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LO SPAZIO NELL’ARTE
                                                                                                                                           Conoscenze
                                                                                                                                           • la resa della
                                                                                                                                           profondità spaziale
                                                                                                                                           nelle opere d’arte
                                                                                                                                           • l’arte come
Tra realtà e illusione                                                                                                                     strumento per
Lo studio di sistemi di rappresentazione dello spazio è stato uno dei temi di                                                              cogliere la verità
ricerca più importanti delle arti figurative e un problema molto sentito da-                                                               delle cose
gli artisti, a causa della difficoltà da essi incontrata nel trasferire sul piano
bidimensionale del foglio e della tela l’immagine della realtà tridimensio-
nale percepita dall’occhio.
Lucio Fontana, che negli anni Quaranta del Novecento aveva fondato il mo-
vimento artistico denominato «Spazialismo», abbandonò la rappresenta-
zione illusoria della profondità per sfruttare unicamente lo spazio concre-
to della tela. L’artista, infatti, nelle serie dei «tagli», dei «concetti spaziali» e
dei «teatrini», lacera con buchi slabbrati o con tagli decisi la superficie del
quadro, che si apre e si piega divenendo spazio reale e tridimensionale
(fig. 1). In questo modo la ricerca di Fontana fonde pittura e scultura e rie-
sce a superare la lunga tradizione artistica occidentale legata alla rappre-
sentazione illusoria dello spazio.




                                                                                                                                                                 2
                                                                                                            2 Enrico Castellani,         alcunché sulla tela,
                                                                                                            Superficie chiara, 1961,     ma usa quest’ultima come
                                                                                                            tela verniciata a spruzzo    spazio reale sollevandola
                                                                                                            (Milano, Coll. privata).     e animandola con sporgenze
                                                                                                            Come Fontana, anche          plastiche disposte in modo
                                                                                                            Castellani non rappresenta   rigoroso.




                                                                                                      1
1 Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1962, acquarello su tela (Coll. privata).

                     E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.   1
Risorse online

                                                                  I sistemi di rappresentazione dello spazio
                                                                  nella storia dell’arte
                                                                  Nel corso dei secoli gli artisti hanno adottato modalità diverse per rappre-
                                                                  sentare la realtà, a seconda delle esigenze della società in cui vivevano e del-
                                                                  la loro concezione del mondo. Anche il modo di raffigurare lo spazio nelle
                                                                  opere d’arte è quindi più volte mutato, seguendo un percorso in cui i pro-
                                                                  gressi si sono alternati a ritorni a sistemi precedenti. La scelta da parte di un
                                                                  artista o di una civiltà di un determinato metodo di rappresentazione dello
                                                                  spazio è determinante sia per gli aspetti simbolici dell’opera d’arte, sia per
                                                                  quelli espressivi.
                                                                  Presso le civiltà più antiche e nelle fasi più arcaiche dell’arte sono gene-
                                                                  ralmente prevalse la rappresentazione frontale e la rappresentazione to-
                                                                  pologica dello spazio.
                                                                  Lo rappresentazione frontale prevede la proiezione dei soggetti su un
                                                                  piano verticale, senza il minimo scorcio (fig. 3). Le figure, riprodotte gene-
                                                                  ralmente in posizione frontale, sono quasi del tutto prive di profondità e
                                                                  appaiono quindi non realistiche, astratte. Spesso, per accentuare ulterior-
                                          3
                                                                  mente la solennità o il distacco di queste figure dal mondo terreno, gli arti-
                                                                  sti hanno associato alla visione frontale la simmetria.
3 Battesimo di Cristo,
VI secolo, mosaico (Ravenna,                                      La rappresentazione topologica prevede invece la raffigurazione di un
battistero degli Ariani).                                         oggetto da diversi punti di vista, comprendendo ad esempio la visione
                                                                  frontale, quella laterale e quella dall’alto all’interno di un’unica immagine
                                                                  (fig. 4).
                                                                  Nel Medioevo la profondità dello spazio era rappresentata mediante vari si-
4 Pitture parietali della      vista di fronte; la figura         stemi, tra cui quello basato sul principio della obliquità dei piani (fig. 5).
tomba di Minnakht              b mostra una villa vista           Grazie a tali sistemi, nei primi anni del Quattrocento, l’architetto Filippo
a Tebe, 1479-25 a.C. circa.    dall’alto: gli alberi e            Brunelleschi giunse all’elaborazione della prospettiva lineare: un metodo
La figura a mostra uno         la piccola porta di ingresso
specchio d’acqua visto         all’estremità della scala sono     molto naturalistico di rappresentazione dello spazio, che fornisce un’im-
dall’alto e un’imbarcazione    rappresentati frontalmente.        magine somigliante alla realtà percepita dai nostri occhi.




                                                          4a




                                                                                                                                                        5
                                                                  5 Pietro Cavallini, Annunciazione, 1291, mosaico (Roma, Santa Maria in Trastevere).
                                                          4b

                                   2      E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
LO SPAZIO NELL’ARTE



Secondo il critico d’arte tedesco Erwin Panofski, la prospettiva ha assunto
nel tempo due ben distinti e contraddittori significati. I pittori italiani del
Quattrocento ritenevano questo sistema essenziale per fornire una rappre-
sentazione oggettiva della realtà, che, grazie al punto di fuga centrale, si di-
staccava dalla visione casuale del singolo spettatore e acquisiva al contem-
po una funzione simbolica. Al contrario, artisti di altri paesi o vissuti nei se-
coli successivi, hanno utilizzato la prospettiva per dare un’interpretazione
soggettiva della realtà: spostando il punto di fuga, essi hanno ottenuto com-
posizioni più dinamiche e coinvolgenti per lo spettatore (fig. 6).
Dal Rinascimento all’Ottocento, gli artisti hanno sfruttato ampiamente gli
effetti di illusionismo ottenuti grazie alla rappresentazione prospettica,
dando vita a composizioni sorprendenti e monumentali.
Allo stesso modo, nel corso del Novecento, la prospettiva, oltre ad essere
utilizzata come un metodo per ordinare la composizione secondo criteri
matematici o per dare la perfetta illusione della profondità, è stata sfrutta-
ta anche per creare spazi fantastici e irreali (fig. 7).
Sempre nel secolo scorso, gli artisti hanno cercato soluzioni alternative
alla prospettiva, studiando le possibilità di rappresentazione dello spazio
fornite da colori, indicatori di profondità e nuove teorie scientifiche, evi-
tando il ricorso ai sistemi proiettivi tradizionali, come dimostrano, tra le al-
tre, le ricerche dei cubisti (fig. 8), di Josef Albers (fig. 9) e di Lucio Fontana.
                                                        6 Tiziano, Martirio di san Lorenzo, 1546-59,
                                                        olio su tela, 493x277 cm (Venezia, chiesa
                                                        dei Gesuiti).
                                                                                                                                                               6




                                                                                                                                                                   9
                                                                                                            9 Josef Albers, Omaggio
                                                                                                            al quadrato, 1959, olio su
                                                                                                            masonite, 121,9x121,9 cm,
                                                                                                            (Washington, Smithsonian
                                                                                                            American Art Museum).



                                               7                                                      8
7 Maurits C. Escher, Casa di scale I, 1951,           8 Georges Braques, Ragazza con chitarra,
litografia, 47x24 cm. L’artista ha costruito          1913-14, olio su tela (Parigi, Centre Georges
uno spazio fantastico e impossibile utilizzando       Pompidou). Le opere cubiste stravolgono
allo stesso tempo più punti di vista.                 le tradizionali regole prospettiche.

                     E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.   3
Risorse online Attraverso le opere d’arte

La tendenza alla bidimensionalità nell’arte bizantina
Nell’arte bizantina il modo di rappresentare lo spazio, e quindi la terza dimensione, è frutto di una scelta linguistica volta a esprimere preci-
si contenuti simbolici, come l’immutabilità delle cose e la natura ultraterrena dell’uomo.



                                                                                                                                               10 L’imperatore
                                                                                                                                               Giustiniano
                                                                                                                                               e il suo seguito,
                                                                                                                                               546-48, mosaico
                                                                                                                                               (Ravenna, San Vitale).




                                                                                                                                      10

                                                                                                                                               11 L’imperatrice
                                                                                                                                               Teodora e il suo seguito,
                                                                                                                                               546-48, mosaico
                                                                                                                                               (Ravenna, San Vitale).
                                                                                                                                               Il mosaico si trova
                                                                                                                                               nell’abside,
                                                                                                                                               esattamente di fronte
                                                                                                                                               a quello di Giustiniano.




                                                                                                                                      11

                                 4     E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
LO SPAZIO NELL’ARTE



Il corteo di Giustiniano e Teodora                                                       3. I personaggi appaiono tridimensionali?
                                                                                         Le figure sono caratterizzate dall’assenza di chiaroscuro: le
I due mosaici si trovano a Ravenna nella chiesa di San Vitale: la                        pieghe delle loro vesti sono infatti disegnate da linee verticali
scena raffigurante l’imperatore Giustiniano con la sua corte                             o fortemente stilizzate, gli orli hanno un andamento rigido e
(fig. 10) si trova sulla parete sinistra dell’abside e di fronte ad                      rettilineo, le forme sono delimitate da un contorno nero che le
essa, sulla parete destra, si trova il mosaico con l’imperatrice                         rende schematiche. La linea prevale nettamente sui volumi e
Teodora accompagnata dal suo seguito (fig. 11). I due sovrani                            le figure appaiono piatte, prive di spessore, come se non aves-
sono rappresentati mentre portano offerte nel giorno della                               sero corpo. Le paste vitree e le pietre utilizzate per la realizza-
consacrazione dell’edificio. Nel catino absidale è invece raffi-                         zione delle tessere hanno colori intensi e vivaci che si rifletto-
gurato Cristo assiso sul globo del mondo tra angeli e santi. I                           no tutto intorno, creando un ambiente sfolgorante di colori.
mosaici furono eseguiti tra il 546 e il 548, poco dopo l’edifica-                        Tale fulgore rende incorporee le decorazioni e lo stesso edifi-
zione della chiesa. I nomi dei loro autori, come frequentemen-                           cio, rimandando il visitatore al mondo ultraterreno.
te avveniva nel Medioevo, sono ignoti.
                                                                                         4. Che cosa esprimono le linee di forza della composizione?
1. In quale ambiente si svolgono le due scene?                                           Le linee di forza della composizione, che hanno un andamen-
La scena del mosaico di Giustiniano si svolge in uno spazio                              to rigidamente verticale e corrispondono agli assi di simme-
astratto. Lo sfondo infatti non è caratterizzato dalla presenza                          tria delle figure, determinano all’interno della composizione
di elementi architettonici o naturali: la superficie è d’oro nel-                        un ritmo lento e solenne. I personaggi del mosaico dedicato
la parte superiore e verde nella parte inferiore. Anche nel mo-                          all’imperatore mostrano tutti il proprio braccio destro e paio-
saico di Teodora lo spazio risulta irreale, nonostante la scena                          no avanzare verso la propria sinistra in direzione dell’altare
si svolga all’interno o nell’atrio di ingresso di una chiesa. Nel-                       (fig. 12); quelli rappresentati con Teodora sembrano incedere
la parte superiore sono poste delle tende e, sopra l’imperatrice,                        verso la destra, anch’essi dunque verso l’altare (fig. 13).
la valva rovesciata di una conchiglia (simbolo di regalità); al-
l’estremità sinistra si trovano una porta e una fontanella, cia-
                                                                                         L’imperatore e l’imperatrice proiettati
scuna rappresentata da due punti di vista differenti. Le tessere
                                                                                         in uno spazio irreale
dorate dei due mosaici riflettono la luce creando un alone lu-
                                                                                         I due mosaici risalgono agli anni immediatamente seguenti la
minoso attorno alle figure che smaterializza ulteriormente lo
                                                                                         conquista di Ravenna da parte di Giustiniano e, secondo alcu-
spazio.
                                                                                         ni storici, sono così vicini allo stile di Bisanzio – caratterizza-
2. La disposizione delle figure crea un senso di profondità?                             to da una spiccata tendenza all’astrazione, alla bidimensio-
La disposizione delle figure non crea un senso di profondità,                            nalità e al decorativismo – da essere frutto del lavoro di arti-
poiché queste sono rappresentate in una posizione rigida-                                sti provenienti proprio dalla capitale dell’impero d’Oriente. Le
mente frontale che pone ciascuna di esse in relazione con l’os-                          due scene riproducono un avvenimento che non però si veri-
servatore, isolandola però rispetto alle altre. Le figure, inoltre,                      ficò nella storia, in quanto Giustiniano e Teodora non si reca-
occupano quasi completamente le due scene e sono allineate                               rono mai a Ravenna.
tutte sullo stesso piano, al punto che i loro piedi, posti in tra-                       L’imperatore e l’imperatrice rappresentati nelle due scene sono
lice, talvolta si incrociano e si sovrappongono in modo com-                             tuttavia assai somiglianti al vero. È quindi ipotizzabile che i
pletamente irreale.                                                                      mosaicisti, anche se ravennati, abbiano lavorato su modelli




                                                                                 12                                                                                       13
12 L’imperatore Giustiniano pare           seguito verso l’altare e l’abside, dove       13 Teodora procede nella direzione           Essendo di fronte a lui, anch’ella pare
avanzare in processione con il suo         è raffigurato Cristo.                         opposta a quella di Giustiniano.             dirigersi verso l’altare.

                    E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.   5
Risorse online Attraverso le opere d’arte

provenienti da Bisanzio. La rappresentazione naturalistica                      L’evoluzione della rappresentazione
dei volti intendeva probabilmente sostituire l’effettiva presen-
za dei sovrani nella città, sottolineando anche a distanza il loro              dello spazio nell’arte ravennate
potere assoluto, la gerarchia terrena posta a fianco di quella di-              A Ravenna, all’inizio del v secolo, gli artisti della tradizione
vina. Anche i volti di altri personaggi sono trattati in modo na-               tardoromana rappresentavano ancora la figura con luci e om-
turalistico e, in particolare, quello del vescovo Massimiano. In-               bre che ne evidenziavano i volumi: nei dipinti e nei mosaici,
fatti egli, in posizione avanzata rispetto all’imperatore e indivi-             essa gettava un’ombra sui piani circostanti, definendo uno
duabile dall’iscrizione posta sul suo capo, doveva essere chiara-               spazio riconoscibile (fig. 14). Gli oggetti più lontani erano
mente riconoscibile dalla popolazione.                                          collocati più in alto nell’immagine e la spazialità era suggeri-
Le figure dei sovrani sono evidenziate dalla ricchezza degli abiti,             ta anche dall’andamento obliquo delle linee che delimitavano
dalla corona, dai gioielli, che ne individuano l’alto rango sociale,            i piani orientati in profondità. I personaggi inseriti in un am-
oltre che dall’aureola, ossia dall’area circolare luminosa che ne               biente di questo tipo si qualificavano come esseri materiali,
circonda il capo ed esprime il legame dei due personaggi con il                 fatti di carne e ossa, viventi in un mondo anch’esso fisico e tri-
divino. L’imperatore era infatti considerato, secondo la concezio-              dimensionale.
ne orientale, come un essere non del tutto terreno e andava quin-
                                                                                L’arte bizantina invece, avendo ereditato tratti dal Vicino
di rappresentato in modo diverso dai comuni mortali.
                                                                                Oriente, come il divieto di rappresentare la divinità, aveva svi-
Il fondo d’oro, utilizzato per secoli nell’arte bizantina, elimi-               luppato una forte tendenza all’astrazione.
na l’ambientazione, ponendo i personaggi in uno spazio e in                     Pertanto, quando Ravenna fu conquistata dall’impero romano
un tempo estranei al mondo reale, al fine di conferire alle fi-                 d’Oriente, si produsse nella sua arte un decisivo cambiamento:
gure rappresentate l’aspetto di apparizioni divine.                             essa cominciò infatti a esprimere l’immutabilità delle cose. La
La fitta simbologia presente nei due mosaici è anch’essa un se-                 figura fu privata dei suoi attributi materiali (il volume, sotto-
gnale dell’interesse degli artisti per una visione mistica e tra-               lineato dalle ombre) e fu resa bidimensionale, per sottolinear-
scendente del mondo, che si oppone a una sua rappresentazio-                    ne la spiritualità e la natura divina (fig. 15).
ne puramente naturalistica.                                                     Anche la rappresentazione dello spazio subì un processo di
Obiettivo di queste opere, che costituivano un efficace stru-                   astrazione, che risulta evidente nel mosaico raffigurante il
mento di comunicazione con i fedeli, era quindi di mostrare                     porto di Classe: la superficie del mare appare come un piano
un’apparizione al fine di celebrare il potere assoluto del sovra-               verticale costellato di navi poste una sopra l’altra piuttosto
no e della Chiesa.                                                              che una dietro l’altra (fig. 16).

