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Pagine da allenamento ottimale
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
CAPITOLO 1
TEORIA DELL’ALLENAMENTO/
SCIENZA DELL’ALLENAMENTO
DEFINIZIONE DEI CONCETTI
Quando si parla di teoria dell’allenamento/scienza dell’allenamento si parla di un campo specifico a carattere interdisciplinare.
Medicina sportiva
Biomeccanica
Fisiologia funzionale
Biochimica
Teoria dell’allenamento
Teoria del movimento
Pedagogia dello sport
La scienza dell’allenamento invece – come disciplina parziale ancora giovane della scienza dello
sport – cerca di fornire una base scientifica a
questa teoria dell’allenamento a orientamento
soprattutto pratico, di porre i suoi contenuti e le
sue affermazioni su salde fondamenta scientifiche, di confermare, ma anche di falsificare, sempre su basi scientifiche, le ipotesi e le convinzioni
sull’allenamento attualmente esistenti (cfr. Hohmann, Lames, Letzelter 2002, 25; Weineck/Weineck 2005, 11).
Psicologia dello sport
Sociologia dello sport
FIGURA 1
La teoria dell’allenamento/scienza dell’allenamento
come campo specifico a carattere interdisciplinare.
Per ambedue sono particolarmente importanti la
biologia e la medicina dello sport, ma anche la
biomeccanica e la fisiologia dello sport.
Poiché in letteratura spesso si parla contemporaneamente di teoria dell’allenamento e di scienza
dell’allenamento, cercheremo di spiegare brevemente i due concetti.
Come mostra la figura 2, la teoria dell’allenamento rappresenta l’insieme delle conoscenze
degli allenatori, degli insegnanti di educazione
fisica, degli istruttori o degli atleti; conoscenze
che non sono – o che ancora non sono state –
confermate scientificamente, ma sono state
sperimentate nella pratica.
Scienza
dell’allenamento
Teoria
dell’allenamento
Conoscenze
della scienza
dell’allenamento
che non sono
immediatamente
rilevanti per l’azione
Conoscenze
della teoria
dell’allenamento
comprovate
scientificamente
Pratica
sportiva
Conoscenze
pratiche al di fuori
della teoria
dell’allenamento
Conoscenze
della teoria
dell’allenamento
non comprovate
scientificamente
FIGURA 2
Il patrimonio delle conoscenze della scienza dell’allenamento, della teoria dell’allenamento e della
pratica dello sport.
(Hohmann, Lames, Letzelter 2002, 25).
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
CAPITOLO 2
ALLENAMENTO E ALLENABILITÀ
ALLENATORE/COACH
DEFINIZIONE DEI CONCETTI
ALLENAMENTO
In generale, nel linguaggio corrente, il termine
“allenamento” viene utilizzato nei settori più
diversi (fisico, psichico, motorio, cognitivo,
affettivo, ecc.), intendendo con esso, per lo più,
un processo di esercitazione che tende, in
misura più o meno espressa, al miglioramento
del relativo settore di obiettivi.
Il concetto “allenamento sportivo” comprende
essenzialmente la preparazione fisico-energetica,
psicosociale, tecnico-coordinativa e tattico-cognitiva dell’atleta, realizzata attraverso esercizi fisici
e diretta a migliorarne le prestazioni. Tuttavia gli
obiettivi del relativo allenamento si distinguono
secondo il settore sul quale esso è indirizzato.
Così, anche nello sport scolastico e in quello per
la salute, l’allenamento sportivo mira certamente
a uno sviluppo pianificato e mirato della capacità
di prestazione fisica. Tuttavia, il suo obiettivo non
è, come avviene nello sport di vertice, quello di
raggiungere la massima prestazione individuale
possibile in un processo di allenamento a lungo
termine, controllato e diretto secondo leggi molto
rigide.
Da un punto di vista che si indirizza soprattutto
verso i problemi della prassi dello sport, l’allenamento sportivo si definisce come: “un processo d’azione complesso che si pone lo scopo
di influire, in modo pianificato e rivolto a un
oggetto (specifico), sullo stato (livello) di prestazione sportiva e sulla capacità di realizzare
nel migliore dei modi possibile tale prestazione
in situazioni di competizione”.
• quando obiettivi, metodi, contenuti, costruzione e organizzazione dell’allenamento
sono prestabiliti, tenendo conto delle nozioni della scienza dell’allenamento e dell’esperienza di allenamento;
• quando la realizzazione dell’allenamento si
orienta su queste nozioni;
• quando la sua esecuzione viene controllata e
la sua efficacia è analizzata servendosi di controlli differenziati della prestazione, quindi:
• quando esistono un controllo e una regolazione rispetto allo scopo da raggiungere (si
veda Controllo dell’allenamento, pagina 38;
cfr. Röthig, Prohl 2003).
Si ha indirizzo verso un oggetto quando tutte le
azioni realizzate o le misure prese all’interno dell’allenamento sportivo conducono direttamente
alle finalità volute.
Dallo scopo particolare dell’allenamento dipende
se per suo tramite lo stato (il livello) della prestazione dell’atleta debba essere aumentato, conservato – a questo proposito si parla del cosiddetto “allenamento di mantenimento” – oppure
volutamente diminuito: a questo proposito si
parla anche di “disallenamento”.
Secondo i diversi stadi di sviluppo e le finalità
perseguite si possono realizzare tipologie di allenamento molto diverse, come avviene, ad esempio, nell’allenamento di alta prestazione, nell’allenamento della fitness, in quello riabilitativo, in
quello della tecnica, in quello dei principianti o
dei bambini e così via.
ALLENABILITÀ
In questo caso dunque viene definito complesso
un processo d’azione indirizzato a raggiungere
effetti adeguati sugli indici rilevanti della prestazione dell’atleta.
In questo contesto si può parlare di pianificazione:
L’allenabilità rispecchia il grado di adattamento
ai carichi di allenamento. Si tratta di un parametro dinamico, che dipende da una serie di fattori
endogeni (tipologia costituzionale, età, ecc.) ed
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
LA CAPACITÀ
DI PRESTAZIONE SPORTIVA
CAPITOLO 3
LE CARATTERISTICHE
DELLA PERSONALITÀ
CHE DETERMINANO
LA PRESTAZIONE DELL’ATLETA
E DELL’ALLENATORE
DEFINIZIONE
DEL CONCETTO
FATTORI DELLA CAPACITÀ
DI PRESTAZIONE SPORTIVA
La capacità di prestazione sportiva rappresenta il
grado di formazione di una determinata prestazione motoria sportiva e, in ragione della struttura complessa delle condizioni che la caratterizzano, è determinata da una molteplicità di fattori
specifici.
L’utilizzazione dell’aggettivo “sportiva” si rende
sempre necessario se si vuole che la capacità di
prestazione venga definita rispetto ad altri settori della vita quotidiana (ad esempio, rispetto alla
capacità di prestazione professionale, intellettuale, ecc.).
Se si considera la molteplicità dei fattori che la
compongono (una visione schematica di tali fattori può essere osservata nella figura 3), si deve
concludere che la capacità di prestazione sportiva può essere allenata solo globalmente. Solo lo
sviluppo armonico di tutti i fattori che la determinano offre la possibilità di raggiungere la
massima prestazione individuale.
Se la si considera globalmente, la capacità di prestazione sportiva è segnata essenzialmente dalla
persona o dalla personalità dell’atleta e dal
grado di espressione delle sue qualità individuali.
Nello sport competitivo o nello sport di vertice un
ruolo decisivo viene svolto anche dall’allenatore.
Capacità coordinative
Abilità motorie
Tecnica
Capacità
tecnico-cognitive
Capacità psichiche
Capacità
di prestazione
dell’atleta
Fattori di predisposizione,
costituzionali,
di salute, ecc.
Capacità sociali
Condizione
Forza
Rapidità
Resistenza
Mobilità
articolare
FIGURA 3
Modello semplificato delle componenti della capacità di prestazione sportiva.
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
LO SVILUPPO DELLA CAPACITÀ
CAPITOLO 4
DI PRESTAZIONE SPORTIVA
Durante il processo di allenamento a lungo termine, grazie alla determinazione di obiettivi, contenuti, mezzi e metodi di allenamento – ci atteniamo strettamente alla terminologia della didattica
dello sport – la capacità di prestazione è soggetta
a un perfezionamento finalizzato (figura 9).
• Obiettivi affettivi di apprendimento
Gli obiettivi di apprendimento cosiddetti
“affettivi” sono rappresentati dalla forza di
volontà, dal superamento di se stessi, dall’autocontrollo, dalla capacità di affermazione,
ecc.; si trovano in uno stretto rapporto reciproco con i fattori psichici della prestazione
oppure li limitano.
OBIETTIVI DELL’ALLENAMENTO
Gli obiettivi del processo sistematico di allenamento possono essere capacità, abilità, qualità,
atteggiamenti, ecc. Si distinguono:
• Obiettivi psicomotori di apprendimento
Essi comprendono, da un lato, i fattori organico-muscolari della prestazione, quali la resistenza, la forza, la rapidità e le loro sottocategorie; e, dall’altro, le capacità e abilità
coordinative (tecniche sportive), che si trovano al centro soprattutto del processo di
apprendimento motorio.
• Obiettivi cognitivi di apprendimento
Essi, in particolare, comprendono nozioni nel
settore tecnico e tattico, ma anche conoscenze generali di base su come ottimizzare
e rendere efficace l’allenamento.
CONTENUTI DELL’ALLENAMENTO
I contenuti dell’allenamento (sinonimo: esercizi di
allenamento) rappresentano la maniera concreta
di orientare l’allenamento verso il suo obiettivo
prestabilito. Ad esempio: l’obiettivo dell’allenamento “resistenza alla forza dei muscoli estensori
degli arti superiori” si raggiunge attraverso il contenuto d’allenamento: “esercizio di piegamenti
sulle braccia”.
Se si considera che, nel processo di allenamento,
esercitarsi rappresenta la forma basilare di attività
diretta allo sviluppo della capacità di prestazione
sportiva, al centro della programmazione dei contenuti dell’allenamento sportivo troviamo le forme
di esercizio. Dalla loro scelta corretta dipende fino
a che punto e con quale velocità si riesce a migliorare la capacità di prestazione sportiva.
Allenamento
Obiettivi
Contenuti
Metodi
(nell’esempio della resistenza)
Motori
Cognitivi
Affettivi
Sociali
Esercizi di sviluppo
generale
Esercizi speciali
Esercizi di gara
Metodo della durata
Metodo a intervalli
Metodo della ripetizione
Metodo della gara
Mezzi
Tipo di attrezzo
Tipo di informazione
Tipo di organizzazione
FIGURA 9
Lo sviluppo delle capacità di prestazione attraverso obiettivi, contenuti, metodi e mezzi di allenamento.
(Da Weineck/Weineck 2005, 25).
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
CAPITOLO 5
I PRINCIPI DELL’ALLENAMENTO
SPORTIVO
A causa dell’elevata rilevanza che presentano i
principi metodici per la pianificazione, il controllo e
l’impostazione dell’allenamento sportivo, essi verranno esposti dettagliatamente nei paragrafi che
seguono.
FONDAMENTI GENERALI
DEI PRINCIPI DELL’ALLENAMENTO
SPORTIVO
Sull’allenamento sportivo agiscono una pluralità di leggi diverse – che sono, ad esempio, di
natura biologica, pedagogica, psicologica – la
cui conoscenza è decisiva se si vuole impostare
efficacemente l’allenamento stesso. I princìpi o
regole dell’allenamento sportivo servono a rendere ottimale la capacità di azione metodologica di allenatori e atleti. Occorre considerare,
però, che – a causa dei loro legami inscindibili
– essi devono essere considerati non isolatamente, ma nel loro complesso, e devono perciò
essere padroneggiati e applicati nella loro globalità.
I principi dell’allenamento sportivo si riferiscono a tutti gli ambiti e a tutti i compiti dell’allenamento, del quale determinano sia contenuti e
metodi, sia anche l’organizzazione. Rappresentano esigenze imprescindibili che vengono
poste all’azione dell’allenatore o dell’atleta, in
quanto fanno riferimento all’utilizzazione consapevole e cosciente nel processo di allenamento delle leggi alle quali abbiamo già fatto riferimento.
Secondo l’autore e il tipo di trattazione, vengono
nel seguito citati numerosi e diversi principi dell’allenamento sportivo, che sono inseriti in proposte diverse di sistematizzazione.
Per una loro spiegazione definitiva, che offra
garanzie di scientificità, occorre ancora
aspettare, in quanto finora la scienza dello
sport è solo parzialmente riuscita a provare e
a dare una conferma sperimentale ai vari
princìpi.
