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Istituto Europeo del Design - Roma
Corso di comunicazione politica
5 novembre 2015
Le differenze essenziali
tra un detersivo e un politico
e la fantasmagoria del guru.
2
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
chi sono
Mi chiamo Andrea Camorrino
Sono socio, direttore commerciale
e consulente di comunicazione politica
dell’agenzia di comunicazione Proforma (www.proformaweb.it)
@A_iR
andrea.camorrino@proformaweb.it
linkedin.com/in/andreacamorrino
facebook.com/andrea.camorrino
gravatar.com/andreacamorrino
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
premessa
4
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Il linguaggio della politica è costruito
con alcuni stilemi che lo rendono
immediatamente riconoscibile.
Da alcune tracce possiamo
anche subito individuare
se si tratti di un politico
di sinistra o di destra.
5
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Facciamo un esempio, con una frase
retorica classica e secca.
Sarà di destra o di sinistra chi ha detto:
“C’è chi crede che lealtà, amicizia
e solidarietà siano missioni
da compiere ogni giorno” ?
Ecco chi lo ha detto
6
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Per acquistare una autovettura,
la componente più importante
è l’emozione.
Per conquistare un target giovane,
il messaggio del gestore di telefonia
è socialità + sensualità.
7
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
In sostanza, dalla comunicazione non abbiamo informazioni
sul sapore dell’amaro, sulle caratteristiche tecniche della
autovettura, sulla qualità della rete cellulare.
Diamo per acquisito
che mentre accediamo ad un prodotto,
stiamo entrando nel suo universo
valoriale.
Il graffio della Nike non è un paio di scarpe,
la mela della Apple non è un microprocessore,
le ali della Red Bull nulla hanno a che vedere
con il gusto della bevanda.
8
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Possiamo dunque dire – semplicemente da fruitori
(attivi e passivi) di comunicazione – che
tutti i grandi prodotti
non vendono primariamente
sé stessi per quel che sono,
ma per il loro universo valoriale
costruito da squadre di marketing
solitamente eccellenti.
9
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Torniamo alla politica 			 ma anche
Le parti politiche coincidono
con il loro universo valoriale,
che non può essere affidato ad un ufficio marketing.
Nonostante una vulgata alla moda sostenga diversamente,
la politica è cosa altra
da un prodotto commerciale.
La loro comunicazione rispecchia questa differenza radicale,
pur non mancando di perfette analogie.
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
le differenze
11
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
I prodotti commerciali
sono cose concrete che per
vendersi meglio necessitano
di un universo di valori.
La politica ha radici
in un universo di valori,
ma per veicolarli
deve tradurli in cose concrete.
12
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Il comunicatore politico deve:
rendere comprensibile il linguaggio del politico;
tradurre i programmi astratti in azioni chiare;
sollecitare l’utilizzo di esempi pratici
e di riferimenti alle cose della quotidianità.
13
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
I prodotti commerciali
non essenziali rispondono
ad aspettative create
dalla comunicazione.
La politica è una esigenza propria
dell’uomo come animale sociale.
14
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Il comunicatore politico deve:
fare i conti con la pessima condizione
della (immagine della) politica oggi;
provare a veicolare il senso più profondo
della politica in ogni azione di comunicazione;
essere consapevole che nel suo mestiere
vivrà in ambienti colmi di passione pura
e di cinismo freddo, talvolta alternati,
spesso contemporanei.
15
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Gli uffici marketing dei prodotti commerciali
di regola pianificano la comunicazione e
devono badare al loro segmento di mercato.
La politica comunica 24 ore su 24,
365 giorni su 365, ed è soggetta
all’interazione tra i soggetti politici,
nonché a variabili di ogni tipo:
ambientali, sociali, economiche,
locali, internazionali, etc.
16
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Il comunicatore politico deve:
convincere il politico che la sua comunicazione
non può essere presente a fasi alterne;
ottenere un utilizzo corretto dei diversi media
a disposizione, soprattutto in condizioni
di forte sovraesposizione;
riuscire in una gestione coerente,
lineare, genuina dei social network, il media
per eccellenza del racconto permanente.
17
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Alcuni prodotti differiscono
unicamente per il packaging.
Ogni uomo o donna in politica
è diverso dall’altro.
18
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Il comunicatore politico deve:
entrare in sintonia con il politico,
ricordando sempre che il proprio ruolo
è suggerire come dire e mai cosa dire;
esigere uno staff di livello dove i compiti
siano chiari a tutti;
soprattutto nei periodi di forte stress,
essere pronto ad una gestione molto elastica
dei propri tempi, che spesso si venano
di contributi psicologici.
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
analogie
20
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Se un politico è scarso
o commette errori
nessuna comunicazione
potrà mai salvarlo.
Lo stesso vale per un prodotto
commerciale.
21
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Il comunicatore politico deve:
mettere subito in chiaro che
il suo mestiere non è fare miracoli;
esigere in partenza un sondaggio
almeno quantitativo
(meglio se anche qualitativo);
rifiutare commesse pur importanti se,
a fronte di una condizione di partenza pessima,
la richiesta è: “fateci vincere”.
22
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Un buon politico
mal comunicato
diventa un cattivo politico.
Lo stesso vale
per un prodotto commerciale.
23
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Il comunicatore politico deve:
essere conscio del proprio
ruolo di responsabilità;
studiare il contesto ricordando
che ogni situazione differisce dall’altra;
ricordare che la sua figura
è contemporaneamente interna ed esterna,
e non deve mai essere solo esterna
o solo interna per non perdere lucidità.
24
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Come per un prodotto commerciale,
un politico che vuole parlare ad un vasto
pubblico deve conoscere tutte
le regole della comunicazione.
Come per un prodotto commerciale,
un ottimo politico con una ottima
comunicazione moltiplica con
progressione geometrica il proprio
successo.
25
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
È per questo che
il comunicatore politico
è in primo luogo
un comunicatore.
È per questo che – se consapevole delle radicali
differenze tra i due prodotti – deve trattarli
esattamente allo stesso modo.
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
conclusioni
27
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Fino a 20 anni fa, la comunicazione
politica corrispondeva alla migliore
organizzazione dei contenuti
programmatici di un partito,
dove il punto più alto della creatività
era lo slogan su un manifesto.
28
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Oggi il claim, il visual,
il payoff sono l’ultima derivata
di una analisi su una strategia complessiva,
della ricerca della narrazione più efficace,
del posizionamento più coerente, dello studio
dei punti di forza e di debolezza, della diversificazione
degli strumenti e – se possibile – dei target.
29
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Da punti di partenza
agli antipodi nei fondamenti,
le forme del percorso creativo
per i prodotti commerciali
e per la politica diventano le stesse,
nella pratica reale.
30
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Dunque anche gli esiti:
una straordinaria pubblicità
non potrà variare il sapore sbagliato
o la cattiva fattura di un prodotto.
Al picco di vendite dovuto alla comunicazione,
seguirà il declino dovuto alla esperienza
reale del consumatore.
31
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Allo stesso modo, i politici capaci
di permanere sulla scena mediatica
con reali punte di consenso sono sempre
figli della loro qualità, che può essere
aiutata dalla comunicazione
ma non inventata.
32
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
La figura del guru
capace di tirare fuori dal nulla
il candidato di successo
è una invenzione
comoda a quelli che vogliono
dimostrare che i politici
sono tutti uguali
e che basta un po’ di buon marketing
per vincere le elezioni.
33
le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru
Per fortuna della democrazia
e per sfortuna della voglia
di onnipotenza del creativo,
non è così.
12 novembre 2015
Governare la complessità
nella patria degli
analfabeti funzionali.
10 appunti per il comunicatore politico.
2
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
chi sono
Mi chiamo Andrea Camorrino
Sono socio, direttore commerciale
e consulente di comunicazione politica
dell’agenzia di comunicazione Proforma (www.proformaweb.it)
@A_iR
andrea.camorrino@proformaweb.it
linkedin.com/in/andreacamorrino
facebook.com/andrea.camorrino
gravatar.com/andreacamorrino
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
premessa
4
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
5
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
6
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
7
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Nei 3 giorni che vanno dal sei all’otto
novembre 2015 Matteo Salvini,
leader della Lega Nord, pubblica
sulle proprie pagine Facebook
15 contenuti a sfondo xenofobo.
8
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Siamo nel periodo antecedente una importante
manifestazione nazionale per quel partito:
occorre motivare i propri militanti alla
partecipazione.
Ma nessuno si può stupire di testi siffatti:
siamo pienamente entro la narrazione leghista.
9
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
In effetti, le dichiarazioni di Salvini che producono
sincero spaesamento, nell’agenda politica italiana,
sono quelle del 10 settembre 2015.
10
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
11
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Perché succede questo?
Occorre un flashback
in forma di appunti.
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
10 appunti
13
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Fonte: Analfabetismo funzionale (Wikipedia)
14
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Nella comunicazione politica,
la politica è la condizione necessaria
(ma non sufficiente).
appunto 1
15
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Una ottima comunicazione non potrà mai
rendere buona una azione politica vacua,
contraddittoria, debole.
16
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Una cattiva comunicazione può però
deteriorare una buona azione politica.
17
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
La politica è inscindibile
dalla sua comunicazione.
appunto 2
18
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Supporre che un buon contenuto
si racconti da sé è una fesseria.
19
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
La comunicazione politica esiste da sempre,
anche se prima si chiamava stampa e propaganda.
Ma oggi è cambiata e cambia in continuazione.
20
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Nessuna brillante campagna
di comunicazione
può risollevare le sorti
di una prolungata cattiva
(comunicazione) politica precedente.
appunto 3
21
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
“Ora facciamo le cose, poi a fine mandato
le raccontiamo bene”: se va bene si devono
fare le corse per recuperare il tempo perso
contro la narrazione degli altri.
Se va male, non si recupera sull’agenda
fissata nel frattempo dagli altri.
22
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
“Ora facciamo le cose, poi quando la gente vedrà i
risultati non ci sarà nessuna campagna contro che
potrà fregarci”: se va bene si dovrà fare comunque
comunicazione ma in ritardo.
Se va male, la campagna degli altri è già stata:
“il miglioramento non c’entra niente con l’azione
dell’esecutivo”.
23
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Una goccia di comunicazione al giorno scava
la pietra, una cascata negli ultimi 60 la disperde.
24
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
È fondamentale avere un passato
da raccontare, un orizzonte da proporre,
un presente che lo vivifichi.
Il tutto nella coerenza
della biografia che parla.
appunto 4
25
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
L’uomo di potere non si potrà mai rifare
una verginità in modo credibile, il ragazzo
alla prima esperienza è inutile che millanti
esperienza.
Entrambi hanno altri punti di forza
da far valere.
26
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Nessuna notizia domina l’immaginario
per più di una decina di giorni.
Non appena ha perso l’appeal,
viene surclassata da una nuova
più importante per il marketing
delle emozioni.
appunto 5
27
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Il marketing delle emozioni è mosso dai media
tradizionali, dalle discussioni sui social,
dai trending topic: non c’è il grande fratello cattivo,
ma un sistema cui prendiamo parte.
28
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Pochi sopporterebbero 10 giorni
senza una emozione nuova.
29
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Una comunicazione senza ritmo
fa cambiare canale.
30
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
La comunicazione semplifica,
ma la realtà è complessa.
appunto 6
31
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
“Per ogni situazione complessa
c’è una risposta semplice,
ed è sbagliata” (autore incerto)
32
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
La comunicazione irresponsabile
si può consentire di semplificare
tutto. Quella responsabile, sembra
in un cul de sac: se comunica in
modo complesso, sarà sopraffatta
dal linguaggio semplice degli altri;
se comunica ipersemplificando,
estromette la complessità,
che è il terreno del suo cimento.
33
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
La prevalenza della narrazione
ipersemplificata ha reso i racconti
complessi quasi del tutto irricevibili.
34
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Se costruiamo una griglia, dividendo
le suggestioni tra quelle legate
alla semplicità e quelle legate alla
complessità, la sfida della comunicazione
responsabile pare impossibile.
appunto 7
35
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
SEMPLICITÀ COMPLESSITÀ
Caducità Memoria
Velocità Lentezza
New media Old media
Populismo Responsabilità
Opposizione Governo
Pancia Testa
Pars destruens Pars costruens
Evocazione Costruzione
Brevissimo termine Medio e lungo termine
36
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
La società (italiana) della
semplificazione ha prodotto
(ed è il prodotto de) il più alto tasso
di analfabeti funzionali al mondo.
appunto 8
37
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Se il destinatario non capisce,
la domanda sui compiti della
comunicazione cambia.
38
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Se il destinatario non capisce,
la comunicazione deve diventare
ancora più elementare?
39
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Al comunicatore politico
viene chiesto di rendere semplici
gli argomenti complessi.
Ma è arrivato invece il tempo
di reintrodurre elementi di complessità
nel discorso politico oggi ipersemplificato.
appunto 9
40
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Gli argomenti complessi, ipersemplificati,
diventano simulacri di ragionamento,
dove i nessi di causa effetto
sono completamente persi.
41
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Gli argomenti complessi non hanno un luogo
dove essere rappresentati: la tv misura in
soundbite, il tweet è di 140 caratteri, il filmato
virale deve stare nei 20-30 secondi, l’editoriale
cartaceo si rivolge ad una elite.
42
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
La ricomplessizzazione dell’immaginario
collettivo non è solo responsabilità
del discorso politico, ma è uno dei compiti
principali della comunicazione politica.
43
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
I mediatori del XX secolo tra il discorso
politico e i cittadini, i giornalisti,
sono i corresponsabili di una infinita
coazione a ripetere del discorso
ipersemplificato che procede per inerzia,
pigrizia, incapacità di sperimentare.
appunto 10
44
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Il cerchio politico-giornalista,
(disinter)mediato o meno da un tweet
o un post, riproduce 99 volte su 100
un piccolo mondo antico totalmente
autoreferenziale.
45
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Il piccolo mondo antico dimora
e finisce nella somma dello share
dei due talkshow del martedì.
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
conclusioni
47
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Fonte: Sondaggio Demos  Pi, Settembre 2015 (base: 1055 casi)
48
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Abbiamo qualche elemento in più
per rispondere: perché Salvini
il 10 settembre ha detto di essere
pronto ad ospitare un profugo?
49
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
La risposta ha qualche elemento di complessità (evviva)
nel contesto di quel periodo:
Papa Francesco invoca accoglienza con toni sempre
più forti e duri, fino a chiedere ad ogni parrocchia di
ospitare una famiglia di profughi.
50
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Angela Merkel decide di aprire le frontiere,
usando parole nettissime.
51
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Il Governo italiano, che da sempre lavora per favorire
una politica europea di accoglienza, abbandona
sempre più anche gli indugi nel linguaggio.
52
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Le immagini di disperazione aumentano a dismisura
fino a quella – umanamente intollerabile – del piccolo
Aylan sulle spiagge turche.
53
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
La politica
ha mosso i suoi passi,
la comunicazione
ha seguìto.
54
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
A sinistra si è passati da “La legalità non è né di destra
né di sinistra” (dunque avallando l’idea che il migrante sia
motivo di illegalità, secondo l’agenda dettata
da destra) allo “scontro tra umani e bestie”:
dalla paura alla speranza, dalla “Ruspa!” alla fratellanza.
55
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
L’agenda su questo tema si è spostata a sinistra,
tramite l’introduzione di minimi elementi di
complessità nella narrazione, rompendo l’equazione
migrante=delinquente e puntando sul tema della
fuga dalla guerra, della responsabilità, della umanità.
Concetti più complessi
di paura e “Ruspa!”.
56
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Che Salvini parlasse credendo alle sue parole o solo
per opportunismo, il discorso non varia: “Ruspa!”
in quelle ore non era più in sintonia con la coscienza
collettiva, dopo 20 anni nei quali di fronte a “Ruspa!”
una narrazione alternativa era muta.
57
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
Il tema della immigrazione è stato fino ad agosto
il tema politico impraticabile per eccellenza nell’ambito
della razionalità, mentre oggi sembra conquistato
(per quanto tempo dipenderà dai passi successivi)
ad un ragionamento potabile.
A conferma della tesi che la prossima via della
comunicazione politica – per chi vuole andare
oltre il populismo - non sta nella semplificazione,
ma nella ricomplessizzazione del discorso politico.
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
i compiti a casa
del comunicatore politico
59
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
SEMPLICITÀ COMPLESSITÀ
Caducità Memoria
Velocità Lentezza
New media Old media
Populismo Responsabilità
Opposizione Governo
Pancia Testa
Pars destruens Pars costruens
Evocazione Costruzione
Brevissimo termine Medio e lungo termine
60
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
1.	Il nuovo compito del (comunicatore) politico
responsabile è rendere la complessità in modo
chiaro ma senza banalizzarla (ovvero negarla)
e senza vergognarsene.
61
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
2.	Il politico responsabile va in televisione solo se ha
la certezza di potere argomentare le proprie tesi e
se ha di fronte un giornalista responsabile (bando
assoluto alla politica di palazzo, parlare solo di
fatti concreti, sottoporsi a fact checking).
62
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
3.	Il politico responsabile disegna scenari di futuro
in ogni suo discorso: il breve termine è sempre al
servizio di un progetto a medio e lungo termine.
63
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
4.	Il politico e il suo staff studiano come introdurre
elementi di complessità senza perdere ritmo, come
prendere qualche secondo in più per argomentare
ma senza eccedere e senza annoiare.
64
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
5.	Il politico responsabile utilizza strategie
on e off line coerenti tra loro, che giocano
di rimando, 24 ore al giorno, ma senza
disumanizzarsi, 365 giorni all’anno,
ma senza credere che il mondo nasca
e finisca nella politica.
65
governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
1.	Non si fa ingannare dalla
caducità e rievoca le tappe
del passato;
2.	È veloce ma introduce pause
di riflessione;
3.	Sta sui new media in modo
corretto e usa gli old media
solo alle proprie condizioni;
4.	È pop senza cedere al
populismo;
5.	È al governo anche quando
è all’opposizione;
6.	Emoziona di pancia, ma parla
sempre alla testa;
7.	Non distrugge se non sa
come costruire;
8.	Evoca e costruisce,
costruisce ed evoca, sempre,
incessantemente;
9.	Il breve termine è solo parte
dichiarata di un progetto
complessivo.
Rifacendoci alla nostra tabella,
in sintesi, il politico responsabile:
19 novembre 2015
Bari, elezioni
Amministrative 2014:
la case-history
Primarie, primo turno, ballottaggio:
la campagna di Antonio Decaro,
sindaco di Bari
2
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
chi sono
Mi chiamo Dino Amenduni
Twitter @doonie
e-mail dino.amenduni@proformaweb.it
tutto il resto about.me/dinoamenduni
Sono comunicatore politico e pianificatore strategico
per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it)
Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso
e La Repubblica Bari e formatore (su social media marketing
e comunicazione politica)
Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente
(sia la consultazione che il download) agli indirizzi
www.slideshare.net/doonie
e www.slideshare.net/proformaweb
3
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
1. 30 dicembre 2013, processo per concorso
in tentato abuso d’ufficio (rito abbreviato): assoluzione
2. 11 gennaio 2014, annuncio della candidatura
alle Primarie del centrosinistra
3. 24 febbraio, vittoria alle Primarie (turno unico)
con il 53% dei voti
4. 26 aprile, presentazione del cuore del suo programma
in un evento pubblico
5. 25 maggio, al primo turno, Decaro ottiene il 49%
6. 8 giugno, vittoria al ballottaggio con il 65%
i momenti clou della campagna
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
primarie
Niente soldi,
niente polemiche,
niente slogan:
la campagna a impatto zero.
5
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Antonio Decaro è il protagonista di un video (in stile
Art-Attack) in cui chiede ai suoi sostenitori di aiutarlo
a realizzare manifesti della campagna a costo zero,
attraverso foto-selfie da inviare via Facebook.
