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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO
DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA
Via Verdi, 10 – 10124 Torino – Tel. 011-6702785 – Fax 011-6702061
Via Po, 14 – 10123 Torino – Tel 011-6703051 – Fax 011-8146231

Corso di Laurea Triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche
Elaborato Finale

L’ambiente di lavoro del futuro:
un’analisi del co-working

Candidato
Giulia Silverio

Relatore
Alessandra Re

Matricola 704705

A.A. 2012/2013
2

Indice

Introduzione ....................................................................................................................... 3

Capitolo 1 - Il cambiamento relativo al personale ............................................................ 5

Capitolo 2 - Il cambiamento relativo all’ambiente di lavoro ............................................ 8

Capitolo 3 - Il cambiamento relativo agli strumenti ....................................................... 12

Capitolo 4 - L’evoluzione del lavoro e dell’economia ..................................................... 16

Conclusioni ....................................................................................................................... 20

Bibliografia........................................................................................................................ 21

L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

di Giulia Silverio
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Introduzione
A Torino sono nati nuovi spazi di lavoro, uffici condivisi fra persone che operano in campi diversi e
che pur non appartenendo ad una stessa azienda lavorano fianco e fianco, come indica il nome
inglese del fenomeno: co-working. Spazi in affitto che offrono scrivanie accessoriate a professionisti
che così riescono a vedere il proprio lavoro da nuove prospettive e a sfruttare la possibilità offerta
dalla collaborazione con il proprio vicino. Si offrono a lavoratori in proprio, e a dipendenti in
trasferta, modalità di affitto flessibili tali da favorire il ricambio delle persone presenti: è possibile
occupare una scrivania per pochi giorni o per mesi, solo in alcuni giorni della settimana o per un anno
continuativo ed usarla insieme ai propri soci.
Nell’epoca delle collaborazioni brevi, il lavoratore è abituato a cambiare scrivania a seconda del
lavoro da svolgere, o del committente, e sempre più numerose sono le persone che hanno il proprio
ufficio in una stanza di casa. Spesso però si desidera una distinzione netta fra ambienti privati e di
lavoro ed inoltre, a causa della scarsa interazione sociale e della carenza di prestigio professionale,
lavorare da casa è poco stimolante *Tiazzoldi, 2010+. D’altra parte non tutti i responsabili possono
garantire una scrivania ai propri collaboratori, o dotarsi di una sala riunioni o di particolari
attrezzature. In tutti questi casi, l’ideale è poter usufruire delle soluzioni temporanee offerte dal coworking. Oltre a garantire un risparmio economico, uno dei principali vantaggi di questa soluzione
lavorativa sta nell’aver saputo interpretare il bisogno di socialità di una generazione di lavoratori. Un
ufficio in cui lavorano fianco a fianco persone con capacità diverse è l’ideale per far nascere idee
innovative e poter sviluppare progetti multidisciplinari, in un contesto lavorativo poi è più probabile
ricevere proposte di collaborazione. Secondo quanto pubblicato nella Terza Indagine Mondiale sul
Co-working *Deskmag, 2012+ è proprio l’atmosfera piacevole la motivazione che più di tutte convince
i lavoratori ad utilizzare spazi di lavori condivisi, sono quindi i rapporti umani più delle infrastrutture
la forza di queste nuove modalità di lavoro.
Nato nel 2005 in California [Rachel, 2013] il co-working ha avuto una crescita vertiginosa del 245%
dal 2010 al 2012, tanto che ora questo tipo di soluzione lavorativa conta più spazi in Europa che in
America (878 contro 797) [Deskmag, 2012]. Tramite i siti che elencano i posti di lavoro flessibili, come
ShareDesk ( www.sharedesk.net ), e che permettono di prenotare la propria scrivania a distanza, si
può avere una panoramica del fenomeno: a Torino si individuano sei soluzioni che offrono spazi di
lavoro condiviso e le principali realtà sono Toolbox e Torino Talent Garden (TAG).

Fig. 1 - La reception di Toolbox [Tiazzoldi, 2010]

L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

di Giulia Silverio
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Inaugurato nel 2010 Toolbox è stata la prima realtà di questo genere ad essere aperta a Torino: è
costituito da 45 postazioni, un’area relax wi-fi, una lounge per accogliere gli ospiti, sei sale riunioni
prenotabili online, angoli insonorizzati per telefonare, una reception e una cucina *Strippoli, 2010+. E’
stato progettato cercando di preservare quanto più possibile l’architettura industriale esistente,
sfruttando la luce naturale ed utilizzando colori e materiali diversi per suddividere gli spazi e
identificare il loro grado di formalità: le scrivanie sono neutre, mentre i saloni sono vivaci e colorati.
Per trasmettere la filosofia alla base del progetto, ovvero che la diversità è una risorsa, la parete della
reception è costruita integrando cubi di diversa grandezza così da ottenere coerenza dall’unione dei
diversi elementi *Tiazzoldi, 2010+. Oggi ospita nel FabLab le Officine Arduino, basate sull’openhardware, che si concentrano sul reinventare i processi produttivi tramite tecnologie disponibili
senza diritti d’autore. E’ quindi un incubatore professionale modellato sugli interessi dei propri
affittuari.