Finora si è effettuata una distinzione tra principi
generali e speciali.
• L’ambito nel quale sono validi i princìpi
generali dell’allenamento sportivo si estende alla maggioranza degli sport, a tutti i
settori dell’allenamento e alle tappe della
costruzione a lungo termine della prestazione.
• I princìpi speciali si riferiscono a singoli
aspetti dell’allenamento, quali ad esempio
quello tecnico-coordinativo, o a un gruppo
specifico di obiettivi come quelli dello sport
praticato a scopi riabilitativi, lo sport per
tutti o quello scolastico.
I princìpi si distinguono dalle regole di allenamento in quanto posseggono un grado maggiore di generalizzazione e si concretizzano in
regole.
All’interno del processo di allenamento le regole servono a interpretare un principio e ne spiegano quali sono i campi di applicazione, i contenuti e le forme di manifestazione.
La pluralità dei singoli princìpi può essere distribuita in quattro gruppi principali:
• princìpi del carico;
• princìpi della ciclicità (cioè della divisione in
cicli);
• princìpi della specializzazione;
• princìpi della proporzionalità.
Nella figura 11 viene presentato un quadro
generale dei princìpi del carico dell’allenamento
sportivo.
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
CAPITOLO 6
Un importante presupposto per rendere più efficace il processo di allenamento è tenere conto
non solo dei princìpi della programmazione dell’allenamento, ma anche della sua pianificazione
a lungo termine, della sua impostazione secondo
un piano e della sua valutazione.
PIANIFICAZIONE,
ORGANIZZAZIONE E ANALISI
DEL PROCESSO DI ALLENAMENTO
come piani quadro, piani di gruppo, piani individuali, piani pluriennali, annuali, di un macrociclo,
di un microciclo, di un’unità di allenamento (cfr.
Thiess, Schnabel, Baumann 1980, 237; Starischka 1988, 11).
LA CONCEZIONE DELL’ALLENAMENTO
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
Il concetto e l’orientamento dei contenuti della
pianificazione dell’allenamento sono così definiti
da Starischka (1988, 7):
“La pianificazione dell’allenamento è un procedimento, diretto al raggiungimento di un obiettivo di allenamento, che tiene conto dello stato
individuale di prestazione, della strutturazione
sistematica e a carattere di previsione del processo di allenamento (a lungo termine), che
viene orientato in base alle esperienze ricavate
dalla prassi dell’allenamento e alle acquisizioni
della scienza dello sport”.
Quindi, le caratteristiche più importanti della
pianificazione dell’allenamento sono rappresentate dal suo progressivo adattamento, dalla sua
costruzione per fasi temporali e dalla periodizzazione del carico di allenamento.
Per concezione dell’allenamento si intende un
orientamento di base per la direzione, la pianificazione e l’impostazione dell’allenamento, nel
quale sono contenuti, e definiti, gli obiettivi e i
compiti che ci si pone e le vie di possibile soluzione che devono essere percorse per realizzarli.
Piano generale
Piano
di allenamento
individuale
A lungo
termine
Piano
di allenamento
di gruppo
Piano di allenamento
pluriennale
Generale
Piano di allenamento
annuale
TIPOLOGIE DI PIANI
DI ALLENAMENTO
I piani di allenamento rappresentano linee guida
di lavoro vincolanti per dirigere l’allenamento di
uno o più atleti o di un determinato gruppo di
atleti durante un periodo definito di tempo.
Nella figura 21 viene evidenziato come, secondo
il gruppo al quale sono diretti e il periodo di
tempo, siano possibili diverse tipologie di piani
di allenamento.
I diversi piani di allenamento vengono elaborati
sotto forma di concezione di allenamento o
Concezione
dell’allenamento
Piano del macro (meso)
ciclo
Piano dell’allenamento
settimanale
A breve
termine
Piano dell’unità
di allenamento
FIGURA 21
Tipologie di piani di allenamento.
(Secondo Starischka 1988, 11).
Speciale
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
CAPITOLO 7
CONTROLLO DELL’ALLENAMENTO
E VALUTAZIONE FUNZIONALE
(O DIAGNOSTICA
DELLA PRESTAZIONE)
Dal momento che nei singoli capitoli che riguardano l’allenamento della resistenza, della forza,
della rapidità, della mobilità articolare e della
coordinazione tratteremo le procedure speciali di
valutazione funzionale o gli aspetti specifici della
direzione e del controllo dell’allenamento, in questo particolare capitolo esporremo soltanto concetti, rapporti e princìpi di carattere generale che
sono necessari per la loro comprensione.
IL CONTROLLO DELL’ALLENAMENTO
Valutazione funzionale (o diagnostica della prestazione), controllo della prestazione e pianificazione dell’allenamento sono elementi del controllo complesso dell’allenamento, strettamente
collegati tra loro, che possono essere trattati isolatamente solo con grande difficoltà.
All’inizio di ogni azione di controllo dell’allenamento troviamo la pianificazione dell’allenamento stesso.
Se si desidera che nel processo di allenamento a
breve, medio e lungo termine sia garantito il
miglioramento della prestazione, il livello del suo
sviluppo deve essere esaminato servendosi di
procedure, dette di diagnostica della prestazione.
I dati così rilevati verranno poi tenuti in debita
considerazione nella pianificazione dei giorni e
delle settimane successive, modificando oppure
mantenendo le caratteristiche attuali del processo di allenamento.
Se attraverso il confronto tra i dati programmati
(Sollwert) e quelli reali (Istwert) si vuole riuscire
a individuare tempestivamente deviazioni dagli
obiettivi fissati per il periodo di tempo considerato ed eventualmente introdurre le relative correzioni, allora il controllo della pianificazione
del processo di allenamento è davvero inevitabile.
Per questi processi si utilizza il concetto di controllo dell’allenamento (sinonimo: controllo della
prestazione). In questo senso, secondo Carl,
Grosser (in Röthig 1992, 527/528), il controllo
dell’allenamento può essere così definito:
“Controllo dell’allenamento indica, sinteticamente, la sintonizzazione finalizzata (a breve e a
lungo termine) di tutte le misure di pianificazione, di esecuzione (realizzazione) dell’allenamento, dei suoi controlli e delle gare e della loro
valutazione, in vista del cambiamento dello stato
di prestazione sportiva (ovvero dello stato di
allenamento), con l’obiettivo di raggiungere prestazioni e successi sportivi migliori.”
Quindi il controllo dell’allenamento include il
cambiamento finalizzato del dato reale (Istwert)
fino a raggiungere il dato programmato (Sollwert).
Il parametro decisivo di controllo/direzione dell’allenamento è il carico che, se ben dosato,
rappresenta lo stimolo adeguato per l’incremento della prestazione.
Secondo le diverse finalità dell’allenamento (massimi risultati sportivi, salute o riabilitazione), il suo
controllo, servendosi in modo differenziato di
quelle componenti che sono controllabili e regolabili (metodi e contenuti dell’allenamento) e tenendo conto delle leggi dell’adattamento e degli
eventuali fattori di disturbo, permette uno sviluppo ottimale della prestazione individuale.
Come mostra la figura 22, l’analisi dei fattori che
determinano la prestazione rappresenta il presupposto irrinunciabile di ogni processo di controllo/direzione e regolazione.
In una prima fase, servendosi di procedure di
valutazione funzionale (si veda più avanti) si rileva direttamente – attraverso la prestazione sportiva complessa – o indirettamente – attraverso le
sue singole componenti – quale sia lo stato di
prestazione del momento. Nei bambini e negli
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
CAPITOLO 8
La pratica dello sport evidenzia continuamente
che i massimi risultati sportivi si possono ottenere solo se le basi a essi necessarie si creano già
nell’età infantile e nell’adolescenza. Ciò presuppone una pianificazione sistematica e a lungo
termine del processo di allenamento.
Ne deriva che la costruzione a lungo termine della
prestazione deve essere impostata come un processo unitario attraverso stadi cronologicamente
definiti, con accentuazioni diverse per quanto
riguarda i loro contenuti, e passare gradualmente,
ma sistematicamente, da una formazione di base
multilaterale, orientata verso uno sport, a un allenamento specializzato nello sport o nella disciplina sportiva specifica.
Quando si costruisce a lunga scadenza la prestazione sportiva, per il processo di allenamento a
lungo termine sono decisive da un lato la formazione dei presupposti per questa prestazione
futura e, dall’altro, la necessità di garantire le
strutture temporali – che si regolano coerente-
IL PROCESSO DI ALLENAMENTO
A LUNGO TERMINE
mente sull’età delle massime prestazioni (cfr.
anche pagina 47) – e le condizioni generali
necessarie a una preparazione a lungo termine e
allo sviluppo di prestazioni di vertice.
In questa costruzione a lungo termine della prestazione occorre rispettare la complessità e l’unità
dello sport praticato, tenendo conto (cfr. tabella 7)
del profilo specifico di ciò che quello sport richiede (ovvero del suo modello di prestazione).
L’ARTICOLAZIONE DEL PROCESSO
DI ALLENAMENTO A LUNGO
TERMINE
Il processo di allenamento a lungo termine, in
generale, è suddiviso in stadi (livelli) diversi
(figura 23), ognuno dei quali prevede obiettivi,
metodi, contenuti diversi, con una corrispondente
organizzazione dell’allenamento, che tiene conto
dell’età.
PRIMA FASE DELL’ALLENAMENTO
DI COSTRUZIONE
SECONDA FASE DELL’ALLENAMETO
DI COSTRUZIONE
• Grande voglia di muoversi, piacere di correre
• Capacità di resistenza superiore alla media con
buoni presupposti verso le attività aerobiche (elevata
percentuale di fibre ST, VO2max di 60 ml/kg/min e oltre,
evidenti capacità di resistenza nei grandi giochi sportivi
e in altre attività fisiche di durata fino a 30 min e oltre,
rapida capacità di recupero dopo i carichi fisici e/o
• doti superiori alla media di rapidità motoria (elevata %
di fibre FT, notevole velocità di reazione, forza di scatto,
forza rapida, capacità d’eseguire movimenti con
frequenza elevata, ecc.)
• Movimenti armoniosi (stile di corsa sciolto
e decontratto, facilità di movimento)
• Facilità d’apprendimento (buone capacità
di comprensione, rapidità e costanza
nell’apprendimento; capacità di acquisire senza
problemi movimenti/tecniche specifici del proprio
sport, ma anche di altri sport)
• Capacità di prestazione di resistenza superiori
alla media (margine superiore dei valori normativi
per l’età, piacere di confrontare le proprie
prestazioni con quelle degli altri, elevata costanza
di prestazione, rapido recupero dopo molteplici
carichi, ecc.) e/o
• capacità di prestazione di velocità superiori alla
media (notevole capacità di scatto, elevata frequenza
di movimento, capacità di resistenza alla velocità)
• Elevata capacità di prestazione in una determinata
gamma di distanze
• Tassi elevati di miglioramento nelle prestazioni
di velocità e di resistenza
• Stato di salute stabile, elevata capacità di carico
del sistema motorio e di sostegno, capacità
di tolleranza del carico
• Tipologia di atleta competitivo, aggressivo
in gara, mentalmente forte
• Massima capacità di mobilitazione, coscienza
di sé e fiducia in se stesso
• Senso tattico, spirito d’iniziativa
• Capacità di contrastare l’avversario
TABELLA 7
Indicatori per il talento nelle discipline di corsa dell’atletica leggera.
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
CAPITOLO 9
L’ARTICOLAZIONE
DEI CICLI ANNUALI
Il processo di allenamento a lungo termine, che
può essere suddiviso in allenamento di base, formazione generale di base e in allenamento giovanile, allenamento di transizione verso l’alto
livello e poi di alto livello, nel suo ciclo annuale è
sottoposto a una ulteriore suddivisione.
Ciò si verifica perché, durante il suo processo di
allenamento pluriennale, l’atleta non può restare
ininterrottamente “in forma”. Per questa ragione
la costruzione, il mantenimento o la perdita della
forma sportiva sono soggette a una periodizzazione ciclica che si ripete, cioè a fasi soggette a
oscillazioni temporali cicliche. Un ciclo di allenamento – che a seconda degli sport o del livello di
qualificazione dell’atleta può essere ripetuto
una, due, oppure, in casi estremi, addirittura tre
volte nel corso dell’anno – viene perciò suddiviso
in tre periodi:
• il periodo di preparazione (o preparatorio)
finalità: sviluppo della forma sportiva;
• il periodo di gara
finalità: continuare nello sviluppo della
forma sportiva attraverso la partecipazione
a gare;
• il periodo di transizione*
finalità: recupero attivo e rigenerazione, perdita (necessaria e opportuna) della forma
sportiva.