                                                                                                                                              14 Il Buon Pastore,
                                                                                                                                              V secolo, mosaico
                                                                                                                                              (Ravenna, mausoleo
                                                                                                                                              di Galla Placidia).
                                                                                                                                              L’opera costituisce
                                                                                                                                              uno dei primi
                                                                                                                                              esempi dell’abilità
                                                                                                                                              dei mosaicisti
                                                                                                                                              ravennati.




                                                                                                                                     14

                                6     E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
LO SPAZIO NELL’ARTE



Il ruolo della città di Ravenna                                                          altri vasti territori del dominio ostrogoto. La città tornò così ad
                                                                                         avere fitti contatti con Bisanzio (l’antica Costantinopoli) e sot-
tra il V e l’VIII secolo                                                                 to il vescovo Massimiano raggiunse il suo massimo splendore,
Ravenna fu, tra il V e il VI secolo, un centro politico e religioso                      divenendo il centro culturalmente e artisticamente più rilevan-
di grande importanza. All’inizio del V secolo divenne capitale                           te della penisola italiana. A questo periodo risalgono importan-
dell’impero romano d’Occidente. In questo periodo furono con-                            ti opere, come la chiesa di San Vitale, edificata a pianta centra-
tinui i contatti commerciali e artistici con Costantinopoli. Nel                         le sul modello degli edifici di Costantinopoli, da dove furono
476 Ravenna fu conquistata dal re ostrogoto Teodorico, che fe-                           portati capitelli e transenne già lavorati dagli artisti bizantini.
ce della città la sede della sua corte. Sotto Teodorico Ravenna si                       A governare Ravenna in nome di Bisanzio fu posto un esarca
arricchì di monumenti ed edifici per il culto, finché nel VI seco-                       (comandante) fino all’VIII secolo, quando la gran parte dei terri-
lo Giustiniano, imperatore d’Oriente, la conquistò insieme ad                            tori bizantini fu conquistata dai Franchi.

                                                                                                                                                      15 Mosaico dell’arco
                                                                                                                                                      trionfale di San
                                                                                                                                                      Lorenzo fuori le Mura
                                                                                                                                                      a Roma, VI secolo.
                                                                                                                                                      La profondità,
                                                                                                                                                      determinata dalla
                                                                                                                                                      presenza del prato
                                                                                                                                                      verde su cui poggiano
                                                                                                                                                      i personaggi, è
                                                                                                                                                      annullata dal fondo
                                                                                                                                                      d’oro della parte
                                                                                                                                                      superiore.




                                                                                                                                                 15




                                                                                 16                                                                                       17
16 Il porto di Classe, VI secolo, mosaico (Ravenna, Sant’Apollinare Nuovo).              17 Mosaici nel mausoleo di Galla Placidia, V secolo (Ravenna). La decorazione
Il mare appare come una superficie verticale su cui sono disposte le navi.               smussa gli angoli dell’interno dell’edificio e ne annulla visivamente il peso.

                    E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.    7
Risorse online Attraverso le opere d’arte

La ricerca di un nuovo sistema di rappresentazione
dello spazio nell’arte medievale
Nel corso dei secoli XIII e XIV i pittori si interessarono al problema della rappresentazione dello spazio tridimensionale sulla superficie a due
dimensioni del dipinto: per risolverlo utilizzarono sistemi diversi e spesso anche più sistemi insieme.

La Madonna in trono fra i santi                                                  L’Ultima cena di Duccio
Francesco e Domenico di Cimabue                                                  di Buoninsegna
L’opera, che fu dipinta nel XIII secolo da Cimabue, rappresenta                  Duccio di Buoninsegna ha dipinto l’Ultima cena tra il 1308 e il
la Madonna con il bambino fra i santi Francesco (a sinistra),                    1311 in uno scomparto della grande pala d’altare della Maestà
Domenico (a destra) e due angeli (fig. 18).                                      per il duomo di Siena (fig. 19).
1. Quali strumenti ha utilizzato il pittore per rappresentare la pro-            1. Quali strumenti ha utilizzato il pittore per rappresentare la pro-
fondità dello spazio?                                                            fondità dello spazio?
Nel dipinto sono principalmente le figure laterali, disposte una                 Duccio ha rappresentato la profondità dello spazio descrivendo
dietro l’altra, a suggerire la profondità dello spazio. L’esperienza             con cura l’ambiente chiuso in cui si svolge la scena. Riesce infat-
ci insegna infatti che la sovrapposizione degli elementi è indi-                 ti a rendere la profondità della stanza attraverso l’inclinazione
cativa della loro posizione nello spazio. Anche l’inclinazione                   delle assi del soffitto e delle pareti laterali: queste linee, che con-
del trono contribuisce a creare un effetto di tridimensionalità.                 vergono verso l’asse verticale al centro del dipinto, cercano di ri-
L’ambiente in cui è collocata la scena è invece bidimensionale                   produrre ciò che noi vediamo quando ci troviamo in uno spazio
per la presenza del fondo d’oro tipico della tradizione bizantina.               chiuso. L’artista ha dato però ai lati del tavolo un’inclinazione
                                                                                 diversa rispetto a quella del soffitto, poiché, invece di far conver-
2. L’artista ha fatto ricorso a un sistema di rappresentazione dello
                                                                                 gere i due lati brevi verso il centro, li ha mantenuti paralleli.
spazio unico e coerente?
Per rappresentare la profondità dello spazio l’artista ha utiliz-                2. L’artista ha fatto ricorso a un sistema di rappresentazione dello
zato, oltre al sistema della sovrapposizione, un lieve chiaro-                   spazio unico e coerente?
scuro (soprattutto nelle pieghe delle vesti) e il principio del-                 Come Cimabue, Duccio ha utilizzato, per rappresentare la pro-
l’obliquità (per le figure e il trono).                                          fondità, il principio della sovrapposizione, il chiaroscuro e




                                                                                                                                                                 19
                                                                                 18 Cimabue, Madonna in trono                  19 Duccio di Buoninsegna, retro
                                                                                 fra i santi Francesco e Domenico,             della Maestà, Ultima cena, 1308-11,
                                                                                 XIIIsecolo, tempera su tavola                 tempera su tavola, 76x57 cm (Siena,
                                                                                 (Firenze, Galleria degli Uffizi).             Museo dell’Opera del Duomo).
                                                             18

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LO SPAZIO NELL’ARTE



l’obliquità, ma per quest’ultima ha fatto riferimento a due si-                           2. L’artista ha fatto ricorso a un sistema di rappresentazione dello
stemi tra loro in contraddizione. Per tale ragione il tavolo appa-                        spazio unico e coerente?
re come un piano inclinato e non come un piano orizzontale                                Giotto, pur non utilizzando un sistema scientifico e coerente
rispetto alle pareti e alle travi del soffitto. In questo modo Duc-                       per rappresentare lo spazio, riesce a produrre un efficace effetto
cio è riuscito a rappresentare sia gli apostoli in primo piano sia                        visivo: grazie alla convergenza verso il centro delle linee oblique
quelli dall’altro lato del tavolo senza sovrapporre gli uni agli al-                      del pulpito e del ciborio ottiene infatti una profondità credibile.
tri, così come sarebbe accaduto utilizzando solo la convergen-
za delle linee verso l’asse centrale. Ha quindi rinunciato a una
rappresentazione più corretta dello spazio per raccontare con
                                                                                          La presentazione al Tempio
maggiore chiarezza l’episodio.                                                            di Ambrogio Lorenzetti
                                                                                          La tavola della Presentazione al Tempio fu dipinta nel 1342 dal
Il presepe di Greccio di Giotto                                                           pittore senese Ambrogio Lorenzetti (fig. 21).
La scena affrescata da Giotto alla fine del XIII secolo, che rap-                         1. Quali strumenti ha utilizzato il pittore per rappresentare la pro-
presenta il presepe di Greccio – un episodio della vita di san                            fondità dello spazio?
Francesco –, fa parte del ciclo decorativo della Basilica Supe-                           Lo spazio è rappresentato grazie alla convergenza delle linee
riore di Assisi (fig. 20).                                                                ortogonali del pavimento rispetto a un unico punto, posto in
                                                                                          corrispondenza dell’asse centrale del dipinto. Anche il chiaro-
1. Quali strumenti ha utilizzato il pittore per rappresentare la pro-
                                                                                          scuro conferisce alle figure vigorosi effetti plastici.
fondità dello spazio?
Nell’affresco di Giotto è il chiaroscuro a definire con nuovo vi-                         2. L’artista ha fatto ricorso a un sistema di rappresentazione dello
gore il volume delle figure, mentre la disposizione dei perso-                            spazio unico e coerente?
naggi che si affollano nella chiesa contribuisce a creare un for-                         L’artista è riuscito ad avvicinarsi con maggiore naturalismo al-
te senso dello spazio. Ciò che suggerisce maggiormente la pro-                            la rappresentazione sia dell’ambiente sia delle figure, ottenen-
fondità è però l’architettura dipinta: in particolare, la croce in-                       do un insieme abbastanza coerente anche se ancora piuttosto
clinata ci lascia intuire uno spazio oltre la parete.                                     distante dalla nostra percezione della profondità.




                                                                                  20
20 Giotto, Il presepe di Greccio,           21 Ambrogio Lorenzetti,
1290-95, affresco, 270x230 cm               La presentazione al Tempio, part.,
(Assisi, Basilica Superiore                 1342, tempera su tavola, 257x168 cm
di San Francesco).                          (Firenze, Galleria degli Uffizi).
                                                                                                                                                             21

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Risorse online Attraverso le opere d’arte

Il nuovo interesse per la realtà                                                    Nell’Ultima cena, come abbiamo visto, Duccio di Buoninsegna
                                                                                    ha utilizzato contemporaneamente la prospettiva a lisca di pe-
nelle sperimentazioni medievali                                                     sce e il sistema assonometrico.
Durante i secoli XIII e XIV gli artisti, distaccandosi progressiva-
                                                                                    I fratelli Lorenzetti, nel Trecento, giunsero a intuire e sperimen-
mente dalla tradizione bizantina, cercarono di rappresentare la
                                                                                    tare anche la convergenza delle linee ortogonali verso un uni-
realtà così come la vedevano. Essi studiarono in particolare il
                                                                                    co punto, osservazione che costituirà il fondamento della pro-
modo di riprodurre nei dipinti la profondità dello spazio reale.
                                                                                    spettiva quattrocentesca, ma non riuscirono a elaborare un si-
Partendo dal tradizionale sistema di rappresentazione frontale
                                                                                    stema utile per individuare con precisione scientifica gli inter-
dello spazio, determinato quasi unicamente dal chiaroscuro,
                                                                                    valli in profondità delle linee trasversali, ossia le linee parallele
dalla sovrapposizione e dalla collocazione delle figure, gli arti-
                                                                                    a quelle orizzontali del dipinto. Infatti, nella Presentazione al
sti si resero conto – attraverso l’analisi della realtà – che i lati de-
                                                                                    Tempio, il piano del pavimento appare ancora leggermente in-
gli oggetti e le pareti apparivano inclinati e cercarono di ripro-
                                                                                    clinato, mentre le volte del soffitto sembrano schiacciate: l’arti-
durre questa impressione utilizzando sistemi sempre diversi.
                                                                                    sta, benché avesse intuito che le linee inclinate s’incontrano in
A volte i solidi geometrici che costituiscono gli edifici veniva-
                                                                                    un unico punto, non era riuscito a trovare un sistema scientifi-
no disegnati con i lati tra loro paralleli, secondo un sistema de-
                                                                                    co per stabilire la profondità delle piastrelle e dello spazio tra le
finito assonometrico.
                                                                                    colonne, individuandone unicamente la larghezza.
Altre volte si ricorreva alla convergenza delle linee tra loro
parallele. Ad esempio, nelle travi del soffitto di una stanza,                      Proprio grazie a queste osservazioni e a questi esperimenti
queste linee venivano disegnate inclinate verso un asse verti-                      pittorici che convissero per lungo tempo, Filippo Brunelleschi
cale immaginario interno al dipinto, in genere centrale, in                         riuscì, all’inizio del XV secolo, a elaborare un sistema scientifi-
corrispondenza del quale le linee inclinate si riunivano a due                      co di rappresentazione dello spazio chiamato prospettiva li-
a due. Si creava così un sistema prospettico intuitivo, ossia                       neare, capace di riprodurre la tridimensionalità dello spazio
non scientifico-matematico, definito prospettiva a lisca di                         reale su una superficie piana secondo criteri scientifico-mate-
pesce (fig. 22).                                                                    matici che si avvicinano alla nostra visione della realtà.




                                                          22
                             22 Lo schema mostra
                             che le linee oblique
                             della prospettiva, quando
                             convergono verso l’asse
                             centrale del dipinto,
                             danno origine a uno
                             schema «a lisca di pesce».



                             23 Simone Martini,
                             Funerale di san Martino,
                             1317 circa, affresco, (Assisi,
                             Basilica Inferiore di
                             San Francesco). L’interno
                             della chiesa in cui si svolge
                             la scena è rappresentato
                             grazie alla convergenza
                             delle linee ortogonali
                             del soffitto verso
                             un unico punto.
                                                                                                                                                        23

                                 10       E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
LO SPAZIO NELL’ARTE



Le sperimentazioni pittoriche effettuate dagli artisti del Due-
cento e del Trecento permettono inoltre di comprendere il
nuovo rapporto dell’uomo con la storia. Dall’interesse domi-
nante per la trascendenza dimostrato dall’arte medievale si
passò nei secoli XIII e XIV, ossia appena prima del Rinascimen-
to, a una maggiore attenzione per la realtà dei nuovi ceti
artigiano e mercantile, che si andavano via via affermando
nella società del tempo.

L’introduzione dell’ambientazione nei dipinti
Il nuovo interesse per la realtà e quindi per lo spazio si mani-
festò nella pittura attraverso la rappresentazione di figure po-
ste in rapporto all’ambiente. La scena architettonica e il pae-
saggio entrarono così negli sfondi delle tavole dipinte, degli
affreschi e dei rilievi, in modo che i santi e i personaggi delle
storie sacre risultassero inseriti in un’ambientazione reale, ter-
rena, perfettamente riconoscibile.
Le prime architetture e i primi paesaggi realmente “abitabi-
li” dall’uomo sono quelli realizzati da Giotto e dagli artisti del
Trecento. Le scene architettoniche, organizzate come sceno-
grafie teatrali, sono generalmente trattate come scatole aperte
su un lato: esse permettono di mostrare all’osservatore tutti
gli elementi narrativi che sono necessari a conferire maggiore
verosimiglianza alla vicenda rappresentata (fig. 24). Gli sfon-
di vuoti, piatti e immateriali della tradizione bizantina e goti-
ca vengono pertanto superati attraverso il ricorso all’ambien-
tazione, nel tentativo di costruire uno spazio razionale in-
torno alle figure.
                                                                                                                                                              25

24 Ambrogio Lorenzetti, Effetti             il tentativo di dare concretezza              25 Giotto, Coretto, affresco,
del Buon Governo in città, 1337-39,         e tridimensionalità agli edifici, che         1303-305 (Padova, Cappella
affresco, lungh. 7 m circa (Siena,          però non hanno ancora proporzioni             degli Scrovegni). Il finto coro
Palazzo Pubblico). È evidente               corrette rispetto alle figure.                sembra sfondare la parete.