Fig. 2 – I diversi spazi di Toolbox [Alexandra, 2013; Tiazzoldi, 2010]

Nel 2013, sempre a Torino, ha aperto il TAG, o giardino degli innovatori, ancora più incentrato sulla
collaborazione. All’interno del TAG si mira infatti a riunire persone con interessi simili, così che tutto
quanto sboccerà fra le sue pareti possa essere definito frutto dell’ambiente stesso, favorendo
l’affitto delle 60 postazioni a professionisti affini *Lessi, 2013+.
Soluzioni come queste stanno riscuotendo grande successo, e sempre più sedi decidono di
uniformarsi a questo cambiamento. Che cosa ha determinato le nuove modalità di lavoro, tali da
portare alla creazione di uffici condivisi? Il mio lavoro intende analizzare questi cambiamenti nello
specifico, per capire cosa ha determinato la nascita del co-working e in che direzione proseguirà il
cambiamento.

L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

di Giulia Silverio
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Capitolo 1 - Il cambiamento relativo al personale
Studi recenti [Felix, 2007; Cole et al,2002] evidenziano che nel mondo del lavoro dovranno imparare
a convivere tre generazioni con caratteristiche ed esigenze diverse: Boomers, Generation X e
Generation Y.
I Boomers sono nati fra il 1945 e il 1965, ovvero in un periodo prospero di conquiste liberali. Credono
nelle proprie capacità e sono convinti che impegnandosi riusciranno ad ottenere tutto quello che
desiderano, specie nel lavoro. Facendo parte di una generazione numerosa ( 76 milioni negli USA
[Cruz, 2007] ) hanno sviluppato la loro competitività così da poter emergere dalla massa.
Attribuiscono molta importanza al lavoro, al quale dedicano la propria vita al punto di diventare
workaholics, e si impegnano per l’immagine dell’azienda aspettandosi che essa conferisca loro lustro.
Sono una generazione idealista, la prima che ha messo in discussione i valori dei propri padri, infatti
pur avendo una visione improntata alla solidità ed alla durata, educano i propri figli in un’ottica di
uguaglianza e hanno cambiato il concetto di gerarchia nell’ambiente di lavoro, rivendicando maggiori
diritti per i lavoratori. Per loro la difficoltà principale nell’ambiente di lavoro attuale è utilizzare i
computer e le nuove tecnologie.
Gli appartenenti alla Generation X, nati fra il 1965 e il 1980, sono una minoranza ( 46 milioni negli
USA [Cruz, 2007] ) e dubitano di tutte le istituzioni essendo cresciuti fra scandali politici. Senza i punti
di riferimento rappresentati per le generazioni precedenti dalle istituzioni sono cinici e solitari con
un’indole indipendente che non favorisce la collaborazione né le gerarchie: pretendono infatti di
avere voce in capitolo riguardo a tutte le decisioni che li coinvolgono. Non credono nel lustro delle
grandi aziende né nel posto fisso e non riponendo aspettative di realizzazione nel lavoro non vi
attribuiscono importanza, lavorano per guadagnare quanto serve per vivere, preferendo privilegiare
la famiglia e le altre relazioni sociali. Vengono chiamati anche “MTV Generation”, sono infatti una
generazione cresciuta all’ombra della televisione, e dal lavoro pretendono divertimento ed
immediata gratificazione per l’impatto avuto su di loro da questa tecnologia.
Ogni generazione è stata influenzata dagli avvenimenti politici e dalle innovazioni tecnologiche del
periodo in cui è cresciuta, ma il cambiamento prodotto sulla generazione che sta per affacciarsi nel
mondo del lavoro è senza precedenti, infatti i Generation Y, nati fra il 1980 e il 2000, sono numerosi (
tra 72 e 100 milioni in USA [Cruz, 2007] ), istruiti e multiculturali. Si stima che un terzo di loro non sia
caucasico [Cole et al, 2002] e questo, unito a viaggi frequenti fin dall’infanzia, ha creato una
mentalità aperta che li rende capaci di valorizzare le differenze, e di mediarle, grazie a straordinarie
capacità comunicative che sono causa ed effetto della diffusione della tecnologia che le permette.
Per loro i telefoni cellulari ed internet hanno soppiantato i media tradizionali: non ci si informa più
tramite quotidiani e televisione, considerati di parte, e questa sfiducia, unita ad uno scarso interesse
per la politica, ha reso il riferimento dei Gen Y il proprio gruppo di pari. Gli amici rivestono un ruolo
primario, le informazioni vengono reperite grazie ad un aiuto reciproco ed ognuno confida nelle
proprie capacità di trovare o creare ciò di cui ha bisogno. Ecco il Social Computing: la tecnologia che
dona potere alla comunità invece che alle istituzioni [Harris et al, 2006].
I Generation Y o Millennials rappresentano uno sfida per datori di lavoro e colleghi viste le loro
pretese e le loro capacità entrambe dipendenti dall’influenza profonda che i computer, ed in
particolare Internet, hanno avuto su questi giovani. Cresciuti con l’abitudine di risolvere qualsiasi
L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