Queste fasi di sviluppo della forma nel corso dell’anno di allenamento raggiungono un livello che
si incrementa continuamente, per portare infine
alla massima prestazione individuale desiderata.
Questa suddivisione del ciclo in periodo di preparazione, di gara e di transizione, con le loro
rispettive finalità, in forma più o meno diversificata vale per tutti i settori: non dipende dall’”età
di allenamento” o dal livello di qualificazione
dell’atleta.
ALLENAMENTO
E PERIODIZZAZIONE
Però, tra settore dello sport di allenamento di
vertice, allenamento giovanile o allenamento a
livello medio si possono rilevare differenze notevoli, nei vari periodi, che riguardano, tra l’altro,
sia il rapporto tra volume e intensità del carico,
sia l’utilizzazione di contenuti generali e speciali
di allenamento.
IL PERIODO DI PREPARAZIONE
Il periodo di preparazione nell’allenamento giovanile o in quello di medio livello può essere
suddiviso in due fasi.
Nella prima fase in primo piano troviamo una
ampia preparazione generale organico-muscolare, mentre nella seconda fase prevalgono i mezzi
di allenamento specifici con una diminuzione del
volume e un aumento dell’intensità. Invece, nello
sport di vertice, in tutto il periodo di preparazione domina l’intensità del carico, il carico specifico di gara. Questa differenza si spiega con il
fatto che l’atleta di alto livello dispone già di un
livello iniziale, straordinariamente elevato, di
capacità di prestazione psicofisica e tecnico-tattica; quindi, un’impostazione del carico che si
basi sul volume non è più in grado di provocare i
necessari processi di adattamento che sarebbero
necessari per un ulteriore incremento delle prestazioni.
Nello sport di vertice si realizza una articolazione
dettagliata in macrocicli diversi (cfr. pagina 57)
della durata da due a sei settimane, in quanto
così è possibile aderire in modo più preciso alle
leggi della formazione della prestazione sportiva.
IL PERIODO DI GARA
Il periodo di gara, attraverso gli elevati carichi
rappresentati dalle varie competizioni, permette
di sviluppare e stabilizzare la massima forma
individuale. In questo caso quantità e qualità
* Da non confondere con la fase della carriera sportiva che si definisce di transizione verso l’allenamento di alto livello,
di cui si è già parlato, NdC.
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
L’IMPORTANZA DELLE GARE
E DELLA LORO PIANIFICAZIONE
PER LO SVILUPPO DELLO STATO
DI ALLENAMENTO
CAPITOLO 10
Abbiamo già ricordato come (pagina 15) nei
contenuti per lo sviluppo dello stato di allenamento si distinguano esercizi di sviluppo generale, esercizi speciali ed esercizi di gara. Il massimo
rendimento sportivo individuale può essere raggiunto solo se essi vengono utilizzati al momento giusto, nella giusta quantità (volume) e con la
giusta intensità.
Nello sport, la gara (la competizione) può essere
così definita:
Per gara (o competizione) si intende: “un confronto di prestazioni tra atleti/atlete o squadre
realizzato sulla base delle disposizioni e dei
regolamenti di gara di un sport o di una disciplina sportiva con l’obiettivo di ottenere i massimi risultati sportivi, una vittoria o una classifica dei piazzati” (Schnabel, Harre, Borde 1994,
470).
SETTORE
FINALITÀ PER QUANTO
RIGUARDA L’INFLUSSO
SULLA CAPACITÀ DI
PRESTAZIONE SPORTIVA
METODI E CONTENUTI
DELLA PREPARAZIONE
ALLA GARA
RISULTATO E EFFETTI
PSICO-SOCIALI
Sport d’elevata
prestazione
Prestazione massima
Metodi e contenuti adeguati
allo sport di vertice
diretti alla costruzione
della capacità
di prestazione sportiva
Vittoria o piazzamento
sul piano nazionale
o internazionale
Sport
competitivo
normale
Incremento della capacità
di prestazione sportiva
nella relativa categoria
di risultati nello sport
praticato
Utilizzazione di metodi
e contenuti applicabili
in generale
Vittoria o piazzamento
nella relativa categoria
di risultati (permanenza/
passaggio alla categoria
superiore o retrocessione
a quella inferiore)
Sport ricreativo
e per la salute
Mantenimento o
miglioramento della
capacità di prestazione
sportiva
Utilizzazione dei relativi
metodi e contenuti
secondo lo sport scelto
con esercitazioni e
allenamento pluri
o monodirezionale
Vittoria o piazzamento
nella gara;
autorealizzazione,
socializzazione
Sport dei
diversamente
abili
Secondo la finalità (sport
di vertice, sport riabilitativo
o per la salute) massima
prestazione nella relativa
classe di prestazioni,
recupero o mantenimento/
incremento della capacità
di prestazione fisica o sportiva
Utilizzazione di metodi
e contenuti adeguati
alle diverse abilità
Vittoria o piazzamento
nella relativa gara;
autorealizzazione
partecipazione sociale,
comunicazione, gioia
e divertimento,
apprezzamento sociale
TABELLA 12
Caratterizzazione sintetica dei diversi tipi di gare in diversi settori dello sport.
(Da Schnabel, Harre, Borde 1994, 470, modificato).
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
CAPITOLO 11
I RADUNI DI ALLENAMENTO COME
MEZZO PER IL MIGLIORAMENTO
DELLA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE
SPORTIVA O PER
LA PREPARAZIONE ALLE GARE
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
Un raduno di allenamento è una modalità
organizzativa che prevede un lavoro più intenso e concentrato, rispetto all’allenamento normale, su aspetti tecnici, organico-muscolari o
sociali in vista di una determinata competizione e/o di una futura stagione, che si svolge in
un ambiente che soddisfa le aspettative di allenatori e atleti (cfr. Eder 1987, 8).
Un raduno di allenamento persegue finalità diverse secondo la sua tipologia e le modalità del suo
svolgimento e della sua organizzazione.
In un raduno di allenamento, per quanto possibile,
debbono essere soddisfatte tutte le variabili relative alle condizioni indispensabili per la riuscita dell’allenamento (ad esempio, assistenza medicosportiva e psicologica, alimentazione corretta,
impianti ottimali, clima favorevole, ecc.).
TIPOLOGIA
Secondo lo sport e le loro finalità speciali, si
distinguono tipologie diverse di raduni di allenamento, che illustreremo sinteticamente.
RADUNI DI ALLENAMENTO TECNICO-TATTICI
Nei raduni tecnico-tattici si dovrebbe lavorare prevalentemente, in modo concentrato, sul miglioramento e la stabilizzazione di singole tecniche o tattiche, mantenendo sempre una qualità esecutiva
molto elevata. La durata ottimale è da tre a cinque
giorni.
Ancora non può essere valutata abbastanza sufficientementela possibilità che in un raduno di allenamento, in poco tempo si riesca a esercitare e utilizzare contenuti tecnico-tattici, provarne l’efficacia
e correggerli nuovamente (cfr. Martin, Korfsmeier
2006, 32).
RADUNI DI ALLENAMENTO
PER LA PREPARAZIONE ATLETICA
I raduni per la preparazione atletica servono alla
formazione generale globale e/o specifica o per
eliminare punti deboli individuali o squilibri
muscolari. Si realizzano durante un periodo di
preparazione o come preparazione a una gara
importante.
RADUNI DI ALLENAMENTO
PER LO SVILUPPO DELLA RESISTENZA
In questo caso, nella prima parte del periodo di
preparazione troviamo in primo piano la resistenza generale (resistenza di base), nella seconda parte la resistenza speciale. Per gli atleti praticanti corsa sono particolarmente adatte località
che posseggano lunghe spiagge o una conformazione del terreno tale da permettere un allenamento di corsa variabile e anche installazioni
fisioterapiche per le necessarie misure di recupero (Schmidt 2000, 14).
RADUNI DI ALLENAMENTO
PER LA COSTRUZIONE DELLA SQUADRA
O LO SPIRITO DI SQUADRA
Quando in primo piano ci sono problemi di
costruzione del gruppo, ad esempio quando si
deve ricostruire o formare una nuova squadra,
può essere utile un breve raduno di allenamento
che serve agli atleti per conoscersi meglio.
In questo genere di raduni di allenamento – ciò
vale soprattutto per le squadre dei giochi sportivi
– se si vuole che una squadra diventi tale, occorre che gli atleti lavorino e fatichino insieme. Se si
vuole che una squadra si formi o si ricostituisca,
si deve passare per quattro fasi.
Nella tabella 14 sono riassunti le motivazioni e i
comportamenti caratteristici di queste quattro
fasi.
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
CAPITOLO 12
La capacità di prestazione sportiva si manifesta
nella realizzazione dei processi motori specifici
dello sport praticato. Sia la qualità – cioè l’aspetto coordinativo – sia la quantità – cioè l’aspetto
energetico – dei movimenti sportivi si migliorano
attraverso l’allenamento con un carico specifico.
La capacità di prestazione motoria – compresi i
processi di apprendimento dei movimenti – si
basa sulla capacità funzionale del sistema neuromuscolare (coordinazione dei movimenti,
controllo e regolazione dei movimenti) e di
quello energetico (trasformazione, utilizzazione
e reintegro dell’energia necessaria per eseguire
lavoro meccanico). I due sistemi sono strettamente collegati tra loro.
Gli sport con accento sulla coordinazione, quindi,
sono strettamente collegati con il sistema di recezione, elaborazione e immagazzinamento delle
informazioni, che è di natura nervosa centrale,
mentre quelli a indirizzo prevalentemente energetico (ad esempio, gli sport di resistenza) lo sono
soprattutto con i sistemi di trasporto dei substrati
energetici e di rimozione dei metaboliti.
L’ALLENAMENTO COME PROCESSO
DI ADATTAMENTO
Dal punto di vista della biologia dello sport e della
fisiologia della prestazione – questi aspetti devono restare sempre in primo piano – l’allenamento,
in generale, deve essere concepito come un continuo effetto di adattamento al carico. A causare
cambiamenti adattativi nei sistemi che esso sollecita sono gli stimoli d’allenamento, in quanto alterano l’omeostasi dell’organismo, intendendo per
omeostasi la conservazione dello stato biochimico
dell’ambiente interno dell’organismo.
Per il miglioramento della capacità di prestazione
sportiva, quindi, svolgono un ruolo fenomeni di
PRINCIPI GENERALI FISIOLOGICI
E BIOLOGICI DEL MIGLIORAMENTO
DELLA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE
OTTENUTO ATTRAVERSO
L’ALLENAMENTO
adattamento specifici e aspecifici. Gli adattamenti specifici si riferiscono ai sistemi direttamente
impegnati – nel nostro caso al sistema neuromuscolare, coordinativo e a quello energetico, meccanico – mentre quelli aspecifici riguardano i
meccanismi ausiliari di sostegno alla loro azione
(ad esempio, i sistemi di trasporto e di distribuzione che abbiamo citato precedentemente).
Stimoli specifici provocano reazioni specifiche
di adattamento.
Gli effetti tipici di adattamento che si realizzano
nelle capacità neuromuscolari (coordinative) o
energetiche (organico-muscolari) dipendono dal
particolare tipo di prestazione motorio-sportiva.
Nel merito si può affermare che le prestazioni di
carattere coordinativo si possono migliorare prima
e più rapidamente di quelle organico-muscolari.
Ciò è importante soprattutto per l’allenamento dei
bambini e degli adolescenti.
Per quanto riguarda il settore delle capacità organico-muscolari (o condizionali), troviamo potenzialità di sviluppo tra loro differenti: mentre la rapidità può essere aumentata limitatamente attraverso
l’allenamento – un soggetto adulto non allenato è
in grado di aumentare la sua rapidità di circa il 1520% – non è così per la resistenza e la forza, che
possono essere migliorate in misura incomparabilmente maggiore (fino al 100%) (cfr. Hollmann,
Hettinger 1980, 288; Worobjewa, Worobjew 1978,
146; Alexe 1973, 15).
All’inizio dell’allenamento lo sviluppo del livello
di adattamento (stato di allenamento) è molto
rapido, per poi diventare sempre più lento e
difficile (figura 33).
Si considera che la causa dell’andamento della
curva mostrata nella figura 33 sia da ricercare
nel grado di variazione dell’alterazione dell’o-
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
CAPITOLO 13
“Il bambino non è un adulto in miniatura e la
sua mentalità non è solo quantitativamente,
ma anche qualitativamente, differente da quella degli adulti, per cui un bambino non soltanto è più piccolo, ma anche diverso.”