Modello: dal denaro al surplus cognitivo.
primarie: il video-tutorial
6
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
L’allestimento del comitato “fisico” di Antonio Decaro,
ubicato esattamente di fronte al comitato del suo avversario
principale (Mimmo Di Paola) è realizzato utilizzando gli scatti
giunti nelle settimane di campagna per le Primarie.
La partecipazione online
ha un significato simbolico tangibile.
primarie: circolo online-offline
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
amministrative: la campagna
“Il mio sindaco siamo noi”:
la creatività declinata in tre fasi.
8
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Come dare forza a una campagna corale?
	 “Io non so fare molte cose, ma una sì: so risolvere problemi.
Lo faccio da dieci anni. Ma se credete che io possa
farlo da solo, siete fuori strada.” (11 gennaio 2014).
	 Il suo modello di governo (e di campagna elettorale)
è orientato al dialogo e all’assunzione di responsabilità:
“Ascolto tutti ma decido io”.
amministrative: scenario
9
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
	 Per supportare questa scelta strategica, la campagna
per le Amministrative è stata divisa in tre fasi:
a. una campagna teaser, mirata a raccogliere
suggerimenti programmatici dai cittadini;
b. lo sviluppo (revealing) con l’utilizzo dei suggerimenti
più ricorrenti, incarnati da cittadini con storie coerenti
con i testi;
c. una foto di Decaro con i protagonisti della revealing
e con due volontari di DeClub (comitato elettorale),
per dare sostanza al claim della campagna:
“Il mio sindaco siamo noi”.
10
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
amministrative: teaser
Primo manifesto 6x3: indirizzo email volutamente
generico, raccolta degli spunti via mail, sintesi degli spunti
ricevuti in cluster tematici coerenti con le richieste più
rilevanti sulle priorità amministrative, emerse dai sondaggi.
Una campagna aperta
ai contributi di tutti i cittadini.
11
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
amministrative: revealing
Campagna affissioni: i soggetti sono cittadini-“testimonial”,
le loro storie personali incrociano gli slogan tematici, dando
coerenza al tema generale della campagna (ascolto + decisione
grazie ai cittadini – “il mio sindaco siamo noi”).
La cornice è simbolo di continuità narrativa
tra Primarie e Amministrative.
12
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
13
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
amministrative: dieta mediatica
Dove si informano i cittadini baresi?
La televisione pesa quasi tre volte i social media (sondaggio SWG, aprile 2014).
Il posizionamento strategico
delle Primarie non avrebbe funzionato
alle Amministrative.
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Amministrative: gradimento
Impatto della campagna elettorale (sondaggio SWG, aprile 2014)
I messaggi hanno funzionato,
anche tra gli indecisi
(budget dichiarati per l’intera campagna elettorale:
Decaro 200 mila euro, Di Paola 325 mila euro)
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
La “fohaccia”:
il video Decaro-Boschi
#sciamaninn:
perché quel video,
perché è stato stroncato,
perché ha funzionato (comunque).
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Decaro-Boschi: scenario
Obiettivo strategico: consolidare il ticket
Comune-Governo, nuova amministrazione-nuovo PD,
Decaro-(governo) Renzi
	 Gradimento del governo Renzi:
56% a febbraio, 61% a maggio (Demos).
	 Percentuale di gradimento di Maria Elena Boschi: 59% ad aprile 2014.
	 55% dei cittadini baresi si informano attraverso
la televisione (SWG) → necessità di realizzare spot tv
	 Il ministro Boschi è a Bari (per poche ore)
per un’iniziativa pubblica a sostegno di Decaro
	L’aereo che la porta a Bari arriva con un’ora di ritardo…
Il video va girato in pochi minuti: buona la prima.
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Decaro-Boschi: il video
Spot 30 secondi (creatività Proforma,
regia di Giovanni Abbaticchio,
staff Decaro, pubblicato il 14 aprile 2014).
Comunicare la familiarità.
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Decaro-Boschi: stroncature
“Ricordi una scena scartata dal film ‘Amici come noi’ di Pio
e Amedeo. Scartata perché non funzionava, perché non
faceva ridere, perché la comicità pugliese è altra cosa.”
(Aldo Grasso, Corriere della Sera)
“Più che uno spot elettorale, sembra l’inizio di un film
porno.” (Andrea Scanzi, Il Fatto Quotidiano, su Twitter)
“Il gusto più amaro di questo allegro, leggero, solare
spot elettorale lo offre l’inutile ricerca di un qualsiasi
senso politico nel messaggio dei due. L’inutile caccia a un
seppur minimo accenno al programma, a un’idea, a una
suggestione di un programma, all’ombra di un’idea. Niente.”
(Angelo Rossano, Corriere del Mezzogiorno)
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Decaro-Boschi: analisi
Decaro ha perso o guadagnato voti?
Difficile da dire, mancano indicatori di misurazione certi.
Però:
	 Le analisi si sono concentrate sugli aspetti attoriali-
scenici e in parte sulla sceneggiatura, in pochi hanno
ragionato sul raggiungimento del nostro vero obiettivo
strategico (il “ticket”).
	 L’hashtag #sciamaninn è diventato virale (e il video ha
ottenuto 46mila visualizzazioni su YouTube, stroncature
incluse, oltre a essere caricato su tutti i principali portali
nazionali.
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
	 Il video ha generato una risposta-parodia da parte
del centrodestra (Giorgia Meloni e Filippo Melchiorre,
candidato vicesindaco), che ha dato ulteriore centralità
al “caso”.
	 Tra aprile e maggio, Decaro è cresciuto di
4 punti nei sondaggi.
Non sarà merito del video, ma…
	 Analizzare un singolo contenuto
senza ragionare sul significato
strategico di medio-lungo termine
è, spesso, un errore.
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Chiama Decaro:
il video istituzionale
Come comunicare un tema serissimo
della campagna elettorale
attraverso l’ironia
(anche nei confronti dell’avversario).
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Come valorizzare i principali
punti di forza del profilo di Decaro?
Vicino alla gente
Competente
Giovane, ma già con una buona esperienza
amministrativa
Risolutore di problemi
Autoironico
Barese “verace”
Con un buon seguito giovanile
(a partire dall’attivismo del comitato elettorale)
Chiama Decaro: scenario
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Chiama Decaro: scenario
Il profilo di Antonio Decaro tra i baresi
(sondaggio SWG, aprile 2014 / confronto con marzo 2014)
Lo spot “ufficiale” doveva potenziare
questo profilo già in via di consolidamento.
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Chiama Decaro: il video
Spot da 30 secondi:
64mila visualizzazioni su YouTube,
90mila in totale (creatività Proforma,
regia di Pippo Mezzapesa.
Pubblicato l’8 maggio 2014).
La competenza
diventa tormentone.
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Chiama Decaro: analisi
Tre livelli di lettura del video
A livello locale: “Chiama Decaro” risulta credibile
perché coerente con la biografia politica del candidato
(nota: nell’ultima scena del video compaiono la moglie
e le due figlie del candidato).
A livello nazionale: il video fa sorridere perché evoca
un tormentone, facendo riferimento anche a situazioni
ironiche (crisi coniugali, auto in panne, etc).
Nel confronto con l’avversario, il cui video è citato
esplicitamente con l’obiettivo di prenderlo in giro
e di creare straniamento ai cittadini che li hanno visti in tv
uno dietro l’altro.
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Chiama Decaro: lo sfottò
Fotogramma dello spot originale
di Di Paola (qui il video)
Fotogramma dello spot di Decaro
che “cita” l’avversario
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Comunicare il programma
Convincere dell’esistenza
dei contenuti
(mentre in tanti dicono
che non ci sono).
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Come comunicare un contenuto complesso
in modo che sia accessibile al più alto
numero di elettori?
Antonio Decaro ha presentato il cuore del suo programma
in un evento pubblico. In questa sede ha parlato per quasi
due ore, proiettando 64 slide che raccontavano
cifre, scelte, impatti sul futuro della città.
Il programma: scenario
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
I messaggi erano sempre accompagnati da claim,
impaginazioni “pop” senza mai rinunciare
all’approfondimento di contenuto.
Le slide sono state subito pubblicate su Slideshare
e condivise sul sito e sui social media.
L’ultima slide prevedeva il prospetto che certificava
le coperture economiche necessarie
a mantenere ciò che si era promesso.
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Le cinque macro-idee di programma
(qui il documento integrale) sono state comunicate
secondo un percorso (grafica, impaginazione, testi)
autonomo, che ha sempre tenuto conto delle necessità
del lettore/elettore.
Dovere della comunicazione
istituzionale:
essere comprensibile.
Il programma: le slide
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
(qui: piano del trasporto pubblico) (qui: bici-plan)
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
(qui: digitalizzazione) (qui: piano per il verde pubblico)
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
(qui: “piazze marine”)(qui: riqualificazione Caserma Rossani)
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Il programma è “certificato” da un documento che dimostra
l’esistenza delle coperture finanziarie, oltre che una stima
precisa dei costi di ogni misura annunciata
Fine della retorica: si deve promettere
solo ciò che si può mantenere.
Il programma: le coperture
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
I social media
Format stabili, programma,
post sponsorizzati:
sei mesi di lavoro a sostegno
della strategia generale
(qui la pagina FB di Decaro)
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Come utilizzare i social media modificando
la strategia nelle varie fasi della campagna
ma mantenendo coerenza nel tono
e nello stile di gestione?
Social media: scenario
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
	 Comunicando per format stabili di comunicazione,
contenuti omogenei per tipologia, pubblicabili a intervalli
fissi e “a freddo” (una volta approvato il format,
il social media manager può muoversi in autonomia).
	Comunicando in diretta gli eventi principali
della campagna elettorale (confronti televisivi,
eventi, comizi, appuntamenti nei quartieri, etc).
	Utilizzando contenuti “pop” (foto informali,
comunque non elettorali) in specifici momenti della campagna
(giorni festivi, pause, giorni di silenzio elettorali).
	Pianificando post sponsorizzati su Facebook.
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Post sponsorizzati per la politica:
il modello-Proforma
	 Una campagna di advertising su Facebook deve sempre
iniziare da un’azione mirata ad aumentare il
numero di “mi piace” all’interno del territorio
elettorale (in questo caso: utenti maggiorenni residenti
a Bari città). I primi post sponsorizzati devono essere
successivi o al massimo contemporanei a questa
campagna.
	 I post sponsorizzati devono coincidere, quando possibile,
con i format “fissi” progettati per i social medi
(ad esempio: webcard, infografiche, numeri,
contenuti di programma).
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
	 I post sponsorizzati devono avere come target
i soli utenti che hanno cliccato “mi piace”
sulla pagina del politico. Se un utente vuole essere informato,
avrà già cliccato mi piace (campagna al punto 1).
Se non vuole essere informato, vivrà la comunicazione politica
come invasiva, come spam.
	 Gli unici post meritevoli di essere sponsorizzati sono i
contenuti programmatici, cioè tutti i contenuti che
possono generare empowerment individuale degli
utenti/sostenitori. Il politico offre un contenuto rilevante per
l’utente che, dunque, ha più motivi per condividerli con i suoi
amici, allargando così la base degli utenti che vedranno il post
(senza essere infastiditi dalla comunicazione direttamente
elettorale). È possibile sponsorizzare anche contenuti
video (spot, tutorial, data-journalism) ed eventi speciali.
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
	 Tutti gli altri post (contenuti politici, polemiche, foto pop,
aggiornamenti d’attualità) non vanno sponsorizzati sia perché in
alcuni casi sono meno rilevanti, sia per evitare eventuali
strumentalizzazioni (esempio: se un politico fa
una foto con la sua famiglia e lo sponsorizza, quest’ultima
diventa contenuto elettorale, generando un possibile effetto
boomerang).
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Primarie: i decaroghi
Ogni martedì, Decaro ha pubblicato dieci impegni relativi
a un tema specifico, su un tema diverso di settimana in settimana.
Social media: i format
1º decarogo:
le dieci cose
che non farò
da sindaco
6º decarogo:
scritto grazie
ai consigli
dei cittadini
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Amministrative: 50 idee in 50 giorni
Ogni giorno, negli ultimi 50 giorni di campagna elettorale (senza alcuna
interruzione), è stata pubblicata un’idea di programma.
pubblica illuminazione marketing territoriale
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Amministrative: le slide (sponsorizzate)
Nelle ultime due settimane, una volta ogni 48 ore,
è stata pubblicata una slide del documento
programmatico, re-impaginata per rispettare
la regola del 20% di testo nelle immagini,
necessaria per sponsorizzare un post.
reddito di cittadinanza
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Ballottaggio: 10x100
Nei 10 giorni centrali della campagna del ballottaggio,
ogni 24 ore (primo contenuto del giorno), sono stati pubblicati i
10 impegni che Decaro ha preso
nei primi 100 giorni di mandato.
manutenzione delle strade 1, 2, 3, 4, 5, 6
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Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
Il contenuto più popolare della campagna
Festa della mamma, foto di Decaro che lava i piatti
(citando il finale dello spot Chiama Decaro).
Pop funziona quando è vero e coerente.
Ma comunque non basta.
Nota: Decaro primo tra i candidati
sindaci in Italia nel 2014
per “mi piace” e portata.
46
Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
23 giugno 2014: la proclamazione
pubblicate il 26 novembre 2015
Dieci domande
che gli studenti ci fanno
durante le docenze
Faccioni sui manifesti, etica aziendale,
marketing virale, gestione delle comunità
online: una selezione delle questioni
più frequenti raccolte in questi anni
2
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
chi sono
Mi chiamo Dino Amenduni
Twitter @doonie
e-mail dino.amenduni@proformaweb.it
tutto il resto about.me/dinoamenduni
Sono comunicatore politico e pianificatore strategico
per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it)
Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso
e La Repubblica Bari e formatore (su social media marketing
e comunicazione politica)
Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente
(sia la consultazione che il download) agli indirizzi
www.slideshare.net/doonie
e www.slideshare.net/proformaweb
3
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
1.	Lavorate per tutti i politici che vi chiamano?
2.	 Voglio fare comunicazione politica: mi date un consiglio?
3.	 Esiste un profilo professionale ideale per lavorare
sulla comunicazione politica online?
4.	 Manifesti elettorali: faccioni sì o faccioni no?
5.	 Non avete paura che le vostre campagne siano oggetto di satira?
6.	 Un politico sta per iniziare una campagna elettorale e vuole fare il primo
passo su Facebook: meglio usare un profilo o aprire una pagina pubblica?
7.	 Chi deve gestire gli account social dei politici in campagna elettorale
(il candidato, i comunicatori, entrambi)?
8.	 Cosa faccio quando un utente trolla o insulta?
9.	 È efficace l’utilizzo dei social media anche
in contesti territoriali molto piccoli?
10.	Il marketing virale può aiutare la politica?
le dieci domande
4
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
prima di iniziare
Facciamo una raccolta di domande
libere da parte vostra.
Ad alcune ci sarà risposta già
in queste slide, ad altre proveremo
a rispondere in una prossima
presentazione.
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
1. Lavorate per tutti
i politici che vi chiamano?
No, per scelta.
Ma pensiamo che sia legittimo
pensarla diversamente
6
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
No.
Riteniamo che le campagne elettorali richiedano il 101%
dello sforzo professionale dei consulenti di comunicazione
politica, in qualsiasi contesto si svolgano (dai piccoli centri
a campagne nazionali: ogni elezione ha uguale dignità,
e simili difficoltà).
La combinazione di alcune componenti abituali degli
appuntamenti elettorali (tempi stretti, tante decisioni
da prendere, tanti cambiamenti in corsa, gruppi di lavoro
da coordinare, pressione da parte degli elettori e dei media,
generale clima di sfiducia nei confronti della politica)
richiedono, a nostro avviso, massimo impegno,
dedizione e concentrazione (il 101%, appunto).
Lavorate per tutti?
7
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
No.
L’unico modo, per noi, di dare questo benedetto 101%
è avere anche solo un minimo di condivisione emotiva,
valoriale, politica di ciò che il candidato propone all’elettorato.
Non tutti i candidati possono piacere allo stesso modo (così
come non siamo piaciuti allo stesso modo a tutti i candidati),
ma abbiamo bisogno di un livello minimo di partenza per poter
dare il massimo.
Per questo abbiamo deciso di non accettare commesse
che provengono dalla parte politica più lontana
dalle nostre idee (la destra, nello specifico).
8
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
No, ma non è detto che sia giusto.
Non ci sogneremmo mai di dire che il nostro modello
aziendale sia l’unico corretto, anzi.
Molti consulenti politici ritengono che l’unico metodo
per svolgere correttamente questa professione sia
sostanzialmente il nostro opposto, cioè lavorare
mantenendo distanza critica dai candidati e dalle loro idee.
Il distacco, visto da noi come un elemento capace di non farci
rendere al massimo, può essere invece considerato
il giusto ingrediente per dare consigli e suggerimenti
non viziati da componenti emotive o di appartenenza.
Lasciamo al lettore la scelta su quale modello adottare.
9
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Non esiste un modello universalmente valido:
entrambi gli approcci (lavoro “di appartenenza” e lavoro “per tutti”)
convivono da sempre nel panorama della comunicazione politica,
rinnovando un confronto sempre stimolante.
C’è lo stesso dilemma nella professione
di comunicatore politico: è un mestiere a parte, che richiede
competenze specifiche, o un professionista deve saper “vendere” un politico
e un detersivo allo stesso modo? Noi pensiamo che sia un lavoro specifico,
pubblicitari molto più bravi di noi (Jacques Seguela, ad esempio), la pensano
all’opposto.
La nostra posizione è un lusso:
se fossimo un’agenzia che fa solo campagne elettorali, non potremmo
permettercelo. Lavorare anche nel campo della comunicazione non politica
ci rende più liberi di scegliere.
In sintesi
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
2. Voglio fare comunicazione
politica: mi date un consiglio?
Ne diamo due: fare almeno una campagna
dietro le quinte, presentarsi dai politici
con un piano di lavoro già pronto
11
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
1. Fare una campagna dietro le quinte
Spesso si impara più lavorando come volontari in una campagna
elettorale, anche molto piccola, anche in un ruolo molto
marginale, che studiando modelli teorici troppo elaborati
(e troppo slegati dal contesto italiano, specie locale).
Il nostro primo consiglio è, dunque: cercate la pratica,
l’esperienza concreta, anche non su livelli nazionali,
perché si impara molto di più “sporcandosi le mani”
che studiando ma a “distanza di sicurezza”.
Nel bene e nel male, si impara più dietro
le quinte, e questo tipo di esperienza non si può trovare altrove,
se non in campagna elettorale.
Due consigli
12
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
2. Andare dai politici ma con le idee chiare
L’offerta di comunicazione politica professionale
supera, al momento, la domanda.
La cultura della comunicazione politica fa fatica a radicare e ancora
oggi ci sono tantissimi politici e partiti che non ritengono di aver
bisogno di consulenti, di analisi, di sondaggi, di dati scientifici.
Per questo non è più sufficiente andare da un politico
e dire di essere in grado di fare una campagna elettorale.
Serve un altro approccio, più dispendioso dal punto
di vista del tempo e dell’impegno necessario. Serve
andare da un cliente potenziale illustrando con precisione qual è lo
scenario, qual è la potenziale crisi di comunicazione e come si risolve.
13
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Possibile schema di lavoro:
Individuazione di un partito o di un politico
con cui si intende lavorare;
Analisi scientifica dei punti di forza e dei punti
di debolezza nell’attuale comunicazione del destinatario;
Spiegazione puntuale di come si intendono risolvere i punti
di debolezza, in quanto tempo, con quali strumenti e perché è così
importante che il politico investa per risolvere i problemi segnalati;
Indicazione chiara e definita di quale può essere
il ruolo del comunicatore politico per risolvere il problema
evidenziato (e, dunque, perché un politico dovrebbe
scegliere proprio quel collaboratore).
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
3. Esiste un profilo professionale
ideale per la comunicazione
politica online?
Spoiler: il percorso accademico
conta fino a un certo punto
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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Sì, esiste un profilo professionale ideale
per chi vuole fare comunicazione politica online.