di Giulia Silverio
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compito tramite l’uso del pc, lo utilizzano con naturalezza ed in contemporanea con altri dispositivi o
media, sono i cosiddetti nativi digitali: veloci, seppur con bassa soglia dell’attenzione, creativi e
multitasking, ma soprattutto abituati alla comunicazione. Usare un computer o qualsiasi altro
dispositivo elettronico non è più quindi un talento da apprendere, è semplicemente parte della loro
vita; qualsiasi lavoro svolto non al computer è strano e le limitazioni imposte all’uso della
connettività ( e dei social network ) appaiono irrazionali. Consapevoli dell’importanza
dell’educazione, gli appartenenti alla GenY hanno studiato più dei loro predecessori, specializzandosi,
e ora vedono il lavoro in un ottica di accrescimento personale: i colleghi stessi vengono visti come
risorse da cui apprendere. Grazie alla possibilità che offre internet di istruirsi in ogni campo, e spesso
a costo zero, i Gen Y uniscono conoscenze scolastiche di alto livello a nozioni approfondite relative ai
propri interessi personali. Abituati ad apprendere dalle proprie esperienze non sono spaventati
dall’idea di sbagliare, caratteristica mutuata dall’approccio richiesto dai videogames, una forma di
intrattenimento sofisticata che richiede competenze multidisciplinari e soprattutto costanza [Blain,
2008]. Il 99% dei dirigenti europei riconosce il loro diverso stile di lavoro [Harris et al, 2006] e questo
potrebbe generare contrasti in un mondo del lavoro incapace di valorizzare queste differenze.
Figli dei Boomers ( e per questo chiamati anche EchoBoomers ) sono stati educati in un’ottica di
uguaglianza e quindi sono abituati a trattare da pari anche con persone decisamente più grandi di
loro, senza dare importanza ai ruoli o alle gerarchie. In quanto figli di genitori votati al lavoro non
vogliono ripeterne gli sbagli, trascurando la famiglia, e per questo motivo reclamano un maggior
equilibrio fra lavoro e vita privata; dalle aziende si aspettano comprensione e, più nel concreto, orari
flessibili o modalità di lavoro tali da potersi dedicare ai propri affetti.
Per loro sono previsti dieci cambi di carriera nell’arco di ogni vita *Cruz, 2007+ ed infatti non si
aspettano il posto fisso ma un lavoro piacevole e commenti positivi da parte del loro capo. Oltre ad
un diverso stile manageriale bisogna anche considerare un diverso valore attribuito alle ricompense:
il risarcimento preferito dai Millennials consiste nel tempo più che nel denaro, e quindi una
settimana extra di vacanza è più gradita di una settimana extra di stipendio [Felix, 2007]. Importante
per assecondare questo nuovo stile di vita è poi un rinnovamento della struttura stessa delle carriere
che devono consentire di alternare periodi di lavoro con periodi di pausa, senza che ad un
allontanamento dal mondo del lavoro debba per forza seguire un’estromissione duratura. Visto
anche il cambiamento delle famiglie, un quarto delle quali sarà presto formato da un genitore single
[Williams, 2005], e sommando questo cambiamento alla cura degli anziani, ecco che un lavoro più
flessibile diventa una necessità ( un decimo degli intervistati in una ricerca della Work Foundation
risponde di avere delle responsabilità di cura [Williams, 2005] ).
Al contrario dei Boomers che erano idealisti, i Millennials si distinguono per il pragmatismo che li ha
portati a definire una scala di necessità in cui al primo posto si trova il proprio stile di vita bilanciato e
come secondo step un lavoro che possa supportarlo. Importanza cruciale nella scelta del posto di
lavoro viene rivestita dalla flessibilità concessa, da una cultura collaborativa, da una tecnologia
all’avanguardia, dall’innovazione proposta e da procedure burocratiche snelle [Harris et al, 2006].
Questo pragmatismo è evidenziato dall’importanza attribuita fin da giovanissimi al tipo di pensione
che l’azienda può offrire loro: il 49% dei Gen Y dichiara di esserne influenzato nella scelta dell’azienda
per cui lavorare [Armour,2005] mostrando così una lungimiranza nuova.
La differenza principale rispetto alle altre generazioni però risiede nella loro “filosofia del lavoro”: se
già i Gen X avevano rivendicato l’autogestione rispetto ad una catena di comando, i Gen Y rifiutano il
L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

di Giulia Silverio
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concetto stesso di comando e si affidano alla collaborazione. Collaborazione che si concretizza in
gruppi di lavoro formati sia da colleghi che dai proprio clienti o da lavoratori di altre aziende. Far
collaborare in uno stesso ambiente di lavoro generazioni con un così diverso concetto di gerarchia
diventa una vera e propria sfida. Sfida che bisogna vincere perché l’innalzamento dell’età
pensionabile, ed il diffuso bisogno di continuare a lavorare oltre questa età, pone esigenze diverse a
stretto contatto. E’ importante notare che anche senza questi cambiamenti, relativi alla vita
lavorativa dei Boomers, il lavoro si sarebbe comunque dovuto adeguare alle esigenze dei giovani
lavoratori che non hanno né l’esperienza né la mentalità necessaria per rimpiazzare i posti liberati dai
pensionamenti [Harris et al, 2006]. Per sfruttare al meglio le possibilità dei Gen Y bisogna quindi
sorvolare sul loro trascurare le formalità, abitudine che può apparire come una mancanza di rispetto,
e concedere loro la possibilità di eccellere e di seguire più compiti contemporaneamente; le loro
capacità vengono valorizzate tramite la possibilità di creare o di inventare nuovi modi d’uso, il tutto
sempre a stretto contatto con la tecnologia più aggiornata. La Xerox, dopo aver individuato i college
con la formazione adeguata alle proprie esigenze, recluta impiegati in queste strutture con lo slogan
“Express Yourself” mostrando di aver colto il bisogno dei Gen Y per la libera espressione, il
cambiamento e la diversità [Armour,2005].
Irrinunciabili nelle aziende per via delle loro conoscenze e del modo ottimizzato ed innovativo di
applicarle, spesso è difficile convincerli ad occupare a lungo la stessa mansione: i Gen Y cercano sfide,
temono la noia ed hanno un bisogno continuo di imparare. Ottimisti per natura e con un’immagine di
sé decisamente positiva pretendono di lavorare meglio e più in fretta dei colleghi e sono convinti di
meritare quanto di meglio si possa offrire loro. Un capo che voglia motivarli correttamente non dovrà
dimenticarsi di dare concretezza al lavoro tramite scadenze a breve termine e compiti ben definiti,
sempre imponendosi come figura di mentore o maestro per i propri impiegati e promuovendo un
senso di appartenenza all’interno dell’azienda *Cruz, 2007+. Il mentore dovrà essere onesto, sincero e
concreto menzionando gli specifici comportamenti attesi, e dovrà saper stimolare il proprio
dipendente con un insegnamento costante attuato contestualmente, in classe o su internet [Spiro,
2006]. Altra caratteristica importante del buon capo è la negoziazione, quindi la capacità di dialogo,
spesso infatti i Gen Y desiderano spiegazioni riguardo al loro lavoro prima di eseguire gli ordini
meccanicamente come invece era d’abitudine [Sedensky, 2013]. E’ questa una delle poche
caratteristiche che i Gen Y condividono con i Gen X, i primi sono infatti ottimisti tanto quanto i
secondi sono pessimisti e sociali tanto quanto i secondi solitari, trattandosi di gruppi con esigenze
così diverse non bisognerà forzarne la vicinanza favorendo invece gruppi formati da Boomers e
Millennials. Per quanto indicative le generazioni rimangono sempre generalizzazioni e non bisogna
pensare che tutte le persone si possano motivare con lo stesso metodo: bisogna essere ricettivi,
attenti al modo di porsi di ogni lavoratore, per assecondarne le esigenze.

