the avan- guard of a new science and a new era of post-digital literacy in which we will be as familiar with digital fabrication as we are today with information proces- sing.” Peter Troxler
  • 45. 45 4.1 Fablab Innovation Ecology di Peter Troxler Fablab Innovation Ecology rappresenta, secondo la definizio- ne di Petere Troxler, il business model ideale per un laboratorio di fabbricazione digitale che voglia rispettare i principi del Fab Charter mantenendo una gestione ibrida dell’innovazione e del bilancio economico. Nel 2010, in qualità di ricercatore presso l’u- niversità di Rotterdam, avvia una ricerca di una analisi sul campo di dieci Fablab in attività (tre statunitensi, due colombiani, due spagnoli, uno islandese, due olandesi ed uno norvegese). L’obbie- tivo di questo lavoro è definire gli schemi di hybrid innovation ecology dove comprendere le dinamiche dei Fablab all’interno del panorama della Peer Production.Protagonisti di questo feno- meno, come per il censimento di Make in Italy, sono gli spazi di progettazione condivisa in senso esteso, comprendendo oltre ai Fablab, i Makerspace e gli Hackerspace. É interessante constata- re come emerga una continuità dai bit agli atomi, il processo di condivisione, dimostratosi vincente per lo sviluppo dei softwa- re, si sta rivelando un approccio innovativo ed efficace anche nel mondo analogico. I Fablab inclusi nello studio offrono in pri- mo luogo infrastrutture per gli studenti, e sono piuttosto passivi nel tentativo di captare altri utenti. I fondi per la loro creazione e finanziamento provengono dal governo o da imprese private. Si nota subito una differenza fra i Fablab che agiscono sostan- zialmente come facilitatori nei processi di produzione e quelli che svolgono il più ampio e complesso ruolo di supporto all’in- novazione. Questa differenza mette subito in evidenza due pro- poste di valore che scaturiscono dai Lab: mettere a disposizione strumenti per la produzione da un lato e supportare il processo di innovazione dall’altro. I laboratori che sono in grado di svolge- re questo ruolo di supporto per l’innovazione sono anche quelli che hanno la capacità di sfruttare meglio il network globale dei Fablab e che all’interno delle proprie fila vedono una partecipa- zione trasversale di studenti, imprenditori e makers in genere. Entrambi i modelli, quello a supporto dell’innovazione e quello che propone strumenti e spazi per la produzione, possono essere visti sotto la lente della peer-production. Nel primo modello è ricompreso anche il ruolo svolto dal secondo, ma non viceversa.
  • 46. 46 La natura ibrida dei Fablab si nota nell’agire in una dimen- sione private-collective, da una parte l’intraprendenza del singolo, dall’altra il supporto della comunità attraverso gli strumenti a sua disposizione, la quale supporta chi agisce all’in- terno di un’ sistema in grado di standardizzare le procedure di un network diffuso globalmente in più di duecento laboratori. La sostenibilità dell’attuale modello di business private-collective è consentita dai fondi investiti in queste realtà da soggetti esterni. Probabilmente la chiave per consentire la sostenibilità economi- ca di questi spazi sarà offrire servizi complementari a pagamen- to, proprio come avviene nei business model dell’open software. Naturalmente la funzione centrale in qualsiasi approccio ai Fab Lab sarà produrre oggetti, mentre nel modello del Fablab stru- mentale la proposta di valore complementare potrebbe riguardare un aggiunta di valore in termini di processi di produzione più efficaci ed efficienti, nel modello di Lab a supporto dell’innova- zione i servizi complementari possono essere ricavati da un mix di ingredienti determinati dagli strumenti e dalle competenze del network che possono essere implementate in ogni specifico caso. Una sezione di questa ricerca si focalizza sulle risposte alle intervi- ste ai responsabili dei diversi Fablab durante il Fab X di Amster- dam del 2010, dove si delinea un quadro incoraggiante sul fun- zionamento dei Fablab, in cui i valori della Fab Charter sono ben chiari e soprattutto apprezzati dai partecipanti di questo network. Da un lato i principi della peer-production sono alla base di ogni Fablab, dall’altro lato i fondi necessari alla sostenibilità econo- mica dei Lab ed il modello ibrido private-collective, in cui inve- stimenti privati si interfacciano con risultati e innovazioni non brevettabili e a disposizione della comunità, può provocare una serie di difficoltà nella gestione economico finanziaria dei centri. Un’altro passaggio molto interessante della ricerca di Troxler ana- lizza alcuni progetti nati dai Fablab che mostrano come concreta- mente operi il modello ibrido dei Lab.Nel dettaglio vengono stu- diati alcuni progetti scelti per la loro documentabilità e che vanno a coprire differenti aspetti dell’innovazione, come il progetto WalkingRobotdiEdwinDertien, descritto nellapaginaseguente.