Le sue caratteristiche:
Buona e autonoma conoscenza della politica
(per precedente militanza o per passione) e delle sue dinamiche,
che difficilmente possono essere ‘insegnate’ (all’Università
o nei corsi di formazione) o trasmesse da un profilo senior
a un profilo junior in un’agenzia.
Profilo professionale ideale
16
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Autonomia totale dal punto di vista della
produzione tecnica di contenuti: chi sa montare
un video, creare manifesti o webcard, sa scrivere un testo
e sa lavorare in gruppo (senza eccellere necessariamente
in tutto) ha un chiaro vantaggio competitivo in questa fase
della storia della comunicazione politica italiana, e non solo.
Capacità di lavoro sotto stress e
aumento della disponibilità di tempo
all’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale.
Capacità di svolgere lavori simili
per più clienti contemporaneamente
per potersi garantire la piena sostenibilità economica,
sia da freelance sia in agenzia.
17
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Il curriculum accademico non basta,
serve l’esperienza sul campo. E serve fare gavetta.
La competenza professionale non basta, quando il mercato è saturo.
Serve un approccio più proattivo, in cui problemi e soluzioni
siano mostrati ai politici con prontezza,
in alcuni casi prima ancora che loro siano consapevoli di avere quel tipo di problemi.
Meglio una buona campagna locale,
con autonomia e responsabilità, che una grande campagna nazionale
ma con un ruolo piccolo e defilato, specie nelle prime fasi.
Il comunicatore politico, se gli va bene,
lavora sette giorni su sette e 24 ore su 24.
O si accetta questa regola (almeno in alcune parti dell’anno) o si rischia
di non essere efficaci come servirebbe in questo momento storico.
In sintesi
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
4. Manifesti elettorali:
faccioni sì o faccioni no?
Dipende
(dal livello di popolarità
del candidato)
19
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Faccioni sì o faccioni no?
Dipende
Partiamo da un presupposto. Questo tipo di valutazione non
dovrebbe essere di tipo estetico, ma legato alla gestione
di una variabile: la popolarità del candidato all’interno
dell’elettorato di riferimento.
Popolarità assoluta: percentuale di elettori
che conoscono il candidato.
Popolarità relativa: confronto di popolarità tra il
candidato e i suoi competitor (tenendo conto anche della
distanza temporale dalla data delle elezioni).
Più basso è l’indice di popolarità assoluta, più largo è il divario
tra i candidati (con il “nostro” candidato in svantaggio), più il
volto sui manifesti è strategicamente sensato.
20
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Sì
Francesca Barracciu
Primarie del centrosinistra (settembre
2013, Sardegna) - volto sul manifesto
perché il livello di conoscenza del
candidato era più basso rispetto al
Presidente Cappellacci, essendo lei la
sfidante.
Il manifesto della campagna è dunque
utile ad aumentare la notorietà
all’interno di un pubblico più ampio.
21
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
No
Matteo Renzi
Primarie del centrosinistra (dicembre
2013, Italia) - il volto sul manifesto non
è stato necessario perché il livello di
conoscenza del candidato era molto alto
sia in termini assoluti, sia nei confronti dei
competitor (Cuperlo, Civati, Pittella).
22
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Stesso candidato, campagne
diverse, strategie diverse
Nichi Vendola
Regionali Puglia (2005) - il volto
sul manifesto è stato utile perché
Vendola era stato in Parlamento negli
anni precedenti e aveva percentuali
di notorietà molto più basse rispetto
a Raffaele Fitto, Presidente di Regione
in carica.
23
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Stesso candidato, campagne
diverse, strategie diverse
Nichi Vendola
Regionali Puglia (2010) - lo scenario è
molto diverso dalla campagna di cinque
anni prima: Vendola ha governato e
dunque è molto più conosciuto dei suoi
principali avversari, Palese e Poli Bortone.
Il volto non è dunque indispensabile dal
punto di vista strategico.
24
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Presupposto: un sondaggio che vi dica qual è il livello
di notorietà del candidato. Senza questo indicatore la scelta
è totalmente arbitraria e svincolata da ogni riflessione strategica.
Orientamento: il volto è utile per aumentare il
tasso di popolarità in tempi brevi, soprattutto se si agisce
contemporaneamente su altri mezzi (spot tv, social media, stampa,
presenze televisive) per consolidare l’associazione nome-volto.
Nessuna scelta è definitiva: non esistono
candidati per cui il volto sui manifesti va sempre bene o sempre
male. Lo stesso candidato può avere esigenze che cambiano
negli anni e a seconda del contesto (a partire dalle caratteristiche
dei competitor).
In sintesi
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
5. Non avete paura
che le vostre campagne
siano oggetto di satira?
No, anzi.
Quando è possibile,
progettiamo campagne
fatte apposta per essere taroccate
26
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Paura della satira?
No, anzi.
Da qualche anno proviamo a progettare campagne il cui sviluppo
(visual, concept) è naturalmente orientato a stimolare processi
generativi da parte degli utenti.
Questo tipo di apertura può favorire l’aumento di visibilità
e di popolarità delle campagne, soprattutto se sono
inserite in un contesto competitivo molto polarizzato, con grande
“tifo” e allo stesso tempo grande ostilità per il candidato con cui
stiamo lavorando.
In alcuni casi non ci limitiamo a realizzare campagne “virali”, ma
costruiamo strumenti (ad esempio generatori automatici di manifesti)
che permettano a chiunque, anche senza alcuna competenza grafica,
di realizzare adattamenti liberi.
27
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Tarocca il Manifesto (Regionali 2010)
Sito “neutro” (ma progettato dal comitato Vendola) in cui l’utente
poteva liberamente taroccare i manifesti dei tre candidati principali.
85% dei manifesti generati ha riguardato Vendola, circa il 50%
di quei manifesti era “negativo” ma nelle ore successive
alla pubblicazione del sito, la campagna di Vendola ha sovrastato
quella degli avversari sui social media.
28
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Oppure Vendola (Primarie 2012)
Campagna creata con un concept ipervirale. Sapevamo che la
generazione dei manifesti avrebbe potuto ottenere effetti satirici,
ma anche che in questo modo il claim “Oppure Vendola” sarebbe
diventato più rapidamente popolare sul web.
29
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Matteo Renzi (Primarie 2013)
Il sito www.cambiaverso.com
permetteva agli utenti di generare
il proprio manifesto personalizzato
e di pubblicarlo direttamente su
Facebook e su Twitter, con un solo click
e inserendo solo il proprio testo.
Grazie a questo strumento, sono stati
realizzati oltre 10mila manifesti nella
prima settimana dopo l’uscita del
generatore.
30
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Non avere paura dei “manifesti
tarocchi”: se la campagna non funziona, non funzionerà
anche se non sarà oggetto di satira. Se funziona, è meglio far sì
che circoli nel modo più semplice e virale possibile.
Scelta strategica e di creatività: le campagne
non sono “virali” per definizione. Chiaramente un candidato molto
amato o molto odiato favorisce meccanismi di generazione di
manifesti. Ma è altrettanto importante progettare una campagna
che si presti a questo tipo di declinazioni. La progettazione, dunque,
può condizionare almeno in parte concept e visual della campagna.
Evitare di inserire il candidato
(in particolare foto, in particolare il volto) direttamente sui manifesti
oggetto di satira. Questo potrebbe favorire un effetto-boomerang
(l’oppositore può mettere parole scomode in bocca al candidato).
In sintesi
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
6. Che faccio,
apro una fanpage?
Primi passi di campagna elettorale
su Facebook
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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Che faccio, apro una fanpage?
Non è più necessario, ma molto dipende
da cosa si è fatto in passato.
Alternative strategiche:
Il politico ha già un profilo personale, lo ha sempre usato per parlare di
politica e intende continuare a farlo → Si può continuare a usare
il profilo personale, rendendo pubblici tutti i post da quel
momento in poi.
Il politico ha già un profilo personale, ma non lo usa per parlare di
politica → Il profilo personale può restare aperto, ma deve essere
usato per interagire con i propri amici. Tutto il flusso politico-
elettorale potrà essere sviluppato, in questo caso, su una pagina
pubblica, sul profilo personale si parlerà di politica il meno possibile,
per differenziare i flussi informativi tra profilo e pagina pubblica.
33
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Il politico ha già un profilo personale e/o una pagina pubblica,
ma non utilizza i social media in prima persona - aprire una
pagina pubblica gestita dallo staff (dichiarandolo),
facendo migrare l’eventuale profilo privato sulla pagina
pubblica per non perdere i contatti acquisiti
Il politico non è presente sui social media a inizio campagna
elettorale - aprire direttamente una pagina pubblica per
sfruttare le opportunità collegate a questo strumento (a
partire dai post sponsorizzati).
34
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Buona pratica (non politica): profilo
personale Facebook di Selvaggia
Lucarelli: gestione personale
dell’account, risposta ai commenti,
privacy “pubblica” per i post rendono
inutile l’apertura di una pagina
pubblica.
Gli utenti possono
direttamente seguire il
profilo e interagire senza
essere necessariamente
amici dell’utente.
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
7. Chi deve gestire gli account
di un politico sui social media?
(O anche: può un politico,
compromettere mesi
di lavoro con un tweet?
Sì, può. Così come può farlo
un comunicatore)
36
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Chi gestisce gli account?
Regola generale: meglio la gestione imperfetta
e naturale di un politico rispetto a quella
perfetta e “artificiale” di uno staff, agli elettori
(giustamente) interessa di più così.
Alternative strategiche:
Se un politico gestisce già i suoi account sui social
e intende continuare a farlo, l’assistenza può riguardare
la valutazione di contenuti da condividere intervenire
ex ante, o il monitoraggio del feedback ex post.
Sarebbe comunque inutile, se non addirittura sbagliato
o controproducente, “espropriare” la gestione social di un
politico. Si perde in naturalezza e ci possono essere anche
tensioni tra politico e consulenti sul “chi fa cosa”.
37
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Se un politico preferisce in modo netto un social media
sugli altri, il compromesso può essere: lui/lei gestisce in
prima persona il social “preferito”, lo staff gestisce gli altri
canali con un tono di voce più istituzionale.
Nota: gli utenti preferiranno comunque l’originale.
Se un politico non utilizza i social media, è sensato che
lo staff apra i canali personali
(in particolare Facebook e Twitter) chiedendo però
al politico di intervenire in prima persona
a intervalli più o meno regolari.
38
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Il “compromesso Emiliano”: su Twitter
il presidente della Regione Puglia
gestisce quasi esclusivamente in prima
persona (incluso qualche “coraggioso”
retweet), su Facebook è maggiormente
sostenuto dallo staff.
Effetto: Emiliano è uno
dei pochi politici italiani
ad avere più follower
su Twitter che like su
Facebook: gli utenti
preferiscono l’originale.
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
8. Cosa faccio quando
un utente trolla o insulta?
La modalità Gandhi,
la modalità Darth Fener,
la modalità Morandi
40
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Guerra contro i troll
Premessa: qualsiasi strategia si decide
di utilizzare, va dichiarata e resa pubblica.
Esistono due macrostrategie di lavoro possibili:
Non moderare nulla. È la nostra preferita perché:
a. riteniamo che uno spazio social costantemente aggiornato
e curato porti gli utenti ad autogestirsi maggiormente.
Meno c’è cura del feedback,
più c’è spazio per troll e insulti.
41
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
b. riteniamo che, soprattutto in campagna elettorale,
le parole scritte sui social dagli utenti possano
offrire un ulteriore elemento di riflessione per chi
deve votare. Esempio: Cecile Kyenge, campagna
europee 2014: zero moderazione perché anche
gli insulti ricevuti possono aiutare un elettore a
decidere da che parte stare.
42
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Moderare, ma spiegare come e perché.
È la strategia maggiormente indicata per le istituzioni. Qualsiasi
intervento di moderazione dei commenti deve essere giustificato
da un sistema pubblico di regole che non porti gli utenti a sentirsi
vittime di censura o discriminazione. Esempio: il blog collettivo
Valigia Blu, mutuando in parte le linee-guida del The Guardian,
ha condiviso le buone pratiche di partecipazione sui suoi spazi di
discussione (social media e commenti del sito).
43
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Stile di gestione: modalità “Gandhi”
Valorizzare tutti i commenti costruttivi,
anche critici, dando sistematicamente feedback
a quel tipo di commento.
Non perdere la pazienza
durante i momenti di polarizzazione
del confronto, cercando la mediazione
e il riconoscimento del valore
nei contenuti della persona
con cui si sta discutendo (qui lo
scambio Esposito-Meloni-Delrio).
44
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Rispondere anche ai troll, senza esagerare,
ma farlo pensando al valore pubblico dello scambio
(parlare al troll per parlare a tutti i partecipanti).
Rispondere sempre nel merito
rinunciando a rivendicazioni personali
anche legittime.
Fare tutto questo con grande regolarità e sistematicità,
per qualsiasi post, con qualsiasi utente,
senza creare distinzioni.
45
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Stile di gestione: modalità “Darth Fener”
(o modalità “James Blunt”)
Utilizzare lo stesso tono di voce dell’interlocutore,
anche quando quest’ultimo è aggressivo.
Ignorare le provocazioni, soprattutto se ripetute.
Mettere in evidenza affermazioni e comportamenti palesemente
scorretti da parte degli interlocutori, senza porsi particolari
scrupoli.
Bannare sistematicamente chi non rispetta le regole.
(Qui un post sul rapporto piuttosto franco
tra James Blunt e i suoi follower su Twitter)
46
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Stile di gestione: modalità “Gianni Morandi”
Pochi contenuti, ma pubblicati tutti i giorni.
Rispondere ai commenti, ma farlo tutti i giorni.
Mantenere il filo dei discorsi fatti in precedenza sui social media,
a partire dai commenti degli utenti.
Ma soprattutto, trollare più forte dei troll.
47
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Macrostrategie di moderazione
e stile di gestione dipendono
dall’incrocio di tre variabili:
tono di voce desiderato;
livello di reputazione digitale del mittente;
capacità tecniche e soprattutto relazionali
di chi gestisce i social media.
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
9. I social media sono utili
in campagna elettorale
anche nei piccoli comuni?
(e anche dove ci sono
pochi utenti di Internet
e poca connettività veloce?)
49
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
E se fossero più utili nei piccoli centri,
invece che nelle grandi città?
Orientamento generale: all’aumentare della complessità
del sistema dei media, aumenta la tendenza alla
“reintermediazione” della comunicazione
sui social media, cioè l’elaborazione, discussione
e riutilizzo sui media tradizionali.
Quindi, in teoria, i grandi centri sono i luoghi ideali
per utilizzare i social media.
Campagne social in campagna
50
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Ma lavorando per sottrazione, emerge un altro aspetto: in assenza di
giornali, televisioni e altri media, come accade nei piccoli centri, i social
(di un’amministrazione, o anche di un politico in campagna elettorale)
possono rappresentare il principale strumento di informazione per i
cittadini, così come le discussioni online possono proseguire offline
e viceversa a causa della più facile sovrapposizione
tra le comunità reali nei piccoli centri
e le corrispettive comunità digitali (“ci conosciamo tutti”).
In sintesi: l’efficacia potenziale dei social media in campagna elettorale
appare inversamente proporzionale rispetto alla complessità del
sistema dei media nel territorio dove si va a votare.
Meno il sistema è complesso, più c’è potenziale.
51
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Questo orientamento vale per
la comunicazione elettorale
ma ancor di più per
la comunicazione
istituzionale, e funziona
ancora meglio se esiste una
virtuosa integrazione tra online
e offline.
Il sindaco di Capannori (Lucca)
organizza momenti regolari e
codificati di interazione, il cui
calendario è disponibile sul sito
del Comune.
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
10. Il marketing virale
può aiutare la politica?
Sì, ma senza esagerare.
La politica è sempre
più importante
della comunicazione
53
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Sì, ma senza esagerare.
Se è vero che una buona comunicazione può aiutare, è
altrettanto che vero che una buona comunicazione, da sola,
non basta per vincere le elezioni.
Serve molto altro, serve la politica. Servono le cose fatte per un
sindaco, una proposta chiara per un candidato, una visione
strategica d’insieme per un gruppo di lavoro. Per questo motivo
bisogna fare sempre attenzione a dare il giusto peso a ogni
singola componente della comunicazione pensando che nessuna
idea, da sola, risulta davvero decisiva.
I video virali, anche geniali, non fanno eccezione.
Il marketing virale aiuta?
54
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Cos’è un video virale
Un video è virale quando:
È condiviso dai tastemaker, da utenti con grande popolarità e
reputazione che accelera il processo di conoscenza del contenuto;
Ha un format facilmente riproducibile
da altri utenti, che moltiplicano sia la portata del contenuto,
sia la conoscenza dello stesso;
Contiene componenti (soggetto, sceneggiatura, scelte stilistiche)
imprevedibili, che tengano alta l’attenzione dello spettatore.
Queste tre condizioni sono necessarie,
ma non sufficienti. I video virali non si costruiscono in
laboratorio (salvo rarissimi, e comunque non del tutto gestibili, casi).
55
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Michele Emiliano - “Problemi di elezione”
(Amministrative 2009)
Un video autoprodotto a costo zero da due volontari
diventa così popolare su Internet da indurre un cambio di
pianificazione sui mezzi tradizionali: questo video va in
televisione nell’ultima settimana prima delle elezioni.
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Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Michele Emiliano - Gianni Paulicelli
(Amministrative 2009)
Un noto commerciante barese, conosciuto per
i suoi video pubblicitari sulle principali tv locali,
realizza uno spot politico “atipico” a sostegno
di Michele Emiliano, sindaco di Bari.
Qui un suo spot originale...
57
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Michele Emiliano - Gianni Paulicelli
(Amministrative 2009)
… e qui lo spot politico, realizzato tenendo conto
di tutte le caratteristiche stilistiche dell’originale,
ma con un messaggio forte e di profonda attualità
per le amministrative 2009: il no al nucleare.
58
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Michele Emiliano - Gianni Paulicelli
(Amministrative 2009)
Lo spot per la tv e per internet (due minuti) con cui
Michele Emiliano, rilanciando e rovesciando un messaggio
elettorale di Berlusconi, comunica la sua candidatura
nelle ultime due settimane di campagna elettorale.
59
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
Virali si nasce, non si diventa
È giusto impegnarsi per progettare contenuti (in particolare video)
di successo, ma se la grande idea non arriva, non bisogna fissarsi
né disperdere troppe energie in questo segmento.
Virale è autoironico
Anche se in politica può sembrare difficile, o addirittura pericoloso,
è impossibile pensare a un contenuto davvero virale senza tenere conto
di una dose, anche piccola, di ironia, meglio se applicata a se stessi.
Virale è genuino
Un video troppo perfetto, patinato, preciso, difficilmente riuscirà a
ottenere la carica empatica necessaria alla diffusione di un contenuto.
Meglio impreciso ma fatto in casa, vero, accessibile a tutti.
Virale non è tutto
La politica viene sempre prima della comunicazione. Mai dimenticarselo.
In sintesi
60
Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze
conclusione
“Voglio una squadra con tre C:
Cabeza, Corazón y Cojones.”