L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

di Giulia Silverio
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Capitolo 2 - Il cambiamento relativo all’ambiente di lavoro
A causa della recessione economica e di un mercato del lavoro sempre più globale le compagnie
hanno dovuto tagliare drasticamente i costi pur di rimanere competitive. Le spese principali per ogni
azienda sono costituite da personale ed ambiente e quindi sono state queste due categorie le più
colpite dal rinnovamento volto al risparmio. In questo capitolo esploreremo i cambiamenti possibili e
quelli auspicabili nel campo degli spazi di lavoro.
Per ridimensionare i costi dovuti all’affitto si possono utilizzare strategie facilitate dall’avanzare della
tecnologia: all’aumento della potenza si va infatti sempre più affiancando una diminuzione delle
dimensioni di computer e telefoni, che diventano compatibili con ogni tipo di spazio. L’uso stesso del
computer sta trasformando gli uffici rendendo di fatto obsoleti gli spazi adibiti ad archivio, grazie alla
digitalizzazione. Infine, utilizzando strumenti quali videoconferenze, si può pensare di ridimensionare
la sala riunioni guadagnando così altro spazio utile a ridurre i costi.
Strumenti, persone ed ambienti nuovi stanno cambiando le modalità stesse di lavoro: è proprio il
lavoro distribuito ( distributed work ) l’opportunità da cogliere e non contrastare: grazie alla
tecnologia ed al desiderio di flessibilità si lavora da posti diversi in momenti diversi, accedendo ai
documenti e ai programmi dell’azienda da ogni parte del mondo, senza bisogno della scrivania
assegnata dal datore di lavoro in un determinato ufficio. L’Intel ha rilevato che il 60% delle postazioni
lavorative presenti nei suoi uffici erano inutilizzate a causa della tecnologia mobile e del lavoro
collaborativo [Steelcase, 2009]. Le persone, e di conseguenza i lavoratori, hanno sviluppato nuove
capacità relative alla comunicazione, che ha conquistato un ruolo centrale nello svolgimento di ogni
attività. Se è vero che determinati lavori richiedono una presenza costante dietro la scrivania, o
strumenti che comportano una sorta di immobilità, il terziario è il settore che registra l’innovazione
maggiore. Improntato al fornire servizi, è amministrato da una crescente classe di giovani creativi,
persone capaci di lavorare da qualunque posto con il solo ausilio di un laptop e un cellulare e
soprattutto desiderosi di cambiare punto di vista e collaboratori più volte nell’arco della stessa
giornata. E’ stato proprio l’ingresso nel mondo del lavoro di appartenenti alla Generation Y a indurre
delle modifiche dei luoghi così da adattarli ad una visione collaborativa, ed è in questa direzione che
il cambiamento di spazi e arredi si muove. Si progettano quindi uffici senza postazioni fisse, che
rischiano di essere vuote, ma con spazi flessibili da utilizzare a seconda dell’esigenza del momento. Il
centro di questi uffici diventa uno spazio allestito con tavoli tondi, ovvero aperto e collaborativo
attrezzato con postazioni contigue, affiancato da spazi via via più privati: sale che presentano
all’occorrenza la possibilità di chiudere la porta per conversazioni private e sale in cui vige il silenzio,
dove il lavoratore può ritirarsi per lavorare al proprio progetto senza essere disturbato [Cisco, 2007].
Il luogo di lavoro cambia a tal punto che “l’ufficio” si sposta fra caffè e parchi pubblici ovvero in quei
third place *Crick, 2011+, né casa né ufficio, capaci di favorire l’integrazione, e la cui evoluzione sono
gli spazi di confronto online come i forum o le chat. Ovviamente questi luoghi non sono lo spazio di
lavoro ideale, a causa della loro scarsa privacy, ma intervallati al lavoro d’ufficio offrono gratificazioni
e nuove idee ai lavoratori, anche grazie al confronto con gli altri. Un ufficio ad alta densità di persone
non sarà più una caratteristica negativa perché le persone non saranno presenti nello stesso posto
allo stesso momento, ribaltando così i principi dell’industria. Lo spazio dovrà quindi essere condiviso,
così da favorire la collaborazione, e sempre equipaggiato in modo tale da offrire l’accesso ad
informazioni e tecnologie necessarie per i lavoratori mobili: una copertura wireless efficace sarà
garanzia di usabilità. Per assecondare il loro bisogno di flessibilità e le loro responsabilità familiari,
L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