  • 47. 47 Walking robot è un progetto di Edwin Dertien, realizzato all’in- terno del Fablab di Utrecht. Si tratta di un semplice ed economi- co robot capace di muoversi grazie ad un piccolo servo motore. Il progetto fin da subito è molto apprezzato dallo staff del Lab che preme affinché Dertien descriva il progetto nel sito del Lab stesso. Dopo appena due giorni dalla messa on-line della descrizione,vie- ne contattato da un produttore di robot da assemblare che si dice interessato al progetto realizzato nel Lab. Dopo poco più di una settimana da quando Dertien mette il progetto on-line comincia già a guadagnare denaro con il suo prodotto. La condivisione del progetto via Web porta in questo caso ad una sorta di commercia- lizzazione, nella quale l’inventore non avrebbe mai potuto imma- ginare di riuscire ad ottenere un risultato economico dal suo agire. Esso è un esempio perfetto di applicazione di un modello di business ibrido private-collective all’interno di una peerpro- duction. Il prodotto viene sviluppato attraverso un investimen- to privato all’interno di un’ ecosistema aperto di conoscenza e successivamente messo a disposizione della community come un prodotto open-source. Alla fine di questo percorso un im- prenditore capisce di poter produrre dei ricavi grazie a questo oggetto e comincia a venderlo creando un indotto economico. PROGETTO Walking Robot Figura 33: Walking Robot, Fablab Utrecht Fonte: http://retrointerfa- cing.edwindertien.nl/ar- duino/flatpack-walker-wi- th-sensor/
  • 48. 48 4.2 Fablab and Museum di Irene Posch Irene Posch è una ricercatrice e un’artista attiva nel campo delle nuovetecnologie,dell’arteedellaformazioneconunbackgroundin ComputerScienceandMediaacquisitofraViennaeLondra.Perla mia analisi mi riferisco ai suoi studi effettuati presso il dipartimen- to di ricerca dell’Ars Electronica Center (AEC) di Linz, Austria. La prospettiva qui considerata è quella di un Fablab come un luogo per l’innovazione artistica e didattica. Il museo della tecnica o di arte moderna al cui interno viene cre- ato un Fablab è un luogo dove i visitatori possono toccare con mano lo stato dell’arte delle tecnologie che magari hanno per- messo di realizzare proprio ciò che stanno osservando. Il visi- tatore diventa creatore, e come nel caso del Fablab di Chicago, realizza oggetti che diventeranno parte del museo stesso. Il visi- tatore andrà al museo per osservare,ma anche per imparare a fare, insomma esso è un luogo che diventerà un’importante piattafor- ma educativa in cui le persone potranno cimentarsi nel learning by doing, by absorbing e by interacting with others. Ciò rende l’esperienza dell’utente completa e allo stesso tempo garantisce un certo grado di autonomia finanziaria al Fablab che potrebbe appoggiarsi e collaborare con il museo andando a lavorare su più fronti e quindi raggiungendo più facilmente anche la sostenibilità economica. Questi spazi possono essere pensati specificamente per un pubblico di bambini e ragazzi o anche per gli adulti e a seconda dei casi, verrebbero predisposte attività differenti. La prima cosa che si punta ad ottenere in un luogo del genere è la libertà creativa dei partecipanti. Le infrastrutture devono per- ciò permettere un’esperienza significativa che non sia impedita da un’eccessiva facilità ne da una standardizzazione forzata delle attività. Il personale dei Lab dovrà necessariamente seguire passo passo gli utenti nello svolgimento delle attività, pre impostando delle linee guida al solo fine orientativo,e per il restante dialogare attivamente per tradurre le idee in oggetti, colmando le lacune tecniche degli utenti e facendoli restare sempre protagonisti attivi di quanto succede. Desktop intuitivi per il design e strumenti di input come gli scanner 3D devono essere componenti imman- cabili in luoghi del genere. Importante è poi la valorizzazione dei risultati del lavoro degli utenti, spazi espositivi dove possono essere mostrati questi oggetti sono di fondamentale importanza per rendere coscienti i visitatori di quello che altre persone come loro hanno realizzato e di quello che anch’essi potrebbero fare.