Andrea Anastasi
2005
(la traduzione delle tre C è superflua)
pubblicata il 3 dicembre 2015
Dieci cose che ho imparato
dopo 700 giorni consecutivi
di campagne elettorali
Tempi e orari di lavoro, ruolo dei social media,
peso della comunicazione, gestione delle crisi,
l’importanza di avere patatine e taralli
a portata di mano
2
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
chi sono
Mi chiamo Dino Amenduni
Twitter @doonie
e-mail dino.amenduni@proformaweb.it
tutto il resto about.me/dinoamenduni
Sono comunicatore politico e pianificatore strategico
per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it)
Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso
e La Repubblica Bari e formatore (su social media marketing
e comunicazione politica)
Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente
(sia la consultazione che il download) agli indirizzi
www.slideshare.net/doonie
e www.slideshare.net/proformaweb
3
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
1.	Chi si sveglia prima al mattino
ha un vantaggio sull’avversario
2.	 Bisogna leggere la rassegna stampa
tutti i giorni, anche quando sembra inutile
3.	 È utile creare meccanismi
informali e attivi 24 ore su 24
di comunicazione nello staff
e tra staff e candidato (quando possibile)
4.	 Le elezioni locali sono determinate
prima di tutto da dinamiche locali…
5.	 …ma le scelte di voto amministrative sembrano
sempre di più legate a dinamiche nazionali
Dieci cose in 700 giorni
4
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
6.	I sondaggi sono indispensabili,
ma non sono ugualmente affidabili in tutti i contesti
7.	Più la partecipazione volontaria manca,
più è importante che i comunicatori adottino
contromisure nella costruzione degli staff
8.	Le campagne elettorali
finiscono il venerdì alle 23:59 (e anche dopo)
9.	 Primarie e amministrative
sono due tipologie di elezione completamente differenti
10.	Individuare (subito!)
strategie di decompressione
individuale per scaricare lo stress
Dieci cose in 700 giorni
5
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
premessa
“I candidati di oggi si muovono in un ambiente in cui
la dinamica del potere fra politica e media è bilanciata
a loro favore. Le campagne non si affidano più così tanto
ai media per comunicare.
Possono fare i loro siti e i loro tweet come vogliono,
e affidare il resto alle loro macchine ausiliarie del
rumore […]. Siccome i media sono diventati più estremi
politicamente, i candidati possono scegliere con più agio
con chi parlare, sapendo che alcuni sono amichevoli,
e rifiutando quelli ostili”.
Mark Leibovich
6
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
+24.9%: italiani che acquisiscono
informazioni da parenti e amici prima di votare
(2009-2013 – dati Censis)
Premessa di scenario
7
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Fiducia nei partiti: 3%
Fiducia nel Parlamento: 7%
(dicembre 2014 - dati Demos)
Premessa di scenario
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
1. Svegliarsi
il prima possibile
Le prime mail di lavoro,
in campagna elettorale,
arrivano prima delle 8
(quando va bene)
9
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
I Conservatori nel Regno Unito
(campagna elettorale 2015)
iniziavano a lavorare
alle 5.45 del mattino.
Alle 7.30 c’era un briefing
quotidiano con il candidato, e
primo ministro, David Cameron.
Si cenava alla scrivania,
con cibo d’asporto.
I laburisti, invece…
(tratto da un articolo del
Telegraph)
Svegliarsi il prima possibile
10
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Svegliarsi il prima possibile
Domande e risposte
Lo devono fare tutti i componenti di uno staff elettorale?
No, vale solo per chi ha responsabilità strategiche.
È un servizio che va offerto di default a tutti i candidati?
No, una dedizione di questo tipo richiede investimenti congrui
e la stessa dedizione da parte del candidato.
Vale anche nei fine settimana?
Vale sempre. I giornali escono tutti i giorni,
i telegiornali vanno in onda a tutte le ore.
Va fatto per tutta la campagna elettorale?
Non necessariamente, ma più ci si avvicina
alla data delle elezioni più diventa indispensabile.
Nell’ultimo mese, in particolare, è opportuno
non prendere molti altri impegni né di lavoro né extralavorativi.
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
2. Leggere la rassegna stampa
tutti i giorni
Una quota fissa dell’impegno quotidiano
va dedicato alla lettura per raccogliere spunti
e riflessioni utili nel resto della giornata
12
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Proforma ha lavorato alla campagna elettorale (persa)
di Raffaella Paita in Liguria e abbiamo costruito una social-rubrica,
#toticontrototi, che quotidianamente metteva in luce le liti
nazionali tra i partiti che formavano la coalizione di centrodestra.
(Purtroppo la sinistra era assai più divisa…)
Leggere la rassegna stampa
13
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Domande e risposte
Come si costruisce una rassegna stampa?
È possibile abbonarsi ai principali quotidiani oppure a
servizi di composizione di rassegna stampa
giornaliere, basate su parole-chiave.
La rassegna stampa è solo locale?
No, avere una rassegna nazionale è utile
sia a raccogliere dati politici generali da usare
su scala locale, sia per leggere analisi, editoriali
e riflessioni utili per migliorare la strategia.
Leggere la rassegna stampa
14
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Domande e risposte
Quanto tempo va dedicato alla rassegna?
Idealmente non meno di tre ore al giorno,
per quanto sia assai complicato mantenere
certi standard in campagna elettorale
“Entrare” nella rassegna stampa
con i propri contenuti: consigli?
• Cercare di dare una notizia nuova al giorno;
• usare i social media in modo “pop”,
interattivo e attrattivo per i giornalisti;
• non mandare i comunicati oltre le 18
(dopo rischia di essere troppo tardi)
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
3. Creare canali di comunicazione
interna attivi 24 ore su 24
L’idea buona può arrivare
quando meno te lo aspetti…
16
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Canali attivi 24 ore su 24
Proforma ha lavorato alla
campagna elettorale (vinta) di
Michele Emiliano in Puglia e con il
candidato abbiamo ragionato su
questo tweet, che poi è diventato
una notizia rilanciata
su tutti i principali
media nazionali.
(Io ho dato il mio contributo alle
7:20 del mattino, dal bagno di un
albergo, in un gruppo WhatsApp)
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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Canali attivi 24 ore su 24
Domande e risposte
Quali sono gli strumenti ideali per una conversazione
attiva 24 ore su 24?
Noi solitamente adottiamo gruppi Facebook ristretti
e segreti di staff, per lavorare sui social media e sui testi
dei comunicati. In parallelo lavoriamo su WhatsApp,
con due gruppi, uno più esteso e di “cazzeggio”
e uno più ristretto e operativo.
I candidati devono essere coinvolti in questi flussi?
Solo se ne hanno voglia e se partecipano
attivamente. In questi casi, gli altri partecipanti ai gruppi
devono ridurre le conversazioni inutili a zero.
18
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Canali attivi 24 ore su 24
Domande e risposte
Esistono strumenti di monitoraggio in tempo reale
dei comportamenti degli avversari?
Ne suggeriamo due:
• un pannello di controllo come Tweetdeck o Hootsuite,
per monitorare i flussi legati a specifiche parole-chiave;
• strumenti come IFTTT per ricevere mail
legate a specifiche attività online
(esempio: quando un avversario twitta).
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
4. Le elezioni locali
non sono un test nazionale…
Le dinamiche di voto
sembrano stabilmente legate
a dinamiche competitive nei territori
20
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Il valore locale delle elezioni
“I veneti sono gente pratica. L’anno
scorso hanno voluto premiare il
tentativo di cambiamento di Renzi.
E quest’anno, dovendo pensare
al proprio territorio, abbiamo
confermato Zaia, che è stato un
buon governatore”
(Bepi Covre, imprenditore e sindaco
di Oderzo nel 1993 con la Lega Nord
– articolo di Alberto Brambilla su
La Stampa, 2 giugno 2015)
21
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Il valore locale delle elezioni
Elezioni europee 2014: solo 3 elettori
su 10 hanno votato sulla base della
propria autocollocazione ideologica
(sinistra versus destra) o sulla base di
appartenenza a un partito.
(dati Cise-Luiss, giugno 2014)
È ragionevole prevedere che il peso
della variabile “ideologica” cali
ulteriormente alle elezioni
amministrative, e che al contempo
cresca l’orientamento
di voto/non voto basato
sulla percezione
di credibilità dei candidati.
22
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Domande e risposte
Quanto conta la valutazione dell’amministrazione
uscente nel determinare l’esito di una campagna
elettorale?
I dati delle regionali 2015 sembrano univoci:
il bilancio sull’operato dell’amministrazione uscente
è spesso determinante
(Zaia vince, Rossi vince, Paita perde, Caldoro perde).
Il valore locale delle elezioni
23
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Domande e risposte
Cosa fare in caso di amministrazione uscente percepita
come deficitaria?
Se il candidato ha ben governato e si ricandida,
è importante iniziare la campagna elettorale con largo
anticipo, comunicando intensamente le cose fatte,
per recuperare il consenso.
Se il candidato è nuovo ma espressione dell’amministrazione
uscente, deve marcare sin da subito un profilo di netta
discontinuità, politica prima ancora che comunicativa.
Se il candidato non ha responsabilità nell’amministrazione
precedente ma è della sua stessa parte politica, può
sottolineare le differenze senza timore (Emiliano).
Il valore locale delle elezioni
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
5. …ma sembrano
sempre più legate
a dinamiche nazionali
Cala il ricorso alle preferenze,
anche al Sud Italia.
E se si vota solo la lista,
allora esiste un effetto nazionale
25
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Il valore nazionale delle elezioni
Ricorso al voto di preferenza alle elezioni regionali del 2005-2010-
2015 in sei delle sette regioni andate al voto (dati Istituto Cattaneo).
Se cala il legame tra candidati locali
e territorio, aumenta il peso delle proposte
nazionali nelle scelte di voto.
crescita della Lega Nord - capacità di egemonizzare
i temi dell’immigrazione
26
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Il valore nazionale delle elezioni
Ricorso al voto di preferenza alle
elezioni regionali del 2010-2015 divisi
per appartenenza politica.
Lega e MoVimento5Stelle
sono i partiti i cui elettori
hanno fatto meno ricorso
al voto di preferenza.
(dati Istituto Cattaneo - in Umbria
la Lega Nord è passata dal 4 al 14%
mentre il ricorso alle preferenze degli
elettori della Lega è sceso di 50 punti
percentuali)
27
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Domande e risposte
Cosa conviene fare ai partiti nazionali in vista delle elezioni locali?
Specializzarsi su un unico macro-tema nazionale e
monopolizzarlo (Lega: immigrazione; M5S: ricambio della classe
dirigente)
Esiste un effetto di trascinamento
del leader nazionale sulle elezioni locali?
Sì, se il leader ‘incarna’ il tema nazionale nei suoi interventi a sostegno
dei candidati e sui media.
No, se il leader si limita semplicemente a sostenere
i candidati con iniziative congiunte. In ogni caso l’elettore
ha votato la proposta politica nazionale del partito
più del suo leader (M5S va bene nonostante Grillo sia defilato).
Il valore nazionale delle elezioni
28
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Domande e risposte
Possono esistere strategie diverse sulla base
del posizionamento nazionale dei partiti
(al governo/all’opposizione)?
Questi dati suggeriscono che i partiti al governo
hanno più bisogno di candidati consiglieri forti
e radicati rispetto ai partiti di opposizione.
Il valore nazionale delle elezioni
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
6. I sondaggi sono indispensabili…
ma non sempre ci azzeccano
Serve una riflessione profonda
su efficacia e limiti di uno strumento
di cui comunque non si può fare a meno
30
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Attenzione ai sondaggi
Tutti i sondaggi in Liguria, per tutta la durata della
campagna, attribuivano a Raffaella Paita un leggero
vantaggio su Giovanni Toti. In particolare,
il dato della Lega
è stato sottostimato
e il dato del PD
è stato sovrastimato.
(estratto di un’intervista
a Raffaella Paita, su La Repubblica
del 2 giugno 2015)
31
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Attenzione ai sondaggi
“Votare? L’ho fatto, preferirei non dire per chi”
Estratto di un articolo del Secolo XIX del 2 giugno 2015,
dal titolo:
La breccia della Lega nei caruggi:
«Li voto, ma non fate il mio nome»
32
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Domande e risposte
Come si può migliorare l’affidabilità dei sondaggi?
Anche se i dati indurrebbero a un disinvestimento su
questo tipo di strumenti, la realtà ci dice che il metodo
(e i budget) vanno potenziati per tornare su buoni
livelli di affidabilità. In particolare:
• utilizzare metodi misti
(mai solo interviste telefoniche;
se possibile inserire analisi qualitative,
utilissime per De Luca in Campania);
• allargare l’ampiezza campionaria
(attualmente il campione medio è di 1000 interviste,
nel Regno Unito suggeriscono di arrivare a 4000);
Il valore nazionale delle elezioni
33
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Il valore nazionale delle elezioni
• aumentare la segmentazione su base
territoriale (cittadina o provinciale) e non
accontentarsi più di sondaggi regionali/nazionali;
• aumentare la frequenza
delle rilevazioni
(da mensile a settimanale);
• interrogare i cittadini su tutti i principali
temi di attualità politica
e non indagare solo le intenzioni di voto;
• quando possibile, incrociare i dati di diversi
territori per sondare eventuali
trend nazionali omogenei.
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
7. Più la politica è in crisi,
più gli staff devono
essere organizzati
Quali risorse umane sono indispensabili
per condurre una buona campagna elettorale
al tempo dei social media?
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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Come comporre uno staff
Figure tecniche indispensabili
nella costruzione dello staff
Social media manager (se possibile con competenze minime di
grafica e di montaggio video)
Portavoce/addetto stampa (per comunicati ed eventualmente
per supporto al social media manager)
Responsabile dell’agenda (deve scegliere le attività più utili al
candidato, senza sovraccaricarlo e senza far perdere tempo)
Webmaster (per il sito Internet)
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Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Redattore (per i contenuti per il sito e per il coordinamento
con i comitati elettorali, anche per la produzione di contenuti
‘periferici’
Videomaker (sia per seguire il candidato negli eventi
sia per realizzare spot, tutorial e contenuti per il web)
Fotografo (come sopra)
Tutte queste figure devono essere coordinate
da un coordinatore-campaign manager
(e non dal candidato)
Come comporre uno staff
37
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Domande e risposte
Queste risorse devono essere retribuite?
È altamente consigliabile. Le risorse volontarie
saranno legittimamente impegnate in altro
durante la campagna elettorale
È possibile accorpare alcune di queste competenze
in un’unica figura?
Sì, anche se questo può ridurre la capacità operativa
complessiva della struttura elettorale
Come comporre uno staff
38
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Domande e risposte
Le figure sono tutte indispensabili, a prescindere
dall’ampiezza territoriale e dal tipo di elezione
(amministrativa/regionale/nazionale)?
Il discrimine vero non è la grandezza del territorio
o il numero di elettori da coinvolgere, ma piuttosto
la volontà di essere presenti in Rete
e la quantità di contenuti che si intende produrre
in campagna elettorale.
Se si vuole essere attivi online e vitali, queste figure
sono indispensabili in qualsiasi livello territoriale.
Come comporre uno staff
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
8. Le campagne elettorali
finiscono il venerdì alle 23:59
(e anche dopo)
Abbassare la guardia è vietato,
anche nell’ultima settimana
40
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Si finisce il venerdì alle 23:59
Indecisi nell’ultima settimana (serie storiche ISPO)
Elezioni politiche del 2008: 12% ha deciso nell’ultima settimana,
l’8% il giorno del voto, 11% ha deciso di non votare
Elezioni europee del 2009: 14% ha deciso nell’ultima settimana,
13% il giorno del voto, 13% ha deciso di non andare a votare
Elezioni politiche del 2013: 30% degli elettori (5 milioni di persone)
indeciso nell’ultima settimana
Elezioni Regionali Liguria del 2015 (sondaggi a nostra disposizione):
indecisi stabilmente sopra il 20%, anche nell’ultima settimana
41
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Si finisce il venerdì alle 23:59
In alcuni casi l’appello al voto può essere
orientato all’aumento dell’affluenza
e non semplicemente a portare elettori sul nome del candidato.
È il caso del video con cui Michele Emiliano chiede ai pugliesi
di andare a votare alle elezioni Regionali 2015.
(I sondaggi ci dicevano che Emiliano sarebbe stato avanti
con qualsiasi dato di affluenza)
42
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Si finisce il venerdì alle 23:59
Europee 2014: quasi un elettore
su 5 ha deciso per chi andare
a votare il giorno del voto, o
addirittura nell’urna (di questi,
circa il 25% ha votato PD e circa il 5%
ha votato M5S – dati Euromedia)
43
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Domande e risposte
Esiste il silenzio elettorale su Internet?
La legge che disciplina la materia è del 1956 ed è stata
aggiornata solo nel 1975, dunque non contempla Internet.
Comunicare online durante il silenzio
elettorale non è dunque illegale.
Noi però lo sconsigliamo: riteniamo che il silenzio
elettorale vada comunque rispettato, prima di tutto
per rispettare gli elettori.
Qui i dettagli della nostra proposta.
Si finisce il venerdì alle 23:59
44
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Domande e risposte
Fino a quando ha senso immaginare la produzione
di nuovi strumenti di comunicazione?
Nelle ultime due settimane, a meno che
non emergano forti novità nel dibattito, non ha senso
produrre nuovi materiali ma piuttosto semplificare
la comunicazione, puntando su due-tre messaggi
fondamentali
Gli “eventi finali” hanno ancora senso?
In questi anni è sempre più difficile riempire una piazza
politica, ma chi ha la forza di farlo dovrebbe provarci,
perché un bagno di folla può convincere gli ultimi
indecisi (esempio: Grillo a San Giovanni nel 2013)
Si finisce il venerdì alle 23:59
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
9. Primarie e Amministrative
sono due campagne
completamente diverse
Le regole della consultazione
e le caratteristiche degli elettori
condizionano profondamente
le scelte di comunicazione
46
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
L’elettorato delle Primarie
condotte dal 2005 a oggi presenta
due tipologie di profilo peculiare
e costanti nel tempo:
over 55 e pensionati con dieta
mediatica tradizionale (giornali)
studenti e laureati con dieta
mediatica mista e non televisiva
(In giallo i dati peculiari – tabella
IPSOS sull’elettorato alle Primarie
del centrosinistra del 2012, primo
turno)
Primarie versus Amministrative
47
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Primarie versus Amministrative
Domande e risposte
Quali sono le principali differenze di comunicazione
tra elezioni primarie ed elezioni amministrative?
Regole di accesso ai mezzi: quasi sempre
le coalizioni si auto-impongono restrizioni nell’acquisto
di spazi pubblicitari, in particolare su tv e radio;
Tetto di spesa: alle Primarie è quasi sempre
previsto un tetto di spesa piuttosto basso per le
campagne dei candidati (Primarie PD 2013: tetto
di spesa nazionale di 200.000 euro, inclusi eventuali
costi di agenzia);
48
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Tipologia di elettorato: l’elettorato delle
Primarie è mediamente più anziano e scolarizzato
rispetto all’elettorato delle Amministrative, va
raggiunto con la stampa, la “piazza” e Internet;
Ruolo della televisione: poco determinante
alle Primarie, assolutamente centrale alle
Amministrative.
Primarie versus Amministrative
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
10. Sto lontano
dallo stress
700 giorni sono tanti:
serve disciplina e strategie
individuali di decompressione
50
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Tecniche di gestione incontrate
nel nostro cammino in questi due anni
Fare la spesa di patatine fritte e taralli
per tutto l’ufficio ogni settimana (tecnica Amenduni)
Spegnere il telefono un’ora in pausa pranzo, qualsiasi cosa accada
Darsi un orario fisso di inizio e/o fine lavoro
Irreperibilità totale in alcuni momenti della settimana
Sto lontano dallo stress
51
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
Attività fisica regolare
Brevi pause cadenzate a distanza di due ore
Non lavorare solo sulle campagne elettorali
(tecnica Proforma, attenzione a non esagerare con le ore di lavoro)
Non perdere energie a litigare sui social media
Smettere del tutto di lavorare una volta usciti dall’ufficio
Sto lontano dallo stress
52
Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali
conclusione
“La vita può essere capita
solo all’indietro,
ma va vissuta in avanti”
Søren Kierkegaard
Se avessi capito la metà delle cose che ho scritto in questa
presentazione PRIMA della fine delle campagne elettorali,
sarei stato un comunicatore politico migliore.
Per questo ho deciso di condividere con voi ciò che ho imparato.
pubblicata il 17 dicembre 2015
Buone e cattive pratiche
di comunicazione politica
sui social media
(e cosa possiamo imparare da queste storie)
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Proforma - corso universitario di comunicazione politica allo IED: tutte le slide

  • 1. Istituto Europeo del Design - Roma Corso di comunicazione politica
  • 2. 5 novembre 2015 Le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru.