di Giulia Silverio
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agli impiegati viene offerta la possibilità di lavorare da casa, pur incoraggiandoli a recarsi in ufficio; è
infatti tramite le interazioni faccia a faccia che si crea l’energia necessaria per una produzione di
qualità. La collaborazione è una necessità nuova, che diverrà sempre più urgente con l’ingresso di
tutti i Gen Y nell’ambiente di lavoro e con un ulteriore perfezionamento delle tecnologie. I giovani
dirigenti, fascia d’età 26-34 anni, ritengono infatti necessario implementare spazi utili alla
collaborazione in percentuali decisamente maggiori rispetto ai loro pari grado più anziani [Harris et
al, 2006+. La sfida è valorizzare le molteplici capacità di comunicazione di cui è provvisto l’uomo, con
il supporto dell’architettura elettronica. Assecondata e mai forzata, la collaborazione verrà favorita
con una progettazione conscia delle caratteristiche delle diverse generazioni: affiancando persone
con una differenza d’età e disposte a collaborare, si favorirà il passaggio di conoscenze e procedure
grazie al ruolo di mentore che assumeranno i più esperti. Le singole scrivanie saranno equipaggiate
per favorire l’aggregazione con l’aggiunta di svariate sedie, con video girevoli per poter condividere
facilmente il proprio desktop e con tecnologie tali da consentire diversi tipi di presenza ovvero video
ad alta definizione e microfoni per poter effettuare videoconferenze. In sostanza viene favorita la
collaborazione fra colleghi con spazi che mettono a contatto gradi gerarchici e capacità diverse in
un’ottica di accrescimento comune.

Fig. 3 – La ristrutturazione degli spazi [Steelcase, 2009]

L’hot-desking, o hotelling, si basa sull’idea che ogni impiegato non ha assegnata una sola scrivania di
lavoro ma diversi luoghi, tutti accessoriati, per la maggioranza open space. Sono presenti anche
postazioni classiche, ovvero una scrivania equipaggiata con computer e telefono, ma in numero
minore rispetto agli impiegati così che debbano essere usate a turno. Centrale in questo approccio è
il fornire una possibilità di scelta ai lavoratori che possono decidere da dove lavorare e per quanto
tempo. Spesso gli uffici ristrutturati in quest’ottica vengono equipaggiati con soluzioni di design
all’avanguardia, combinazioni cromatiche piacevoli e angoli relax equipaggiati con giochi; tramite
questi accorgimenti si cerca di trasmettere i principi identificativi dell’azienda e di valorizzare lo
spazio di lavoro, così da fidelizzare il lavoratore e quindi convincerlo a lavorare nell’azienda a lungo e
con entusiasmo. Gli spazi vengono poi progettati in modo tale da poter essere riconfigurati con
semplicità con muri mobili tali da consentire di trasformare la sala conferenze in spazi più piccoli e
L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