  • 49. 49 Larghe fette di pubblico che sarebbe rimasto altrimenti lontano dalle tecnologie della digital production possono venire diretta- mente a conoscenza della sua potenzialità attraverso la visita ad un museo. A tal riguardo sarebbero molto interessanti dei Fablab mobili che in maniera itinerante andassero a completare l’offer- ta di musei con esposizioni attinenti alla tematica dei Lab. Le opere realizzate negli altri musei del mondo dagli utenti stessi potrebbero essere messe a confronto e divise fra tematiche o per argomenti sviluppati, proponendo ad esempio di creare degli og- getti secondo vari quesiti indirizzanti. Un museo di questo tipo è quello che sorge all’Ars Electronica Center di Linz. Credo che anche in Italia possa esserci spazio per strutture di questo genere all’interno dei musei, magari con una dimensione itinerante o come appendice dei Fablab geograficamente più prossimi ai mu- sei stessi. Potrebbe essere un’iniziativa per raccogliere appassio- nati e curiosi e far nascere nuove vocazioni al mondo del making, nonché per creare un particolare modello di Business per i Fablab. Figura 34: Museum of Science and Industry, Fablab Chicago Fonte: http://blog.wolfje- schonnek.de/?p=10
  • 51. 51 Quello che emerge da questa ricerca, in relazione alle diverse esperienze laboratoriali di fabbricazione digitale, è una nuova realtà sociale che opera in maniera trasversale a livello socio-e- conomico. In questi contesti, si può passare da una progettazione avanzata per l’industria a semplici progetti di hobbistica, da realtà sociali semi-anarchiche come gli Hackerspace, dove condividere spazi e logistica rimanendo soli con il proprio lavoro davanti al pc fino a realtà comunitarie come i Fablab dove il concetto di condivisione travalica la mera progettazione per diventare un concetto etico comune, una rete prima di tutto fatta di persone. Questo fenomeno ha avuto uno sviluppo definibile in tre fasi: - Una prima fase di incubazione che ha visto la realizzazione de- gli Hackerspace, Makerspace e dei primi Fablab, che potremmo racchiudere nel decennio che va dal 1998 al 2008. - Una seconda fase di consolidamento di questa rete e delle sue prime esperienze pratiche nel periodo che va dal 2009 al 2013. - Una terza fase che va dal 2014 al presente, in cui questo feno- meno ha avuto un esplosione a livello mediatico ed una crescente diffusione su tutto il pianeta, allargando il proprio bacino d’in- luenza ad un pubblico molto più eterogeneo. Proprio questo crescente interesse, da una parte sta muovendo sempre più le istituzioni a favorire, attraverso finanziamenti e collaborazioni,questi processi laboratoriali; dall’altra,queste stes- se realtà si stanno emancipando attraverso l’attuazioni di modelli di business più evoluti, che rendano sostenibili questi spazi su una dinamica di medio e lungo termine. Concludo riprendendo una riflessione di Massimo Menichinelli fatta nel suo ultimo libro “Fablab e Maker” in cui riassume egre- giamente questo scenario: “I Fablab, e in generale il mondo dei Maker, operano in un contesto di tecnologia avanzata resa finalmente accessibile,di progettazione collaborativa e democratizzata, di manifattura rivoluzionata e ri- organizzata da una ricerca continua e aperta, e hanno quindi tutte le carte in regola per espandere tale democratizzazione all’intera sfera sociale e produttiva; tanto più nel nostro paese, tradizional- mente vocato alla manifattura, che a livello internazionale sta ora diventando sotto questo aspetto un vero e proprio caso di studio.”
  • 53. 53 http://cba.mit.edu/ http://www.fabfoundation.org/ http://fab.cba.mit.edu/about/charter/ https://www.fablabs.io/map https://www.fablabs.io/labs http://www.makeinitaly.foundation/fablab-makerspace-hackerspace-techshop-limportanza-delle-definizioni/ http://makezine.com/2013/05/22/the-difference-between-hackerspaces-makerspaces-techshops-and-fablabs/ Fab Lab e Maker, 2016, M. Menichinelli, Quodilibet Makers The New Industrial Revolution, 2012, C. Anderson, RH Busines Books Censimento dei laboratori di fabbricazione digitale in Italia, 2014, M. Menichinelli, A. Ranellucci. Maker’s Inquiry, 2015, Massimo Bianchini,Massimo Menichinelli, Stefano Maffei, Francesco Bombardi, Libraccio Editore. Common-based Peer-Production of Physical Goods is there room for a Hbrid Innovation Ecology? P.Trox- ler, 2013. How to make almost anything,The digital revolution, 2002, Neil Gershenfeld. The Fab Lab Network: a global platform for digital invention, education and entrepreneuship, Global Solu- tion Network, 2014. Making Futures, Plymouth College of Art 2013. Aa. Vv., Fab Lab: sfida finale all’industria italiana, , in “Wired”, n. 59,Febbraio 2014, pp.
  • 54.
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