  • 3. 2 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru chi sono Mi chiamo Andrea Camorrino Sono socio, direttore commerciale e consulente di comunicazione politica dell’agenzia di comunicazione Proforma (www.proformaweb.it) @A_iR andrea.camorrino@proformaweb.it linkedin.com/in/andreacamorrino facebook.com/andrea.camorrino gravatar.com/andreacamorrino
  • 4. le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru premessa
  • 5. 4 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Il linguaggio della politica è costruito con alcuni stilemi che lo rendono immediatamente riconoscibile. Da alcune tracce possiamo anche subito individuare se si tratti di un politico di sinistra o di destra.
  • 6. 5 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Facciamo un esempio, con una frase retorica classica e secca. Sarà di destra o di sinistra chi ha detto: “C’è chi crede che lealtà, amicizia e solidarietà siano missioni da compiere ogni giorno” ? Ecco chi lo ha detto
  • 7. 6 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Per acquistare una autovettura, la componente più importante è l’emozione. Per conquistare un target giovane, il messaggio del gestore di telefonia è socialità + sensualità.
  • 8. 7 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru In sostanza, dalla comunicazione non abbiamo informazioni sul sapore dell’amaro, sulle caratteristiche tecniche della autovettura, sulla qualità della rete cellulare. Diamo per acquisito che mentre accediamo ad un prodotto, stiamo entrando nel suo universo valoriale. Il graffio della Nike non è un paio di scarpe, la mela della Apple non è un microprocessore, le ali della Red Bull nulla hanno a che vedere con il gusto della bevanda.
  • 9. 8 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Possiamo dunque dire – semplicemente da fruitori (attivi e passivi) di comunicazione – che tutti i grandi prodotti non vendono primariamente sé stessi per quel che sono, ma per il loro universo valoriale costruito da squadre di marketing solitamente eccellenti.
  • 10. 9 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Torniamo alla politica ma anche Le parti politiche coincidono con il loro universo valoriale, che non può essere affidato ad un ufficio marketing. Nonostante una vulgata alla moda sostenga diversamente, la politica è cosa altra da un prodotto commerciale. La loro comunicazione rispecchia questa differenza radicale, pur non mancando di perfette analogie.
  • 11. le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru le differenze
  • 12. 11 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru I prodotti commerciali sono cose concrete che per vendersi meglio necessitano di un universo di valori. La politica ha radici in un universo di valori, ma per veicolarli deve tradurli in cose concrete.
  • 13. 12 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Il comunicatore politico deve: rendere comprensibile il linguaggio del politico; tradurre i programmi astratti in azioni chiare; sollecitare l’utilizzo di esempi pratici e di riferimenti alle cose della quotidianità.
  • 14. 13 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru I prodotti commerciali non essenziali rispondono ad aspettative create dalla comunicazione. La politica è una esigenza propria dell’uomo come animale sociale.
  • 15. 14 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Il comunicatore politico deve: fare i conti con la pessima condizione della (immagine della) politica oggi; provare a veicolare il senso più profondo della politica in ogni azione di comunicazione; essere consapevole che nel suo mestiere vivrà in ambienti colmi di passione pura e di cinismo freddo, talvolta alternati, spesso contemporanei.
  • 16. 15 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Gli uffici marketing dei prodotti commerciali di regola pianificano la comunicazione e devono badare al loro segmento di mercato. La politica comunica 24 ore su 24, 365 giorni su 365, ed è soggetta all’interazione tra i soggetti politici, nonché a variabili di ogni tipo: ambientali, sociali, economiche, locali, internazionali, etc.
  • 17. 16 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Il comunicatore politico deve: convincere il politico che la sua comunicazione non può essere presente a fasi alterne; ottenere un utilizzo corretto dei diversi media a disposizione, soprattutto in condizioni di forte sovraesposizione; riuscire in una gestione coerente, lineare, genuina dei social network, il media per eccellenza del racconto permanente.
  • 18. 17 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Alcuni prodotti differiscono unicamente per il packaging. Ogni uomo o donna in politica è diverso dall’altro.
  • 19. 18 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Il comunicatore politico deve: entrare in sintonia con il politico, ricordando sempre che il proprio ruolo è suggerire come dire e mai cosa dire; esigere uno staff di livello dove i compiti siano chiari a tutti; soprattutto nei periodi di forte stress, essere pronto ad una gestione molto elastica dei propri tempi, che spesso si venano di contributi psicologici.
  • 20. le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru analogie
  • 21. 20 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Se un politico è scarso o commette errori nessuna comunicazione potrà mai salvarlo. Lo stesso vale per un prodotto commerciale.
  • 22. 21 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Il comunicatore politico deve: mettere subito in chiaro che il suo mestiere non è fare miracoli; esigere in partenza un sondaggio almeno quantitativo (meglio se anche qualitativo); rifiutare commesse pur importanti se, a fronte di una condizione di partenza pessima, la richiesta è: “fateci vincere”.
  • 23. 22 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Un buon politico mal comunicato diventa un cattivo politico. Lo stesso vale per un prodotto commerciale.
  • 24. 23 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Il comunicatore politico deve: essere conscio del proprio ruolo di responsabilità; studiare il contesto ricordando che ogni situazione differisce dall’altra; ricordare che la sua figura è contemporaneamente interna ed esterna, e non deve mai essere solo esterna o solo interna per non perdere lucidità.
  • 25. 24 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Come per un prodotto commerciale, un politico che vuole parlare ad un vasto pubblico deve conoscere tutte le regole della comunicazione. Come per un prodotto commerciale, un ottimo politico con una ottima comunicazione moltiplica con progressione geometrica il proprio successo.
  • 26. 25 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru È per questo che il comunicatore politico è in primo luogo un comunicatore. È per questo che – se consapevole delle radicali differenze tra i due prodotti – deve trattarli esattamente allo stesso modo.
  • 27. le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru conclusioni
  • 28. 27 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Fino a 20 anni fa, la comunicazione politica corrispondeva alla migliore organizzazione dei contenuti programmatici di un partito, dove il punto più alto della creatività era lo slogan su un manifesto.
  • 29. 28 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Oggi il claim, il visual, il payoff sono l’ultima derivata di una analisi su una strategia complessiva, della ricerca della narrazione più efficace, del posizionamento più coerente, dello studio dei punti di forza e di debolezza, della diversificazione degli strumenti e – se possibile – dei target.
  • 30. 29 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Da punti di partenza agli antipodi nei fondamenti, le forme del percorso creativo per i prodotti commerciali e per la politica diventano le stesse, nella pratica reale.
  • 31. 30 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Dunque anche gli esiti: una straordinaria pubblicità non potrà variare il sapore sbagliato o la cattiva fattura di un prodotto. Al picco di vendite dovuto alla comunicazione, seguirà il declino dovuto alla esperienza reale del consumatore.
  • 32. 31 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Allo stesso modo, i politici capaci di permanere sulla scena mediatica con reali punte di consenso sono sempre figli della loro qualità, che può essere aiutata dalla comunicazione ma non inventata.
  • 33. 32 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru La figura del guru capace di tirare fuori dal nulla il candidato di successo è una invenzione comoda a quelli che vogliono dimostrare che i politici sono tutti uguali e che basta un po’ di buon marketing per vincere le elezioni.
  • 34. 33 le differenze essenziali tra un detersivo e un politico e la fantasmagoria del guru Per fortuna della democrazia e per sfortuna della voglia di onnipotenza del creativo, non è così.
  • 35. 12 novembre 2015 Governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali. 10 appunti per il comunicatore politico.
  • 36. 2 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali chi sono Mi chiamo Andrea Camorrino Sono socio, direttore commerciale e consulente di comunicazione politica dell’agenzia di comunicazione Proforma (www.proformaweb.it) @A_iR andrea.camorrino@proformaweb.it linkedin.com/in/andreacamorrino facebook.com/andrea.camorrino gravatar.com/andreacamorrino
  • 37. governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali premessa
  • 38. 4 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
  • 39. 5 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
  • 40. 6 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
  • 41. 7 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Nei 3 giorni che vanno dal sei all’otto novembre 2015 Matteo Salvini, leader della Lega Nord, pubblica sulle proprie pagine Facebook 15 contenuti a sfondo xenofobo.
  • 42. 8 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Siamo nel periodo antecedente una importante manifestazione nazionale per quel partito: occorre motivare i propri militanti alla partecipazione. Ma nessuno si può stupire di testi siffatti: siamo pienamente entro la narrazione leghista.
  • 43. 9 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali In effetti, le dichiarazioni di Salvini che producono sincero spaesamento, nell’agenda politica italiana, sono quelle del 10 settembre 2015.
  • 44. 10 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali
  • 45. 11 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Perché succede questo? Occorre un flashback in forma di appunti.
  • 46. governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali 10 appunti
  • 47. 13 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Fonte: Analfabetismo funzionale (Wikipedia)
  • 48. 14 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Nella comunicazione politica, la politica è la condizione necessaria (ma non sufficiente). appunto 1
  • 49. 15 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Una ottima comunicazione non potrà mai rendere buona una azione politica vacua, contraddittoria, debole.
  • 50. 16 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Una cattiva comunicazione può però deteriorare una buona azione politica.
  • 51. 17 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali La politica è inscindibile dalla sua comunicazione. appunto 2
  • 52. 18 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Supporre che un buon contenuto si racconti da sé è una fesseria.
  • 53. 19 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali La comunicazione politica esiste da sempre, anche se prima si chiamava stampa e propaganda. Ma oggi è cambiata e cambia in continuazione.
  • 54. 20 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Nessuna brillante campagna di comunicazione può risollevare le sorti di una prolungata cattiva (comunicazione) politica precedente. appunto 3
  • 55. 21 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali “Ora facciamo le cose, poi a fine mandato le raccontiamo bene”: se va bene si devono fare le corse per recuperare il tempo perso contro la narrazione degli altri. Se va male, non si recupera sull’agenda fissata nel frattempo dagli altri.
  • 56. 22 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali “Ora facciamo le cose, poi quando la gente vedrà i risultati non ci sarà nessuna campagna contro che potrà fregarci”: se va bene si dovrà fare comunque comunicazione ma in ritardo. Se va male, la campagna degli altri è già stata: “il miglioramento non c’entra niente con l’azione dell’esecutivo”.
  • 57. 23 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Una goccia di comunicazione al giorno scava la pietra, una cascata negli ultimi 60 la disperde.
  • 58. 24 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali È fondamentale avere un passato da raccontare, un orizzonte da proporre, un presente che lo vivifichi. Il tutto nella coerenza della biografia che parla. appunto 4
  • 59. 25 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali L’uomo di potere non si potrà mai rifare una verginità in modo credibile, il ragazzo alla prima esperienza è inutile che millanti esperienza. Entrambi hanno altri punti di forza da far valere.
  • 60. 26 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Nessuna notizia domina l’immaginario per più di una decina di giorni. Non appena ha perso l’appeal, viene surclassata da una nuova più importante per il marketing delle emozioni. appunto 5
  • 61. 27 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Il marketing delle emozioni è mosso dai media tradizionali, dalle discussioni sui social, dai trending topic: non c’è il grande fratello cattivo, ma un sistema cui prendiamo parte.
  • 62. 28 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Pochi sopporterebbero 10 giorni senza una emozione nuova.
  • 63. 29 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Una comunicazione senza ritmo fa cambiare canale.
  • 64. 30 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali La comunicazione semplifica, ma la realtà è complessa. appunto 6
  • 65. 31 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali “Per ogni situazione complessa c’è una risposta semplice, ed è sbagliata” (autore incerto)
  • 66. 32 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali La comunicazione irresponsabile si può consentire di semplificare tutto. Quella responsabile, sembra in un cul de sac: se comunica in modo complesso, sarà sopraffatta dal linguaggio semplice degli altri; se comunica ipersemplificando, estromette la complessità, che è il terreno del suo cimento.
  • 67. 33 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali La prevalenza della narrazione ipersemplificata ha reso i racconti complessi quasi del tutto irricevibili.
  • 68. 34 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Se costruiamo una griglia, dividendo le suggestioni tra quelle legate alla semplicità e quelle legate alla complessità, la sfida della comunicazione responsabile pare impossibile. appunto 7
  • 69. 35 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali SEMPLICITÀ COMPLESSITÀ Caducità Memoria Velocità Lentezza New media Old media Populismo Responsabilità Opposizione Governo Pancia Testa Pars destruens Pars costruens Evocazione Costruzione Brevissimo termine Medio e lungo termine
  • 70. 36 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali La società (italiana) della semplificazione ha prodotto (ed è il prodotto de) il più alto tasso di analfabeti funzionali al mondo. appunto 8
  • 71. 37 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Se il destinatario non capisce, la domanda sui compiti della comunicazione cambia.
  • 72. 38 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Se il destinatario non capisce, la comunicazione deve diventare ancora più elementare?
  • 73. 39 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Al comunicatore politico viene chiesto di rendere semplici gli argomenti complessi. Ma è arrivato invece il tempo di reintrodurre elementi di complessità nel discorso politico oggi ipersemplificato. appunto 9
  • 74. 40 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Gli argomenti complessi, ipersemplificati, diventano simulacri di ragionamento, dove i nessi di causa effetto sono completamente persi.
  • 75. 41 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Gli argomenti complessi non hanno un luogo dove essere rappresentati: la tv misura in soundbite, il tweet è di 140 caratteri, il filmato virale deve stare nei 20-30 secondi, l’editoriale cartaceo si rivolge ad una elite.
  • 76. 42 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali La ricomplessizzazione dell’immaginario collettivo non è solo responsabilità del discorso politico, ma è uno dei compiti principali della comunicazione politica.
  • 77. 43 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali I mediatori del XX secolo tra il discorso politico e i cittadini, i giornalisti, sono i corresponsabili di una infinita coazione a ripetere del discorso ipersemplificato che procede per inerzia, pigrizia, incapacità di sperimentare. appunto 10
  • 78. 44 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Il cerchio politico-giornalista, (disinter)mediato o meno da un tweet o un post, riproduce 99 volte su 100 un piccolo mondo antico totalmente autoreferenziale.
  • 79. 45 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Il piccolo mondo antico dimora e finisce nella somma dello share dei due talkshow del martedì.
  • 80. governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali conclusioni
  • 81. 47 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Fonte: Sondaggio Demos Pi, Settembre 2015 (base: 1055 casi)
  • 82. 48 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Abbiamo qualche elemento in più per rispondere: perché Salvini il 10 settembre ha detto di essere pronto ad ospitare un profugo?
  • 83. 49 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali La risposta ha qualche elemento di complessità (evviva) nel contesto di quel periodo: Papa Francesco invoca accoglienza con toni sempre più forti e duri, fino a chiedere ad ogni parrocchia di ospitare una famiglia di profughi.
  • 84. 50 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Angela Merkel decide di aprire le frontiere, usando parole nettissime.
  • 85. 51 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Il Governo italiano, che da sempre lavora per favorire una politica europea di accoglienza, abbandona sempre più anche gli indugi nel linguaggio.
  • 86. 52 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Le immagini di disperazione aumentano a dismisura fino a quella – umanamente intollerabile – del piccolo Aylan sulle spiagge turche.
  • 87. 53 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali La politica ha mosso i suoi passi, la comunicazione ha seguìto.
  • 88. 54 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali A sinistra si è passati da “La legalità non è né di destra né di sinistra” (dunque avallando l’idea che il migrante sia motivo di illegalità, secondo l’agenda dettata da destra) allo “scontro tra umani e bestie”: dalla paura alla speranza, dalla “Ruspa!” alla fratellanza.
  • 89. 55 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali L’agenda su questo tema si è spostata a sinistra, tramite l’introduzione di minimi elementi di complessità nella narrazione, rompendo l’equazione migrante=delinquente e puntando sul tema della fuga dalla guerra, della responsabilità, della umanità. Concetti più complessi di paura e “Ruspa!”.
  • 90. 56 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Che Salvini parlasse credendo alle sue parole o solo per opportunismo, il discorso non varia: “Ruspa!” in quelle ore non era più in sintonia con la coscienza collettiva, dopo 20 anni nei quali di fronte a “Ruspa!” una narrazione alternativa era muta.
  • 91. 57 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali Il tema della immigrazione è stato fino ad agosto il tema politico impraticabile per eccellenza nell’ambito della razionalità, mentre oggi sembra conquistato (per quanto tempo dipenderà dai passi successivi) ad un ragionamento potabile. A conferma della tesi che la prossima via della comunicazione politica – per chi vuole andare oltre il populismo - non sta nella semplificazione, ma nella ricomplessizzazione del discorso politico.
  • 92. governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali i compiti a casa del comunicatore politico
  • 93. 59 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali SEMPLICITÀ COMPLESSITÀ Caducità Memoria Velocità Lentezza New media Old media Populismo Responsabilità Opposizione Governo Pancia Testa Pars destruens Pars costruens Evocazione Costruzione Brevissimo termine Medio e lungo termine
  • 94. 60 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali 1. Il nuovo compito del (comunicatore) politico responsabile è rendere la complessità in modo chiaro ma senza banalizzarla (ovvero negarla) e senza vergognarsene.
  • 95. 61 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali 2. Il politico responsabile va in televisione solo se ha la certezza di potere argomentare le proprie tesi e se ha di fronte un giornalista responsabile (bando assoluto alla politica di palazzo, parlare solo di fatti concreti, sottoporsi a fact checking).
  • 96. 62 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali 3. Il politico responsabile disegna scenari di futuro in ogni suo discorso: il breve termine è sempre al servizio di un progetto a medio e lungo termine.
  • 97. 63 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali 4. Il politico e il suo staff studiano come introdurre elementi di complessità senza perdere ritmo, come prendere qualche secondo in più per argomentare ma senza eccedere e senza annoiare.
  • 98. 64 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali 5. Il politico responsabile utilizza strategie on e off line coerenti tra loro, che giocano di rimando, 24 ore al giorno, ma senza disumanizzarsi, 365 giorni all’anno, ma senza credere che il mondo nasca e finisca nella politica.
  • 99. 65 governare la complessità nella patria degli analfabeti funzionali 1. Non si fa ingannare dalla caducità e rievoca le tappe del passato; 2. È veloce ma introduce pause di riflessione; 3. Sta sui new media in modo corretto e usa gli old media solo alle proprie condizioni; 4. È pop senza cedere al populismo; 5. È al governo anche quando è all’opposizione; 6. Emoziona di pancia, ma parla sempre alla testa; 7. Non distrugge se non sa come costruire; 8. Evoca e costruisce, costruisce ed evoca, sempre, incessantemente; 9. Il breve termine è solo parte dichiarata di un progetto complessivo. Rifacendoci alla nostra tabella, in sintesi, il politico responsabile:
  • 100. 19 novembre 2015 Bari, elezioni Amministrative 2014: la case-history Primarie, primo turno, ballottaggio: la campagna di Antonio Decaro, sindaco di Bari
  • 101. 2 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history chi sono Mi chiamo Dino Amenduni Twitter @doonie e-mail dino.amenduni@proformaweb.it tutto il resto about.me/dinoamenduni Sono comunicatore politico e pianificatore strategico per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it) Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso e La Repubblica Bari e formatore (su social media marketing e comunicazione politica) Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente (sia la consultazione che il download) agli indirizzi www.slideshare.net/doonie e www.slideshare.net/proformaweb
  • 102. 3 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history 1. 30 dicembre 2013, processo per concorso in tentato abuso d’ufficio (rito abbreviato): assoluzione 2. 11 gennaio 2014, annuncio della candidatura alle Primarie del centrosinistra 3. 24 febbraio, vittoria alle Primarie (turno unico) con il 53% dei voti 4. 26 aprile, presentazione del cuore del suo programma in un evento pubblico 5. 25 maggio, al primo turno, Decaro ottiene il 49% 6. 8 giugno, vittoria al ballottaggio con il 65% i momenti clou della campagna
  • 103. Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history primarie Niente soldi, niente polemiche, niente slogan: la campagna a impatto zero.