di Giulia Silverio
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pratici [Cisco, 2007]. Per diminuire la confusione e promuovere un senso di appartenenza, spesso il
lavoro da svolgere in uffici così progettati viene suddiviso in team, ed ogni mattina il team si riunisce
in un punto di incontro predefinito per fare il punto della situazione e condividere un programma di
lavoro per la giornata [Adonis, 2011]. Questo punto di incontro può anche essere personalizzato dagli
appartenenti al gruppo così da ricreare un ambiente vissuto come “proprio”. Il cambiamento può
destabilizzare i lavoratori ed è per questo motivo che è importante concedere tempo alla transizione
e fornire luoghi stabili, con una connotazione ben definita, come armadietti per gli oggetti personali.
Nell’esperienza di Cisco, azienda leader nel campo della connettività, uno spazio di lavoro condiviso,
che si avvale dell’hot-desking, ha significato costi molto più contenuti. Aumentando la densità di
persone in uno spazio e quindi costruendo edifici più piccoli si è risparmiato il 40% e percentuali
ancora maggiori di risparmio sono date dal minor mobilio e dall’utilizzo esclusivo di reti wireless (
rispettivamente 50% e 60% ) [Cisco, 2007]. Prima di intraprendere un cambiamento strutturale di
questa portata è però necessario interrogarsi sulle caratteristiche attuali e future della propria
azienda e dei propri dipendenti. L’hot-desking infatti non è sempre la soluzione migliore ed è indicato
soprattutto per compagnie con impiegati part-time; anche in questi casi bisogna però coinvolgere
tutti i dipendenti nel processo di cambiamento, dare importanza ai loro suggerimenti e prevedere un
periodo di assestamento a lavori ultimati. Si dovrà poi provvedere a delle linee guida per chiarire le
regole relative ad ogni spazio: dal più banale silenzio richiesto in alcune aree alle motivazioni
necessarie per occupare una sala conferenze. Senza queste accortezze i disagi si avvertiranno sia su
un piano più concreto ( le lamentele relative al disordine o ai danni provocati dal precedente
utilizzatore della postazione ) sia in relazione a un senso di spaesamento e non-appartenenza
[Adonis, 2011]. Nella progettazione o ristrutturazione di un’azienda grande attenzione va posta
anche al luogo geografico in cui collocare l’edificio; la vicinanza a collaboratori, risorse e talenti è
cruciale nella knowledge economy. La Silicon Valley attrae così tante compagnie grazie alle risorse
offerte dalle compagnie già presenti e Google beneficia di uffici vicini a Cambridge [Steelcase, 2009].
Esistono anche altre strategie utilizzate per assecondare le richieste di flessibilità e quindi il
cambiamento nel mondo del lavoro. In ordine di diffusione, esse sono: il telelavoro, il lavoro mobile (
mobile work ), l’hot-desking, il lavoro da casa e gli uffici satellite [Steelcase, 2009]. Si stima che queste
alternative siano molto diffuse in Nord America, dove raggiungono l’83% di percentuale di adozione;
a seguire, con uno stacco notevole, troviamo l’Europa con il 51% *Steelcase, 2009+. Il telelavoro
consiste nel lavorare da casa in orari d’ufficio ed è la scelta favorita dai pendolari, o da chi abita
lontano dall’ufficio. Si crea un ambiente di lavoro nella propria abitazione che sia collegato in rete
con il proprio ufficio, il rapporto con i superiori è infatti spesso mediato dal computer, a differenza
del lavoro mobile che utilizza diversi tipi di spazi essendo svolto sia da casa che dall’ufficio che da altri
luoghi. Il lavoro da casa è sempre stata una delle richieste principali degli impiegati che vedono in
questa opzione l’occasione per bilanciare lavoro e famiglia, ed è quindi la scelta prediletta di genitori
con figli piccoli o di adulti con responsabilità di cura di anziani. Le possibilità offerte dal lavoro da casa
sono molteplici, ma spesso prevedono un’alternanza del lavoro d’ufficio con quello effettuato da
casa perché spesso le due sedi sono territorialmente vicine. Gli uffici satellite sono nati per
permettere di risparmiare i costi ed i tempi dovuti a un lavoro pendolare, sono infatti sedi dislocate
costruite in punti strategici ma lontani dalla sede dell’azienda e talvolta ospitano impiegati di più
aziende diverse.
La distinzione fra queste categorie diventerà però presto obsoleta a causa dei mobile worker che con
l’ausilio di un solo dispositivo, capace di integrare le funzionalità di computer e telefono, saranno in
L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

di Giulia Silverio
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grado di lavorare da qualsiasi posto e saranno always-on, ovvero sempre connessi, e con orari di
lavoro capaci di adattarsi a collaborazioni con colleghi che operano con altri fusi orari. L’ufficio
diverrà quindi solo una delle diverse basi utili al lavoratore che, grazie al cloud computing, lavorerà
sempre connesso online, condividendo informazioni e programmi utili *Farkas, 2009+. E’ in
quest’ottica che sono nati gli spazi di co-working che integrano caratteristiche dell’hotelling, degli
uffici satellite e del lavoro mobile.
Strategie di lavoro alternative devono prevedere un concetto di supervisione alternativo visto che
non ci si potrà più basare sul vedere l’impiegato seduto alla propria scrivania per essere certi che
svolga i suoi compiti. Un lavoro effettuato da più sedi infatti non può essere monitorato, ma deve
essere misurato dai risultati prodotti. Siamo nell’era dei knowledge worker che devono essere
valutati non per la quantità, ma per la qualità del lavoro svolto [Drucker, 1999]. Si dovranno
assegnare con precisione i compiti da svolgere così da poter valutare il risultato senza bisogno di un
controllo continuativo. Più i compiti sono suddivisi in parti più sarà semplice per il lavoratore gestirli e
per il capo controllarne l’andamento. Importanza cruciale è rivestita dalla fiducia reciproca fra capo e
dipendente, fiducia che va costruita con uno scambio costante di email e messaggi contenenti
aggiornamenti; la comunicazione deve essere efficace e non limitata ad ordini, che hanno il solo
effetto di causare insofferenza [Marse, 2012].
Le richieste e le opportunità offerte da nuove generazioni e nuove tecnologie sono molteplici, lo
spazio di lavoro deve evolversi per poterle assecondare e favorire così i miglioramenti possibili.