Claparède 1937
Per un loro sviluppo psicofisico completo e armonico, i bambini e gli adolescenti hanno bisogno
di una certa quantità di movimento. Generalmente i bambini controllano da soli questo bisogno grazie al loro grande impulso a muoversi.
Rispetto a quella degli adulti, la grande attività
di movimento dei bambini va ricondotta da un
lato alla sovrapproduzione di neurotrasmettitori
e al predominio di impulsi cerebrali (soprattutto
da parte del pallido), dall’altro al fatto che gli
sforzi collegati al movimento sono percepiti
come minori rispetto a quanto avviene, invece,
negli adulti (figura 53) (cfr. Bar-Or 1982, 27).
Se si considera che il movimento rappresenta
una necessità dello sviluppo – che, in parte, è
notevolmente limitata dall’educazione scolastica
Grandezza della sensazione
soggettiva di sforzo
10
30
50
Età (in anni)
LE BASI BIOLOGICHE
DELL’ALLENAMENTO DEI BAMBINI
E DEGLI ADOLESCENTI
(per l’obbligo di stare seduti) – l’allenamento
fisico, soprattutto nell’età infantile e nell’adolescenza, va incoraggiato senza riserve, specie se
realizzato in modo adeguato all’età e allo sviluppo. In questo periodo d’età, però, occorre che
l’avviamento a un allenamento di alto livello sia
fatto dipendere da una serie di pre condizioni
(cfr. anche Hollmann 1981, 249).
• All’inizio di ogni processo di allenamento
sportivo di alto livello, dovrebbe essere eseguito un esame generale di tipo ortopedico e
internistico, per potere escludere, nel modo
più ampio possibile, che eventuali reperti
patologici o alterazioni nel settore dell’apparato locomotorio passivo e attivo o del sistema cardiopolmonare possano rappresentare
un pericolo già durante questo tipo di allenamento.
Tale esame dovrebbe essere ripetuto a intervalli regolari, in modo tale da poter individuare e, quindi, evitare tempestivamente
danni prodotti da eccessi di carico.
• Ogni allenamento di alto livello dovrebbe
essere intrapreso volontariamente e non
dovrebbe essere influenzato da pressioni dei
genitori o dell’allenatore.
• Esso dovrebbe essere impostato e realizzato,
tenendo conto dell’età, secondo modalità
adeguate alle caratteristiche e alle particolarità psicofisiche del bambino.
• La pratica dell’allenamento non dovrebbe
danneggiare né la formazione scolastica, né
quella professionale.
• L’allenamento dovrebbe lasciare a bambini e
adolescenti la disponibilità di spazi di tempo
per coltivare interessi di altro genere, non
collegati allo sport.
70
FIGURA 53
Sensazioni soggettive di sforzo, rapportate alla frequenza cardiaca, e loro dipendenza dall’età.
(Da Bar-Or 1982, 27).
Come verrà illustrato qui di seguito, bambini e
adolescenti non sono adulti in miniatura, né alla
base della loro attività sportiva vi è un allenamento simile a quello degli adulti, ma un allenamento ridotto. Naturalmente, anche l’allenamen-
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LE BASI GENERALI DELLA TEORIA DELL’ALLENAMENTO
CAPITOLO 14
RICERCA E PROMOZIONE
DEL TALENTO NELL’ETÀ
INFANTILE E GIOVANILE
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
Nei vari tentativi di definizione del concetto di
talento, possiamo distinguere un approccio statico e uno dinamico alla sua spiegazione.
Il concetto statico contiene questi quattro elementi per caratterizzare un talento (Joch 1992, 83):
• disposizioni , che pongono l’accento sulla
capacità;
• disponibilità, che mette in primo piano la
volontà;
• ambiente sociale, che determina le opportunità;
• risultati, che documentano quale sia il risultato della prestazione realmente ottenuto.
Nell’interpretazione dinamica del talento, quest’ultimo si struttura solo nel corso di un processo attivo e finalizzato (“specificazione”): tale
processo rappresenta un fenomeno di trasformazione nel quale è coinvolta tutta la personalità
(cfr. Muhle 1971, 93; Joch 1992, 87).
Tale concetto dinamico di talento, quindi, comprende soprattutto due caratteristiche fondamentali che sono:
• il processo attivo di cambiamento;
• il controllo esercitato attraverso l’allenamento e le competizioni e la necessità che esso
venga seguito dal punto di vista pedagogico.
Se lo si vuole precisare dal punto di vista dello
sviluppo, secondo Joch (1992, 87) esso può essere così descritto:
“Lo sviluppo del talento è un processo attivo di
trasformazione, pedagogicamente guidato, che
è intenzionalmente diretto attraverso l’allenamento e forma la base per un elevato livello di
prestazione che dovrà essere raggiunto successivamente.”
Joch (1992, 90), sulla base di questi approcci statici e dinamici alla determinazione del suo concetto, così definisce il talento:
Ha talento, oppure è un talento, colui che, sulla
base di disposizioni, della disponibilità alla prestazione e delle possibilità che gli sono offerte
dall’ambiente nel quale vive, ottiene (possibilmente in gara) risultati della prestazione superiori alla media della sua età, ma suscettibili di
sviluppo. Tali risultati rappresentano il prodotto
di un processo attivo di trasformazione, pedagogicamente guidato e controllato intenzionalmente attraverso l’allenamento, che è orientato
in modo determinato verso quell’elevato livello
di prestazione sportiva che dovrà essere raggiunto successivamente.
È proprio questa definizione di Joch, che cerca di
integrare tutti gli aspetti, che secondo noi dovrebbe essere attualmente preferita ad altri particolari
tentativi di definizione del talento di tipo statico o
dinamico.
Quindi, per talento sportivo, o predisposizione allo
sport, si deve intendere l’insieme dei presupposti
per le prestazioni sportive del quale sono in possesso il bambino, l’adolescente o l’atleta e il loro
sviluppo. Il livello e le possibilità di sviluppo dei
presupposti della prestazione, quindi, sono determinati: a) dalle doti o presupposti genetici; b) dal
processo dell’attività di allenamento.
Per questa ragione, l’attitudine (talento) deve
essere considerata il risultato del confronto attivo, attraverso adeguate misure di allenamento,
della persona o della personalità dell’atleta
dotato di disposizioni genetiche individuali
(genotipo) con l’ambiente che lo circonda.
Per lo sport di vertice, il problema del rapporto
tra fattori genetici e fattori riferibili all’allenamento svolge un ruolo importante.
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L’ALLENAMENTO DELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE MOTORIA
CAPITOLO 15
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
In generale, per resistenza si intende la capacità psicofisica dell’atleta di opporsi all’affaticamento.
La resistenza psichica comprende la capacità dell’atleta di riuscire a resistere il più a lungo possibile a uno stimolo che lo indurrebbe a interrompere uno sforzo; la resistenza fisica si riferisce
alla capacità dell’intero organismo, o di suoi singoli sistemi parziali, di resistere alla fatica.
TIPI DI RESISTENZA
Secondo come la si considera, si possono distinguere tipologie diverse di manifestazione della
resistenza.
Se si considera l’aspetto della percentuale di
muscolatura impegnata si distinguono una resistenza generale e una locale; se si considera l’aspetto della specificità dello sport una resistenza
generale e una specifica; se invece si considera
quello della trasformazione dell’energia muscolare una resistenza aerobica e una anaerobica; quello della durata temporale una resistenza di breve,
di media e di lunga durata; se, invece, si considera
quello delle forme principali di sollecitazione
motoria interessate la resistenza alla forza, alla
forza rapida e alla rapidità.
La resistenza generale (muscolare) si definisce
così perché impegna da un settimo a un sesto
dell’intera muscolatura scheletrica – ad esempio,
la muscolatura di un arto inferiore rappresenta
circa un sesto dell’intera massa muscolare – e
viene limitata soprattutto dal sistema cardiocircolatorio e respiratorio (espresso dal massimo
consumo d’ossigeno, cfr. pagina 175) e dall’utilizzazione periferica dell’ossigeno.
Di conseguenza, la resistenza (muscolare) locale
prevede la partecipazione di meno di un sesto/
settimo dell’intera muscolatura; oltre che dalla
resistenza generale è determinata, in misura particolare, dalla forza speciale, dalla capacità anaero-
L’ALLENAMENTO
DELLA RESISTENZA
bica e dalle forme di forza che sono limitate da
quest’ultima, quali la resistenza alla rapidità, alla
forza e alla forza rapida (cfr. figura 77 e il testo
che l’accompagna), come dalla qualità della coordinazione neuromuscolare specifica (tecnica) della
disciplina. Mentre la resistenza generale – caratterizzata dall’aumento della capacità del sistema
cardiocircolatorio – può influenzare sotto molti
aspetti la resistenza locale, limitandone la prestazione – ciò vale in particolare per il rapido ristabilimento dopo il carico – quest’ultima, generalmente, non ha alcun influsso sulla capacità di prestazione della resistenza generale (ad esempio,
per quanto riguarda un aumento delle dimensioni
del cuore, ecc.). Oltre a una forma di resistenza
generale e a una forma di resistenza locale, nella
pratica dello sport si usa parlare di resistenza
generale e speciale. In questa contrapposizione
antitetica, per resistenza generale si deve intendere la forma di resistenza indipendente dallo sport
praticato – detta anche resistenza di base – mentre per resistenza speciale si deve intendere la
forma di manifestazione specifica dello sport praticato. Il concetto di resistenza locale e speciale si
toccano e si sovrappongono in vari punti e in
parte vengono usati come sinonimi.
Dal punto di vista della trasformazione dell’energia muscolare vengono poi distinte una resistenza
aerobica e una anaerobica.
Nel caso della resistenza aerobica (cfr. anche
pagina 158), l’ossigeno necessario per la combustione per via ossidativa dei substrati energetici
è disponibile in quantità sufficiente, mentre nella
resistenza anaerobica , a causa della grande
intensità del carico – che può essere provocata
sia da un’elevata frequenza di movimento sia da
un maggiore impegno di forza – l’apporto di
ossigeno è insufficiente per questa combustione,
per cui l’energia viene trasformata per via non
ossidativa.
Poiché, nella maggior parte dei casi, nella pratica
dello sport non troviamo mai una trasformazione
“pura” dell’energia per via ossidativa o anossidativa, ma una loro mescolanza, che dipende da
ambedue (cfr. figura 76), si è rilevato sensato
suddividere la resistenza generale in resistenza
di breve, di media e di lunga durata.
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L’ALLENAMENTO DELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE MOTORIA
L’ALLENAMENTO DELLA FORZA
CAPITOLO 16
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
Rispetto alla definizione del concetto di “forza”
nell’ambito della fisica, la formulazione di una
definizione precisa dello stesso concetto che ne
comprenda anche i suoi aspetti fisiologici e psichici presenta notevoli difficoltà. Infatti, i tipi di
forza, di lavoro muscolare, di tensione muscolare, e il carattere differenziato di quest’ultima,
sono straordinariamente elevati e sono influenzati da numerosi fattori. Quindi, una spiegazione
tesa a definire il concetto di forza può essere
possibile solo in rapporto con le seguenti tipologie di manifestazione della forza.
Nei diversi sport, la forza non si presenta mai
in forma “pura”, astratta, ma sempre in una
combinazione, o in forme miste più o meno
sfumate dei fattori condizionali (cioè organicomuscolari e coordinativi) di prestazione fisica.
Dalla figura 175 si possono ricavare tre forme
principali di espressione: la forza massimale, la
forza rapida e la resistenza alla forza.
Resistenza alla forza
I TIPI DI FORZA
Prima di addentrarci in una suddivisione speciale
delle tipologie di forza, per principio deve essere
stabilito che la forza o le diverse forme nelle quali
essa si manifesta possono essere sempre trattate
sotto l’aspetto della forza generale e speciale.
Per forza generale si intende la forza di tutti i
gruppi muscolari, indipendentemente dallo sport
praticato, mentre la forza speciale rappresenta la
sua forma di espressione tipica di un determinato sport o del suo correlato muscolare specifico
(cioè i gruppi muscolari che partecipano a un
determinato movimento sportivo).
Resistenza
alla forza massimale
Forza
massimale
Forza
esplosiva
Resistenza
alla forza rapida
Forza
iniziale
Forza
rapida
FIGURA 175
Le interrelazioni tra le tre principali forme della
forza.