                                                                                                                                                              24

                     E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.   11
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La prospettiva lineare: un’innovazione rivoluzionaria
I pittori del Trecento avevano cercato di riprodurre la profondità dello spazio utilizzando una prospettiva intuitiva. All’inizio del Quattrocento
Filippo Brunelleschi, scultore e architetto fiorentino, ideò la prospettiva lineare, un metodo scientifico per rappresentare la terza dimensione in
modo simile alla visione del nostro occhio. Questa innovazione segnò la linea di confine tra la pittura del Medioevo e quella del Rinascimento.




                                                                                                                                                         26

26 Piero della
Francesca, Flagellazione
di Cristo, 1460 circa,
tempera su tavola,
58,4x81,5 cm (Urbino,
Galleria Nazionale delle
Marche).




                                                                             27

                           27 L’architettura           28 Lo schema grafico
                           classica dipinta in         riporta il punto di fuga,
                           prospettiva suggerisce      le linee prospettiche
                           un forte senso              e gli assi di simmetria
                           di profondità.              delle figure.
                                                                                                                                                         28

                                   12      E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
LO SPAZIO NELL’ARTE



La Flagellazione di Cristo                                                                 delle cornici corrono tutte verso il punto di fuga, che si trova
                                                                                           molto vicino al centro del dipinto, a un terzo circa della sua al-
di Piero della Francesca                                                                   tezza (fig. 28). La pavimentazione e il soffitto a riquadri hanno
La tavoletta, di dimensioni piuttosto ridotte, fu dipinta da Pie-                          la funzione di definire la profondità dello spazio dipinto e di
ro della Francesca, probabilmente attorno al 1460, per la corte                            renderlo perciò misurabile. Le dimensioni delle piastrelle, che
di Urbino. Il dipinto è composto da due scene distinte. Quella                             diminuiscono progressivamente, permettono ad esempio di
posta in lontananza rappresenta la flagellazione di Cristo di                              individuare le diverse grandezze delle figure e di calcolare le
fronte a Pilato, mentre quella in primo piano, nonostante mol-                             esatte proporzioni tra architettura e personaggi (fig. 29). Gra-
ti tentativi d’interpretazione, resta misteriosa: probabilmente                            zie alla prospettiva, quindi, le figure poste in lontananza assu-
si riferisce a un episodio, di cui non è rimasto alcun documen-                            mono dimensioni più piccole, rigorosamente corrette rispetto
to, legato a vicende della famiglia del signore di Urbino (la                              sia a quelle in primo piano, sia a quelle degli edifici, delle por-
congiura e l’uccisione di Oddantonio, fratello del duca Federi-                            te e delle colonne con cui sono in stretto rapporto.
co di Montefeltro, tradito, come Cristo, da coloro che gli erano                           2. Quali elementi sottolineano la suddivisione della scena in due parti?
vicini). I personaggi appaiono immobili e inespressivi. Persino                            Le due scene sono nettamente separate dalla notevole differen-
la figura di Cristo, legato alla colonna e flagellato, sembra                              za tra le dimensioni delle tre figure poste in primo piano e quel-
completamente distante dall’avvenimento. Non a caso Piero                                  le delle figure poste in lontananza, oltre che dalla colonna, che
della Francesca fu anche definito «l’inventore dell’indifferen-                            suddivide in due rettangoli aurei la superficie del dipinto
za come espressione dominante dei personaggi» (André Ca-                                   (fig. 30). Nella sezione aurea di un segmento, il segmento inte-
stel), per il senso di immobilità e di distacco espresso dai pro-                          ro sta al segmento maggiore come quest’ultimo sta al segmento
tagonisti dei suoi dipinti. L’atmosfera della scena raffigurata                            minore: in questo caso, se AB è la lunghezza del dipinto e C è il
nella Flagellazione di Cristo trasmette infatti una surreale sen-                          punto in cui passa l’asse della colonna, il rapporto aureo si
sazione di silenzio e sospensione.                                                         esprime nella proporzione AB:AC=AC:CB. I rettangoli con base AC
1. Quali elementi rendono misurabile lo spazio?                                            e CB sono dunque diversi, ma stanno tra loro in rapporto aureo.
Le scene rappresentate inducono a credere che il quadro sia di                             Grazie a tale proporzione la composizione pittorica esprime un
notevoli dimensioni. Ciò accade perché Piero della Francesca                               perfetto equilibrio, senza ricorrere al sistema della simmetria.
riesce a rendere molto ampio lo spazio dipinto grazie alla pa-                             Inoltre, nelle due scene, la luce proviene da direzioni differen-
dronanza della prospettiva lineare. Il senso della profondità è                            ti: da destra quella della scena della flagellazione, da sinistra
suggerito principalmente dall’architettura classica resa in pro-                           quella della scena in primo piano. Le due parti del dipinto so-
spettiva (fig. 27). Le linee della pavimentazione, degli edifici e                         no però visivamente unite dal comune impianto prospettico.

29 Ricostruzione
della scena della
Flagellazione di
Cristo vista dall’alto.
L’ambiente dipinto
con il sistema
scientifico della
prospettiva permette
di ricostruire
le dimensioni del
luogo in cui si svolge
la scena e l’esatta
posizione dei
personaggi.




                                                                                           A                                           C                         B
                                                                                                                                                                 30
                                                                                           30 Lo schema                   ma tra loro in
                                                                                           grafico evidenzia la           proporzione aurea.
                                                                                           suddivisione aurea             L’equilibrio
                                                                                           del quadro: il lato            compositivo è
                                                                                           di base del dipinto            dunque determinato
                                                                                           (AB) è suddiviso               dalla suddivisione
                                                                                           in due segmenti                della superficie
                                                                                           disuguali (AC e CB),           in parti armoniche.
                                                                                   29

                      E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.   13
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     Piero della Francesca
                                                                                   Piero della Francesca nacque a Borgo San Sepolcro (Arezzo) tra il
                                                                                   1415 e il 1420 e vi morì nel 1492. Fu uno dei pittori più significativi
                                                                                   e originali del Quattrocento e operò una sintesi coerente e razionale del-
                                                                                   le ricerche compiute dagli artisti del primo Rinascimento. Si formò sul-
                                                                                   le opere dei pittori fiorentini (in particolare Masaccio, Beato Angelico,
                                                                                   Paolo Uccello e Domenico Veneziano), ma lavorò fuori Firenze, preva-
                                                                                   lentemente ad Arezzo, dove realizzò il ciclo di affreschi raffigurante le
                                                                                   storie della croce di Cristo, e a Urbino, alla corte del duca Federico da
                                                                                   Montefeltro, dove ebbe modo di conoscere la pittura fiamminga.
                                                                                   La sua opera si caratterizza per la grande coerenza delle composizio-
                                                                                   ni, matematicamente ordinate dalle strutture geometriche della pro-
                                                                                   spettiva centrale e dalle rigorose architetture classiche. La luminosità
                                                                                   dei colori, la presenza di luce alta e diffusa, la ricerca della perfezione
                                                                                   formale attraverso la semplificazione dei soggetti, studiati come solidi
                                                                                   geometrici, ben definiti dalla luce e proporzionati rispetto allo spazio
                                                                                   in cui sono inseriti, trasmettono un’idea di silenzio e di immobilità.
                                                                                   L’armonia e la proporzione dei dipinti di Piero della Francesca rifletto-
                                                                                   no l’armonia e l’ordine divino che sono originariamente presenti nel
                                                                                   creato e che devono essere riprodotti dall’artista.

                                                                                   31 Piero della Francesca, Madonna di Senigallia,
                                                                                   1470-85, olio su carta riportata su tavola, 61x53,5 cm
                                                                                   (Urbino, Galleria Nazionale delle Marche).
                                                                          31




                                                                                      Le funzioni della prospettiva lineare
                                                                                      La prima fase del Rinascimento fu caratterizzata dalla necessi-
                                                                                      tà da parte degli artisti di teorizzare le loro ricerche indivi-
                                                                                      duando alcune norme che sono descritte nei numerosi trattati
                                                                                      tecnici del tempo. Piero della Francesca fu uno dei primi, insie-
                                                                                      me a Leon Battista Alberti e Brunelleschi, a elaborare la pro-
                                                                                      spettiva con un metodo matematico-scientifico. Nel suo im-
                                                                                      portante trattato De prospectiva pingendi (La prospettiva nella
                                                                                      pittura), scritto tra il 1480 e il 1490 e dedicato al duca di Urbi-
                                 32                                                   no, intese dimostrare «quanto questa scientia [la prospettiva]
32 Il disegno raffigura    è posto il punto di fuga     È proprio questa linea        sia necessaria alla pictura». Egli spiega che la prospettiva non
una pavimentazione         delle linee ortogonali       obliqua a permetterci         è unicamente finalizzata alla rappresentazione dello spazio e
costruita in base alla     e, spostato a destra,        di individuare con
prospettiva lineare.       quello delle linee           precisione la profondità      alla resa realistica della scena dipinta, ma anche a disegnare fi-
Sulla linea di orizzonte   inclinate di 45°.            delle piastrelle.             gure in scorcio prospettico, a definire con precisione le esatte
                                                                                      proporzioni dei vari elementi presenti nella scena (architettu-
                                                        33 Domenico                   re, arredi o figure umane), mettendo in esatto rapporto gli ele-
                                                        Veneziano, Pala
                                                        di santa Lucia dei            menti collocati in primo piano con quelli in lontananza.
                                                        Magnoli, part., 1445          Il punto di fuga era posto generalmente al centro del dipinto:
                                                        circa, tempera su             il pittore immaginava cioè di trovarsi di fronte alla parete di
                                                        tavola. L’attenzione
                                                        posta nella
                                                                                      fondo della stanza o alla facciata dell’edificio che doveva rap-
                                                        rappresentazione              presentare. In questo modo la prospettiva contribuiva anche a
                                                        prospettica della             creare un ordine nella composizione, semplificandola, e a
                                                        pavimentazione                conferire armonia e solennità all’insieme. La realtà rappresen-
                                                        indica la volontà di
                                                        rendere misurabile            tata dall’artista permetteva così di manifestare anche l’espe-
                                                        lo spazio dipinto.            rienza del divino e la perfezione del mondo creato da Dio.
                                                33

                                    14      E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
LO SPAZIO NELL’ARTE



La prospettiva lineare organizza quindi l’immagine della real-                             se, spostando lateralmente o in alto il punto di fuga (fig. 34).
tà in un insieme ordinato e razionale, ponendo gli eventi rap-                             Inoltre, la visione dello spazio e la sua rappresentazione non
presentati nello spazio naturale, fuori dal mondo astratto e                               erano considerati dagli artisti italiani come elementi soggetti-
ieratico delle opere medievali. Il pittore del Quattrocento non                            vi, ma oggettivi, poiché erano una conseguenza dell’applica-
copia fedelmente la realtà, ma la ricostruisce razionalmente                               zione di rigide regole matematiche (fig. 35). Come scrive lo
tramite l’architettura dipinta in prospettiva, riportando ogni                             storico dell’arte Erwin Panofski, in Italia «fu sentito come es-
elemento della composizione (figure e oggetti) a volumi geo-                               senziale il significato oggettivo [della prospettiva], qui [fuori
metrici regolari, anch’essi costruiti in relazione allo spazio                             dall’Italia] quello soggettivo. Così un maestro profondamente
prospettico.                                                                               influenzato dalla pittura fiamminga come Antonello da Messi-
                                                                                           na costruisce lo studio di san Girolamo con una notevole di-
Il valore espressivo e simbolico della prospettiva                                         stanza, tanto che questo studio, come quasi tutti gli interni ita-
Nel Quattrocento la pittura ebbe grande sviluppo anche nelle                               liani, è in fondo piuttosto una costruzione vista dall’esterno
Fiandre, dove gli artisti volsero l’attenzione alla rappresenta-                           con la parete anteriore scoperta; inoltre egli fa cominciare lo
zione realistica dei loro soggetti. I fiamminghi riproducevano                             spazio con la superficie del quadro, anzi dietro di essa, e collo-
con un’abilità tecnica straordinaria tutto ciò che vedevano sen-                           ca il punto di fuga pressappoco nel centro. Dürer invece […] ci
za tralasciare i dettagli più piccoli. Gli artisti italiani, al contra-                    mostra un vero “interno”, in cui noi ci sentiamo inclusi perché
rio, erano generalmente più portati per la descrizione sintetica                           il pavimento sembra continuare fin sotto i nostri piedi. […] La
dei loro soggetti, e pertanto non si soffermavano sui particola-                           posizione [laterale] del punto di vista [il punto di vista dell’arti-
ri considerati poco importanti ai fini del racconto pittorico.                             sta coincide con il punto di fuga delle linee oblique] rafforza
L’uso della prospettiva lineare si diffuse in tutta Europa nella                           l’impressione di una rappresentazione soggettiva». La prospet-
prima metà del Quattrocento, ma, mentre gli artisti italiani pri-                          tiva lineare fu quindi considerata dagli artisti italiani come
vilegiarono la prospettiva con il punto di fuga centrale, i fiam-                          uno strumento utile per sistematizzare e razionalizzare il
minghi e i tedeschi preferirono sperimentare soluzioni diver-                              mondo esterno.




                                                                                   34                                                                                     35
34 Albrecht Dürer, San Girolamo             di fuga è laterale. L’ambiente sembra          35 Antonello da Messina,                  1474 circa, olio su tavola, 46x36,5 cm
nello studio, 1514, incisione. Il punto     continuare oltre i limiti dell’opera.          San Girolamo nello studio,                (Londra, National Gallery).

                      E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.   15
Risorse online Attraverso le opere d’arte

La prospettiva, in conclusione, a seconda degli intenti espres-                        ciano alcune figure che sembrano spiare all’interno della stan-
sivi e dei contenuti culturali che l’opera d’arte assumeva nel-                        za. L’affresco riesce a ingannare chi si trova nell’ambiente, poi-
l’ambito delle diverse culture, fu utilizzata dagli artisti per                        ché il soffitto appare realmente sfondato, cioè aperto verso il
creare una visione distaccata, ordinata e oggettiva della realtà                       cielo (fig. 36). Grazie a questo effetto illusionistico, l’opera di-
oppure una visione soggettiva dello spazio, apparentemente                             venne un punto di riferimento per numerosi artisti del XV e XVI
casuale, che comprende l’osservatore.                                                  secolo.
                                                                                       Benché questo fenomeno si sarebbe diffuso maggiormente
La prospettiva come inganno                                                            nei secoli successivi, già nel corso del Quattrocento furono
dell’occhio                                                                            realizzate molte altre sperimentazioni sulla prospettiva, tese a
                                                                                       suggerire in modo illusionistico la profondità. Nel campo del-
La prospettiva si avvicina alla nostra visione della realtà, al
                                                                                       le tarsie lignee, ad esempio, si ottennero effetti ottici molto au-
punto che un’immagine dipinta può ingannare l’occhio del-
                                                                                       daci (fig. 37). Le tarsie venivano realizzate accostando l’una
l’osservatore e indurlo a credere che sia un oggetto reale.
                                                                                       all’altra varietà di legno dal diverso colore, dopo averle ridotte
Andrea Mantegna, pittore attivo soprattutto tra Padova e Man-
                                                                                       in lamine e opportunamente sagomate.
tova, verso la metà del Quattrocento utilizzò la prospettiva in
modo illusionistico. Nella Camera degli Sposi del Palazzo Du-                          Anche gli architetti ricorsero alla prospettiva per illudere l’os-
cale di Mantova – un ambiente di rappresentanza completa-                              servatore, come dimostra il coro realizzato da Bramante a San-
mente affrescato dall’artista per Ludovico Gonzaga – il soffit-                        ta Maria presso San Satiro, a Milano (fig. 38). La chiesa, rico-
to presenta un’apertura circolare dipinta, dalla quale si affac-                       struita nel 1480, ha una pianta a «T» perché l’area disponibile




                                                                                 36                                                                                     37
36 Andrea Mantegna, oculo del             (Mantova, Palazzo Ducale).                   37 Baccio Pontelli, tarsie lignee             Ducale). Oggetti, mensole e ante
soffitto della Camera degli Sposi,        È tra gli esempi più belli del gioco         nello studiolo del duca Federico da           aperte sono riprodotte in modo
1465-74, affresco, diametro 2,70 m        tra spazio reale e spazio dipinto.           Montefeltro, 1476 (Urbino, Palazzo            illusionistico.