L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

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Capitolo 3 - Il cambiamento relativo agli strumenti
Siamo nell’era dell’ubiquitous computing, profetizzata nel 1988 da Brown e Weiser come un futuro in
cui i computer si sarebbero espansi dalle scrivanie al mondo circostante ed avrebbero costituito una
rete tramite cui condivere le risorse [Nowak, 2013]. I computer sono oggi essenziali in case, negozi,
scuole e sono declinati nella miriade di dispositivi che tutti utilizziamo nella vita quotidiana, dai
navigatori satellitari al forno a microonde. Sono però i telefoni cellulari a rappresentare la rivoluzione
in campo tecnologico, superaccessoriati e con capacità di calcolo superiori ai pc dei decenni
precedenti, consentono di avere un computer a disposizione in ogni luogo o situazione grazie alla
loro potenza ed alla loro portabilità, rendendoci così sempre connessi e reperibili. Un mezzo di
comunicazione innovativo che ha mutato ogni tipo di rapporto interpersonale, scambi di lavoro
compresi, e grazie al quale oggi il 29% della forza lavoro globale è costituita da impiegati in grado di
lavorare da qualsiasi posto in qualsiasi momento [Schadler, 2013]. Questo nuovo stile di lavoro
caratterizzato dall’uso di più dispositivi contemporaneamente, utilizzati da postazioni multiple e con
varie applicazioni, costituisce una tendenza in continua crescita capace di far registrare un
incremento del 6% in due anni [Schadler, 2013]. Una trasformazione così profonda nel mondo del
lavoro deve però essere supportata da un’adeguata tecnologia, basata sulla connessione. Per poter
lavorare da qualsiasi luogo è infatti necessario internet ed un dispositivo in grado di accedervi.
Spesso questo dispositivo consiste in uno smartphone o tablet, utilizzato sia per il lavoro che per la
vita privata, capace di gestire applicazioni quasi al pari di un computer. I dipendenti vengono
incentivati ad utilizzare dispositivi personali di questo tipo in un ottica BYOD ovvero Bring Your Own
Device, porta con te il tuo dispositivo [Iemma, 2013]. Dipendenti equipaggiati per poter lavorare
anche quando non sono in ufficio e sempre raggiungibili è la nuova grande possibilità offerta alle
aziende per contenere i costi: tramite l’uso di un dispositivo si può rimpiazzare una scrivania in un
ufficio, basta che sia disponibile l’architettura utile a supportare questo tipo di lavoro in sicurezza.
Bisognerà infatti proteggere i dati condivisi online con barriere opportune integrate con un sistema di
sincronizzazione dei dati online/offline efficace [Schadler, 2013]. Insieme con i pregi l’always on
porta però anche il limite di non poter più delimitare il lavoro in orari definiti: controllare le e-mail
anche da casa, magari mentre si è in compagnia dei familiari, è infatti consuetudine diffusa e spesso
implicitamente richiesta dai datori di lavoro [Nowak, 2013]. Per poter lavorare in maniera efficace
spesso però non sono sufficienti internet ed un dispositivo all’avanguardia, bisogna infatti poter
accedere a dati specifici o a programmi specifici, ed è proprio per soddisfare questa necessità che si
sta diffondendo il Cloud Computing [Iemma, 2013]. Condividendo in tempo reale informazioni salvate
online inoltre non è più necessario grande spazio di archiviazione: è tutto registrato in spazi protetti
su internet. Grazie all’interfaccia intuitiva di programmi come Dropbox, i file online vengono percepiti
come un’estensione del proprio pc al quale accedere tramite le cartelle di sistema. Sfruttandone il
funzionamento, e per favorire la collaborazione fra colleghi, sono state create applicazioni online che
consentono di utilizzare da browser programmi di scrittura, così da poter lavorare su una sola copia
del testo che l’applicazione stessa provvederà a sincronizzare, integrando le modifiche allo stesso file.
E’ possibile anche utilizzare applicazioni basate sul web mentre il computer è offline e poi
sincronizzare i cambiamenti appena ci si riconnette ad internet [Farkas, 2009], incrementando così la
flessibilità del sistema e la sua usabilità. La sfida che si pone alle aziende è provvedere a rendere
fruibili via web le proprie applicazioni chiave, ovvero quelle necessarie per svolgere i compiti specifici
di ogni lavoro, così da incrementare la produttività dei propri impiegati.

L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

di Giulia Silverio
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L’agenzia OfficeTeam nel 2008 identificava le tecnologie che avrebbero cambiato il posto di lavoro,
ed il modo di lavorare, proponendo innovazioni riguardo a strumenti, programmi e spazi di lavoro
[Bowles, 2008]. Nel campo degli strumenti si prevedeva la creazione di un dispositivo che riuniva in
sé tutte le tecnologie in uso ( come computer, telefono e fotocamera ) capace di riconoscere e
decifrare vari tipi di input come la voce, la scrittura manuale ed i movimenti [Bowles, 2008]. Questo
prime previsioni riguardo ai dispositivi si sono avverate, e la tecnologia attuale continuerà ad
evolversi diventando sempre più intuitiva e sempre più capace di adattarsi alle richieste ed alle
modalità di lavoro umane: ne sono una prova il recente fiorire di touch-screen, controlli vocali e
basati sui movimenti che soppianteranno mouse e tastiere. La sfida che si pone oggi ai telefoni
cellulari è derivata dalla loro caratteristica principale: le loro dimensioni ridotte. Un dispositivo
portatile è comodo ma presenta uno schermo di difficile consultazione, ecco quindi perché le
innovazioni saranno in direzione della realtà aumentata: grazie a dispositivi come i pico-proiettori
sarà infatti possibile proiettare schermi o tastiere di dimensioni utili, pari a quelle di un computer, da
utilizzare grazie a supporti integrati capaci di tracciare i gesti dell’utilizzatore. Interfacce che si
integreranno con smartphone ed occhiali a realtà aumentata per creare una coinvolgente realtà
alternativa in 3D, perfetta espressione di quello che si prospettava come ubiquitous computing:
un’esperienza così naturale da non ricordare l’informatica *Nowak, 2013+. Un esempio concreto è il
futuristico Leap Motion, un piccolo dispositivo usb capace di trasmettere ad ogni computer il
movimento delle mani tramite sensori e telecamere. Un ribaltamento dall’era in cui poter utilizzare il
computer era appannaggio degli informatici perché bisognava conoscere procedure e codici, e quindi
imparare il linguaggio stesso del computer, per poterlo utilizzare. Non tutte le previsioni si sono però
avverate: nel 2008 si immaginavano programmi in grado di individuare le relazioni semantiche
esistenti fra le parole, capaci di cogliere il senso di un discorso, e quindi idealmente in grado di
assumere un ruolo di gestione riguardo ai progetti. Software in grado di suddividere il lavoro da
svolgere così da poterne assegnare le parti ai diversi collaboratori, computer capaci in questo modo
di gestire équipe in maniera automatica, snellendo lo scambio di informazioni fra i colleghi [Bowles,
2008+. Forse anche per un limite culturale, l’innovazione ha preferito concentrarsi sull’elettronica
piuttosto che sull’intelligenza artificiale.
Le innovazioni proposte relative agli spazi di lavoro consistono in un ambiente interattivo capace di
modificare, e quindi mantenere a livelli ottimali, valori come temperatura, umidità, intensità
luminosa. Si immaginava di munire di sensori ogni sedia dell’ufficio così da rilevare tensioni alla
schiena, o simili situazioni di disagio, e porvi rimedio *Bowles, 2008+. Monitorare l’ambiente non
richiederebbe poi tecnologie particolari, le persone stesse vengono già monitorate nei loro
spostamenti grazie ai dispositivi mobili che utilizzano e che ne trasmettono la posizione: tramite i
telefoni cellulari è infatti possibile calcolare quante e quali persone stanno assistendo ad un dato
evento, creando così mappe degli interessi [Zittrain, 2008]. Questo sistema di sensori viene poi
facilmente integrato, in caso di bisogno, con rilevatori di segni vitali tali da consentire il monitoraggio
di malati ed anziani, senza che essi debbano recarsi in ospedale *Zittrain, 2008+. L’ubiquitous
computing si estende ormai al punto di rendere le persone dei sensori messi in comunicazione con
una rete estesa capace di tracciarne bisogni e desideri ( distributed human sensor ).
La tecnologia sarà sempre più modellata sulle specificità dell’utilizzatore, rilevandone disagi ma
anche interpretandone gestualità ed emozioni. Le telecamere utilizzate per gestire i movimenti sono
infatti in grado di riconoscere le espressioni facciali: nel 2011 delle Kinect, videocamere utilizzate da
console di gioco Microsoft e quindi facilmente reperibili, sono state utilizzate al Massachusettes
Institute of Technology per rilevare i sorrisi, e quindi il livello di felicità generale, fra gli studenti del
L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