Forza
Forza massimale
(FM)
Dinamica
Statica
Forza di lancio Forza di tenuta
Forza di trazione Forza di trazione
Forza di spinta Forza di pressione
Forza reattiva
(FRe)
Forza rapida
(FR)
Resistenza alla forza
(RF)
Dinamica
Dinamica
Statica
Dinamica
Statica
Forza elastica
Forza di stacco
Forza di salto
Forza di lancio
Forza di tiro
Forza di colpo
Forza di spinta
Forza di sprint
Sviluppo
della FR
isometrica
RF di salto
RF di lancio
RF di spinta
RF di colpo
RF di sprint
Forza
di tenuta
FIGURA 176
La forza, le diverse capacità di forza e le loro diverse forme di manifestazione.
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L’ALLENAMENTO DELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE MOTORIA
CAPITOLO 17
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
La rapidità rappresenta un insieme di capacità,
straordinariamente varie e complesse, che si
manifesta in modi completamente diversi nei vari
sport. Lottatori, pugili, karateka, giocatori e specialisti dell’atletica leggera si caratterizzano tutti
per un’elevata espressione della rapidità, ma da
molti punti di vista si differenziano per quanto
riguarda la rapidità specifica del loro sport.
La rapidità non è solo la capacità di correre rapidamente, ma assume un ruolo importante anche nei
movimenti aciclici (salti, lanci) e in altri movimenti
ciclici (come il pattinaggio di velocità su ghiaccio o
lo sprint nel ciclismo) (cfr. Voss 1993, 5).
La rapidità è una delle forme principali di sollecitazione motoria che, come avviene per la mobilità articolare, può essere attribuita sia alle capacità organico-muscolari – forza e resistenza –
sia a quelle coordinative (cfr. Grosser 1991, 13;
Martin, Carl, Lehnertz 1991, 147; Weineck
1992, 377; Schnabel, Thiess 1993, 696).
Schnabel, Thiess (1993, 696) considerano la rapidità una capacità organico-muscolare che rappresenta un presupposto di prestazione per realizzare a intensità elevata e massima azioni
motorie nel più breve tempo possibile, nelle condizioni di fatto esistenti per la loro esecuzione.
Martin, Carl, Lehnertz (1991, 147) invece classificano solo in parte la rapidità tra le capacità
organico-muscolari, in quanto si baserebbe solo
parzialmente su meccanismi energetici, mentre
dipenderebbe in misura più elevata da programmi di controllo di natura nervosa centrale.
La complessità coordinativo-condizionale della
rapidità risulta evidente anche nella definizione di
Frey.
La rapidità è quella capacità che, sulla base della
mobilità dei processi del sistema neuro-muscolare e delle possibilità di sviluppo della forza della
muscolatura, permette di eseguire azioni motorie
in un periodo di tempo minimo nelle condizioni
contingenti esistenti (cfr. Frey 1977, 349).
L’ALLENAMENTO DELLA RAPIDITÀ
La definizione più completa dalla rapidità è quella di Grosser (1991, 13), in quanto comprende
non soltanto i suoi aspetti coordinativo-condizionali, ma anche le sue peculiari componenti psichiche. Grosser così definisce la rapidità:
“…nello sport, per rapidità s’intende la capacità di raggiungere, in determinate condizioni, la
massima velocità di reazione e di movimento
possibili, sulla base di processi cognitivi, di
sforzi massimi di volontà e della funzionalità
del sistema neuro-muscolare”.
Se la si riferisce ai giochi sportivi, dalla descrizione che ne danno per il calcio Benedek, Palfai
(1980, 10) è facilmente visibile quale sia la complessità della gamma di forme di manifestazione
e della struttura dei fattori propri della rapidità:
...”la rapidità del giocatore di calcio è una
capacità che comprende molti aspetti, in quanto ne fanno parte non soltanto le capacità di
agire e reagire con prontezza, di scattare e correre velocemente, di trattare la palla rapidamente, di scattare e arrestarsi, ma anche quella
di intuire rapidamente e di sfruttare perciò la
situazione esistente”.
Da questa breve caratterizzazione di quali siano
le esigenze di rapidità nel gioco del calcio, si
possono già dedurre alcuni suoi elementi parziali
essenziali, quali la rapidità di percezione, di anticipazione, di presa di decisione, di reazione, di
velocità senza pallone, di azione con il pallone e
la prontezza generale nell’agire.
Perciò, ampliando la definizione di Bauer (1990,
7), la rapidità degli atleti dei giochi sportivi (ma
anche di quelli degli sport di combattimento,
NdT) può essere così definita (cfr. Weineck 2004,
377):
La rapidità di un atleta dei giochi sportivi rappresenta un qualità complessa che è composta
da varie capacità psicofisiche, che sono:
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L’ALLENAMENTO DELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE MOTORIA
CAPITOLO 18
L’ALLENAMENTO DELLA MOBILITÀ
ARTICOLARE
La mobilità articolare rappresenta una caratteristica, relativamente indipendente, della capacità di
prestazione sportiva e tra le principali forme di
sollecitazione motoria occupa una posizione intermedia tra le capacità organico-muscolari e quelle
percettivo-cinetiche.
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
La mobilità articolare rappresenta la capacità e
la qualità che permette a un atleta di eseguire
movimenti di grande ampiezza di una o più
articolazioni, sia volontariamente sia in presenza di forze esterne.
La flessibilità è un altro concetto che ha lo stesso
significato di “mobilità articolare”. L’articolarità –
che coinvolge la struttura delle articolazioni – e la
capacità di allungamento muscolo-tendinea – che
riguarda i muscoli, i tendini, i legamenti e l’apparato capsulare – fanno invece parte della mobilità
articolare e, pertanto, si tratta di due concetti
dipendenti dalla mobilità articolare stessa.
I VARI TIPI DI MOBILITÀ ARTICOLARE
La mobilità articolare si suddivide in generale,
speciale, attiva, passiva, statica e in allungamento volontario (allungamento attivo) o generato
da forze esterne (allungamento passivo).
Si parla di mobilità articolare generale quando la
capacità di escursione del movimento nei principali sistemi articolari (articolazioni delle spalle e
dell’anca, colonna vertebrale) si trova a un livello
sufficientemente sviluppato. Si tratta, comunque,
di un criterio relativo, in quanto il grado di sviluppo della mobilità articolare generale può
essere più o meno elevato in base al livello delle
esigenze (atleta professionista o amatore).
Si parla di mobilità articolare speciale quando si
fa riferimento alla capacità di escursione di una
determinata articolazione. Per esempio, un ostacolista ha bisogno di una mobilità maggiore
delle articolazioni dell’anca.
Si definisce mobilità articolare attiva la massima
escursione di movimento di un’articolazione che
un atleta può raggiungere contraendo i muscoli
agonisti e – contemporaneamente – rilassando
(cioè estendendo) i muscoli antagonisti.
La mobilità articolare passiva, invece, corrisponde
alla massima escursione di movimento che un
atleta può raggiungere in presenza di forze esterne (un compagno, trazione con ausilio di un
attrezzo) ed è basata sulla capacità di rilassamento o di allungamento dei muscoli antagonisti.
La mobilità articolare passiva è sempre maggiore di quella attiva.
La differenza tra la mobilità passiva e quella attiva è definita riserva di mobilità e indica il limite
di miglioramento della mobilità articolare attiva
che si può raggiungere potenziando gli agonisti
o aumentando la capacità di allungamento degli
antagonisti.
Poiché gli esercizi di allungamento attivo o passivo sono definiti in modi diversi da un autore
all’altro (Glück et al. 2002, 67) e, quindi, possono dare origine a interpretazioni diverse, per
evitare ambiguità è stato proposto di utilizzare i
concetti di allungamento autoregolato (allungamento autoregolato per azione diretta o indiretta) e allungamento regolato dall’esterno (allungamento regolato da azioni di forza esterna
indiretta; cfr. Glück 2002, 67). Con questa interpretazione del concetto di allungamento muscolare si pone in primo piano l’azione dell’atleta e
vi è una distinzione tra l’atleta che esegue esercizi di allungamento volontario (allungamento
autoregolato) e quello che si sottopone a esercizi che prevedono l’azione di forze esterne
(allungamento regolato dall’esterno). La figura
425 riporta le sottocategorie di questa nuova
classificazione.
Secondo Glück et al. (2002, 67), l’allungamento
autoregolato, se si prendono in considerazione i
feedback cinestetici rilevati dalla muscolatura
allungata in modo attivo dall’atleta o sottoposta
a allungamento, avrebbe il vantaggio di garanti-
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L’ALLENAMENTO DELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE MOTORIA
CAPITOLO 19
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
Le capacità coordinative sono capacità dell’uomo, determinate primariamente da processi di
controllo e regolazione dei movimenti (Hirtz
1981, 348), che mettono l’atleta in grado di
controllare, con sicurezza ed economia, le sue
azioni motorie sia in situazioni prevedibili (stereotipate) sia in situazioni imprevedibili (variabili) e di apprendere movimenti sportivi in
modo relativamente rapido.
Le capacità coordinative debbono essere distinte
dalle abilità motorie. Mentre queste ultime vanno
riferite ad azioni motorie concrete stabilizzate, in
parte automatizzate, le prime rappresentano i presupposti consolidati, ma generalizzati, cioè di
base, di tutta una serie di azioni motorie dell’uomo (cfr. Hirtz 1981, 349).
TIPI DI CAPACITÀ COORDINATIVE
Si fa una distinzione tra capacità coordinative
generali e speciali.
Le capacità coordinative generali sono il prodotto di un addestramento multilaterale in molti
sport e in molte attività motorie. Per cui, anche
nei vari campi della vita quotidiana e dello sport,
si manifestano in modo tale che qualsiasi problema o compito di movimento possa essere affrontato e superato in modo razionale e creativo.
Le capacità coordinative speciali sono formate
prevalentemente nel quadro della relativa disciplina di gara e sono caratterizzate dalla possibilità di variazione nella tecnica dello sport praticato. La loro caratteristica è quella di presentarsi,
secondo gli sport o le discipline sportive, in tipiche costellazioni complesse di più capacità. In
tali costellazioni, secondo lo sport o la disciplina
sportiva, assumono una posizione preminente, e
accentuata, determinati collegamenti tra le loro
componenti, che mostrano specifiche relazioni
infrastrutturali per quanto riguarda il loro peso
fattoriale.
575
L’ALLENAMENTO
DELLE CAPACITÀ COORDINATIVE
L’IMPORTANZA DELLE CAPACITÀ
COORDINATIVE
In modo molto generale, si può affermare che si ha
bisogno delle capacità coordinative per controllare
e risolvere situazioni che richiedono di agire rapidamente e in modo finalizzato. Esse, quindi, presentano una valenza molto elevata anche come
prevenzione di incidenti e infortuni (in quanto permettono di evitare collisioni, cadute, ecc.).
• Le capacità coordinative rappresentano la
base di una buona capacità sensomotoria di
apprendimento. Ciò vuole dire che più elevato è il loro livello, più velocemente e con
minore difficoltà si apprendono movimenti
nuovi o difficili. Korobkov (citato da Raeder
1970, 68) definiva il loro allenamento: “allenamento dell’allenabilità”.
• L’elevata economia, collegata a un loro sviluppo elevato, determinata dalla precisione
del controllo del movimento, permette di
eseguire gli stessi movimenti con uno scarso
dispendio di forza muscolare e, quindi, ha un
effetto di risparmio di energia. Per questa
ragione determina il livello di utilizzazione
delle capacità organico-muscolari.
• Un atleta, sulla base di una buona capacità
di coordinazione, anche negli anni successivi
di allenamento è in grado di apprendere
nuove abilità tecnico-sportive o di trasformare quelle già apprese.
• Un livello elevato di capacità coordinative
permette di impadronirsi razionalmente di
abilità tecniche, caratteristiche di altri sport
che, poi, possono essere utilizzate, ad esempio, per lo sviluppo della condizione fisica e
per l’allenamento di compensazione.
L’ALLENABILITÀ DELLE CAPACITÀ
COORDINATIVE
Sebbene il momento ottimale per lo sviluppo
delle singole componenti delle capacità coordinative in parte si manifesti in momenti molto
diversi, in generale si può affermare che presen-
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L’ALLENAMENTO DELLA TECNICA E TATTICA SPORTIVA
L’ALLENAMENTO DELLA TECNICA
CAPITOLO 20
SPORTIVA
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
LE TIPOLOGIE DI TECNICA
SPORTIVA
Per tecnica sportiva si intende una procedura
che, generalmente, si è sviluppata nella pratica
dei vari sport e che permette di risolvere un
determinato problema di movimento nel modo
più razionale ed economico possibile. La tecnica di una disciplina sportiva, quindi, corrisponde a quello che si potrebbe definire il tipo ideale di movimento che, però, mantenendo le
caratteristiche tipiche del movimento stesso,
può essere soggetto a modificazioni adattate
alle particolarità individuali di chi lo esegue,
che sono quelle che identificano il cosiddetto
stile personale.