                                     16      E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
LO SPAZIO NELL’ARTE



per l’edificazione non permetteva la realizzazione del braccio                           In base a molte osservazioni e alle sue ricerche pittoriche, Leo-
del coro alle spalle dell’altare. Bramante elaborò una soluzio-                          nardo sosteneva che si può cogliere la distanza tra le cose grazie
ne originale, creando un finto coro con gli strumenti dell’illu-                         alla massa d’aria che si frappone tra esse e il nostro occhio, e por-
sionismo prospettico. In una profondità assai ridotta (inferio-                          tava come esempio le montagne in lontananza, che alla vista ap-
re al metro) l’artista ha creato una finta volta a botte del tutto                       paiono azzurre, quasi avessero il colore dell’aria che sta loro da-
simile a quella degli altri bracci della chiesa. Con questo accor-                       vanti. Se sopra di noi e nelle vicinanze il cielo appare limpido,
gimento Bramante è riuscito a dare equilibrio agli spazi del-                            per i pochi strati di aria che il nostro sguardo deve attraversare,
l’edificio.                                                                              nelle zone più remote del paesaggio il cielo sembra invece bian-
                                                                                         co a causa del maggiore spessore dei vapori atmosferici.
La prospettiva aerea elaborata                                                           Pertanto, secondo Leonardo, occorreva integrare la prospettiva
                                                                                         lineare con quella aerea schiarendo i colori e sfumando i
da Leonardo da Vinci                                                                     contorni degli oggetti più lontani, in modo da riprodurre l’effet-
La prospettiva lineare si basa, come abbiamo visto, sulla dimi-                          to della foschia che satura lo spazio fra le cose. A tale fine egli uti-
nuzione delle grandezze in relazione alla distanza e sulla con-                          lizzava la tecnica pittorica dello sfumato, che attraverso a una se-
vergenza delle linee ortogonali verso il punto di fuga. Ma, intor-                       rie di velature rende indefiniti i contorni e sbiadisce i colori.
no alla fine del Quattrocento, allo scopo di ottenere una resa                           L’interesse di Leonardo per la prospettiva aerea aveva anche un
più efficace della profondità dello spazio e dunque di integrare                         significato filosofico, in quanto, attraverso il ciclo delle acque
la prospettiva lineare, Leonardo da Vinci elaborò la cosiddetta                          che evaporano per scendere nuovamente sulla terra, l’artista in-
prospettiva aerea.                                                                       tendeva rappresentare l’eterno divenire della natura (fig. 39).




                                                                                 38                                                                                      39
38 Donato Bramante, coro                   dipinto. Chi entra nella chiesa               39 Leonardo da Vinci,                     riflessioni filosofico-scientifiche
di Santa Maria presso San Satiro,          si rende conto dell’inganno solo              Annunciazione, part., 1472-75,            sul ciclo delle acque e sulla
1482-86 (Milano). L’architetto             avvicinandosi lateralmente all’altare.        olio su tela, 98x217 cm (Firenze,         trasformazione degli elementi:
ha realizzato dietro l’altare              Ponendosi di fronte ad esso                   Galleria degli Uffizi). I paesaggi        si trattava di costruzioni
un finto coro prospettico in stucco        l’illusione è invece perfetta.                di Leonardo erano vere e proprie          intellettuali.

                    E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.   17
Risorse online Attraverso le opere d’arte

La ricerca di uno spazio infinito e illusorio nell’arte barocca
Nel periodo barocco si sviluppò la pittura illusionistica, un genere che cercava di rappresentare sui soffitti di chiese e palazzi uno spazio illu-
sorio, infinito. Nelle volte affrescate delle chiese venivano generalmente raffigurati santi nell’atto di salire miracolosamente in cielo.



                                                                                                                            40 Andrea Pozzo, Apoteosi
                                                                                                                            di sant’Ignazio, 1691-94, affresco
                                                                                                                            (Roma, chiesa di Sant’Ignazio).
                                                                                                                            Sul pavimento della chiesa, un disco
                                                                                                                            indica il punto esatto in cui l’illusione
                                                                                                                            ottica creata dalla prospettiva è perfetta.




                                                                                                                   40

                                18      E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
LO SPAZIO NELL’ARTE



L’Apoteosi di sant’Ignazio                                                                    ne. Le dimensioni dei vari elementi si riducono a mano a ma-
                                                                                              no che ci si avvicina al centro dell’affresco, per sottolinearne la
di Andrea Pozzo                                                                               lontananza sempre maggiore. Chi osserva il soffitto si sente at-
L’Apoteosi di sant’Ignazio è un dipinto realizzato tra il 1691 e il                           tirato nello spazio divino in cui si manifesta il miracolo.
1694 da Andrea Pozzo (1642-1709). L’affresco ricopre l’intera                                 3. Vi è un rapporto tra la profondità dello spazio e l’uso della luce e
volta della chiesa edificata dai Gesuiti a Roma.                                              dell’ombra?
1. È possibile distinguere il confine tra architettura reale e architettu-                    La luce diventa più intensa nella parte centrale della compo-
ra dipinta?                                                                                   sizione, quella che raffigura la zona più lontana, con lo scopo
Nella realizzazione dell’Apoteosi di sant’Ignazio Pozzo è riuscito                            di conferire alla scena un carattere eccezionale, miracoloso
a nascondere il confine tra l’architettura reale e quella dipinta                             (fig. 41b). Le aree dell’affresco più vicine all’osservatore sono
(fig. 41a), rendendo così credibile la grandiosa visione raffigu-                             caratterizzate da un chiaroscuro deciso, mentre quelle più di-
rata nell’affresco. L’artista ha inoltre creato una continuità tra                            stanti sono dominate da un’intensa luminosità, che annulla le
l’architettura dipinta e lo spazio aperto del cielo.                                          ombre e rappresenta simbolicamente il mondo ultraterreno.
2. Quale funzione ha la prospettiva lineare in quest’opera?                                   4. Che cosa conferisce dinamismo alla composizione?
La prospettiva è qui utilizzata per rappresentare non lo spazio                               Il dipinto suggerisce un forte senso di dinamismo, perché lo
reale, ma uno spazio immaginario. Gli elementi architettonici                                 sguardo di chi l’osserva è guidato verso il centro dalle linee
(colonne, archi e cornici), le figure umane, le nuvole sono di-                               oblique della prospettiva e dalla grande spirale determinata dai
pinti in scorcio prospettico al fine di sfondare in modo illuso-                              gruppi di figure all’interno della composizione (fig. 42). L’os-
rio il limite dell’architettura reale, creando uno spazio senza fi-                           servatore ha così l’impressione lasciare lo spazio terreno.




                                                                                                         41a

41 Due particolari
dell'Apoteosi di
sant’Ignazio. Nella
figura a è riprodotta
la base della volta,
dove finisce
l’architettura reale
e comincia quella
dipinta; la figura b
mostra il centro
dell’opera, dove                                                                                                                                                   42
Ignazio, a braccia                                                                                                42 Lo schema mostra
aperte, riceve la luce                                                                                            la spirale secondo
da Cristo.                                                                                                        cui sono state disposte
                                                                                                                  le figure nella scena
                                                                                                                  e individua il punto di
                                                                                                                  fuga della prospettiva,
                                                                                                                  che coincide
                                                                                                                  simbolicamente
                                                                                                                  con la figura di Cristo.
                                                                                                         41b

                         E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.   19
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Il significato iconografico dell’opera                                         della Chiesa cattolica e del santo), che attraverso la sua spazia-
Nel centro geometrico della composizione, che coincide con il                  lità coinvolgente poneva il pubblico emotivamente vicino al-
punto di fuga verso cui convergono le linee verticali della                    la vicenda rappresentata.
struttura architettonica dipinta, è collocata la figura di Cristo,
facilmente individuabile grazie alla presenza della croce.                     Spazio immaginario e celebrazione
Andrea Pozzo ci ha lasciato una descrizione della sua opera:
«Nel mezzo della volta dipinsi un’immagine di Gesù, il qual
                                                                               della gloria
communica un raggio di luce al cuor di Ignazio, che poi vien                   Nel Rinascimento la prospettiva aveva la funzione di ordinare
da esso trasmesso alli seni più riposti delle quattro parti del                la composizione e rappresentare uno spazio semplice e misu-
Mondo». Dalla figura di Cristo parte quindi un raggio di luce,                 rabile. Nell’età barocca la prospettiva venne invece utilizzata
simbolo della fede, che va a colpire il petto di sant’Ignazio; il              per suggerire uno spazio immaginario senza confini, in cui i
suo cuore riflette il raggio di luce in quattro direzioni diverse,             limiti del reale erano annullati attraverso il dinamismo e la
fino a incontrare la personificazione dei quattro continenti,                  teatralità dell’insieme.
individuabili grazie a iscrizioni poste entro scudi. Il dipinto,               Quando le scoperte scientifiche non permisero più all’uomo di
realizzato per ordine dei Gesuiti, intende in questo modo cele-                avere certezze relative all’ordine in cui fino ad allora erano sta-
brare la Chiesa cattolica trionfante, ma soprattutto la figura                 ti gerarchicamente ricondotti tutti i fenomeni della realtà, lo
del fondatore del loro ordine.                                                 spettacolo della natura cominciò ad essere considerato in pe-
Numerosissime sono le altre figurazioni simboliche presenti                    renne mutamento e venne rappresentato dagli artisti con com-
nel grande affresco che, per la loro complessità, solo il pubbli-              posizioni di grande dinamismo. Anche l’interesse per uno
co più colto e teologicamente preparato era in grado di com-                   spazio infinito derivava in buona parte dalle scoperte astrono-
prendere. La maggior parte dei fedeli riusciva a cogliere unica-               miche del tempo che, come sosteneva Galileo Galilei, avevano
mente il messaggio fondamentale dell’opera (la celebrazione                    ampliato i confini dell’universo fino ad allora conosciuto.

                                                                                                                                             43 Pietro da Cortona,
                                                                                                                                             Il trionfo della Divina
                                                                                                                                             Provvidenza, 1633-39,
                                                                                                                                             affresco (Roma,
                                                                                                                                             Palazzo Barberini).
                                                                                                                                             In epoca barocca
                                                                                                                                             erano diffusi nelle
                                                                                                                                             chiese, nei palazzi
                                                                                                                                             e nelle regge, i soffitti
                                                                                                                                             dipinti con sfondati
                                                                                                                                             prospettici che
                                                                                                                                             raffigurano uno spazio
                                                                                                                                             dilatato all’infinito.




                                                                                                                                    43

                              20     E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
LO SPAZIO NELL’ARTE



La nuova spazialità delle opere barocche era anche il sintomo                         fatti affiancato da quadraturisti (ossia pittori esperti in archi-
di un diverso modo di vedere la religione e il rapporto con Dio,                      tetture dipinte in prospettiva), da decoratori specializzati in cor-
inteso come un’esperienza mistica ed emotivamente coinvol-                            nici e ghirlande e da pittori di figure. In genere gli artisti diretti
gente, in cui il sacro si rivela attraverso le apparizioni e i mira-                  dal responsabile del progetto collaboravano alla realizzazione
coli rappresentati nelle opere d’arte. In questo modo l’edificio di                   dell’affresco limitatamente all’ambito della loro specializzazio-
culto e le sue grandi decorazioni diventarono vere e proprie                          ne. Spesso tali professioni erano trasmesse di padre in figlio, al-
proiezioni del “cielo” in terra. La pittura illusionistica, che in-                   tre volte erano praticate da un unico artista. Particolarmente
tendeva trasportare il fedele nello spazio dell’apparizione mira-                     importanti erano i pittori di «quadrature», perché dalla loro
colosa avvicinandolo a Dio, divenne per la Chiesa uno strumen-                        abilità dipendeva il grado di illusionismo spaziale del dipinto.
to di propaganda religiosa, poiché rappresentava in modo spet-                        Per la chiesa di Sant’Ignazio, a Roma, Andrea Pozzo dipinse su
tacolare la gloria di Dio, dei santi e della Chiesa stessa (fig. 43).                 tela una grande cupola, che venne collocata sopra il cornicio-
Nella pittura la spazialità illusionistica e teatrale venne utiliz-                   ne della volta per nasconderne il vero soffitto. La cupola appa-
zata fino alla metà del Settecento anche per celebrare la gloria                      re perfettamente reale se la si osserva dalla navata centrale. Av-
e il potere dei monarchi europei.                                                     vicinandosi all’altare, invece, si percepisce l’inganno creato dal
                                                                                      pittore e dai suoi quadraturisti per mezzo degli elementi archi-
                                                                                      tettonici dipinti in prospettiva sulla superficie orizzontale del-
La specializzazione del lavoro                                                        la tela (fig. 44).
nelle grandi decorazioni barocche                                                     In questo contesto gli scenografi teatrali e i quadraturisti, insie-
Nel corso del Seicento si verificò, in particolare nella realizza-                    me agli insegnanti delle accademie d’arte e ai pittori, gareggia-
zione delle grandi volte affrescate, il fenomeno della specializ-                     vano nell’invenzione di soluzioni prospettiche sempre più
zazione degli artisti. L’artista responsabile del progetto era in-                    complesse, sorprendenti e curiose.




                                                                              44

                         44 Andrea Pozzo, finta        45 Giambattista
                         cupola, XVII secolo, olio     Tiepolo, L’incontro
                         su tela (Roma, chiesa         tra Antonio e Cleopatra,
                         di Sant’Ignazio). La          1746-47, affresco
                         tela, che nasconde la         (Venezia, Palazzo
                         volta della cupola, crea      Labia).
                         un’illusione perfetta.
                         Negli ultimi anni
                         del XVII secolo Pozzo
                         riassunse le proprie
                         teorie sulla prospettiva
                         in un trattato che ebbe
                         grande diffusione.
                                                                                                                                                          45

                 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.   21
Risorse online Attraverso le opere d’arte

La frantumazione cubista dello spazio prospettico
Il Cubismo rivoluzionò il modo di rappresentare la tridimensionalità dello spazio, rompendo in modo definitivo con la prospettiva in uso dal
Rinascimento. Gli oggetti sono raffigurati mediante un processo di scomposizione teso a mostrarli da più punti di vista differenti.




                                                                                                                                                                46b
                                                                                                               46 (a) Georges Braque, Violino e brocca,
                                                                                                               1909-10, olio su tela, 117x73,5 (Basilea, Offentliche
                                                                                                               Kunstsammlung). Nel disegno ricostruttivo della
                                                                                                               figura b sono evidenziati con linee rosse gli oggetti
                                                                                                               riconoscibili nel dipinto di Braque.