  • 104. 5 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Antonio Decaro è il protagonista di un video (in stile Art-Attack) in cui chiede ai suoi sostenitori di aiutarlo a realizzare manifesti della campagna a costo zero, attraverso foto-selfie da inviare via Facebook. Modello: dal denaro al surplus cognitivo. primarie: il video-tutorial
  • 105. 6 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history L’allestimento del comitato “fisico” di Antonio Decaro, ubicato esattamente di fronte al comitato del suo avversario principale (Mimmo Di Paola) è realizzato utilizzando gli scatti giunti nelle settimane di campagna per le Primarie. La partecipazione online ha un significato simbolico tangibile. primarie: circolo online-offline
  • 106. Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history amministrative: la campagna “Il mio sindaco siamo noi”: la creatività declinata in tre fasi.
  • 107. 8 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Come dare forza a una campagna corale? “Io non so fare molte cose, ma una sì: so risolvere problemi. Lo faccio da dieci anni. Ma se credete che io possa farlo da solo, siete fuori strada.” (11 gennaio 2014). Il suo modello di governo (e di campagna elettorale) è orientato al dialogo e all’assunzione di responsabilità: “Ascolto tutti ma decido io”. amministrative: scenario
  • 108. 9 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Per supportare questa scelta strategica, la campagna per le Amministrative è stata divisa in tre fasi: a. una campagna teaser, mirata a raccogliere suggerimenti programmatici dai cittadini; b. lo sviluppo (revealing) con l’utilizzo dei suggerimenti più ricorrenti, incarnati da cittadini con storie coerenti con i testi; c. una foto di Decaro con i protagonisti della revealing e con due volontari di DeClub (comitato elettorale), per dare sostanza al claim della campagna: “Il mio sindaco siamo noi”.
  • 109. 10 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history amministrative: teaser Primo manifesto 6x3: indirizzo email volutamente generico, raccolta degli spunti via mail, sintesi degli spunti ricevuti in cluster tematici coerenti con le richieste più rilevanti sulle priorità amministrative, emerse dai sondaggi. Una campagna aperta ai contributi di tutti i cittadini.
  • 110. 11 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history amministrative: revealing Campagna affissioni: i soggetti sono cittadini-“testimonial”, le loro storie personali incrociano gli slogan tematici, dando coerenza al tema generale della campagna (ascolto + decisione grazie ai cittadini – “il mio sindaco siamo noi”). La cornice è simbolo di continuità narrativa tra Primarie e Amministrative.
  • 111. 12 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history
  • 112. 13 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history amministrative: dieta mediatica Dove si informano i cittadini baresi? La televisione pesa quasi tre volte i social media (sondaggio SWG, aprile 2014). Il posizionamento strategico delle Primarie non avrebbe funzionato alle Amministrative.
  • 113. 14 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Amministrative: gradimento Impatto della campagna elettorale (sondaggio SWG, aprile 2014) I messaggi hanno funzionato, anche tra gli indecisi (budget dichiarati per l’intera campagna elettorale: Decaro 200 mila euro, Di Paola 325 mila euro)
  • 114. Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history La “fohaccia”: il video Decaro-Boschi #sciamaninn: perché quel video, perché è stato stroncato, perché ha funzionato (comunque).
  • 115. 16 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Decaro-Boschi: scenario Obiettivo strategico: consolidare il ticket Comune-Governo, nuova amministrazione-nuovo PD, Decaro-(governo) Renzi Gradimento del governo Renzi: 56% a febbraio, 61% a maggio (Demos). Percentuale di gradimento di Maria Elena Boschi: 59% ad aprile 2014. 55% dei cittadini baresi si informano attraverso la televisione (SWG) → necessità di realizzare spot tv Il ministro Boschi è a Bari (per poche ore) per un’iniziativa pubblica a sostegno di Decaro L’aereo che la porta a Bari arriva con un’ora di ritardo… Il video va girato in pochi minuti: buona la prima.
  • 116. 17 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Decaro-Boschi: il video Spot 30 secondi (creatività Proforma, regia di Giovanni Abbaticchio, staff Decaro, pubblicato il 14 aprile 2014). Comunicare la familiarità.
  • 117. 18 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Decaro-Boschi: stroncature “Ricordi una scena scartata dal film ‘Amici come noi’ di Pio e Amedeo. Scartata perché non funzionava, perché non faceva ridere, perché la comicità pugliese è altra cosa.” (Aldo Grasso, Corriere della Sera) “Più che uno spot elettorale, sembra l’inizio di un film porno.” (Andrea Scanzi, Il Fatto Quotidiano, su Twitter) “Il gusto più amaro di questo allegro, leggero, solare spot elettorale lo offre l’inutile ricerca di un qualsiasi senso politico nel messaggio dei due. L’inutile caccia a un seppur minimo accenno al programma, a un’idea, a una suggestione di un programma, all’ombra di un’idea. Niente.” (Angelo Rossano, Corriere del Mezzogiorno)
  • 118. 19 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Decaro-Boschi: analisi Decaro ha perso o guadagnato voti? Difficile da dire, mancano indicatori di misurazione certi. Però: Le analisi si sono concentrate sugli aspetti attoriali- scenici e in parte sulla sceneggiatura, in pochi hanno ragionato sul raggiungimento del nostro vero obiettivo strategico (il “ticket”). L’hashtag #sciamaninn è diventato virale (e il video ha ottenuto 46mila visualizzazioni su YouTube, stroncature incluse, oltre a essere caricato su tutti i principali portali nazionali.
  • 119. 20 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Il video ha generato una risposta-parodia da parte del centrodestra (Giorgia Meloni e Filippo Melchiorre, candidato vicesindaco), che ha dato ulteriore centralità al “caso”. Tra aprile e maggio, Decaro è cresciuto di 4 punti nei sondaggi. Non sarà merito del video, ma… Analizzare un singolo contenuto senza ragionare sul significato strategico di medio-lungo termine è, spesso, un errore.
  • 120. Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Chiama Decaro: il video istituzionale Come comunicare un tema serissimo della campagna elettorale attraverso l’ironia (anche nei confronti dell’avversario).
  • 121. 22 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Come valorizzare i principali punti di forza del profilo di Decaro? Vicino alla gente Competente Giovane, ma già con una buona esperienza amministrativa Risolutore di problemi Autoironico Barese “verace” Con un buon seguito giovanile (a partire dall’attivismo del comitato elettorale) Chiama Decaro: scenario
  • 122. 23 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Chiama Decaro: scenario Il profilo di Antonio Decaro tra i baresi (sondaggio SWG, aprile 2014 / confronto con marzo 2014) Lo spot “ufficiale” doveva potenziare questo profilo già in via di consolidamento.
  • 123. 24 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Chiama Decaro: il video Spot da 30 secondi: 64mila visualizzazioni su YouTube, 90mila in totale (creatività Proforma, regia di Pippo Mezzapesa. Pubblicato l’8 maggio 2014). La competenza diventa tormentone.
  • 124. 25 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Chiama Decaro: analisi Tre livelli di lettura del video A livello locale: “Chiama Decaro” risulta credibile perché coerente con la biografia politica del candidato (nota: nell’ultima scena del video compaiono la moglie e le due figlie del candidato). A livello nazionale: il video fa sorridere perché evoca un tormentone, facendo riferimento anche a situazioni ironiche (crisi coniugali, auto in panne, etc). Nel confronto con l’avversario, il cui video è citato esplicitamente con l’obiettivo di prenderlo in giro e di creare straniamento ai cittadini che li hanno visti in tv uno dietro l’altro.
  • 125. 26 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Chiama Decaro: lo sfottò Fotogramma dello spot originale di Di Paola (qui il video) Fotogramma dello spot di Decaro che “cita” l’avversario
  • 126. Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Comunicare il programma Convincere dell’esistenza dei contenuti (mentre in tanti dicono che non ci sono).
  • 127. 28 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Come comunicare un contenuto complesso in modo che sia accessibile al più alto numero di elettori? Antonio Decaro ha presentato il cuore del suo programma in un evento pubblico. In questa sede ha parlato per quasi due ore, proiettando 64 slide che raccontavano cifre, scelte, impatti sul futuro della città. Il programma: scenario
  • 128. 29 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history I messaggi erano sempre accompagnati da claim, impaginazioni “pop” senza mai rinunciare all’approfondimento di contenuto. Le slide sono state subito pubblicate su Slideshare e condivise sul sito e sui social media. L’ultima slide prevedeva il prospetto che certificava le coperture economiche necessarie a mantenere ciò che si era promesso.
  • 129. 30 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Le cinque macro-idee di programma (qui il documento integrale) sono state comunicate secondo un percorso (grafica, impaginazione, testi) autonomo, che ha sempre tenuto conto delle necessità del lettore/elettore. Dovere della comunicazione istituzionale: essere comprensibile. Il programma: le slide
  • 130. 31 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history (qui: piano del trasporto pubblico) (qui: bici-plan)
  • 131. 32 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history (qui: digitalizzazione) (qui: piano per il verde pubblico)
  • 132. 33 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history (qui: “piazze marine”)(qui: riqualificazione Caserma Rossani)
  • 133. 34 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Il programma è “certificato” da un documento che dimostra l’esistenza delle coperture finanziarie, oltre che una stima precisa dei costi di ogni misura annunciata Fine della retorica: si deve promettere solo ciò che si può mantenere. Il programma: le coperture
  • 134. Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history I social media Format stabili, programma, post sponsorizzati: sei mesi di lavoro a sostegno della strategia generale (qui la pagina FB di Decaro)
  • 135. 36 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Come utilizzare i social media modificando la strategia nelle varie fasi della campagna ma mantenendo coerenza nel tono e nello stile di gestione? Social media: scenario
  • 136. 37 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Comunicando per format stabili di comunicazione, contenuti omogenei per tipologia, pubblicabili a intervalli fissi e “a freddo” (una volta approvato il format, il social media manager può muoversi in autonomia). Comunicando in diretta gli eventi principali della campagna elettorale (confronti televisivi, eventi, comizi, appuntamenti nei quartieri, etc). Utilizzando contenuti “pop” (foto informali, comunque non elettorali) in specifici momenti della campagna (giorni festivi, pause, giorni di silenzio elettorali). Pianificando post sponsorizzati su Facebook.
  • 137. 38 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Post sponsorizzati per la politica: il modello-Proforma Una campagna di advertising su Facebook deve sempre iniziare da un’azione mirata ad aumentare il numero di “mi piace” all’interno del territorio elettorale (in questo caso: utenti maggiorenni residenti a Bari città). I primi post sponsorizzati devono essere successivi o al massimo contemporanei a questa campagna. I post sponsorizzati devono coincidere, quando possibile, con i format “fissi” progettati per i social medi (ad esempio: webcard, infografiche, numeri, contenuti di programma).
  • 138. 39 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history I post sponsorizzati devono avere come target i soli utenti che hanno cliccato “mi piace” sulla pagina del politico. Se un utente vuole essere informato, avrà già cliccato mi piace (campagna al punto 1). Se non vuole essere informato, vivrà la comunicazione politica come invasiva, come spam. Gli unici post meritevoli di essere sponsorizzati sono i contenuti programmatici, cioè tutti i contenuti che possono generare empowerment individuale degli utenti/sostenitori. Il politico offre un contenuto rilevante per l’utente che, dunque, ha più motivi per condividerli con i suoi amici, allargando così la base degli utenti che vedranno il post (senza essere infastiditi dalla comunicazione direttamente elettorale). È possibile sponsorizzare anche contenuti video (spot, tutorial, data-journalism) ed eventi speciali.
  • 139. 40 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Tutti gli altri post (contenuti politici, polemiche, foto pop, aggiornamenti d’attualità) non vanno sponsorizzati sia perché in alcuni casi sono meno rilevanti, sia per evitare eventuali strumentalizzazioni (esempio: se un politico fa una foto con la sua famiglia e lo sponsorizza, quest’ultima diventa contenuto elettorale, generando un possibile effetto boomerang).
  • 140. 41 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Primarie: i decaroghi Ogni martedì, Decaro ha pubblicato dieci impegni relativi a un tema specifico, su un tema diverso di settimana in settimana. Social media: i format 1º decarogo: le dieci cose che non farò da sindaco 6º decarogo: scritto grazie ai consigli dei cittadini
  • 141. 42 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Amministrative: 50 idee in 50 giorni Ogni giorno, negli ultimi 50 giorni di campagna elettorale (senza alcuna interruzione), è stata pubblicata un’idea di programma. pubblica illuminazione marketing territoriale
  • 142. 43 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Amministrative: le slide (sponsorizzate) Nelle ultime due settimane, una volta ogni 48 ore, è stata pubblicata una slide del documento programmatico, re-impaginata per rispettare la regola del 20% di testo nelle immagini, necessaria per sponsorizzare un post. reddito di cittadinanza
  • 143. 44 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Ballottaggio: 10x100 Nei 10 giorni centrali della campagna del ballottaggio, ogni 24 ore (primo contenuto del giorno), sono stati pubblicati i 10 impegni che Decaro ha preso nei primi 100 giorni di mandato. manutenzione delle strade 1, 2, 3, 4, 5, 6
  • 144. 45 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history Il contenuto più popolare della campagna Festa della mamma, foto di Decaro che lava i piatti (citando il finale dello spot Chiama Decaro). Pop funziona quando è vero e coerente. Ma comunque non basta. Nota: Decaro primo tra i candidati sindaci in Italia nel 2014 per “mi piace” e portata.
  • 145. 46 Bari, elezioni amministrative 2014: la case-history 23 giugno 2014: la proclamazione
  • 146. pubblicate il 26 novembre 2015 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Faccioni sui manifesti, etica aziendale, marketing virale, gestione delle comunità online: una selezione delle questioni più frequenti raccolte in questi anni
  • 147. 2 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze chi sono Mi chiamo Dino Amenduni Twitter @doonie e-mail dino.amenduni@proformaweb.it tutto il resto about.me/dinoamenduni Sono comunicatore politico e pianificatore strategico per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it) Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso e La Repubblica Bari e formatore (su social media marketing e comunicazione politica) Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente (sia la consultazione che il download) agli indirizzi www.slideshare.net/doonie e www.slideshare.net/proformaweb
  • 148. 3 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 1. Lavorate per tutti i politici che vi chiamano? 2. Voglio fare comunicazione politica: mi date un consiglio? 3. Esiste un profilo professionale ideale per lavorare sulla comunicazione politica online? 4. Manifesti elettorali: faccioni sì o faccioni no? 5. Non avete paura che le vostre campagne siano oggetto di satira? 6. Un politico sta per iniziare una campagna elettorale e vuole fare il primo passo su Facebook: meglio usare un profilo o aprire una pagina pubblica? 7. Chi deve gestire gli account social dei politici in campagna elettorale (il candidato, i comunicatori, entrambi)? 8. Cosa faccio quando un utente trolla o insulta? 9. È efficace l’utilizzo dei social media anche in contesti territoriali molto piccoli? 10. Il marketing virale può aiutare la politica? le dieci domande
  • 149. 4 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze prima di iniziare Facciamo una raccolta di domande libere da parte vostra. Ad alcune ci sarà risposta già in queste slide, ad altre proveremo a rispondere in una prossima presentazione.
  • 150. Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 1. Lavorate per tutti i politici che vi chiamano? No, per scelta. Ma pensiamo che sia legittimo pensarla diversamente
  • 151. 6 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze No. Riteniamo che le campagne elettorali richiedano il 101% dello sforzo professionale dei consulenti di comunicazione politica, in qualsiasi contesto si svolgano (dai piccoli centri a campagne nazionali: ogni elezione ha uguale dignità, e simili difficoltà). La combinazione di alcune componenti abituali degli appuntamenti elettorali (tempi stretti, tante decisioni da prendere, tanti cambiamenti in corsa, gruppi di lavoro da coordinare, pressione da parte degli elettori e dei media, generale clima di sfiducia nei confronti della politica) richiedono, a nostro avviso, massimo impegno, dedizione e concentrazione (il 101%, appunto). Lavorate per tutti?
  • 152. 7 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze No. L’unico modo, per noi, di dare questo benedetto 101% è avere anche solo un minimo di condivisione emotiva, valoriale, politica di ciò che il candidato propone all’elettorato. Non tutti i candidati possono piacere allo stesso modo (così come non siamo piaciuti allo stesso modo a tutti i candidati), ma abbiamo bisogno di un livello minimo di partenza per poter dare il massimo. Per questo abbiamo deciso di non accettare commesse che provengono dalla parte politica più lontana dalle nostre idee (la destra, nello specifico).
  • 153. 8 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze No, ma non è detto che sia giusto. Non ci sogneremmo mai di dire che il nostro modello aziendale sia l’unico corretto, anzi. Molti consulenti politici ritengono che l’unico metodo per svolgere correttamente questa professione sia sostanzialmente il nostro opposto, cioè lavorare mantenendo distanza critica dai candidati e dalle loro idee. Il distacco, visto da noi come un elemento capace di non farci rendere al massimo, può essere invece considerato il giusto ingrediente per dare consigli e suggerimenti non viziati da componenti emotive o di appartenenza. Lasciamo al lettore la scelta su quale modello adottare.
  • 154. 9 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Non esiste un modello universalmente valido: entrambi gli approcci (lavoro “di appartenenza” e lavoro “per tutti”) convivono da sempre nel panorama della comunicazione politica, rinnovando un confronto sempre stimolante. C’è lo stesso dilemma nella professione di comunicatore politico: è un mestiere a parte, che richiede competenze specifiche, o un professionista deve saper “vendere” un politico e un detersivo allo stesso modo? Noi pensiamo che sia un lavoro specifico, pubblicitari molto più bravi di noi (Jacques Seguela, ad esempio), la pensano all’opposto. La nostra posizione è un lusso: se fossimo un’agenzia che fa solo campagne elettorali, non potremmo permettercelo. Lavorare anche nel campo della comunicazione non politica ci rende più liberi di scegliere. In sintesi
  • 155. Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 2. Voglio fare comunicazione politica: mi date un consiglio? Ne diamo due: fare almeno una campagna dietro le quinte, presentarsi dai politici con un piano di lavoro già pronto
  • 156. 11 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 1. Fare una campagna dietro le quinte Spesso si impara più lavorando come volontari in una campagna elettorale, anche molto piccola, anche in un ruolo molto marginale, che studiando modelli teorici troppo elaborati (e troppo slegati dal contesto italiano, specie locale). Il nostro primo consiglio è, dunque: cercate la pratica, l’esperienza concreta, anche non su livelli nazionali, perché si impara molto di più “sporcandosi le mani” che studiando ma a “distanza di sicurezza”. Nel bene e nel male, si impara più dietro le quinte, e questo tipo di esperienza non si può trovare altrove, se non in campagna elettorale. Due consigli
  • 157. 12 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 2. Andare dai politici ma con le idee chiare L’offerta di comunicazione politica professionale supera, al momento, la domanda. La cultura della comunicazione politica fa fatica a radicare e ancora oggi ci sono tantissimi politici e partiti che non ritengono di aver bisogno di consulenti, di analisi, di sondaggi, di dati scientifici. Per questo non è più sufficiente andare da un politico e dire di essere in grado di fare una campagna elettorale. Serve un altro approccio, più dispendioso dal punto di vista del tempo e dell’impegno necessario. Serve andare da un cliente potenziale illustrando con precisione qual è lo scenario, qual è la potenziale crisi di comunicazione e come si risolve.