Come avviene per le capacità coordinative, si
distinguono capacità o abilità tecniche generali e
speciali.
Le abilità tecniche generali sono rappresentate
dalle cosiddette tecniche di base di corsa, salto,
lancio/tiro, ecc., che appartengono al repertorio
motorio di base di molti sport, in particolare dei
giochi sportivi. Le tecniche speciali sono quelle
specifiche e caratteristiche di un determinato
sport o di una determinata disciplina sportiva.
LE COMPONENTI DELLA TECNICA
SPORTIVA
Djackov (1973, 6) definisce la maestria tecnica
come la completa padronanza di strutture economiche del movimento, proprie di un esercizio
sportivo, quando esso è utilizzato per raggiungere il massimo risultato possibile anche nelle condizioni più dure di competizione sportiva.
Nel processo di allenamento a lungo termine, se
si vuole raggiungere la maestria tecnica individuale e, con essa, anche quella sportiva, nel processo di sviluppo della tecnica, debbono essere
incluse tutte quelle componenti che sostengono
Tecnica sportiva
basata su
Capacità
coordinative
Capacità
psichiche
Patrimonio
di movimenti
Esperienza
motoria
Capacità degli
analizzatori
e si esprime in
Padronanza
delle tecniche
sportive
Allargamento
della competenza
d’azione tattica
Capacità
di sfruttamento
del potenziale
psicofisico
FIGURA 483
Rassegna schematica delle forme di base o di manifestazione della tecnica sportiva.
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643
L’ALLENAMENTO DELLA TECNICA E TATTICA SPORTIVA
L’ALLENAMENTO DELLA TATTICA
CAPITOLO 21
SPORTIVA
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
Ma un piano tattico può essere realizzato solo
se si parte da una base tecnica adeguata, dai
corrispondenti presupposti organico-muscolari,
come anche da adeguate capacità psichiche,
volitive e intellettuali. Occorre chiedersi, infatti,
come si potrebbe realizzare, ad esempio, l’indicazione tattica “giocare di prima”, se non si disponesse della necessaria maestria; quale senso
avrebbe l’indicazione “copertura a uomo”, se in
ogni occasione l’avversario fosse superiore come
rapidità e resistenza; e, infine, come si potrebbe
realizzare un gioco di squadra affiatato, se per il
compagno fosse difficile comprendere o applicare una determinata situazione di gara o se, per
insufficiente disponibilità allo sforzo o perché si
impegna poco, perdesse ogni contrasto con l’avversario.
Per tattica si intende il comportamento che è
stato pianificato in vista di una competizione
individuale o di squadra e impostato sulla propria capacità di prestazione e su quella dell’avversario, come anche sulle condizioni esterne.
LE TIPOLOGIE DI TATTICA
SPORTIVA
Anche per quanto riguarda la tattica, si fa una
distinzione tra tattica generale e tattica speciale.
La prima si riferisce alle leggi e alle regole generali dell’agire in modo tattico, la seconda, invece,
è specifica di uno sport e, quindi, ha bisogno di
un addestramento adeguato.
LE COMPONENTI DELLA TATTICA
SPORTIVA
La figura 508 fornisce un quadro generale delle
componenti con le quali si costruisce un’azione
tattica.
Un comportamento ottimale in gara dell’atleta
presuppone che anche egli abbia un atteggiamento tattico.
A questo riguardo Sonneschein (1987, 13) afferma: “Spesso si sottovaluta che le prestazioni
sportive sono legate anche a processi cognitivi,
emotivi e volitivi che, se si vogliono incrementare
le prestazioni, possono essere migliorati quanto i
presupposti fisici”.
Le capacità psichiche e tattico-cognitive abbracciano un complesso di processi interni di impulso
e di controllo, che non possono essere separati
tra loro. Il loro grado di espressione influisce in
misura determinante sulla qualità delle prestazioni sportive.
Tattica sportiva
basata su
Capacità cognitive
Abilità tecniche
Capacità psicofisiche
mira a
Comportamenti ottimali di gara grazie all’utilizzazione di capacità e abilità individuali
FIGURA 508
Le componenti della struttura di un’azione tattica.
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L’ALLENAMENTO PSICOLOGICO PER IL MIGLIORAMENTO DELLA PRESTAZIONE
CAPITOLO 22
IL TRANING AUTOGENO
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
Il training autogeno è stato sviluppato, all’inizio
del secolo scorso, da J.H. Schulz partendo dall’ipnosi, dalla quale si differenzia in quanto in esso
non troviamo un rilassamento esogeno, prodotto
cioè da un intervento esterno, ma un autorilassamento per concentrazione che, attraverso l’autosuggestione, porta a uno stato “ipnoide”, cioè a
un abbassamento del livello di coscienza con
una decontrazione muscolare ottimale ( Rosa
1973, 18).
SETTORE D’APPLICAZIONE
Nel campo sportivo, il training autogeno svolge
un ruolo soprattutto per il recupero e il ristabilimento delle potenzialità fisiche e psichiche dell’atleta che, in gara, è soggetto a situazioni
estreme di sforzo e si vede costretto a eliminare
più rapidamente possibile gli stati di esaurimento fisico e di sovreccitazione psichica.
Per poter ottenere lo stato di rilassamento
completo attraverso il training autogeno, chi
lo pratica si deve liberare completamente
dalle rappresentazioni mentali della prestazione e, concentrandosi sul rilassamento di se
stesso (auto-rilassamento), si deve estraniare
completamente dai rapporti con l’ambiente
circostante. Per questa ragione, il suo apprendimento deve avvenire in un momento di
tranquillità interiore e di assenza di conflitti
psichici, non in momenti di forte tensione psichica.
655
METODI PSICOLOGICI DIRETTI
A MIGLIORARE IL RISTABILIMENTO
E LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE
FISICA
APPLICAZIONE E BASI FISIOLOGICHE
Il training autogeno rende necessario un esercizio sistematico, ritmico, saldamente integrato
nello svolgimento della giornata e che, quindi, è
diventato un’abitudine. Rosa (1973, 34-35) parla
della formazione di “uno stereotipo temporale
nello svolgimento della giornata” che, dal punto
di vista della psicologia dell’apprendimento, è un
grande sostegno alla garanzia della sua riuscita.
L’accesso al livello inferiore del training autogeno – che è di importanza primaria nello sport – è
permesso a chi lo pratica da formule di autosuggestione come “sono calmissimo”, ecc., che
sono seguite dai sei esercizi del grado inferiore:
• L’esercizio della pesantezza
Formula: “il braccio destro è molto pesante”.
Processi fisiologici: in questo esercizio è volutamente data la priorità al braccio destro –
che è l’arto dominante della maggior parte
degli esseri umani – in quanto la mano
destra è ampiamente rappresentata nella circonvoluzione pre-frontale (cioè nella circonvoluzione cerebrale che comprende l’area
motoria) e, quindi, l’irradiazione che ne deriva
interessa ampiamente altri settori della corteccia. Il senso di pesantezza si può spiegare
con la diminuzione del tono muscolare e può
essere attestato oggettivamene attraverso
registrazioni elettromiografiche.
• L’esercizio del calore
Formula: “il braccio destro è molto caldo”.
Processi fisiologici: l’abbassamento del tono
muscolare comporta una diminuzione del
tono vascolare. Perciò, si produce una dilatazione dei vasi sanguigni, con conseguente
aumento della temperatura cutanea, che
provoca la sensazione di calore (figura 513).
Parallelamente, diminuiscono la frequenza
cardiaca e la pressione sanguigna, che svolgono anch’esse un’azione positiva sulla
capacità di rilassamento e di recupero.
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L’ALLENAMENTO PSICOLOGICO PER IL MIGLIORAMENTO DELLA PRESTAZIONE
METODI PSICOLOGICI DIRETTI
CAPITOLO 23
A MIGLIORARE IL PROCESSO
DI APPRENDIMENTO
DELLA TECNICA
L’ALLENAMENTO MENTALE
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
Per allenamento mentale si intende l’apprendimento o il miglioramento di un processo di
movimento ottenuto attraverso una sua intensa
rappresentazione mentale, senza che, contemporaneamente, esso venga realmente eseguito
(cfr. Volkamer 1972, 137; Fuhrer 1975, 1313;
Beck 1977, 212).
FORME DI ALLENAMENTO MENTALE
Secondo Fetz (1979, 88-89), l’allenamento mentale si trova allo stesso livello di quello propriamente detto e si differenzia, nelle cosiddette “istruzioni di esercitazione verbale”, in allenamento attraverso informazioni verbali, allenamento ideomotorio e allenamento basato sull’osservazione
(“osservativo”; cfr. figura 516).
Kunze (1971, 340-343) suddivide i metodi di allenamento mentale secondo la tipologia di presa ed
elaborazione delle informazioni e separa l’allenamento mentale da quello basato sull’osservazione
(allenamento osservativo), da quello verbale (allenamento verbale) e da quello che si fa in pratica.
L’allenamento mentale è da lui suddiviso in allenamento sub-vocale, allenamento percettivo
nascosto e allenamento ideomotorio (figura 517).
Mentre l’allenamento sub-vocale e quello percettivo nascosto sono controllabili più dall’esterno
(attraverso determinate formule o immagini che si
riferiscono allo svolgimento ottimale del movimento) e rappresentano la realizzazione di un
valore nominale (Sollwert), nell’allenamento ideomotorio vi possono essere sia un valore nominale
come pure un valore reale (Istwert) basato su
dati, la cui realizzazione si produce ogni volta che
la rappresentazione del movimento è collegata a
un pattern di movimento già esistente. Invece, la
realizzazione di un valore nominale si ha quando
il pattern di movimento non si è ancora completamente formato. Per questa ragione, la realizzazione di un valore reale serve alla stabilizzazione di
Esercitazione motoria (Allenarsi)
Esercitazione pratica
(Allenarsi)
Esercitazione mentale
(Allenarsi)
Esercitazione basata
su informazione verbale
Informazione
scritta
Informazione
orale
Esercitazione
ideomotoria
con/senza
accompagnamento
verbale
Esercitazione basata
sull’osservazione
Dimostrazione
Immagini
FIGURA 516
Esercitazione motoria tenendo particolarmente conto delle forme di esercitazione mentale.
(Da Fetz 1979, 414).
Simboli
(astrazioni)
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L’ALLENAMENTO PSICOLOGICO PER IL MIGLIORAMENTO DELLA PRESTAZIONE
CAPITOLO 24
673
METODI PSICOLOGICI DIRETTI
A RIMUOVERE I FATTORI
PSICHICI DI DISTURBO
CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ
DI PRESTAZIONE SPORTIVA
L’IPNOSI
Si tratta di una procedura che non si applica a
tutti, in quanto dipende da una sensibilità specifica alla suggestione esterna.
ESECUZIONE
L’atleta è posto in uno stato ipnotico simile al
sonno dall’ipnotizzatore che, successivamente, gli
suggerisce alcune istruzioni che egli eseguirà
mentre si trova ancora in stato ipnotico o nel successivo stato di veglia.
traumatizzanti vengono rielaborati, finché, gradualmente, perdono la loro importanza e si rimuovono i fattori di disturbo dei meccanismi di regolazione nervosa.
La desensibilizzazione è stata portata da Wolpe
(1958) a livello di uno dei metodi di terapia comportamentale e serve a rimuovere o a ridurre
modi di comportamento nevrotici come, ad esempio, l’ansia, sintomo di realizzazioni inadeguate
dovute a processi di apprendimento ritenuti “errati”.
Infine, con la modificazione sistematica del comportamento, i rilassamenti prodotti dalla desensibilizzazione sono ripetuti così a lungo che, grazie
all’effetto di abitudine, la rappresentazione della
situazione non provoca più reazioni inibitorie.
POSSIBILITÀ E LIMITI NELLA PRATICA
SPORTIVA
La prestazione sportiva può essere influenzata
attraverso procedure di suggestione ipnotica,
soprattutto in campo psichico: nel caso di ansie
immotivate, del timore di un avversario che si
ritiene più forte, ecc.