                                                                                                     46a

                               22     E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
LO SPAZIO NELL’ARTE



Violino e brocca di Georges Braque                                                    Lo spazio vuoto tra gli oggetti
Il pittore francese Georges Braque, nella fase cubista, dipinse a                     L’opera di Georges Braque (1882-1963) fu costantemente ca-
olio su tela la natura morta intitolata Violino e brocca.                             ratterizzata, anche dopo la fase cubista, dalla problematica
                                                                                      della rappresentazione dell’oggetto nello spazio e dello spa-
1. Che cosa rappresenta il dipinto?
                                                                                      zio vuoto tra gli oggetti. Dopo il conflitto mondiale, in cui
Il dipinto sembra a prima vista incomprensibile, eppure, os-
                                                                                      rimase gravemente ferito, l’artista si allontanò dal rigoroso
servandolo attentamente, emergono dalla sua superficie alcu-
                                                                                      geometrismo tipico della fase cubista, ma mantenne vivo il
ni oggetti noti che il pittore ha attentamente studiato e ripro-
                                                                                      suo interesse per la rappresentazione dello spazio. È lo stesso
dotto frammentandoli e scomponendoli. Al centro riconoscia-
                                                                                      Braque a descriverlo nei suoi scritti: parlando degli oggetti
mo una brocca; più in basso, sulla destra, è rappresentato un
                                                                                      rappresentati in un suo dipinto, afferma di aver dedicato la
violino; in alto, al centro, un chiodo che, conficcato nella pa-
                                                                                      medesima attenzione alla rappresentazione dello spazio vuo-
rete, trattiene alcuni fogli; poco sotto, un foglio più grande
                                                                                      to presente tra essi, che è diventato a sua volta soggetto del
con un angolo piegato; infine, a destra, sulla parete, una corni-
                                                                                      dipinto.
ce decorativa orizzontale.
                                                                                      La frantumazione dello spazio prospettico, utilizzato nella
2. Come sono disposti gli oggetti nello spazio?                                       pittura dal Rinascimento in poi, determina la sensazione che
I rapporti spaziali tra gli oggetti sono illogici. Il piano orizzon-                  gli oggetti non siano disposti nello spazio, ma che siano essi
tale su cui è appoggiata la brocca è, ad esempio, rappresentato                       stessi e i mille piani che li suddividono a creare lo spazio. La
in posizione verticale dietro l’oggetto, mentre il violino in pri-                    rappresentazione cubista dello spazio è del tutto rivoluziona-
mo piano pare addirittura dissolversi e diventare tutt’uno con                        ria, perché lo spazio vuoto sembra non esistere, in quanto tut-
lo sfondo.                                                                            to è portato in primo piano e gli oggetti sembrano compene-
                                                                                      trarsi tra loro e con gli elementi dello sfondo.
3. Qual è il ruolo della luce e dell’ombra?
La luce sembra provenire da più direzioni: il chiaroscuro è infat-
ti utilizzato liberamente per dare tridimensionalità ai molti pia-                    La ricerca della quarta dimensione
ni che frantumano gli oggetti e lo spazio vuoto dello sfondo.
                                                                                      I cubisti affermavano che, per conoscere a fondo la realtà, era
4. Quale gamma cromatica è stata scelta dall’artista?                                 necessario indagarla con la propria mente, andando oltre
I colori intensi e luminosi sono esclusi dal dipinto, che è compo-                    l’apparenza delle cose. Essi sostenevano infatti che ognuno di
sto unicamente da bruni e grigi per non distrarre l’attenzione                        noi possiede una visione mentale degli oggetti, ossia la visio-
dell’osservatore dagli aspetti formali e compositivi dell’opera.                      ne che si forma nella nostra mente unendo i diversi punti di

                                                                                                                                 47 Nelle immagini sono riprodotti
                                                                                                                                 alcuni particolari del dipinto di
                                                                                                                                 Braque: nella figura a la brocca,
                                                                                                                                 nella figura b il violino, in c il foglio
                                                                                                                                 con un angolo piegato e il chiodo
                                                                                                                                 nella parete.




                               47a                                          47b                                           47c

                 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.    23
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Lo Spazio nell'Arte