  • 158. 13 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Possibile schema di lavoro: Individuazione di un partito o di un politico con cui si intende lavorare; Analisi scientifica dei punti di forza e dei punti di debolezza nell’attuale comunicazione del destinatario; Spiegazione puntuale di come si intendono risolvere i punti di debolezza, in quanto tempo, con quali strumenti e perché è così importante che il politico investa per risolvere i problemi segnalati; Indicazione chiara e definita di quale può essere il ruolo del comunicatore politico per risolvere il problema evidenziato (e, dunque, perché un politico dovrebbe scegliere proprio quel collaboratore).
  • 159. Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 3. Esiste un profilo professionale ideale per la comunicazione politica online? Spoiler: il percorso accademico conta fino a un certo punto
  • 160. 15 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Sì, esiste un profilo professionale ideale per chi vuole fare comunicazione politica online. Le sue caratteristiche: Buona e autonoma conoscenza della politica (per precedente militanza o per passione) e delle sue dinamiche, che difficilmente possono essere ‘insegnate’ (all’Università o nei corsi di formazione) o trasmesse da un profilo senior a un profilo junior in un’agenzia. Profilo professionale ideale
  • 161. 16 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Autonomia totale dal punto di vista della produzione tecnica di contenuti: chi sa montare un video, creare manifesti o webcard, sa scrivere un testo e sa lavorare in gruppo (senza eccellere necessariamente in tutto) ha un chiaro vantaggio competitivo in questa fase della storia della comunicazione politica italiana, e non solo. Capacità di lavoro sotto stress e aumento della disponibilità di tempo all’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale. Capacità di svolgere lavori simili per più clienti contemporaneamente per potersi garantire la piena sostenibilità economica, sia da freelance sia in agenzia.
  • 162. 17 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Il curriculum accademico non basta, serve l’esperienza sul campo. E serve fare gavetta. La competenza professionale non basta, quando il mercato è saturo. Serve un approccio più proattivo, in cui problemi e soluzioni siano mostrati ai politici con prontezza, in alcuni casi prima ancora che loro siano consapevoli di avere quel tipo di problemi. Meglio una buona campagna locale, con autonomia e responsabilità, che una grande campagna nazionale ma con un ruolo piccolo e defilato, specie nelle prime fasi. Il comunicatore politico, se gli va bene, lavora sette giorni su sette e 24 ore su 24. O si accetta questa regola (almeno in alcune parti dell’anno) o si rischia di non essere efficaci come servirebbe in questo momento storico. In sintesi
  • 163. Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 4. Manifesti elettorali: faccioni sì o faccioni no? Dipende (dal livello di popolarità del candidato)
  • 164. 19 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Faccioni sì o faccioni no? Dipende Partiamo da un presupposto. Questo tipo di valutazione non dovrebbe essere di tipo estetico, ma legato alla gestione di una variabile: la popolarità del candidato all’interno dell’elettorato di riferimento. Popolarità assoluta: percentuale di elettori che conoscono il candidato. Popolarità relativa: confronto di popolarità tra il candidato e i suoi competitor (tenendo conto anche della distanza temporale dalla data delle elezioni). Più basso è l’indice di popolarità assoluta, più largo è il divario tra i candidati (con il “nostro” candidato in svantaggio), più il volto sui manifesti è strategicamente sensato.
  • 165. 20 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Sì Francesca Barracciu Primarie del centrosinistra (settembre 2013, Sardegna) - volto sul manifesto perché il livello di conoscenza del candidato era più basso rispetto al Presidente Cappellacci, essendo lei la sfidante. Il manifesto della campagna è dunque utile ad aumentare la notorietà all’interno di un pubblico più ampio.
  • 166. 21 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze No Matteo Renzi Primarie del centrosinistra (dicembre 2013, Italia) - il volto sul manifesto non è stato necessario perché il livello di conoscenza del candidato era molto alto sia in termini assoluti, sia nei confronti dei competitor (Cuperlo, Civati, Pittella).
  • 167. 22 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Stesso candidato, campagne diverse, strategie diverse Nichi Vendola Regionali Puglia (2005) - il volto sul manifesto è stato utile perché Vendola era stato in Parlamento negli anni precedenti e aveva percentuali di notorietà molto più basse rispetto a Raffaele Fitto, Presidente di Regione in carica.
  • 168. 23 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Stesso candidato, campagne diverse, strategie diverse Nichi Vendola Regionali Puglia (2010) - lo scenario è molto diverso dalla campagna di cinque anni prima: Vendola ha governato e dunque è molto più conosciuto dei suoi principali avversari, Palese e Poli Bortone. Il volto non è dunque indispensabile dal punto di vista strategico.
  • 169. 24 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Presupposto: un sondaggio che vi dica qual è il livello di notorietà del candidato. Senza questo indicatore la scelta è totalmente arbitraria e svincolata da ogni riflessione strategica. Orientamento: il volto è utile per aumentare il tasso di popolarità in tempi brevi, soprattutto se si agisce contemporaneamente su altri mezzi (spot tv, social media, stampa, presenze televisive) per consolidare l’associazione nome-volto. Nessuna scelta è definitiva: non esistono candidati per cui il volto sui manifesti va sempre bene o sempre male. Lo stesso candidato può avere esigenze che cambiano negli anni e a seconda del contesto (a partire dalle caratteristiche dei competitor). In sintesi
  • 170. Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 5. Non avete paura che le vostre campagne siano oggetto di satira? No, anzi. Quando è possibile, progettiamo campagne fatte apposta per essere taroccate
  • 171. 26 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Paura della satira? No, anzi. Da qualche anno proviamo a progettare campagne il cui sviluppo (visual, concept) è naturalmente orientato a stimolare processi generativi da parte degli utenti. Questo tipo di apertura può favorire l’aumento di visibilità e di popolarità delle campagne, soprattutto se sono inserite in un contesto competitivo molto polarizzato, con grande “tifo” e allo stesso tempo grande ostilità per il candidato con cui stiamo lavorando. In alcuni casi non ci limitiamo a realizzare campagne “virali”, ma costruiamo strumenti (ad esempio generatori automatici di manifesti) che permettano a chiunque, anche senza alcuna competenza grafica, di realizzare adattamenti liberi.
  • 172. 27 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Tarocca il Manifesto (Regionali 2010) Sito “neutro” (ma progettato dal comitato Vendola) in cui l’utente poteva liberamente taroccare i manifesti dei tre candidati principali. 85% dei manifesti generati ha riguardato Vendola, circa il 50% di quei manifesti era “negativo” ma nelle ore successive alla pubblicazione del sito, la campagna di Vendola ha sovrastato quella degli avversari sui social media.
  • 173. 28 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Oppure Vendola (Primarie 2012) Campagna creata con un concept ipervirale. Sapevamo che la generazione dei manifesti avrebbe potuto ottenere effetti satirici, ma anche che in questo modo il claim “Oppure Vendola” sarebbe diventato più rapidamente popolare sul web.
  • 174. 29 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Matteo Renzi (Primarie 2013) Il sito www.cambiaverso.com permetteva agli utenti di generare il proprio manifesto personalizzato e di pubblicarlo direttamente su Facebook e su Twitter, con un solo click e inserendo solo il proprio testo. Grazie a questo strumento, sono stati realizzati oltre 10mila manifesti nella prima settimana dopo l’uscita del generatore.
  • 175. 30 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Non avere paura dei “manifesti tarocchi”: se la campagna non funziona, non funzionerà anche se non sarà oggetto di satira. Se funziona, è meglio far sì che circoli nel modo più semplice e virale possibile. Scelta strategica e di creatività: le campagne non sono “virali” per definizione. Chiaramente un candidato molto amato o molto odiato favorisce meccanismi di generazione di manifesti. Ma è altrettanto importante progettare una campagna che si presti a questo tipo di declinazioni. La progettazione, dunque, può condizionare almeno in parte concept e visual della campagna. Evitare di inserire il candidato (in particolare foto, in particolare il volto) direttamente sui manifesti oggetto di satira. Questo potrebbe favorire un effetto-boomerang (l’oppositore può mettere parole scomode in bocca al candidato). In sintesi
  • 176. Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 6. Che faccio, apro una fanpage? Primi passi di campagna elettorale su Facebook
  • 177. 32 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Che faccio, apro una fanpage? Non è più necessario, ma molto dipende da cosa si è fatto in passato. Alternative strategiche: Il politico ha già un profilo personale, lo ha sempre usato per parlare di politica e intende continuare a farlo → Si può continuare a usare il profilo personale, rendendo pubblici tutti i post da quel momento in poi. Il politico ha già un profilo personale, ma non lo usa per parlare di politica → Il profilo personale può restare aperto, ma deve essere usato per interagire con i propri amici. Tutto il flusso politico- elettorale potrà essere sviluppato, in questo caso, su una pagina pubblica, sul profilo personale si parlerà di politica il meno possibile, per differenziare i flussi informativi tra profilo e pagina pubblica.
  • 178. 33 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Il politico ha già un profilo personale e/o una pagina pubblica, ma non utilizza i social media in prima persona - aprire una pagina pubblica gestita dallo staff (dichiarandolo), facendo migrare l’eventuale profilo privato sulla pagina pubblica per non perdere i contatti acquisiti Il politico non è presente sui social media a inizio campagna elettorale - aprire direttamente una pagina pubblica per sfruttare le opportunità collegate a questo strumento (a partire dai post sponsorizzati).
  • 179. 34 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Buona pratica (non politica): profilo personale Facebook di Selvaggia Lucarelli: gestione personale dell’account, risposta ai commenti, privacy “pubblica” per i post rendono inutile l’apertura di una pagina pubblica. Gli utenti possono direttamente seguire il profilo e interagire senza essere necessariamente amici dell’utente.
  • 180. Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 7. Chi deve gestire gli account di un politico sui social media? (O anche: può un politico, compromettere mesi di lavoro con un tweet? Sì, può. Così come può farlo un comunicatore)
  • 181. 36 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Chi gestisce gli account? Regola generale: meglio la gestione imperfetta e naturale di un politico rispetto a quella perfetta e “artificiale” di uno staff, agli elettori (giustamente) interessa di più così. Alternative strategiche: Se un politico gestisce già i suoi account sui social e intende continuare a farlo, l’assistenza può riguardare la valutazione di contenuti da condividere intervenire ex ante, o il monitoraggio del feedback ex post. Sarebbe comunque inutile, se non addirittura sbagliato o controproducente, “espropriare” la gestione social di un politico. Si perde in naturalezza e ci possono essere anche tensioni tra politico e consulenti sul “chi fa cosa”.
  • 182. 37 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Se un politico preferisce in modo netto un social media sugli altri, il compromesso può essere: lui/lei gestisce in prima persona il social “preferito”, lo staff gestisce gli altri canali con un tono di voce più istituzionale. Nota: gli utenti preferiranno comunque l’originale. Se un politico non utilizza i social media, è sensato che lo staff apra i canali personali (in particolare Facebook e Twitter) chiedendo però al politico di intervenire in prima persona a intervalli più o meno regolari.
  • 183. 38 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Il “compromesso Emiliano”: su Twitter il presidente della Regione Puglia gestisce quasi esclusivamente in prima persona (incluso qualche “coraggioso” retweet), su Facebook è maggiormente sostenuto dallo staff. Effetto: Emiliano è uno dei pochi politici italiani ad avere più follower su Twitter che like su Facebook: gli utenti preferiscono l’originale.
  • 184. Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 8. Cosa faccio quando un utente trolla o insulta? La modalità Gandhi, la modalità Darth Fener, la modalità Morandi
  • 185. 40 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Guerra contro i troll Premessa: qualsiasi strategia si decide di utilizzare, va dichiarata e resa pubblica. Esistono due macrostrategie di lavoro possibili: Non moderare nulla. È la nostra preferita perché: a. riteniamo che uno spazio social costantemente aggiornato e curato porti gli utenti ad autogestirsi maggiormente. Meno c’è cura del feedback, più c’è spazio per troll e insulti.
  • 186. 41 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze b. riteniamo che, soprattutto in campagna elettorale, le parole scritte sui social dagli utenti possano offrire un ulteriore elemento di riflessione per chi deve votare. Esempio: Cecile Kyenge, campagna europee 2014: zero moderazione perché anche gli insulti ricevuti possono aiutare un elettore a decidere da che parte stare.
  • 187. 42 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Moderare, ma spiegare come e perché. È la strategia maggiormente indicata per le istituzioni. Qualsiasi intervento di moderazione dei commenti deve essere giustificato da un sistema pubblico di regole che non porti gli utenti a sentirsi vittime di censura o discriminazione. Esempio: il blog collettivo Valigia Blu, mutuando in parte le linee-guida del The Guardian, ha condiviso le buone pratiche di partecipazione sui suoi spazi di discussione (social media e commenti del sito).
  • 188. 43 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Stile di gestione: modalità “Gandhi” Valorizzare tutti i commenti costruttivi, anche critici, dando sistematicamente feedback a quel tipo di commento. Non perdere la pazienza durante i momenti di polarizzazione del confronto, cercando la mediazione e il riconoscimento del valore nei contenuti della persona con cui si sta discutendo (qui lo scambio Esposito-Meloni-Delrio).
  • 189. 44 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Rispondere anche ai troll, senza esagerare, ma farlo pensando al valore pubblico dello scambio (parlare al troll per parlare a tutti i partecipanti). Rispondere sempre nel merito rinunciando a rivendicazioni personali anche legittime. Fare tutto questo con grande regolarità e sistematicità, per qualsiasi post, con qualsiasi utente, senza creare distinzioni.
  • 190. 45 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Stile di gestione: modalità “Darth Fener” (o modalità “James Blunt”) Utilizzare lo stesso tono di voce dell’interlocutore, anche quando quest’ultimo è aggressivo. Ignorare le provocazioni, soprattutto se ripetute. Mettere in evidenza affermazioni e comportamenti palesemente scorretti da parte degli interlocutori, senza porsi particolari scrupoli. Bannare sistematicamente chi non rispetta le regole. (Qui un post sul rapporto piuttosto franco tra James Blunt e i suoi follower su Twitter)
  • 191. 46 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Stile di gestione: modalità “Gianni Morandi” Pochi contenuti, ma pubblicati tutti i giorni. Rispondere ai commenti, ma farlo tutti i giorni. Mantenere il filo dei discorsi fatti in precedenza sui social media, a partire dai commenti degli utenti. Ma soprattutto, trollare più forte dei troll.
  • 192. 47 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Macrostrategie di moderazione e stile di gestione dipendono dall’incrocio di tre variabili: tono di voce desiderato; livello di reputazione digitale del mittente; capacità tecniche e soprattutto relazionali di chi gestisce i social media.
  • 193. Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 9. I social media sono utili in campagna elettorale anche nei piccoli comuni? (e anche dove ci sono pochi utenti di Internet e poca connettività veloce?)
  • 194. 49 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze E se fossero più utili nei piccoli centri, invece che nelle grandi città? Orientamento generale: all’aumentare della complessità del sistema dei media, aumenta la tendenza alla “reintermediazione” della comunicazione sui social media, cioè l’elaborazione, discussione e riutilizzo sui media tradizionali. Quindi, in teoria, i grandi centri sono i luoghi ideali per utilizzare i social media. Campagne social in campagna
  • 195. 50 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Ma lavorando per sottrazione, emerge un altro aspetto: in assenza di giornali, televisioni e altri media, come accade nei piccoli centri, i social (di un’amministrazione, o anche di un politico in campagna elettorale) possono rappresentare il principale strumento di informazione per i cittadini, così come le discussioni online possono proseguire offline e viceversa a causa della più facile sovrapposizione tra le comunità reali nei piccoli centri e le corrispettive comunità digitali (“ci conosciamo tutti”). In sintesi: l’efficacia potenziale dei social media in campagna elettorale appare inversamente proporzionale rispetto alla complessità del sistema dei media nel territorio dove si va a votare. Meno il sistema è complesso, più c’è potenziale.
  • 196. 51 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Questo orientamento vale per la comunicazione elettorale ma ancor di più per la comunicazione istituzionale, e funziona ancora meglio se esiste una virtuosa integrazione tra online e offline. Il sindaco di Capannori (Lucca) organizza momenti regolari e codificati di interazione, il cui calendario è disponibile sul sito del Comune.
  • 197. Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze 10. Il marketing virale può aiutare la politica? Sì, ma senza esagerare. La politica è sempre più importante della comunicazione
  • 198. 53 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Sì, ma senza esagerare. Se è vero che una buona comunicazione può aiutare, è altrettanto che vero che una buona comunicazione, da sola, non basta per vincere le elezioni. Serve molto altro, serve la politica. Servono le cose fatte per un sindaco, una proposta chiara per un candidato, una visione strategica d’insieme per un gruppo di lavoro. Per questo motivo bisogna fare sempre attenzione a dare il giusto peso a ogni singola componente della comunicazione pensando che nessuna idea, da sola, risulta davvero decisiva. I video virali, anche geniali, non fanno eccezione. Il marketing virale aiuta?
  • 199. 54 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Cos’è un video virale Un video è virale quando: È condiviso dai tastemaker, da utenti con grande popolarità e reputazione che accelera il processo di conoscenza del contenuto; Ha un format facilmente riproducibile da altri utenti, che moltiplicano sia la portata del contenuto, sia la conoscenza dello stesso; Contiene componenti (soggetto, sceneggiatura, scelte stilistiche) imprevedibili, che tengano alta l’attenzione dello spettatore. Queste tre condizioni sono necessarie, ma non sufficienti. I video virali non si costruiscono in laboratorio (salvo rarissimi, e comunque non del tutto gestibili, casi).
  • 200. 55 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Michele Emiliano - “Problemi di elezione” (Amministrative 2009) Un video autoprodotto a costo zero da due volontari diventa così popolare su Internet da indurre un cambio di pianificazione sui mezzi tradizionali: questo video va in televisione nell’ultima settimana prima delle elezioni.
  • 201. 56 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Michele Emiliano - Gianni Paulicelli (Amministrative 2009) Un noto commerciante barese, conosciuto per i suoi video pubblicitari sulle principali tv locali, realizza uno spot politico “atipico” a sostegno di Michele Emiliano, sindaco di Bari. Qui un suo spot originale...
  • 202. 57 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Michele Emiliano - Gianni Paulicelli (Amministrative 2009) … e qui lo spot politico, realizzato tenendo conto di tutte le caratteristiche stilistiche dell’originale, ma con un messaggio forte e di profonda attualità per le amministrative 2009: il no al nucleare.
  • 203. 58 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Michele Emiliano - Gianni Paulicelli (Amministrative 2009) Lo spot per la tv e per internet (due minuti) con cui Michele Emiliano, rilanciando e rovesciando un messaggio elettorale di Berlusconi, comunica la sua candidatura nelle ultime due settimane di campagna elettorale.