La prestazione fisica può essere incrementata solo
se, attraverso l’ipnosi, si rimuovono i fattori di disturbo o le inibizioni di carattere psichico che
influiscono su una possibile prestazione; però non
è più possibile orientare coscientemente la concentrazione sulla gara, perché l’ipnosi esclude
quasi completamente l’autocontrollo.
Poiché l’applicazione dell’ipnosi è tecnicamente
difficile e, soprattutto, è complicato praticarla nel
quadro della preparazione alla gara, la sua applicazione in campo sportivo è contenuta in limiti
molto ristretti.
DESENSIBILIZZAZIONE –
MODIFICAZIONE SISTEMATICA
DEL COMPORTAMENTO
Nell’allenamento di desensibilizzazione, dopo una
istruzione sistematica e una discussione sui contenuti della gara imminente, i fattori individuali
L’ALLENAMENTO
CON BIOFEEDBACK PER
IL MIGLIORAMENTO
DEI DISTURBI DELL’ATTENZIONE
E LA RIDUZIONE DI STATI
INTERNI DI TENSIONE E DI ANSIA
MIGLIORAMENTI DEI DISTURBI
DELL’ATTENZIONE
Negli sport che richiedono un’elevata misura di
concentrazione e di precisione – come è il caso,
ad esempio, del tiro con l’arco, del curling, del
biliardo o del golf – i processi attentivi svolgono
un ruolo importante. Il tempo individuale di preparazione al successivo tiro, lancio, colpo, ecc.
serve a concentrarsi sul bersaglio e a reprimere
movimenti non previsti. L’interruzione del movimento di puntamento, di colpo, di lancio, ecc. –
come avviene quando un tiratore abbassa il fucile
– spesso è la conseguenza della sensazione soggettiva dell’atleta che ritiene di trovarsi in uno
stato negativo di concentrazione. Ricerche condotte su tiratori di alto livello (cfr. Hillmann et al.
2000, 71-83) mostrano che l’interruzione del
movimento di puntamento, rispetto all’esecuzione
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FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA
CAPITOLO 25
IL RISCALDAMENTO
DEFINIZIONE DEL CONCETTO
Per riscaldamento si intendono tutte quelle
misure che prima di un carico di lavoro fisicosportivo – sia esso di allenamento oppure di
gara – servono a creare uno stato ottimale di
preparazione psicofisica, cinestetico-coordinativa, e alla prevenzione degli infortuni.
Attraverso un riscaldamento razionale, specifico
per lo sport praticato, dunque, si debbono creare
migliori condizioni iniziali per le capacità di prestazione neuromuscolari, organiche e mentali
dell’atleta e per la sua disponibilità allo sforzo,
come anche condizioni ottimali per la prevenzione degli infortuni.
LE TIPOLOGIE DI RISCALDAMENTO
Si distinguono un riscaldamento generale e un
riscaldamento speciale. Nel primo, deve essere
portato a un livello elevato l’insieme delle possibilità funzionali dell’organismo. Ciò si realizza attraverso esercizi che servono al riscaldamento di
grandi gruppi muscolari (ad esempio, corsa di
riscaldamento).
Il riscaldamento speciale è specifico per la disciplina praticata, cioè si eseguono quegli esercizi che
servono a riscaldare quei muscoli che sono in rapporto diretto con essa.
Il riscaldamento generale deve precedere quello
speciale.
Il riscaldamento in sé, a sua volta, può essere passivo, attivo, mentale, oppure realizzato in forma
combinata.
Nel riscaldamento attivo l’atleta esegue realmente esercizi o movimenti, mentre in quello mentale
se li rappresenta soltanto. Però, una preparazione
mentale può essere utilizzata solo con processi di
681
L’IMPORTANZA
DEL RISCALDAMENTO
E DEL DEFATICAMENTO
NELLO SPORT
movimento relativamente semplici o quasi completamente automatizzati.
Se utilizzato da solo, nella maggior parte dei casi
il riscaldamento mentale ha scarso valore, perché
mette in moto solo parzialmente, e spesso con
scarsa intensità, i processi di adattamento caratteristici del riscaldamento (cfr. più avanti). Invece, in
alcuni sport (ad esempio ginnastica artistica, atletica leggera), se è combinato con altri metodi di
riscaldamento, risulta di grande efficacia.
Il riscaldamento passivo, in forma di docce calde,
frizioni, massaggi, ecc., può essere concepito solo
come integrazione di quello attivo, in quanto è
difficile che da solo possa contribuire a un incremento della prestazione o a una sufficiente prevenzione degli infortuni.
Nel riscaldamento attuato attraverso docce o frizioni si produce soprattutto un riscaldamento
periferico, con dilatazione dei vasi cutanei e, quindi, una distribuzione diffusa del sangue. In questo
modo, la muscolatura successivamente impegnata
nel lavoro non viene né sufficientemente riscaldata, né irrorata di sangue quanto sarebbe necessario, né preparata dal punto di vista coordinativo,
come avviene nel riscaldamento attivo.
Anche le varie forme di massaggio possono essere
utilizzate solo come un’integrazione, talvolta
necessaria (ad esempio, per sciogliere dei muscoli
contratti), del vero e proprio riscaldamento attivo.
Come dimostrano ricerche di Roth, Voss, Unverricht (1973, 271), con il riscaldamento attivo l’irrorazione di sangue aumenta di circa sei volte, mentre nelle varie forme di massaggio, invece, si
ottengono valori notevolmente minori (con l’impastamento si arriva a 2,3 volte, nel massaggio di
sfioramento a 1,9 volte e in quello vibratorio a
1,52 volte).
Al centro della preparazione ai carichi sportivi,
troviamo il riscaldamento generale attraverso
esercizi attivi (corsa di riscaldamento, esercizi di
allungamento e di scioltezza, ecc.), al quale fanno
seguito un riscaldamento speciale, specifico della
disciplina, carichi preliminari e carichi veri e
propri. Secondo gli sport, come integrazione si
può ricorrere agli altri metodi.
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FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA
CAPITOLO 26
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L’IMPORTANZA DEL RECUPERO
E DEL RISTABILIMENTO
DOPO I CARICHI SPORTIVI PER
L’OTTIMIZZAZIONE DEL PROCESSO
DI ALLENAMENTO
GENERALITÀ SULLA FATICA
E IL RISTABILIMENTO
DOPO CARICHI SPORTIVI
Dopo un allenamento sportivo, in funzione dei
diversi parametri del carico, si produce una fatica
più o meno marcata o addirittura un esaurimento.
La prima precede il secondo e rappresenta una
sorta di meccanismo di difesa che ha il compito di
impedire che si esauriscano completamente le
riserve delle quali è in possesso l’organismo. Il
quadro della fatica si produce attraverso interrelazioni complesse tra fatica centrale e periferica.
Sebbene in allenamento i limiti della fatica possano essere spostati secondo il livello di allenamento
stesso, il successivo recupero diventa sempre più
importante. In determinate condizioni, se si prende
in considerazione solo l’aspetto del carico e non si
tiene sufficientemente conto dei periodi di ristabilimento, si può giungere a un impoverimento “strisciante” delle riserve energetiche dell’atleta e,
quindi, a una diminuzione della sua capacità di
lavoro (cfr. pagina 241). Per questa ragione, carico
di allenamento e successivo ristabilimento sono
strettamente collegati e si condizionano a vicenda.
Un sistema razionale di carico e recupero, inoltre,
rappresenta una delle principali condizioni per
l’aumento dell’efficacia dell’allenamento. In questo
contesto, occorre considerare soprattutto l’eterocronia del ristabilimento (cfr. pagina 25); perciò, sia
nel valutare quale sia l’effetto di un carico precedente su quello successivo, sia nel giudicare l’effetto di una o più unità di allenamento (come sommatoria, cfr. pagina 27), con direzione energetica o
morfologico-strutturale diversa, si deve fare assolutamente attenzione all’influenza che esercitano
sull’organismo dell’atleta, un’influenza che viene
definita dai metodi utilizzati.
Nello sport di alto livello attuale, spesso, in primo
piano troviamo il carico e frequentemente si trascura il recupero che è strettamente collegato
con esso (cfr. Fritzenberg, Kellmann 2001, 25).
Il principale presupposto per un incremento della
capacità di prestazione sportiva è assicurato solo
se carico e recupero si trovano in un rapporto
ottimale. Dopo il carico, non solo si debbono
ricostituire nuovamente le riserve energetiche,
assecondando la previsione di una futura maggiore capacità di carico dovuta al meccanismo
della supercompensazione, ma anche ristabilire
alcuni fattori determinanti per la prestazione
“logorati” durante il carico, che comporta una
risintesi delle proteine consumate, la costruzione
di nuove strutture proteiche (ipertrofia muscolare, enzimi, ormoni, ecc.). Inoltre, la rigenerazione
serve alla prevenzioni dei traumi. Infatti, le strutture del sistema locomotorio e di sostegno estremamente sollecitate dal carico – come, ad esempio, i muscoli, i tendini, i legamenti, i dischi intervertebrali, le cartilagini articolari – richiedono il
tempo necessario per poter “rielaborare” adeguatamente gli elevati carichi di allenamento ai
quali sono state sottoposte.
Dal punto di vista fisiologico, secondo l’attuale
approccio sistemico alla spiegazione del fenomeno della fatica, queste sono le cause che la provocherebbero:
• Esaurimento dello riserve energetiche
Soprattutto nel caso di carichi sportivi intensi
si produce una diminuzione dei fosfati energetici; se i carichi sono di lunga durata abbiamo un impoverimento del glicogeno muscolare e, infine, una diminuzione dell’intensità del
lavoro o dell’attitudine a esso. Per garantire
l’attività normale dell’apparato contrattile il
contenuto di ATP nelle fibre muscolari deve
essere mantenuto a un livello che corrisponde
a circa lo 0,25% del loro peso complessivo.
• Diminuzione dell’attività enzimatica
Con il crescente aumento di prodotti acidi del
metabolismo si produce un abbassamento del
pH ematico. Se si supera un determinato
grado di acidità – un atleta allenato ha un
livello di tolleranza dell’acidosi maggiore di
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FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA
CAPITOLO 27
Se si trascura di provvedere a un recupero sufficiente, si possono sviluppare sintomi di eccesso
di sollecitazione di varia natura, sia fisica, sia
psichica che, in parte, si possono riassumere nel
termine superallenamento*.
LE CAUSE DEL SUPERALLENAMENTO
Nello sport competitivo e di elevata prestazione
per lo sviluppo della capacità di prestazione sportiva, è essenziale allenarsi duramente. Per migliorare in modo ottimale, però, l’atleta dovrebbe
essere in grado non soltanto di allenarsi intensamente, ma anche di riposarsi adeguatamente
dopo l’allenamento: normalmente sono sufficienti
ventiquattro ore. Però, se ci si allena due o tre
volte al giorno per vari giorni, come avviene, ad
esempio, in un allenamento a blocchi, sono poi
necessari da uno a due giorni di recupero (cfr.
Hynynen et al. 2006, 313). Se vi è uno squilibrio
tra allenamento e recupero, quindi, si può produrre una sindrome da superallenamento, come si
può osservare spesso negli atleti di livello elevato
(cfr. Uusitalo 2001, 35 e segg.; Kelmann 2002, 3 e
segg.).
A tale proposito, si può osservare che:
IL SUPERALLENAMENTO
l’allenamento e delle gare, gli stress professionali e privati, le malattie, i cambiamenti climatici,
gli errori alimentari, ecc. Nella sindrome da superallenamento, anche se si continua o addirittura
si incrementa l’allenamento, si produce una
diminuzione del rendimento dell’atleta. L’atleta
si sente “spompato”, lamenta di avere le gambe
pesanti, depressione e stanchezza.
La fase precoce dello sviluppo di un superallenamento è definita overreaching – tale stato viene
volutamente provocato in un allenamento a
blocchi – e rappresenta una sorta di superallenamento a breve termine. Il recupero successivo a
un periodo di allenamento duro o a un allenamento teso a raggiungere uno stato di overreaching può durare da più giorni fino a una o più
settimane. Ma, nel caso di superallenamento, il
ristabilimento può richiedere da più mesi fino a
un anno (cfr. Raglin, Barzdukas 1999, 27; Kelmann 2002, 3 e segg.; Pichot, Roche, Gaspoz
2004, 10 e segg.; Uusitalo et al. 2004, H1821 e
segg.; Hynynen et al. 2006, 313).
Nel settore dell’allenamento, le cause possono
essere:
• un incremento eccessivamente rapido dell’intensità e del volume del carico di allenamento;
• un insegnamento eccessivo e forzato della
tecnica di processi difficili di movimento;
• l’eccessiva unilateralità dei metodi e dei
contenuti di allenamento;
• una sommatoria di gare con intervalli di
riposo insufficienti.