  • 1. LO SPAZIO NELL’ARTE Conoscenze • la resa della profondità spaziale nelle opere d’arte • l’arte come Tra realtà e illusione strumento per Lo studio di sistemi di rappresentazione dello spazio è stato uno dei temi di cogliere la verità ricerca più importanti delle arti figurative e un problema molto sentito da- delle cose gli artisti, a causa della difficoltà da essi incontrata nel trasferire sul piano bidimensionale del foglio e della tela l’immagine della realtà tridimensio- nale percepita dall’occhio. Lucio Fontana, che negli anni Quaranta del Novecento aveva fondato il mo- vimento artistico denominato «Spazialismo», abbandonò la rappresenta- zione illusoria della profondità per sfruttare unicamente lo spazio concre- to della tela. L’artista, infatti, nelle serie dei «tagli», dei «concetti spaziali» e dei «teatrini», lacera con buchi slabbrati o con tagli decisi la superficie del quadro, che si apre e si piega divenendo spazio reale e tridimensionale (fig. 1). In questo modo la ricerca di Fontana fonde pittura e scultura e rie- sce a superare la lunga tradizione artistica occidentale legata alla rappre- sentazione illusoria dello spazio. 2 2 Enrico Castellani, alcunché sulla tela, Superficie chiara, 1961, ma usa quest’ultima come tela verniciata a spruzzo spazio reale sollevandola (Milano, Coll. privata). e animandola con sporgenze Come Fontana, anche plastiche disposte in modo Castellani non rappresenta rigoroso. 1 1 Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1962, acquarello su tela (Coll. privata). E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 1
  • 2. Risorse online I sistemi di rappresentazione dello spazio nella storia dell’arte Nel corso dei secoli gli artisti hanno adottato modalità diverse per rappre- sentare la realtà, a seconda delle esigenze della società in cui vivevano e del- la loro concezione del mondo. Anche il modo di raffigurare lo spazio nelle opere d’arte è quindi più volte mutato, seguendo un percorso in cui i pro- gressi si sono alternati a ritorni a sistemi precedenti. La scelta da parte di un artista o di una civiltà di un determinato metodo di rappresentazione dello spazio è determinante sia per gli aspetti simbolici dell’opera d’arte, sia per quelli espressivi. Presso le civiltà più antiche e nelle fasi più arcaiche dell’arte sono gene- ralmente prevalse la rappresentazione frontale e la rappresentazione to- pologica dello spazio. Lo rappresentazione frontale prevede la proiezione dei soggetti su un piano verticale, senza il minimo scorcio (fig. 3). Le figure, riprodotte gene- ralmente in posizione frontale, sono quasi del tutto prive di profondità e appaiono quindi non realistiche, astratte. Spesso, per accentuare ulterior- 3 mente la solennità o il distacco di queste figure dal mondo terreno, gli arti- sti hanno associato alla visione frontale la simmetria. 3 Battesimo di Cristo, VI secolo, mosaico (Ravenna, La rappresentazione topologica prevede invece la raffigurazione di un battistero degli Ariani). oggetto da diversi punti di vista, comprendendo ad esempio la visione frontale, quella laterale e quella dall’alto all’interno di un’unica immagine (fig. 4). Nel Medioevo la profondità dello spazio era rappresentata mediante vari si- 4 Pitture parietali della vista di fronte; la figura stemi, tra cui quello basato sul principio della obliquità dei piani (fig. 5). tomba di Minnakht b mostra una villa vista Grazie a tali sistemi, nei primi anni del Quattrocento, l’architetto Filippo a Tebe, 1479-25 a.C. circa. dall’alto: gli alberi e Brunelleschi giunse all’elaborazione della prospettiva lineare: un metodo La figura a mostra uno la piccola porta di ingresso specchio d’acqua visto all’estremità della scala sono molto naturalistico di rappresentazione dello spazio, che fornisce un’im- dall’alto e un’imbarcazione rappresentati frontalmente. magine somigliante alla realtà percepita dai nostri occhi. 4a 5 5 Pietro Cavallini, Annunciazione, 1291, mosaico (Roma, Santa Maria in Trastevere). 4b 2 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
  • 3. LO SPAZIO NELL’ARTE Secondo il critico d’arte tedesco Erwin Panofski, la prospettiva ha assunto nel tempo due ben distinti e contraddittori significati. I pittori italiani del Quattrocento ritenevano questo sistema essenziale per fornire una rappre- sentazione oggettiva della realtà, che, grazie al punto di fuga centrale, si di- staccava dalla visione casuale del singolo spettatore e acquisiva al contem- po una funzione simbolica. Al contrario, artisti di altri paesi o vissuti nei se- coli successivi, hanno utilizzato la prospettiva per dare un’interpretazione soggettiva della realtà: spostando il punto di fuga, essi hanno ottenuto com- posizioni più dinamiche e coinvolgenti per lo spettatore (fig. 6). Dal Rinascimento all’Ottocento, gli artisti hanno sfruttato ampiamente gli effetti di illusionismo ottenuti grazie alla rappresentazione prospettica, dando vita a composizioni sorprendenti e monumentali. Allo stesso modo, nel corso del Novecento, la prospettiva, oltre ad essere utilizzata come un metodo per ordinare la composizione secondo criteri matematici o per dare la perfetta illusione della profondità, è stata sfrutta- ta anche per creare spazi fantastici e irreali (fig. 7). Sempre nel secolo scorso, gli artisti hanno cercato soluzioni alternative alla prospettiva, studiando le possibilità di rappresentazione dello spazio fornite da colori, indicatori di profondità e nuove teorie scientifiche, evi- tando il ricorso ai sistemi proiettivi tradizionali, come dimostrano, tra le al- tre, le ricerche dei cubisti (fig. 8), di Josef Albers (fig. 9) e di Lucio Fontana. 6 Tiziano, Martirio di san Lorenzo, 1546-59, olio su tela, 493x277 cm (Venezia, chiesa dei Gesuiti). 6 9 9 Josef Albers, Omaggio al quadrato, 1959, olio su masonite, 121,9x121,9 cm, (Washington, Smithsonian American Art Museum). 7 8 7 Maurits C. Escher, Casa di scale I, 1951, 8 Georges Braques, Ragazza con chitarra, litografia, 47x24 cm. L’artista ha costruito 1913-14, olio su tela (Parigi, Centre Georges uno spazio fantastico e impossibile utilizzando Pompidou). Le opere cubiste stravolgono allo stesso tempo più punti di vista. le tradizionali regole prospettiche. E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 3
  • 4. Risorse online Attraverso le opere d’arte La tendenza alla bidimensionalità nell’arte bizantina Nell’arte bizantina il modo di rappresentare lo spazio, e quindi la terza dimensione, è frutto di una scelta linguistica volta a esprimere preci- si contenuti simbolici, come l’immutabilità delle cose e la natura ultraterrena dell’uomo. 10 L’imperatore Giustiniano e il suo seguito, 546-48, mosaico (Ravenna, San Vitale). 10 11 L’imperatrice Teodora e il suo seguito, 546-48, mosaico (Ravenna, San Vitale). Il mosaico si trova nell’abside, esattamente di fronte a quello di Giustiniano. 11 4 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
  • 5. LO SPAZIO NELL’ARTE Il corteo di Giustiniano e Teodora 3. I personaggi appaiono tridimensionali? Le figure sono caratterizzate dall’assenza di chiaroscuro: le I due mosaici si trovano a Ravenna nella chiesa di San Vitale: la pieghe delle loro vesti sono infatti disegnate da linee verticali scena raffigurante l’imperatore Giustiniano con la sua corte o fortemente stilizzate, gli orli hanno un andamento rigido e (fig. 10) si trova sulla parete sinistra dell’abside e di fronte ad rettilineo, le forme sono delimitate da un contorno nero che le essa, sulla parete destra, si trova il mosaico con l’imperatrice rende schematiche. La linea prevale nettamente sui volumi e Teodora accompagnata dal suo seguito (fig. 11). I due sovrani le figure appaiono piatte, prive di spessore, come se non aves- sono rappresentati mentre portano offerte nel giorno della sero corpo. Le paste vitree e le pietre utilizzate per la realizza- consacrazione dell’edificio. Nel catino absidale è invece raffi- zione delle tessere hanno colori intensi e vivaci che si rifletto- gurato Cristo assiso sul globo del mondo tra angeli e santi. I no tutto intorno, creando un ambiente sfolgorante di colori. mosaici furono eseguiti tra il 546 e il 548, poco dopo l’edifica- Tale fulgore rende incorporee le decorazioni e lo stesso edifi- zione della chiesa. I nomi dei loro autori, come frequentemen- cio, rimandando il visitatore al mondo ultraterreno. te avveniva nel Medioevo, sono ignoti. 4. Che cosa esprimono le linee di forza della composizione? 1. In quale ambiente si svolgono le due scene? Le linee di forza della composizione, che hanno un andamen- La scena del mosaico di Giustiniano si svolge in uno spazio to rigidamente verticale e corrispondono agli assi di simme- astratto. Lo sfondo infatti non è caratterizzato dalla presenza tria delle figure, determinano all’interno della composizione di elementi architettonici o naturali: la superficie è d’oro nel- un ritmo lento e solenne. I personaggi del mosaico dedicato la parte superiore e verde nella parte inferiore. Anche nel mo- all’imperatore mostrano tutti il proprio braccio destro e paio- saico di Teodora lo spazio risulta irreale, nonostante la scena no avanzare verso la propria sinistra in direzione dell’altare si svolga all’interno o nell’atrio di ingresso di una chiesa. Nel- (fig. 12); quelli rappresentati con Teodora sembrano incedere la parte superiore sono poste delle tende e, sopra l’imperatrice, verso la destra, anch’essi dunque verso l’altare (fig. 13). la valva rovesciata di una conchiglia (simbolo di regalità); al- l’estremità sinistra si trovano una porta e una fontanella, cia- L’imperatore e l’imperatrice proiettati scuna rappresentata da due punti di vista differenti. Le tessere in uno spazio irreale dorate dei due mosaici riflettono la luce creando un alone lu- I due mosaici risalgono agli anni immediatamente seguenti la minoso attorno alle figure che smaterializza ulteriormente lo conquista di Ravenna da parte di Giustiniano e, secondo alcu- spazio. ni storici, sono così vicini allo stile di Bisanzio – caratterizza- 2. La disposizione delle figure crea un senso di profondità? to da una spiccata tendenza all’astrazione, alla bidimensio- La disposizione delle figure non crea un senso di profondità, nalità e al decorativismo – da essere frutto del lavoro di arti- poiché queste sono rappresentate in una posizione rigida- sti provenienti proprio dalla capitale dell’impero d’Oriente. Le mente frontale che pone ciascuna di esse in relazione con l’os- due scene riproducono un avvenimento che non però si veri- servatore, isolandola però rispetto alle altre. Le figure, inoltre, ficò nella storia, in quanto Giustiniano e Teodora non si reca- occupano quasi completamente le due scene e sono allineate rono mai a Ravenna. tutte sullo stesso piano, al punto che i loro piedi, posti in tra- L’imperatore e l’imperatrice rappresentati nelle due scene sono lice, talvolta si incrociano e si sovrappongono in modo com- tuttavia assai somiglianti al vero. È quindi ipotizzabile che i pletamente irreale. mosaicisti, anche se ravennati, abbiano lavorato su modelli 12 13 12 L’imperatore Giustiniano pare seguito verso l’altare e l’abside, dove 13 Teodora procede nella direzione Essendo di fronte a lui, anch’ella pare avanzare in processione con il suo è raffigurato Cristo. opposta a quella di Giustiniano. dirigersi verso l’altare. E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 5
  • 6. Risorse online Attraverso le opere d’arte provenienti da Bisanzio. La rappresentazione naturalistica L’evoluzione della rappresentazione dei volti intendeva probabilmente sostituire l’effettiva presen- za dei sovrani nella città, sottolineando anche a distanza il loro dello spazio nell’arte ravennate potere assoluto, la gerarchia terrena posta a fianco di quella di- A Ravenna, all’inizio del v secolo, gli artisti della tradizione vina. Anche i volti di altri personaggi sono trattati in modo na- tardoromana rappresentavano ancora la figura con luci e om- turalistico e, in particolare, quello del vescovo Massimiano. In- bre che ne evidenziavano i volumi: nei dipinti e nei mosaici, fatti egli, in posizione avanzata rispetto all’imperatore e indivi- essa gettava un’ombra sui piani circostanti, definendo uno duabile dall’iscrizione posta sul suo capo, doveva essere chiara- spazio riconoscibile (fig. 14). Gli oggetti più lontani erano mente riconoscibile dalla popolazione. collocati più in alto nell’immagine e la spazialità era suggeri- Le figure dei sovrani sono evidenziate dalla ricchezza degli abiti, ta anche dall’andamento obliquo delle linee che delimitavano dalla corona, dai gioielli, che ne individuano l’alto rango sociale, i piani orientati in profondità. I personaggi inseriti in un am- oltre che dall’aureola, ossia dall’area circolare luminosa che ne biente di questo tipo si qualificavano come esseri materiali, circonda il capo ed esprime il legame dei due personaggi con il fatti di carne e ossa, viventi in un mondo anch’esso fisico e tri- divino. L’imperatore era infatti considerato, secondo la concezio- dimensionale. ne orientale, come un essere non del tutto terreno e andava quin- L’arte bizantina invece, avendo ereditato tratti dal Vicino di rappresentato in modo diverso dai comuni mortali. Oriente, come il divieto di rappresentare la divinità, aveva svi- Il fondo d’oro, utilizzato per secoli nell’arte bizantina, elimi- luppato una forte tendenza all’astrazione. na l’ambientazione, ponendo i personaggi in uno spazio e in Pertanto, quando Ravenna fu conquistata dall’impero romano un tempo estranei al mondo reale, al fine di conferire alle fi- d’Oriente, si produsse nella sua arte un decisivo cambiamento: gure rappresentate l’aspetto di apparizioni divine. essa cominciò infatti a esprimere l’immutabilità delle cose. La La fitta simbologia presente nei due mosaici è anch’essa un se- figura fu privata dei suoi attributi materiali (il volume, sotto- gnale dell’interesse degli artisti per una visione mistica e tra- lineato dalle ombre) e fu resa bidimensionale, per sottolinear- scendente del mondo, che si oppone a una sua rappresentazio- ne la spiritualità e la natura divina (fig. 15). ne puramente naturalistica. Anche la rappresentazione dello spazio subì un processo di Obiettivo di queste opere, che costituivano un efficace stru- astrazione, che risulta evidente nel mosaico raffigurante il mento di comunicazione con i fedeli, era quindi di mostrare porto di Classe: la superficie del mare appare come un piano un’apparizione al fine di celebrare il potere assoluto del sovra- verticale costellato di navi poste una sopra l’altra piuttosto no e della Chiesa. che una dietro l’altra (fig. 16). 14 Il Buon Pastore, V secolo, mosaico (Ravenna, mausoleo di Galla Placidia). L’opera costituisce uno dei primi esempi dell’abilità dei mosaicisti ravennati. 14 6 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
  • 7. LO SPAZIO NELL’ARTE Il ruolo della città di Ravenna altri vasti territori del dominio ostrogoto. La città tornò così ad avere fitti contatti con Bisanzio (l’antica Costantinopoli) e sot- tra il V e l’VIII secolo to il vescovo Massimiano raggiunse il suo massimo splendore, Ravenna fu, tra il V e il VI secolo, un centro politico e religioso divenendo il centro culturalmente e artisticamente più rilevan- di grande importanza. All’inizio del V secolo divenne capitale te della penisola italiana. A questo periodo risalgono importan- dell’impero romano d’Occidente. In questo periodo furono con- ti opere, come la chiesa di San Vitale, edificata a pianta centra- tinui i contatti commerciali e artistici con Costantinopoli. Nel le sul modello degli edifici di Costantinopoli, da dove furono 476 Ravenna fu conquistata dal re ostrogoto Teodorico, che fe- portati capitelli e transenne già lavorati dagli artisti bizantini. ce della città la sede della sua corte. Sotto Teodorico Ravenna si A governare Ravenna in nome di Bisanzio fu posto un esarca arricchì di monumenti ed edifici per il culto, finché nel VI seco- (comandante) fino all’VIII secolo, quando la gran parte dei terri- lo Giustiniano, imperatore d’Oriente, la conquistò insieme ad tori bizantini fu conquistata dai Franchi. 15 Mosaico dell’arco trionfale di San Lorenzo fuori le Mura a Roma, VI secolo. La profondità, determinata dalla presenza del prato verde su cui poggiano i personaggi, è annullata dal fondo d’oro della parte superiore. 15 16 17 16 Il porto di Classe, VI secolo, mosaico (Ravenna, Sant’Apollinare Nuovo). 17 Mosaici nel mausoleo di Galla Placidia, V secolo (Ravenna). La decorazione Il mare appare come una superficie verticale su cui sono disposte le navi. smussa gli angoli dell’interno dell’edificio e ne annulla visivamente il peso. E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 7
  • 8. Risorse online Attraverso le opere d’arte La ricerca di un nuovo sistema di rappresentazione dello spazio nell’arte medievale Nel corso dei secoli XIII e XIV i pittori si interessarono al problema della rappresentazione dello spazio tridimensionale sulla superficie a due dimensioni del dipinto: per risolverlo utilizzarono sistemi diversi e spesso anche più sistemi insieme. La Madonna in trono fra i santi L’Ultima cena di Duccio Francesco e Domenico di Cimabue di Buoninsegna L’opera, che fu dipinta nel XIII secolo da Cimabue, rappresenta Duccio di Buoninsegna ha dipinto l’Ultima cena tra il 1308 e il la Madonna con il bambino fra i santi Francesco (a sinistra), 1311 in uno scomparto della grande pala d’altare della Maestà Domenico (a destra) e due angeli (fig. 18). per il duomo di Siena (fig. 19). 1. Quali strumenti ha utilizzato il pittore per rappresentare la pro- 1. Quali strumenti ha utilizzato il pittore per rappresentare la pro- fondità dello spazio? fondità dello spazio? Nel dipinto sono principalmente le figure laterali, disposte una Duccio ha rappresentato la profondità dello spazio descrivendo dietro l’altra, a suggerire la profondità dello spazio. L’esperienza con cura l’ambiente chiuso in cui si svolge la scena. Riesce infat- ci insegna infatti che la sovrapposizione degli elementi è indi- ti a rendere la profondità della stanza attraverso l’inclinazione cativa della loro posizione nello spazio. Anche l’inclinazione delle assi del soffitto e delle pareti laterali: queste linee, che con- del trono contribuisce a creare un effetto di tridimensionalità. vergono verso l’asse verticale al centro del dipinto, cercano di ri- L’ambiente in cui è collocata la scena è invece bidimensionale produrre ciò che noi vediamo quando ci troviamo in uno spazio per la presenza del fondo d’oro tipico della tradizione bizantina. chiuso. L’artista ha dato però ai lati del tavolo un’inclinazione diversa rispetto a quella del soffitto, poiché, invece di far conver- 2. L’artista ha fatto ricorso a un sistema di rappresentazione dello gere i due lati brevi verso il centro, li ha mantenuti paralleli. spazio unico e coerente? Per rappresentare la profondità dello spazio l’artista ha utiliz- 2. L’artista ha fatto ricorso a un sistema di rappresentazione dello zato, oltre al sistema della sovrapposizione, un lieve chiaro- spazio unico e coerente? scuro (soprattutto nelle pieghe delle vesti) e il principio del- Come Cimabue, Duccio ha utilizzato, per rappresentare la pro- l’obliquità (per le figure e il trono). fondità, il principio della sovrapposizione, il chiaroscuro e 19 18 Cimabue, Madonna in trono 19 Duccio di Buoninsegna, retro fra i santi Francesco e Domenico, della Maestà, Ultima cena, 1308-11, XIIIsecolo, tempera su tavola tempera su tavola, 76x57 cm (Siena, (Firenze, Galleria degli Uffizi). Museo dell’Opera del Duomo). 18 8 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