  • 204. 59 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze Virali si nasce, non si diventa È giusto impegnarsi per progettare contenuti (in particolare video) di successo, ma se la grande idea non arriva, non bisogna fissarsi né disperdere troppe energie in questo segmento. Virale è autoironico Anche se in politica può sembrare difficile, o addirittura pericoloso, è impossibile pensare a un contenuto davvero virale senza tenere conto di una dose, anche piccola, di ironia, meglio se applicata a se stessi. Virale è genuino Un video troppo perfetto, patinato, preciso, difficilmente riuscirà a ottenere la carica empatica necessaria alla diffusione di un contenuto. Meglio impreciso ma fatto in casa, vero, accessibile a tutti. Virale non è tutto La politica viene sempre prima della comunicazione. Mai dimenticarselo. In sintesi
  • 205. 60 Dieci domande che gli studenti ci fanno durante le docenze conclusione “Voglio una squadra con tre C: Cabeza, Corazón y Cojones.” Andrea Anastasi 2005 (la traduzione delle tre C è superflua)
  • 206. pubblicata il 3 dicembre 2015 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Tempi e orari di lavoro, ruolo dei social media, peso della comunicazione, gestione delle crisi, l’importanza di avere patatine e taralli a portata di mano
  • 207. 2 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali chi sono Mi chiamo Dino Amenduni Twitter @doonie e-mail dino.amenduni@proformaweb.it tutto il resto about.me/dinoamenduni Sono comunicatore politico e pianificatore strategico per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it) Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso e La Repubblica Bari e formatore (su social media marketing e comunicazione politica) Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente (sia la consultazione che il download) agli indirizzi www.slideshare.net/doonie e www.slideshare.net/proformaweb
  • 208. 3 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali 1. Chi si sveglia prima al mattino ha un vantaggio sull’avversario 2. Bisogna leggere la rassegna stampa tutti i giorni, anche quando sembra inutile 3. È utile creare meccanismi informali e attivi 24 ore su 24 di comunicazione nello staff e tra staff e candidato (quando possibile) 4. Le elezioni locali sono determinate prima di tutto da dinamiche locali… 5. …ma le scelte di voto amministrative sembrano sempre di più legate a dinamiche nazionali Dieci cose in 700 giorni
  • 209. 4 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali 6. I sondaggi sono indispensabili, ma non sono ugualmente affidabili in tutti i contesti 7. Più la partecipazione volontaria manca, più è importante che i comunicatori adottino contromisure nella costruzione degli staff 8. Le campagne elettorali finiscono il venerdì alle 23:59 (e anche dopo) 9. Primarie e amministrative sono due tipologie di elezione completamente differenti 10. Individuare (subito!) strategie di decompressione individuale per scaricare lo stress Dieci cose in 700 giorni
  • 210. 5 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali premessa “I candidati di oggi si muovono in un ambiente in cui la dinamica del potere fra politica e media è bilanciata a loro favore. Le campagne non si affidano più così tanto ai media per comunicare. Possono fare i loro siti e i loro tweet come vogliono, e affidare il resto alle loro macchine ausiliarie del rumore […]. Siccome i media sono diventati più estremi politicamente, i candidati possono scegliere con più agio con chi parlare, sapendo che alcuni sono amichevoli, e rifiutando quelli ostili”. Mark Leibovich
  • 211. 6 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali +24.9%: italiani che acquisiscono informazioni da parenti e amici prima di votare (2009-2013 – dati Censis) Premessa di scenario
  • 212. 7 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Fiducia nei partiti: 3% Fiducia nel Parlamento: 7% (dicembre 2014 - dati Demos) Premessa di scenario
  • 213. Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali 1. Svegliarsi il prima possibile Le prime mail di lavoro, in campagna elettorale, arrivano prima delle 8 (quando va bene)
  • 214. 9 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali I Conservatori nel Regno Unito (campagna elettorale 2015) iniziavano a lavorare alle 5.45 del mattino. Alle 7.30 c’era un briefing quotidiano con il candidato, e primo ministro, David Cameron. Si cenava alla scrivania, con cibo d’asporto. I laburisti, invece… (tratto da un articolo del Telegraph) Svegliarsi il prima possibile
  • 215. 10 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Svegliarsi il prima possibile Domande e risposte Lo devono fare tutti i componenti di uno staff elettorale? No, vale solo per chi ha responsabilità strategiche. È un servizio che va offerto di default a tutti i candidati? No, una dedizione di questo tipo richiede investimenti congrui e la stessa dedizione da parte del candidato. Vale anche nei fine settimana? Vale sempre. I giornali escono tutti i giorni, i telegiornali vanno in onda a tutte le ore. Va fatto per tutta la campagna elettorale? Non necessariamente, ma più ci si avvicina alla data delle elezioni più diventa indispensabile. Nell’ultimo mese, in particolare, è opportuno non prendere molti altri impegni né di lavoro né extralavorativi.
  • 216. Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali 2. Leggere la rassegna stampa tutti i giorni Una quota fissa dell’impegno quotidiano va dedicato alla lettura per raccogliere spunti e riflessioni utili nel resto della giornata
  • 217. 12 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Proforma ha lavorato alla campagna elettorale (persa) di Raffaella Paita in Liguria e abbiamo costruito una social-rubrica, #toticontrototi, che quotidianamente metteva in luce le liti nazionali tra i partiti che formavano la coalizione di centrodestra. (Purtroppo la sinistra era assai più divisa…) Leggere la rassegna stampa
  • 218. 13 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Domande e risposte Come si costruisce una rassegna stampa? È possibile abbonarsi ai principali quotidiani oppure a servizi di composizione di rassegna stampa giornaliere, basate su parole-chiave. La rassegna stampa è solo locale? No, avere una rassegna nazionale è utile sia a raccogliere dati politici generali da usare su scala locale, sia per leggere analisi, editoriali e riflessioni utili per migliorare la strategia. Leggere la rassegna stampa
  • 219. 14 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Domande e risposte Quanto tempo va dedicato alla rassegna? Idealmente non meno di tre ore al giorno, per quanto sia assai complicato mantenere certi standard in campagna elettorale “Entrare” nella rassegna stampa con i propri contenuti: consigli? • Cercare di dare una notizia nuova al giorno; • usare i social media in modo “pop”, interattivo e attrattivo per i giornalisti; • non mandare i comunicati oltre le 18 (dopo rischia di essere troppo tardi)
  • 220. Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali 3. Creare canali di comunicazione interna attivi 24 ore su 24 L’idea buona può arrivare quando meno te lo aspetti…
  • 221. 16 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Canali attivi 24 ore su 24 Proforma ha lavorato alla campagna elettorale (vinta) di Michele Emiliano in Puglia e con il candidato abbiamo ragionato su questo tweet, che poi è diventato una notizia rilanciata su tutti i principali media nazionali. (Io ho dato il mio contributo alle 7:20 del mattino, dal bagno di un albergo, in un gruppo WhatsApp)
  • 222. 17 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Canali attivi 24 ore su 24 Domande e risposte Quali sono gli strumenti ideali per una conversazione attiva 24 ore su 24? Noi solitamente adottiamo gruppi Facebook ristretti e segreti di staff, per lavorare sui social media e sui testi dei comunicati. In parallelo lavoriamo su WhatsApp, con due gruppi, uno più esteso e di “cazzeggio” e uno più ristretto e operativo. I candidati devono essere coinvolti in questi flussi? Solo se ne hanno voglia e se partecipano attivamente. In questi casi, gli altri partecipanti ai gruppi devono ridurre le conversazioni inutili a zero.
  • 223. 18 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Canali attivi 24 ore su 24 Domande e risposte Esistono strumenti di monitoraggio in tempo reale dei comportamenti degli avversari? Ne suggeriamo due: • un pannello di controllo come Tweetdeck o Hootsuite, per monitorare i flussi legati a specifiche parole-chiave; • strumenti come IFTTT per ricevere mail legate a specifiche attività online (esempio: quando un avversario twitta).
  • 224. Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali 4. Le elezioni locali non sono un test nazionale… Le dinamiche di voto sembrano stabilmente legate a dinamiche competitive nei territori
  • 225. 20 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Il valore locale delle elezioni “I veneti sono gente pratica. L’anno scorso hanno voluto premiare il tentativo di cambiamento di Renzi. E quest’anno, dovendo pensare al proprio territorio, abbiamo confermato Zaia, che è stato un buon governatore” (Bepi Covre, imprenditore e sindaco di Oderzo nel 1993 con la Lega Nord – articolo di Alberto Brambilla su La Stampa, 2 giugno 2015)
  • 226. 21 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Il valore locale delle elezioni Elezioni europee 2014: solo 3 elettori su 10 hanno votato sulla base della propria autocollocazione ideologica (sinistra versus destra) o sulla base di appartenenza a un partito. (dati Cise-Luiss, giugno 2014) È ragionevole prevedere che il peso della variabile “ideologica” cali ulteriormente alle elezioni amministrative, e che al contempo cresca l’orientamento di voto/non voto basato sulla percezione di credibilità dei candidati.
  • 227. 22 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Domande e risposte Quanto conta la valutazione dell’amministrazione uscente nel determinare l’esito di una campagna elettorale? I dati delle regionali 2015 sembrano univoci: il bilancio sull’operato dell’amministrazione uscente è spesso determinante (Zaia vince, Rossi vince, Paita perde, Caldoro perde). Il valore locale delle elezioni
  • 228. 23 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Domande e risposte Cosa fare in caso di amministrazione uscente percepita come deficitaria? Se il candidato ha ben governato e si ricandida, è importante iniziare la campagna elettorale con largo anticipo, comunicando intensamente le cose fatte, per recuperare il consenso. Se il candidato è nuovo ma espressione dell’amministrazione uscente, deve marcare sin da subito un profilo di netta discontinuità, politica prima ancora che comunicativa. Se il candidato non ha responsabilità nell’amministrazione precedente ma è della sua stessa parte politica, può sottolineare le differenze senza timore (Emiliano). Il valore locale delle elezioni
  • 229. Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali 5. …ma sembrano sempre più legate a dinamiche nazionali Cala il ricorso alle preferenze, anche al Sud Italia. E se si vota solo la lista, allora esiste un effetto nazionale
  • 230. 25 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Il valore nazionale delle elezioni Ricorso al voto di preferenza alle elezioni regionali del 2005-2010- 2015 in sei delle sette regioni andate al voto (dati Istituto Cattaneo). Se cala il legame tra candidati locali e territorio, aumenta il peso delle proposte nazionali nelle scelte di voto. crescita della Lega Nord - capacità di egemonizzare i temi dell’immigrazione
  • 231. 26 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Il valore nazionale delle elezioni Ricorso al voto di preferenza alle elezioni regionali del 2010-2015 divisi per appartenenza politica. Lega e MoVimento5Stelle sono i partiti i cui elettori hanno fatto meno ricorso al voto di preferenza. (dati Istituto Cattaneo - in Umbria la Lega Nord è passata dal 4 al 14% mentre il ricorso alle preferenze degli elettori della Lega è sceso di 50 punti percentuali)
  • 232. 27 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Domande e risposte Cosa conviene fare ai partiti nazionali in vista delle elezioni locali? Specializzarsi su un unico macro-tema nazionale e monopolizzarlo (Lega: immigrazione; M5S: ricambio della classe dirigente) Esiste un effetto di trascinamento del leader nazionale sulle elezioni locali? Sì, se il leader ‘incarna’ il tema nazionale nei suoi interventi a sostegno dei candidati e sui media. No, se il leader si limita semplicemente a sostenere i candidati con iniziative congiunte. In ogni caso l’elettore ha votato la proposta politica nazionale del partito più del suo leader (M5S va bene nonostante Grillo sia defilato). Il valore nazionale delle elezioni
  • 233. 28 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Domande e risposte Possono esistere strategie diverse sulla base del posizionamento nazionale dei partiti (al governo/all’opposizione)? Questi dati suggeriscono che i partiti al governo hanno più bisogno di candidati consiglieri forti e radicati rispetto ai partiti di opposizione. Il valore nazionale delle elezioni
  • 234. Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali 6. I sondaggi sono indispensabili… ma non sempre ci azzeccano Serve una riflessione profonda su efficacia e limiti di uno strumento di cui comunque non si può fare a meno
  • 235. 30 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Attenzione ai sondaggi Tutti i sondaggi in Liguria, per tutta la durata della campagna, attribuivano a Raffaella Paita un leggero vantaggio su Giovanni Toti. In particolare, il dato della Lega è stato sottostimato e il dato del PD è stato sovrastimato. (estratto di un’intervista a Raffaella Paita, su La Repubblica del 2 giugno 2015)
  • 236. 31 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Attenzione ai sondaggi “Votare? L’ho fatto, preferirei non dire per chi” Estratto di un articolo del Secolo XIX del 2 giugno 2015, dal titolo: La breccia della Lega nei caruggi: «Li voto, ma non fate il mio nome»
  • 237. 32 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Domande e risposte Come si può migliorare l’affidabilità dei sondaggi? Anche se i dati indurrebbero a un disinvestimento su questo tipo di strumenti, la realtà ci dice che il metodo (e i budget) vanno potenziati per tornare su buoni livelli di affidabilità. In particolare: • utilizzare metodi misti (mai solo interviste telefoniche; se possibile inserire analisi qualitative, utilissime per De Luca in Campania); • allargare l’ampiezza campionaria (attualmente il campione medio è di 1000 interviste, nel Regno Unito suggeriscono di arrivare a 4000); Il valore nazionale delle elezioni
  • 238. 33 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Il valore nazionale delle elezioni • aumentare la segmentazione su base territoriale (cittadina o provinciale) e non accontentarsi più di sondaggi regionali/nazionali; • aumentare la frequenza delle rilevazioni (da mensile a settimanale); • interrogare i cittadini su tutti i principali temi di attualità politica e non indagare solo le intenzioni di voto; • quando possibile, incrociare i dati di diversi territori per sondare eventuali trend nazionali omogenei.
  • 239. Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali 7. Più la politica è in crisi, più gli staff devono essere organizzati Quali risorse umane sono indispensabili per condurre una buona campagna elettorale al tempo dei social media?
  • 240. 35 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Come comporre uno staff Figure tecniche indispensabili nella costruzione dello staff Social media manager (se possibile con competenze minime di grafica e di montaggio video) Portavoce/addetto stampa (per comunicati ed eventualmente per supporto al social media manager) Responsabile dell’agenda (deve scegliere le attività più utili al candidato, senza sovraccaricarlo e senza far perdere tempo) Webmaster (per il sito Internet)
  • 241. 36 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Redattore (per i contenuti per il sito e per il coordinamento con i comitati elettorali, anche per la produzione di contenuti ‘periferici’ Videomaker (sia per seguire il candidato negli eventi sia per realizzare spot, tutorial e contenuti per il web) Fotografo (come sopra) Tutte queste figure devono essere coordinate da un coordinatore-campaign manager (e non dal candidato) Come comporre uno staff
  • 242. 37 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Domande e risposte Queste risorse devono essere retribuite? È altamente consigliabile. Le risorse volontarie saranno legittimamente impegnate in altro durante la campagna elettorale È possibile accorpare alcune di queste competenze in un’unica figura? Sì, anche se questo può ridurre la capacità operativa complessiva della struttura elettorale Come comporre uno staff
  • 243. 38 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Domande e risposte Le figure sono tutte indispensabili, a prescindere dall’ampiezza territoriale e dal tipo di elezione (amministrativa/regionale/nazionale)? Il discrimine vero non è la grandezza del territorio o il numero di elettori da coinvolgere, ma piuttosto la volontà di essere presenti in Rete e la quantità di contenuti che si intende produrre in campagna elettorale. Se si vuole essere attivi online e vitali, queste figure sono indispensabili in qualsiasi livello territoriale. Come comporre uno staff
  • 244. Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali 8. Le campagne elettorali finiscono il venerdì alle 23:59 (e anche dopo) Abbassare la guardia è vietato, anche nell’ultima settimana
  • 245. 40 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Si finisce il venerdì alle 23:59 Indecisi nell’ultima settimana (serie storiche ISPO) Elezioni politiche del 2008: 12% ha deciso nell’ultima settimana, l’8% il giorno del voto, 11% ha deciso di non votare Elezioni europee del 2009: 14% ha deciso nell’ultima settimana, 13% il giorno del voto, 13% ha deciso di non andare a votare Elezioni politiche del 2013: 30% degli elettori (5 milioni di persone) indeciso nell’ultima settimana Elezioni Regionali Liguria del 2015 (sondaggi a nostra disposizione): indecisi stabilmente sopra il 20%, anche nell’ultima settimana
  • 246. 41 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Si finisce il venerdì alle 23:59 In alcuni casi l’appello al voto può essere orientato all’aumento dell’affluenza e non semplicemente a portare elettori sul nome del candidato. È il caso del video con cui Michele Emiliano chiede ai pugliesi di andare a votare alle elezioni Regionali 2015. (I sondaggi ci dicevano che Emiliano sarebbe stato avanti con qualsiasi dato di affluenza)
  • 247. 42 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Si finisce il venerdì alle 23:59 Europee 2014: quasi un elettore su 5 ha deciso per chi andare a votare il giorno del voto, o addirittura nell’urna (di questi, circa il 25% ha votato PD e circa il 5% ha votato M5S – dati Euromedia)
  • 248. 43 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Domande e risposte Esiste il silenzio elettorale su Internet? La legge che disciplina la materia è del 1956 ed è stata aggiornata solo nel 1975, dunque non contempla Internet. Comunicare online durante il silenzio elettorale non è dunque illegale. Noi però lo sconsigliamo: riteniamo che il silenzio elettorale vada comunque rispettato, prima di tutto per rispettare gli elettori. Qui i dettagli della nostra proposta. Si finisce il venerdì alle 23:59
  • 249. 44 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Domande e risposte Fino a quando ha senso immaginare la produzione di nuovi strumenti di comunicazione? Nelle ultime due settimane, a meno che non emergano forti novità nel dibattito, non ha senso produrre nuovi materiali ma piuttosto semplificare la comunicazione, puntando su due-tre messaggi fondamentali Gli “eventi finali” hanno ancora senso? In questi anni è sempre più difficile riempire una piazza politica, ma chi ha la forza di farlo dovrebbe provarci, perché un bagno di folla può convincere gli ultimi indecisi (esempio: Grillo a San Giovanni nel 2013) Si finisce il venerdì alle 23:59
  • 250. Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali 9. Primarie e Amministrative sono due campagne completamente diverse Le regole della consultazione e le caratteristiche degli elettori condizionano profondamente le scelte di comunicazione
  • 251. 46 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali L’elettorato delle Primarie condotte dal 2005 a oggi presenta due tipologie di profilo peculiare e costanti nel tempo: over 55 e pensionati con dieta mediatica tradizionale (giornali) studenti e laureati con dieta mediatica mista e non televisiva (In giallo i dati peculiari – tabella IPSOS sull’elettorato alle Primarie del centrosinistra del 2012, primo turno) Primarie versus Amministrative
  • 252. 47 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Primarie versus Amministrative Domande e risposte Quali sono le principali differenze di comunicazione tra elezioni primarie ed elezioni amministrative? Regole di accesso ai mezzi: quasi sempre le coalizioni si auto-impongono restrizioni nell’acquisto di spazi pubblicitari, in particolare su tv e radio; Tetto di spesa: alle Primarie è quasi sempre previsto un tetto di spesa piuttosto basso per le campagne dei candidati (Primarie PD 2013: tetto di spesa nazionale di 200.000 euro, inclusi eventuali costi di agenzia);
  • 253. 48 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Tipologia di elettorato: l’elettorato delle Primarie è mediamente più anziano e scolarizzato rispetto all’elettorato delle Amministrative, va raggiunto con la stampa, la “piazza” e Internet; Ruolo della televisione: poco determinante alle Primarie, assolutamente centrale alle Amministrative. Primarie versus Amministrative
  • 254. Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali 10. Sto lontano dallo stress 700 giorni sono tanti: serve disciplina e strategie individuali di decompressione
  • 255. 50 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Tecniche di gestione incontrate nel nostro cammino in questi due anni Fare la spesa di patatine fritte e taralli per tutto l’ufficio ogni settimana (tecnica Amenduni) Spegnere il telefono un’ora in pausa pranzo, qualsiasi cosa accada Darsi un orario fisso di inizio e/o fine lavoro Irreperibilità totale in alcuni momenti della settimana Sto lontano dallo stress
  • 256. 51 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali Attività fisica regolare Brevi pause cadenzate a distanza di due ore Non lavorare solo sulle campagne elettorali (tecnica Proforma, attenzione a non esagerare con le ore di lavoro) Non perdere energie a litigare sui social media Smettere del tutto di lavorare una volta usciti dall’ufficio Sto lontano dallo stress
  • 257. 52 Dieci cose che ho imparato dopo 700 giorni consecutivi di campagne elettorali conclusione “La vita può essere capita solo all’indietro, ma va vissuta in avanti” Søren Kierkegaard Se avessi capito la metà delle cose che ho scritto in questa presentazione PRIMA della fine delle campagne elettorali, sarei stato un comunicatore politico migliore. Per questo ho deciso di condividere con voi ciò che ho imparato.
  • 258. pubblicata il 17 dicembre 2015 Buone e cattive pratiche di comunicazione politica sui social media (e cosa possiamo imparare da queste storie)