Un carico oggettivamente identico viene soggettivamente elaborato in modo completamente
diverso. La rielaborazione del carico da parte di
un atleta è notevolmente influenzata da numerosi fattori. Così, ad esempio, un ambiente negativo dal punto di vista sociale (problemi con il
partner, preoccupazioni professionali, ecc.) può
provocare mancanza di serenità, disturbi del
sonno, scarso appetito e una depressione dell’umore che hanno un’importante azione negativa
sul recupero.
TIPOLOGIE DI SUPERALLENAMENTO
SINTOMI CARATTERISTICI
DIAGNOSI
Secondo Urhausen (in Künstlinger 2006, 53),
ogni atleta presenta una sorta di “serbatoio
degli stress” che contiene, oltre allo stress del-
Fondamentalmente si realizza una distinzione tra
superallenamento basedoviano (simpaticotonico) e addisoniano (parasimpaticotonico). La
tabella 105 fornisce un quadro di queste due
forme di superallenamento.
* O, che sarebbe anche meglio, sovrallenamento (NdC).
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FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA
CAPITOLO 28
L’alimentazione, attraverso un apporto adeguato
di nutrienti, ha lo scopo di compensare il consumo di energia e di materiali biologici, provocati
dal metabolismo basale e da quello funzionale
(intendendo con questa espressione l’aumento
del metabolismo dovuto all’attività fisica). Nell’atleta questa compensazione deve avvenire in
modo particolarmente preciso, in quanto prestazioni sportive elevate possono essere ottenute
solo in base a un allenamento e a un’alimentazione ottimali. Attraverso l’alimentazione si mantengono in equilibrio i cinque bilanci energetici:
il bilancio calorico, il bilancio alimentare, il bilancio delle sostanze minerali, il bilancio delle vitamine e il bilancio dei fluidi.
IL BILANCIO CALORICO
Il bilancio calorico comprende il consumo di
energia dovuto alla combustione dei carboidrati,
dei grassi e delle proteine e la loro ricostituzione
grazie all’assunzione di alimenti. Il valore calorico di un grammo di carboidrati o di proteine è di
circa 17,22 kJ o 4,1 kcal, quello di un grammo di
grasso circa il 36,9 kJ o 9 kcal.
Per il metabolismo energetico sono importanti
soprattutto i carboidrati e i grassi, per quello
strutturale (anabolismo) le proteine.
707
L’ALIMENTAZIONE DELL’ATLETA
producono per l’effetto dinamico specifico e per
il processo di digestione e che, come detto,
ammontano a circa il 10%.
Il bilancio calorico è determinato dal metabolismo basale, che ne richiede circa il 60% per la
produzione di calore e per mantenere costante la
temperatura del corpo, e dal metabolismo funzionale, cioè dal bisogno di energia che è necessario per le prestazioni fisiche eccedenti il metabolismo basale.
IL METABOLISMO BASALE
Nell’uomo, il metabolismo basale ammonta a
circa 4,2 kJ o 1 kcal all’ora e per kg di peso corporeo. In una formula semplificata: metabolismo
basale (in kcal) = peso corporeo (kg) x 24 (ore).
Le donne presentano un fabbisogno del 5-10%
minore, in quanto – possedendo una maggiore
quantità di tessuto adiposo sottocutaneo – dispongono di un migliore isolamento e, quindi,
hanno una minore perdita di calore.
IL METABOLISMO FUNZIONALE
Il metabolismo funzionale raggiunge livelli diversi secondo l’intensità e la durata dell’attività
(tabella 107).
IL BILANCIO ALIMENTARE
Nell’assunzione e nell’assimilazione degli alimenti,
per l’effetto dinamico specifico dei nutrienti e a
causa del processo di digestione, si producono perdite di energia. Per effetto dinamico specifico si
deve intendere la perdita calorica che si produce a
causa del solo assorbimento o della demolizione e
ricostituzione delle sostanze contenute negli alimenti. Per le proteine, esso ammonta a circa il
22% – di qui i regimi proteici nelle cure di dimagramento – per i carboidrati all’8% e per i grassi al
4% (Donath, Schüler 1972, 23). In una dieta mista,
si può calcolare una perdita media di circa il 10%.
Per classificare correttamente gli alimenti assunti, allo scopo di valutare il necessario apporto
calorico, occorre tenere conto delle perdite che si
Il bilancio alimentare esprime il rapporto corretto
tra i carboidrati, i grassi e le proteine assunte
con l’alimentazione.
In una normale dieta mista, la ripartizione tra
gli alimenti è 60% carboidrati, 25% di grassi e
15% di proteine.
Negli atleti degli sport di forza, queste proporzioni si debbono spostare a favore di un aumento delle proteine, negli atleti degli sport di resistenza verso un aumento dei carboidrati.
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L’ALLENAMENTO PER LA SALUTE
CAPITOLO 29
“La salute non è tutto, ma senza la salute tutto
è nulla.”
Schopenhauer
PRINCIPI GENERALI –
MODALITÀ DI REALIZZAZIONE
Attualmente, la prevenzione delle patologie degenerative del sistema cardiocircolatorio rappresenta
uno dei problemi centrali della medicina preventiva, in quanto queste patologie sono al primo posto
nelle statistiche delle cause di mortalità nelle
nazioni industrializzate. Nella sola Repubblica
federale di Germania, esse provocano la metà dei
circa 900.000 decessi annuali.
Le cause possono essere individuate in una serie di
fattori esogeni (ad esempio abitudini di vita, dietetiche, consumo di tabacco, ecc.) ed endogeni (ad
esempio fattori di rischio quali l’ipertensione, un
tasso elevato di colesterolo), in parte legati ai
primi, che partecipano alla formazione di patologie
degenerative cardiocircolatorie. Un ruolo importante è svolto anche dalla carenza di movimento o
ipocinesi, in quanto ogni organo presenta quella
capacità funzionale che corrisponde al suo grado
di sollecitazione .
Normalmente, il rischio di infarto cardiaco in un
soggetto non allenato aumenta notevolmente
dopo il 40° anno d’età, ma in un soggetto allenato
anche dopo i quarant’anni resta basso per i successivi venti-venticinque anni.
Ai fini della prevenzione delle patologie cardiocircolatorie e da ipocinesi, si è dimostrato particolarmente efficace soprattutto un allenamento aerobico della resistenza (jogging e walking), in quanto
migliora, in modo mirato e globale, la funzionalità
cardiocircolatoria, la capacità di prestazione fisica
e, contemporaneamente, influisce positivamente
su una serie di fattori di rischio.
Però numerosi casi mortali nelle corse non competitive o in normali sedute di allenamento di jogging dimostrano che questo genere di allenamento
della resistenza, anche se svolto per scopi salutistici, non deve essere applicato alla leggera, su ogni
L’ALLENAMENTO
DELLA RESISTENZA COME
ALLENAMENTO PER LA SALUTE
soggetto e in qualsiasi forma. Questi casi di morte,
che spesso i mass media enfatizzano senza ulteriori commenti, sono in grado di provocare dubbi e
insicurezze in una parte dei cittadini preoccupati
della loro salute, per cui occorre parlare brevemente di questo problema.
L’analisi approfondita di questi decessi dopo attività fisica (cfr. Munschek 1974 e 1977; Vuori
1978; Jung, Schäfer-Nolte 1982) ha dimostrato
che alla base di quasi tutti i casi di persone decedute dopo intenso sforzo fisico vi era una patologia coronarica.
Invece, le morti improvvise di soggetti praticanti
regolarmente sport o durante attività fisiche di
routine sono estremamente rare e si producono,
quasi esclusivamente, in condizioni non abituali o
in condizioni speciali di stress (ad esempio, corse
popolari con carattere competitivo). Numerosi
decessi di origine cardiaca, dei quali si incolpa lo
sport, sono sicuramente puramente casuali: avrebbero potuto prodursi durante l’attività sportiva, ma
anche durante un qualsiasi impegno di carattere
fisico della vita quotidiana (Jung, Schäfer-Nolte
1982, 11).
Per evitare eventi così spiacevoli, prima di intraprendere un allenamento “dinamico” aerobico
della resistenza, occorre tenere conto di alcune
importanti indicazioni.
LE VISITE MEDICHE PREVENTIVE
A esse dovrebbero sottoporsi tutti coloro che per
anni non hanno praticato sport, o coloro che
riprendono dopo essere restati inattivi per lungo
tempo.
La visita preventiva dovrebbe essere eseguita da
un medico sportivo e prevedere un’anamnesi
accurata (anamnesi familiare, malattie pregresse,
fattori di rischio, livello di vita) e una diagnosi di
ingresso che dovrebbe prevedere, soprattutto, le
seguenti indagini:
• esame fisico (internistico/ortopedico);
• elettrocardiogramma;
• ergometria;
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L’ALLENAMENTO PER LA SALUTE
CAPITOLO 30
FONDAMENTI GENERALI
DI UN ALLENAMENTO
DELLA FORZA DIRETTO
ALLO SVILUPPO DELLA SALUTE
Se si vuole mantenere o incrementare la capacità
di prestazione fisica nel settore dell’attività fisica
per la salute, l’allenamento della forza rappresenta un presupposto indispensabile (cfr. Buskies
1999; Buskies, Boeckh-Behrens 1996; Tiemann
1997; American College of Sports Medicine 1998,
975 e segg.; Boeckh-Behrens, Buskies 2001).
Secondo il gruppo cui esso viene rivolto – adolescenti, adulti sani, anziani o persone con quadri
patologici speciali o atleti di livello diverso – se
si vogliono ottenere effetti ottimali, l’allenamento della forza deve essere adattato alle particolarità e alla capacità di carico individuali e ai diversi livelli di allenamento.
L’ALLENAMENTO
DELLA FORZA COME
ALLENAMENTO PER LA SALUTE
muscolare eccentrico richiede una minore quantità di energia per una data forza e sostiene
uno sviluppo ottimale dell’ipertrofia e della
forza muscolare ma, nel caso di esercizi inabituali o troppo intensivi, causa rapidamente
notevoli dolori muscolari.
Gli esercizi isometrici, che sono spesso utilizzati
per rafforzare selettivamente determinati gruppi muscolari, hanno però lo svantaggio che possono provocare rapidamente una respirazione
compressiva o un aumento più o meno rapido
della pressione arteriosa, che non sono desiderabili per determinati gruppi di persone (ad
esempio, soggetti cardiopatici o ipertesi).
LA SCELTA DEGLI ESERCIZI
Un allenamento della forza diretto alla salute è
determinato da diverse variabili che esporremo
brevemente qui di seguito (cfr. Kraemer, Ratamess 2004, 675).
Generalmente, da un lato si distingue un allenamento della forza con pesi liberi o alle macchine
e, dall’altro, un allenamento con esercizi mono o
pluriarticolari e forme di allenamento propriocettivo (cfr. pagina 330). Mentre gli esercizi monoarticolari sollecitano solo i muscoli che interessano
un’articolazione o un grande gruppo muscolare,
gli esercizi poliarticolari allenano più articolazioni
e più gruppi muscolari. In generale, si può affermare che i gruppi muscolari maggiori devono
essere allenati prima di quelli minori e che gli
esercizi poliarticolari devono essere utilizzati
prima di quelli monoarticolari.
Per lo sviluppo della forza rapida, si debbono utilizzare esercizi che interessano tutto il corpo (ad
esempio, l’esercizio di strappo con il bilanciere)
prima di esercizi di base come gli squat o le estensioni alla panca.
METODI
INTENSITÀ DEL CARICO
La maggior parte dei programmi di allenamento
della forza prevede ripetizioni dinamiche di
esercizi con elementi concentrici ed eccentrici,
mentre, normalmente, le azioni isometriche
hanno un’importanza secondaria. Un lavoro
L’intensità del carico dipende da una serie di ulteriori fattori di allenamento, come la successione
degli esercizi, il volume, la frequenza, i metodi, la
velocità di esecuzione o la durata delle pause (cfr.
Kraemer, Ratamess 2000, 467 e segg.).
Prima di iniziare un allenamento della forza
con pazienti a rischio – ad esempio soggetti
ipertesi, diabetici o persone che possono svolgere solo limitatamente un’attività fisica per
motivi ortopedici – dopo un consulto medico
preliminare (per escludere eventuali controindicazioni), tenendo conto degli obiettivi che si
vogliono ottenere, si devono scegliere i metodi,
i contenuti (esercizi) e gli attrezzi adatti.