  • 9. LO SPAZIO NELL’ARTE l’obliquità, ma per quest’ultima ha fatto riferimento a due si- 2. L’artista ha fatto ricorso a un sistema di rappresentazione dello stemi tra loro in contraddizione. Per tale ragione il tavolo appa- spazio unico e coerente? re come un piano inclinato e non come un piano orizzontale Giotto, pur non utilizzando un sistema scientifico e coerente rispetto alle pareti e alle travi del soffitto. In questo modo Duc- per rappresentare lo spazio, riesce a produrre un efficace effetto cio è riuscito a rappresentare sia gli apostoli in primo piano sia visivo: grazie alla convergenza verso il centro delle linee oblique quelli dall’altro lato del tavolo senza sovrapporre gli uni agli al- del pulpito e del ciborio ottiene infatti una profondità credibile. tri, così come sarebbe accaduto utilizzando solo la convergen- za delle linee verso l’asse centrale. Ha quindi rinunciato a una rappresentazione più corretta dello spazio per raccontare con La presentazione al Tempio maggiore chiarezza l’episodio. di Ambrogio Lorenzetti La tavola della Presentazione al Tempio fu dipinta nel 1342 dal Il presepe di Greccio di Giotto pittore senese Ambrogio Lorenzetti (fig. 21). La scena affrescata da Giotto alla fine del XIII secolo, che rap- 1. Quali strumenti ha utilizzato il pittore per rappresentare la pro- presenta il presepe di Greccio – un episodio della vita di san fondità dello spazio? Francesco –, fa parte del ciclo decorativo della Basilica Supe- Lo spazio è rappresentato grazie alla convergenza delle linee riore di Assisi (fig. 20). ortogonali del pavimento rispetto a un unico punto, posto in corrispondenza dell’asse centrale del dipinto. Anche il chiaro- 1. Quali strumenti ha utilizzato il pittore per rappresentare la pro- scuro conferisce alle figure vigorosi effetti plastici. fondità dello spazio? Nell’affresco di Giotto è il chiaroscuro a definire con nuovo vi- 2. L’artista ha fatto ricorso a un sistema di rappresentazione dello gore il volume delle figure, mentre la disposizione dei perso- spazio unico e coerente? naggi che si affollano nella chiesa contribuisce a creare un for- L’artista è riuscito ad avvicinarsi con maggiore naturalismo al- te senso dello spazio. Ciò che suggerisce maggiormente la pro- la rappresentazione sia dell’ambiente sia delle figure, ottenen- fondità è però l’architettura dipinta: in particolare, la croce in- do un insieme abbastanza coerente anche se ancora piuttosto clinata ci lascia intuire uno spazio oltre la parete. distante dalla nostra percezione della profondità. 20 20 Giotto, Il presepe di Greccio, 21 Ambrogio Lorenzetti, 1290-95, affresco, 270x230 cm La presentazione al Tempio, part., (Assisi, Basilica Superiore 1342, tempera su tavola, 257x168 cm di San Francesco). (Firenze, Galleria degli Uffizi). 21 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 9
  • 10. Risorse online Attraverso le opere d’arte Il nuovo interesse per la realtà Nell’Ultima cena, come abbiamo visto, Duccio di Buoninsegna ha utilizzato contemporaneamente la prospettiva a lisca di pe- nelle sperimentazioni medievali sce e il sistema assonometrico. Durante i secoli XIII e XIV gli artisti, distaccandosi progressiva- I fratelli Lorenzetti, nel Trecento, giunsero a intuire e sperimen- mente dalla tradizione bizantina, cercarono di rappresentare la tare anche la convergenza delle linee ortogonali verso un uni- realtà così come la vedevano. Essi studiarono in particolare il co punto, osservazione che costituirà il fondamento della pro- modo di riprodurre nei dipinti la profondità dello spazio reale. spettiva quattrocentesca, ma non riuscirono a elaborare un si- Partendo dal tradizionale sistema di rappresentazione frontale stema utile per individuare con precisione scientifica gli inter- dello spazio, determinato quasi unicamente dal chiaroscuro, valli in profondità delle linee trasversali, ossia le linee parallele dalla sovrapposizione e dalla collocazione delle figure, gli arti- a quelle orizzontali del dipinto. Infatti, nella Presentazione al sti si resero conto – attraverso l’analisi della realtà – che i lati de- Tempio, il piano del pavimento appare ancora leggermente in- gli oggetti e le pareti apparivano inclinati e cercarono di ripro- clinato, mentre le volte del soffitto sembrano schiacciate: l’arti- durre questa impressione utilizzando sistemi sempre diversi. sta, benché avesse intuito che le linee inclinate s’incontrano in A volte i solidi geometrici che costituiscono gli edifici veniva- un unico punto, non era riuscito a trovare un sistema scientifi- no disegnati con i lati tra loro paralleli, secondo un sistema de- co per stabilire la profondità delle piastrelle e dello spazio tra le finito assonometrico. colonne, individuandone unicamente la larghezza. Altre volte si ricorreva alla convergenza delle linee tra loro parallele. Ad esempio, nelle travi del soffitto di una stanza, Proprio grazie a queste osservazioni e a questi esperimenti queste linee venivano disegnate inclinate verso un asse verti- pittorici che convissero per lungo tempo, Filippo Brunelleschi cale immaginario interno al dipinto, in genere centrale, in riuscì, all’inizio del XV secolo, a elaborare un sistema scientifi- corrispondenza del quale le linee inclinate si riunivano a due co di rappresentazione dello spazio chiamato prospettiva li- a due. Si creava così un sistema prospettico intuitivo, ossia neare, capace di riprodurre la tridimensionalità dello spazio non scientifico-matematico, definito prospettiva a lisca di reale su una superficie piana secondo criteri scientifico-mate- pesce (fig. 22). matici che si avvicinano alla nostra visione della realtà. 22 22 Lo schema mostra che le linee oblique della prospettiva, quando convergono verso l’asse centrale del dipinto, danno origine a uno schema «a lisca di pesce». 23 Simone Martini, Funerale di san Martino, 1317 circa, affresco, (Assisi, Basilica Inferiore di San Francesco). L’interno della chiesa in cui si svolge la scena è rappresentato grazie alla convergenza delle linee ortogonali del soffitto verso un unico punto. 23 10 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
  • 11. LO SPAZIO NELL’ARTE Le sperimentazioni pittoriche effettuate dagli artisti del Due- cento e del Trecento permettono inoltre di comprendere il nuovo rapporto dell’uomo con la storia. Dall’interesse domi- nante per la trascendenza dimostrato dall’arte medievale si passò nei secoli XIII e XIV, ossia appena prima del Rinascimen- to, a una maggiore attenzione per la realtà dei nuovi ceti artigiano e mercantile, che si andavano via via affermando nella società del tempo. L’introduzione dell’ambientazione nei dipinti Il nuovo interesse per la realtà e quindi per lo spazio si mani- festò nella pittura attraverso la rappresentazione di figure po- ste in rapporto all’ambiente. La scena architettonica e il pae- saggio entrarono così negli sfondi delle tavole dipinte, degli affreschi e dei rilievi, in modo che i santi e i personaggi delle storie sacre risultassero inseriti in un’ambientazione reale, ter- rena, perfettamente riconoscibile. Le prime architetture e i primi paesaggi realmente “abitabi- li” dall’uomo sono quelli realizzati da Giotto e dagli artisti del Trecento. Le scene architettoniche, organizzate come sceno- grafie teatrali, sono generalmente trattate come scatole aperte su un lato: esse permettono di mostrare all’osservatore tutti gli elementi narrativi che sono necessari a conferire maggiore verosimiglianza alla vicenda rappresentata (fig. 24). Gli sfon- di vuoti, piatti e immateriali della tradizione bizantina e goti- ca vengono pertanto superati attraverso il ricorso all’ambien- tazione, nel tentativo di costruire uno spazio razionale in- torno alle figure. 25 24 Ambrogio Lorenzetti, Effetti il tentativo di dare concretezza 25 Giotto, Coretto, affresco, del Buon Governo in città, 1337-39, e tridimensionalità agli edifici, che 1303-305 (Padova, Cappella affresco, lungh. 7 m circa (Siena, però non hanno ancora proporzioni degli Scrovegni). Il finto coro Palazzo Pubblico). È evidente corrette rispetto alle figure. sembra sfondare la parete. 24 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 11
  • 12. Risorse online Attraverso le opere d’arte La prospettiva lineare: un’innovazione rivoluzionaria I pittori del Trecento avevano cercato di riprodurre la profondità dello spazio utilizzando una prospettiva intuitiva. All’inizio del Quattrocento Filippo Brunelleschi, scultore e architetto fiorentino, ideò la prospettiva lineare, un metodo scientifico per rappresentare la terza dimensione in modo simile alla visione del nostro occhio. Questa innovazione segnò la linea di confine tra la pittura del Medioevo e quella del Rinascimento. 26 26 Piero della Francesca, Flagellazione di Cristo, 1460 circa, tempera su tavola, 58,4x81,5 cm (Urbino, Galleria Nazionale delle Marche). 27 27 L’architettura 28 Lo schema grafico classica dipinta in riporta il punto di fuga, prospettiva suggerisce le linee prospettiche un forte senso e gli assi di simmetria di profondità. delle figure. 28 12 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
  • 13. LO SPAZIO NELL’ARTE La Flagellazione di Cristo delle cornici corrono tutte verso il punto di fuga, che si trova molto vicino al centro del dipinto, a un terzo circa della sua al- di Piero della Francesca tezza (fig. 28). La pavimentazione e il soffitto a riquadri hanno La tavoletta, di dimensioni piuttosto ridotte, fu dipinta da Pie- la funzione di definire la profondità dello spazio dipinto e di ro della Francesca, probabilmente attorno al 1460, per la corte renderlo perciò misurabile. Le dimensioni delle piastrelle, che di Urbino. Il dipinto è composto da due scene distinte. Quella diminuiscono progressivamente, permettono ad esempio di posta in lontananza rappresenta la flagellazione di Cristo di individuare le diverse grandezze delle figure e di calcolare le fronte a Pilato, mentre quella in primo piano, nonostante mol- esatte proporzioni tra architettura e personaggi (fig. 29). Gra- ti tentativi d’interpretazione, resta misteriosa: probabilmente zie alla prospettiva, quindi, le figure poste in lontananza assu- si riferisce a un episodio, di cui non è rimasto alcun documen- mono dimensioni più piccole, rigorosamente corrette rispetto to, legato a vicende della famiglia del signore di Urbino (la sia a quelle in primo piano, sia a quelle degli edifici, delle por- congiura e l’uccisione di Oddantonio, fratello del duca Federi- te e delle colonne con cui sono in stretto rapporto. co di Montefeltro, tradito, come Cristo, da coloro che gli erano 2. Quali elementi sottolineano la suddivisione della scena in due parti? vicini). I personaggi appaiono immobili e inespressivi. Persino Le due scene sono nettamente separate dalla notevole differen- la figura di Cristo, legato alla colonna e flagellato, sembra za tra le dimensioni delle tre figure poste in primo piano e quel- completamente distante dall’avvenimento. Non a caso Piero le delle figure poste in lontananza, oltre che dalla colonna, che della Francesca fu anche definito «l’inventore dell’indifferen- suddivide in due rettangoli aurei la superficie del dipinto za come espressione dominante dei personaggi» (André Ca- (fig. 30). Nella sezione aurea di un segmento, il segmento inte- stel), per il senso di immobilità e di distacco espresso dai pro- ro sta al segmento maggiore come quest’ultimo sta al segmento tagonisti dei suoi dipinti. L’atmosfera della scena raffigurata minore: in questo caso, se AB è la lunghezza del dipinto e C è il nella Flagellazione di Cristo trasmette infatti una surreale sen- punto in cui passa l’asse della colonna, il rapporto aureo si sazione di silenzio e sospensione. esprime nella proporzione AB:AC=AC:CB. I rettangoli con base AC 1. Quali elementi rendono misurabile lo spazio? e CB sono dunque diversi, ma stanno tra loro in rapporto aureo. Le scene rappresentate inducono a credere che il quadro sia di Grazie a tale proporzione la composizione pittorica esprime un notevoli dimensioni. Ciò accade perché Piero della Francesca perfetto equilibrio, senza ricorrere al sistema della simmetria. riesce a rendere molto ampio lo spazio dipinto grazie alla pa- Inoltre, nelle due scene, la luce proviene da direzioni differen- dronanza della prospettiva lineare. Il senso della profondità è ti: da destra quella della scena della flagellazione, da sinistra suggerito principalmente dall’architettura classica resa in pro- quella della scena in primo piano. Le due parti del dipinto so- spettiva (fig. 27). Le linee della pavimentazione, degli edifici e no però visivamente unite dal comune impianto prospettico. 29 Ricostruzione della scena della Flagellazione di Cristo vista dall’alto. L’ambiente dipinto con il sistema scientifico della prospettiva permette di ricostruire le dimensioni del luogo in cui si svolge la scena e l’esatta posizione dei personaggi. A C B 30 30 Lo schema ma tra loro in grafico evidenzia la proporzione aurea. suddivisione aurea L’equilibrio del quadro: il lato compositivo è di base del dipinto dunque determinato (AB) è suddiviso dalla suddivisione in due segmenti della superficie disuguali (AC e CB), in parti armoniche. 29 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 13
  • 14. Risorse online Attraverso le opere d’arte Piero della Francesca Piero della Francesca nacque a Borgo San Sepolcro (Arezzo) tra il 1415 e il 1420 e vi morì nel 1492. Fu uno dei pittori più significativi e originali del Quattrocento e operò una sintesi coerente e razionale del- le ricerche compiute dagli artisti del primo Rinascimento. Si formò sul- le opere dei pittori fiorentini (in particolare Masaccio, Beato Angelico, Paolo Uccello e Domenico Veneziano), ma lavorò fuori Firenze, preva- lentemente ad Arezzo, dove realizzò il ciclo di affreschi raffigurante le storie della croce di Cristo, e a Urbino, alla corte del duca Federico da Montefeltro, dove ebbe modo di conoscere la pittura fiamminga. La sua opera si caratterizza per la grande coerenza delle composizio- ni, matematicamente ordinate dalle strutture geometriche della pro- spettiva centrale e dalle rigorose architetture classiche. La luminosità dei colori, la presenza di luce alta e diffusa, la ricerca della perfezione formale attraverso la semplificazione dei soggetti, studiati come solidi geometrici, ben definiti dalla luce e proporzionati rispetto allo spazio in cui sono inseriti, trasmettono un’idea di silenzio e di immobilità. L’armonia e la proporzione dei dipinti di Piero della Francesca rifletto- no l’armonia e l’ordine divino che sono originariamente presenti nel creato e che devono essere riprodotti dall’artista. 31 Piero della Francesca, Madonna di Senigallia, 1470-85, olio su carta riportata su tavola, 61x53,5 cm (Urbino, Galleria Nazionale delle Marche). 31 Le funzioni della prospettiva lineare La prima fase del Rinascimento fu caratterizzata dalla necessi- tà da parte degli artisti di teorizzare le loro ricerche indivi- duando alcune norme che sono descritte nei numerosi trattati tecnici del tempo. Piero della Francesca fu uno dei primi, insie- me a Leon Battista Alberti e Brunelleschi, a elaborare la pro- spettiva con un metodo matematico-scientifico. Nel suo im- portante trattato De prospectiva pingendi (La prospettiva nella pittura), scritto tra il 1480 e il 1490 e dedicato al duca di Urbi- 32 no, intese dimostrare «quanto questa scientia [la prospettiva] 32 Il disegno raffigura è posto il punto di fuga È proprio questa linea sia necessaria alla pictura». Egli spiega che la prospettiva non una pavimentazione delle linee ortogonali obliqua a permetterci è unicamente finalizzata alla rappresentazione dello spazio e costruita in base alla e, spostato a destra, di individuare con prospettiva lineare. quello delle linee precisione la profondità alla resa realistica della scena dipinta, ma anche a disegnare fi- Sulla linea di orizzonte inclinate di 45°. delle piastrelle. gure in scorcio prospettico, a definire con precisione le esatte proporzioni dei vari elementi presenti nella scena (architettu- 33 Domenico re, arredi o figure umane), mettendo in esatto rapporto gli ele- Veneziano, Pala di santa Lucia dei menti collocati in primo piano con quelli in lontananza. Magnoli, part., 1445 Il punto di fuga era posto generalmente al centro del dipinto: circa, tempera su il pittore immaginava cioè di trovarsi di fronte alla parete di tavola. L’attenzione posta nella fondo della stanza o alla facciata dell’edificio che doveva rap- rappresentazione presentare. In questo modo la prospettiva contribuiva anche a prospettica della creare un ordine nella composizione, semplificandola, e a pavimentazione conferire armonia e solennità all’insieme. La realtà rappresen- indica la volontà di rendere misurabile tata dall’artista permetteva così di manifestare anche l’espe- lo spazio dipinto. rienza del divino e la perfezione del mondo creato da Dio. 33 14 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
  • 15. LO SPAZIO NELL’ARTE La prospettiva lineare organizza quindi l’immagine della real- se, spostando lateralmente o in alto il punto di fuga (fig. 34). tà in un insieme ordinato e razionale, ponendo gli eventi rap- Inoltre, la visione dello spazio e la sua rappresentazione non presentati nello spazio naturale, fuori dal mondo astratto e erano considerati dagli artisti italiani come elementi soggetti- ieratico delle opere medievali. Il pittore del Quattrocento non vi, ma oggettivi, poiché erano una conseguenza dell’applica- copia fedelmente la realtà, ma la ricostruisce razionalmente zione di rigide regole matematiche (fig. 35). Come scrive lo tramite l’architettura dipinta in prospettiva, riportando ogni storico dell’arte Erwin Panofski, in Italia «fu sentito come es- elemento della composizione (figure e oggetti) a volumi geo- senziale il significato oggettivo [della prospettiva], qui [fuori metrici regolari, anch’essi costruiti in relazione allo spazio dall’Italia] quello soggettivo. Così un maestro profondamente prospettico. influenzato dalla pittura fiamminga come Antonello da Messi- na costruisce lo studio di san Girolamo con una notevole di- Il valore espressivo e simbolico della prospettiva stanza, tanto che questo studio, come quasi tutti gli interni ita- Nel Quattrocento la pittura ebbe grande sviluppo anche nelle liani, è in fondo piuttosto una costruzione vista dall’esterno Fiandre, dove gli artisti volsero l’attenzione alla rappresenta- con la parete anteriore scoperta; inoltre egli fa cominciare lo zione realistica dei loro soggetti. I fiamminghi riproducevano spazio con la superficie del quadro, anzi dietro di essa, e collo- con un’abilità tecnica straordinaria tutto ciò che vedevano sen- ca il punto di fuga pressappoco nel centro. Dürer invece […] ci za tralasciare i dettagli più piccoli. Gli artisti italiani, al contra- mostra un vero “interno”, in cui noi ci sentiamo inclusi perché rio, erano generalmente più portati per la descrizione sintetica il pavimento sembra continuare fin sotto i nostri piedi. […] La dei loro soggetti, e pertanto non si soffermavano sui particola- posizione [laterale] del punto di vista [il punto di vista dell’arti- ri considerati poco importanti ai fini del racconto pittorico. sta coincide con il punto di fuga delle linee oblique] rafforza L’uso della prospettiva lineare si diffuse in tutta Europa nella l’impressione di una rappresentazione soggettiva». La prospet- prima metà del Quattrocento, ma, mentre gli artisti italiani pri- tiva lineare fu quindi considerata dagli artisti italiani come vilegiarono la prospettiva con il punto di fuga centrale, i fiam- uno strumento utile per sistematizzare e razionalizzare il minghi e i tedeschi preferirono sperimentare soluzioni diver- mondo esterno. 34 35 34 Albrecht Dürer, San Girolamo di fuga è laterale. L’ambiente sembra 35 Antonello da Messina, 1474 circa, olio su tavola, 46x36,5 cm nello studio, 1514, incisione. Il punto continuare oltre i limiti dell’opera. San Girolamo nello studio, (Londra, National Gallery). E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 15
  • 16. Risorse online Attraverso le opere d’arte La prospettiva, in conclusione, a seconda degli intenti espres- ciano alcune figure che sembrano spiare all’interno della stan- sivi e dei contenuti culturali che l’opera d’arte assumeva nel- za. L’affresco riesce a ingannare chi si trova nell’ambiente, poi- l’ambito delle diverse culture, fu utilizzata dagli artisti per ché il soffitto appare realmente sfondato, cioè aperto verso il creare una visione distaccata, ordinata e oggettiva della realtà cielo (fig. 36). Grazie a questo effetto illusionistico, l’opera di- oppure una visione soggettiva dello spazio, apparentemente venne un punto di riferimento per numerosi artisti del XV e XVI casuale, che comprende l’osservatore. secolo. Benché questo fenomeno si sarebbe diffuso maggiormente La prospettiva come inganno nei secoli successivi, già nel corso del Quattrocento furono dell’occhio realizzate molte altre sperimentazioni sulla prospettiva, tese a suggerire in modo illusionistico la profondità. Nel campo del- La prospettiva si avvicina alla nostra visione della realtà, al le tarsie lignee, ad esempio, si ottennero effetti ottici molto au- punto che un’immagine dipinta può ingannare l’occhio del- daci (fig. 37). Le tarsie venivano realizzate accostando l’una l’osservatore e indurlo a credere che sia un oggetto reale. all’altra varietà di legno dal diverso colore, dopo averle ridotte Andrea Mantegna, pittore attivo soprattutto tra Padova e Man- in lamine e opportunamente sagomate. tova, verso la metà del Quattrocento utilizzò la prospettiva in modo illusionistico. Nella Camera degli Sposi del Palazzo Du- Anche gli architetti ricorsero alla prospettiva per illudere l’os- cale di Mantova – un ambiente di rappresentanza completa- servatore, come dimostra il coro realizzato da Bramante a San- mente affrescato dall’artista per Ludovico Gonzaga – il soffit- ta Maria presso San Satiro, a Milano (fig. 38). La chiesa, rico- to presenta un’apertura circolare dipinta, dalla quale si affac- struita nel 1480, ha una pianta a «T» perché l’area disponibile 36 37 36 Andrea Mantegna, oculo del (Mantova, Palazzo Ducale). 37 Baccio Pontelli, tarsie lignee Ducale). Oggetti, mensole e ante soffitto della Camera degli Sposi, È tra gli esempi più belli del gioco nello studiolo del duca Federico da aperte sono riprodotte in modo 1465-74, affresco, diametro 2,70 m tra spazio reale e spazio dipinto. Montefeltro, 1476 (Urbino, Palazzo illusionistico. 16 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
  • 17. LO SPAZIO NELL’ARTE per l’edificazione non permetteva la realizzazione del braccio In base a molte osservazioni e alle sue ricerche pittoriche, Leo- del coro alle spalle dell’altare. Bramante elaborò una soluzio- nardo sosteneva che si può cogliere la distanza tra le cose grazie ne originale, creando un finto coro con gli strumenti dell’illu- alla massa d’aria che si frappone tra esse e il nostro occhio, e por- sionismo prospettico. In una profondità assai ridotta (inferio- tava come esempio le montagne in lontananza, che alla vista ap- re al metro) l’artista ha creato una finta volta a botte del tutto paiono azzurre, quasi avessero il colore dell’aria che sta loro da- simile a quella degli altri bracci della chiesa. Con questo accor- vanti. Se sopra di noi e nelle vicinanze il cielo appare limpido, gimento Bramante è riuscito a dare equilibrio agli spazi del- per i pochi strati di aria che il nostro sguardo deve attraversare, l’edificio. nelle zone più remote del paesaggio il cielo sembra invece bian- co a causa del maggiore spessore dei vapori atmosferici. La prospettiva aerea elaborata Pertanto, secondo Leonardo, occorreva integrare la prospettiva lineare con quella aerea schiarendo i colori e sfumando i da Leonardo da Vinci contorni degli oggetti più lontani, in modo da riprodurre l’effet- La prospettiva lineare si basa, come abbiamo visto, sulla dimi- to della foschia che satura lo spazio fra le cose. A tale fine egli uti- nuzione delle grandezze in relazione alla distanza e sulla con- lizzava la tecnica pittorica dello sfumato, che attraverso a una se- vergenza delle linee ortogonali verso il punto di fuga. Ma, intor- rie di velature rende indefiniti i contorni e sbiadisce i colori. no alla fine del Quattrocento, allo scopo di ottenere una resa L’interesse di Leonardo per la prospettiva aerea aveva anche un più efficace della profondità dello spazio e dunque di integrare significato filosofico, in quanto, attraverso il ciclo delle acque la prospettiva lineare, Leonardo da Vinci elaborò la cosiddetta che evaporano per scendere nuovamente sulla terra, l’artista in- prospettiva aerea. tendeva rappresentare l’eterno divenire della natura (fig. 39). 38 39 38 Donato Bramante, coro dipinto. Chi entra nella chiesa 39 Leonardo da Vinci, riflessioni filosofico-scientifiche di Santa Maria presso San Satiro, si rende conto dell’inganno solo Annunciazione, part., 1472-75, sul ciclo delle acque e sulla 1482-86 (Milano). L’architetto avvicinandosi lateralmente all’altare. olio su tela, 98x217 cm (Firenze, trasformazione degli elementi: ha realizzato dietro l’altare Ponendosi di fronte ad esso Galleria degli Uffizi). I paesaggi si trattava di costruzioni un finto coro prospettico in stucco l’illusione è invece perfetta. di Leonardo erano vere e proprie intellettuali. E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 17
  • 18. Risorse online Attraverso le opere d’arte La ricerca di uno spazio infinito e illusorio nell’arte barocca Nel periodo barocco si sviluppò la pittura illusionistica, un genere che cercava di rappresentare sui soffitti di chiese e palazzi uno spazio illu- sorio, infinito. Nelle volte affrescate delle chiese venivano generalmente raffigurati santi nell’atto di salire miracolosamente in cielo. 40 Andrea Pozzo, Apoteosi di sant’Ignazio, 1691-94, affresco (Roma, chiesa di Sant’Ignazio). Sul pavimento della chiesa, un disco indica il punto esatto in cui l’illusione ottica creata dalla prospettiva è perfetta. 40 18 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
  • 19. LO SPAZIO NELL’ARTE L’Apoteosi di sant’Ignazio ne. Le dimensioni dei vari elementi si riducono a mano a ma- no che ci si avvicina al centro dell’affresco, per sottolinearne la di Andrea Pozzo lontananza sempre maggiore. Chi osserva il soffitto si sente at- L’Apoteosi di sant’Ignazio è un dipinto realizzato tra il 1691 e il tirato nello spazio divino in cui si manifesta il miracolo. 1694 da Andrea Pozzo (1642-1709). L’affresco ricopre l’intera 3. Vi è un rapporto tra la profondità dello spazio e l’uso della luce e volta della chiesa edificata dai Gesuiti a Roma. dell’ombra? 1. È possibile distinguere il confine tra architettura reale e architettu- La luce diventa più intensa nella parte centrale della compo- ra dipinta? sizione, quella che raffigura la zona più lontana, con lo scopo Nella realizzazione dell’Apoteosi di sant’Ignazio Pozzo è riuscito di conferire alla scena un carattere eccezionale, miracoloso a nascondere il confine tra l’architettura reale e quella dipinta (fig. 41b). Le aree dell’affresco più vicine all’osservatore sono (fig. 41a), rendendo così credibile la grandiosa visione raffigu- caratterizzate da un chiaroscuro deciso, mentre quelle più di- rata nell’affresco. L’artista ha inoltre creato una continuità tra stanti sono dominate da un’intensa luminosità, che annulla le l’architettura dipinta e lo spazio aperto del cielo. ombre e rappresenta simbolicamente il mondo ultraterreno. 2. Quale funzione ha la prospettiva lineare in quest’opera? 4. Che cosa conferisce dinamismo alla composizione? La prospettiva è qui utilizzata per rappresentare non lo spazio Il dipinto suggerisce un forte senso di dinamismo, perché lo reale, ma uno spazio immaginario. Gli elementi architettonici sguardo di chi l’osserva è guidato verso il centro dalle linee (colonne, archi e cornici), le figure umane, le nuvole sono di- oblique della prospettiva e dalla grande spirale determinata dai pinti in scorcio prospettico al fine di sfondare in modo illuso- gruppi di figure all’interno della composizione (fig. 42). L’os- rio il limite dell’architettura reale, creando uno spazio senza fi- servatore ha così l’impressione lasciare lo spazio terreno. 41a 41 Due particolari dell'Apoteosi di sant’Ignazio. Nella figura a è riprodotta la base della volta, dove finisce l’architettura reale e comincia quella dipinta; la figura b mostra il centro dell’opera, dove 42 Ignazio, a braccia 42 Lo schema mostra aperte, riceve la luce la spirale secondo da Cristo. cui sono state disposte le figure nella scena e individua il punto di fuga della prospettiva, che coincide simbolicamente con la figura di Cristo. 41b E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 19
  • 20. Risorse online Attraverso le opere d’arte Il significato iconografico dell’opera della Chiesa cattolica e del santo), che attraverso la sua spazia- Nel centro geometrico della composizione, che coincide con il lità coinvolgente poneva il pubblico emotivamente vicino al- punto di fuga verso cui convergono le linee verticali della la vicenda rappresentata. struttura architettonica dipinta, è collocata la figura di Cristo, facilmente individuabile grazie alla presenza della croce. Spazio immaginario e celebrazione Andrea Pozzo ci ha lasciato una descrizione della sua opera: «Nel mezzo della volta dipinsi un’immagine di Gesù, il qual della gloria communica un raggio di luce al cuor di Ignazio, che poi vien Nel Rinascimento la prospettiva aveva la funzione di ordinare da esso trasmesso alli seni più riposti delle quattro parti del la composizione e rappresentare uno spazio semplice e misu- Mondo». Dalla figura di Cristo parte quindi un raggio di luce, rabile. Nell’età barocca la prospettiva venne invece utilizzata simbolo della fede, che va a colpire il petto di sant’Ignazio; il per suggerire uno spazio immaginario senza confini, in cui i suo cuore riflette il raggio di luce in quattro direzioni diverse, limiti del reale erano annullati attraverso il dinamismo e la fino a incontrare la personificazione dei quattro continenti, teatralità dell’insieme. individuabili grazie a iscrizioni poste entro scudi. Il dipinto, Quando le scoperte scientifiche non permisero più all’uomo di realizzato per ordine dei Gesuiti, intende in questo modo cele- avere certezze relative all’ordine in cui fino ad allora erano sta- brare la Chiesa cattolica trionfante, ma soprattutto la figura ti gerarchicamente ricondotti tutti i fenomeni della realtà, lo del fondatore del loro ordine. spettacolo della natura cominciò ad essere considerato in pe- Numerosissime sono le altre figurazioni simboliche presenti renne mutamento e venne rappresentato dagli artisti con com- nel grande affresco che, per la loro complessità, solo il pubbli- posizioni di grande dinamismo. Anche l’interesse per uno co più colto e teologicamente preparato era in grado di com- spazio infinito derivava in buona parte dalle scoperte astrono- prendere. La maggior parte dei fedeli riusciva a cogliere unica- miche del tempo che, come sosteneva Galileo Galilei, avevano mente il messaggio fondamentale dell’opera (la celebrazione ampliato i confini dell’universo fino ad allora conosciuto. 43 Pietro da Cortona, Il trionfo della Divina Provvidenza, 1633-39, affresco (Roma, Palazzo Barberini). In epoca barocca erano diffusi nelle chiese, nei palazzi e nelle regge, i soffitti dipinti con sfondati prospettici che raffigurano uno spazio dilatato all’infinito. 43 20 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
  • 21. LO SPAZIO NELL’ARTE La nuova spazialità delle opere barocche era anche il sintomo fatti affiancato da quadraturisti (ossia pittori esperti in archi- di un diverso modo di vedere la religione e il rapporto con Dio, tetture dipinte in prospettiva), da decoratori specializzati in cor- inteso come un’esperienza mistica ed emotivamente coinvol- nici e ghirlande e da pittori di figure. In genere gli artisti diretti gente, in cui il sacro si rivela attraverso le apparizioni e i mira- dal responsabile del progetto collaboravano alla realizzazione coli rappresentati nelle opere d’arte. In questo modo l’edificio di dell’affresco limitatamente all’ambito della loro specializzazio- culto e le sue grandi decorazioni diventarono vere e proprie ne. Spesso tali professioni erano trasmesse di padre in figlio, al- proiezioni del “cielo” in terra. La pittura illusionistica, che in- tre volte erano praticate da un unico artista. Particolarmente tendeva trasportare il fedele nello spazio dell’apparizione mira- importanti erano i pittori di «quadrature», perché dalla loro colosa avvicinandolo a Dio, divenne per la Chiesa uno strumen- abilità dipendeva il grado di illusionismo spaziale del dipinto. to di propaganda religiosa, poiché rappresentava in modo spet- Per la chiesa di Sant’Ignazio, a Roma, Andrea Pozzo dipinse su tacolare la gloria di Dio, dei santi e della Chiesa stessa (fig. 43). tela una grande cupola, che venne collocata sopra il cornicio- Nella pittura la spazialità illusionistica e teatrale venne utiliz- ne della volta per nasconderne il vero soffitto. La cupola appa- zata fino alla metà del Settecento anche per celebrare la gloria re perfettamente reale se la si osserva dalla navata centrale. Av- e il potere dei monarchi europei. vicinandosi all’altare, invece, si percepisce l’inganno creato dal pittore e dai suoi quadraturisti per mezzo degli elementi archi- tettonici dipinti in prospettiva sulla superficie orizzontale del- La specializzazione del lavoro la tela (fig. 44). nelle grandi decorazioni barocche In questo contesto gli scenografi teatrali e i quadraturisti, insie- Nel corso del Seicento si verificò, in particolare nella realizza- me agli insegnanti delle accademie d’arte e ai pittori, gareggia- zione delle grandi volte affrescate, il fenomeno della specializ- vano nell’invenzione di soluzioni prospettiche sempre più zazione degli artisti. L’artista responsabile del progetto era in- complesse, sorprendenti e curiose. 44 44 Andrea Pozzo, finta 45 Giambattista cupola, XVII secolo, olio Tiepolo, L’incontro su tela (Roma, chiesa tra Antonio e Cleopatra, di Sant’Ignazio). La 1746-47, affresco tela, che nasconde la (Venezia, Palazzo volta della cupola, crea Labia). un’illusione perfetta. Negli ultimi anni del XVII secolo Pozzo riassunse le proprie teorie sulla prospettiva in un trattato che ebbe grande diffusione. 45 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 21
  • 22. Risorse online Attraverso le opere d’arte La frantumazione cubista dello spazio prospettico Il Cubismo rivoluzionò il modo di rappresentare la tridimensionalità dello spazio, rompendo in modo definitivo con la prospettiva in uso dal Rinascimento. Gli oggetti sono raffigurati mediante un processo di scomposizione teso a mostrarli da più punti di vista differenti. 46b 46 (a) Georges Braque, Violino e brocca, 1909-10, olio su tela, 117x73,5 (Basilea, Offentliche Kunstsammlung). Nel disegno ricostruttivo della figura b sono evidenziati con linee rosse gli oggetti riconoscibili nel dipinto di Braque. 46a 22 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.
  • 23. LO SPAZIO NELL’ARTE Violino e brocca di Georges Braque Lo spazio vuoto tra gli oggetti Il pittore francese Georges Braque, nella fase cubista, dipinse a L’opera di Georges Braque (1882-1963) fu costantemente ca- olio su tela la natura morta intitolata Violino e brocca. ratterizzata, anche dopo la fase cubista, dalla problematica della rappresentazione dell’oggetto nello spazio e dello spa- 1. Che cosa rappresenta il dipinto? zio vuoto tra gli oggetti. Dopo il conflitto mondiale, in cui Il dipinto sembra a prima vista incomprensibile, eppure, os- rimase gravemente ferito, l’artista si allontanò dal rigoroso servandolo attentamente, emergono dalla sua superficie alcu- geometrismo tipico della fase cubista, ma mantenne vivo il ni oggetti noti che il pittore ha attentamente studiato e ripro- suo interesse per la rappresentazione dello spazio. È lo stesso dotto frammentandoli e scomponendoli. Al centro riconoscia- Braque a descriverlo nei suoi scritti: parlando degli oggetti mo una brocca; più in basso, sulla destra, è rappresentato un rappresentati in un suo dipinto, afferma di aver dedicato la violino; in alto, al centro, un chiodo che, conficcato nella pa- medesima attenzione alla rappresentazione dello spazio vuo- rete, trattiene alcuni fogli; poco sotto, un foglio più grande to presente tra essi, che è diventato a sua volta soggetto del con un angolo piegato; infine, a destra, sulla parete, una corni- dipinto. ce decorativa orizzontale. La frantumazione dello spazio prospettico, utilizzato nella 2. Come sono disposti gli oggetti nello spazio? pittura dal Rinascimento in poi, determina la sensazione che I rapporti spaziali tra gli oggetti sono illogici. Il piano orizzon- gli oggetti non siano disposti nello spazio, ma che siano essi tale su cui è appoggiata la brocca è, ad esempio, rappresentato stessi e i mille piani che li suddividono a creare lo spazio. La in posizione verticale dietro l’oggetto, mentre il violino in pri- rappresentazione cubista dello spazio è del tutto rivoluziona- mo piano pare addirittura dissolversi e diventare tutt’uno con ria, perché lo spazio vuoto sembra non esistere, in quanto tut- lo sfondo. to è portato in primo piano e gli oggetti sembrano compene- trarsi tra loro e con gli elementi dello sfondo. 3. Qual è il ruolo della luce e dell’ombra? La luce sembra provenire da più direzioni: il chiaroscuro è infat- ti utilizzato liberamente per dare tridimensionalità ai molti pia- La ricerca della quarta dimensione ni che frantumano gli oggetti e lo spazio vuoto dello sfondo. I cubisti affermavano che, per conoscere a fondo la realtà, era 4. Quale gamma cromatica è stata scelta dall’artista? necessario indagarla con la propria mente, andando oltre I colori intensi e luminosi sono esclusi dal dipinto, che è compo- l’apparenza delle cose. Essi sostenevano infatti che ognuno di sto unicamente da bruni e grigi per non distrarre l’attenzione noi possiede una visione mentale degli oggetti, ossia la visio- dell’osservatore dagli aspetti formali e compositivi dell’opera. ne che si forma nella nostra mente unendo i diversi punti di 47 Nelle immagini sono riprodotti alcuni particolari del dipinto di Braque: nella figura a la brocca, nella figura b il violino, in c il foglio con un angolo piegato e il chiodo nella parete. 47a 47b 47c E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 23