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campus evidenziando aree e giorni più piacevoli [Hoque et al., 2012]. Sono state anche sviluppate
applicazioni che riescono a riconoscere l’umore basandosi sul suono della voce *Nowak, 2013+ o sul
riconoscimento lessicale, ovvero in grado di tracciare le emozioni dei propri impiegati in base alle
diverse percentuali di parole chiave percepite nel messaggio [Levine, 2012]. Si sviluppano dispositivi
sempre più in grado di interpretare i bisogni dell’utilizzatore ed anche capaci di assecondarne le
modalità di espressione. La comunicazione umana infatti avviene attraverso canali multipli, non
semplicemente il linguaggio, e si sta cercando di creare dispositivi capaci di riprodurre queste
sfaccettature così da poter sfruttare tutte le opportunità offerte dalla comunicazione. Numerose
sono le ricerche relative ad oggetti capaci di incrementare la socialità tramite la trasmissione di
movimento o luce; per esempio SnowGlobe, una lampada che trasmette al dispositivo gemello ogni
movimento rilevato sotto forma di intensità luminosa, una forma di comunicazione alternativa ma
pur sempre capace di veicolare emozioni [Visser, 2011].
Un altro cambiamento storico nel lavoro, sempre dovuto alla diffusione di una tecnologia mobile, è il
distributed human computing in cui si ha un ribaltamento di prospettiva: gli umani intervengono ad
aiutare i computer quando essi non sono in grado di svolgere un compito [Zittrain, 2008]. Si vengono
così a creare reti di persone, residenti in tutto il mondo, che collaborano per svolgere compiti
assegnati ad un programma elettronico. Come nel ‘700 si creavano automi capaci di giocare a scacchi
solo grazie a persone nascoste al loro interno oggi Amazon, azienda leader nel commercio
elettronico, prosegue nella finzione con il suo Mechanical Turk ( https://www.mturk.com /mturk /
welcome ). Si tratta di un sito che appalta online compiti che necessitano dell’intelligenza umana,
come dotare di senso i particolari di una fotografia, e che non possono essere svolti da sistemi
automatizzati, anche se all’apparenza tutti i compiti svolti dai lavoratori sono frutto di elaborazioni
elettroniche. Le persone dotate di un accesso ad internet sono quindi in possesso dei requisiti
necessari per lavorarvi, e venire retribuite da Amazon [Zittrain, 2008]. I problemi di questo approccio
al lavoro sono gli stessi che si erano presentati con la nascita delle catene di montaggio, infatti le
persone non hanno una visione d’insieme del lavoro che stanno svolgendo, rischiando così
l’alienazione dei lavoratori oltre al loro non poter giudicare la valenza etica del compito che stanno
svolgendo; oltretutto, in cambio della libertà di lavorare quanto e quando si preferisce, si concede un
controllo sulle proprie prestazioni maggiore di quello che viene esercitato normalmente in un
ambiente di lavoro [Zittrain, 2008]. Ecco quindi che, grazie ad un computer che accede alla rete, si
valorizzano capacità tipiche degli esseri umani ma poco spendibili in altri contesti. Cambiano le
tecnologie e cambiano anche i lavori e le capacità necessarie per rimanere produttivi: diminuiscono i
lavori manuali mentre si vengono a creare nuove forme di collaborazione uomo-computer [Davies et
al., 2011]. Alle persone verranno quindi riservati sempre più compiti intellettivi, di soprintendenza,
che richiedono capacità specifiche finora sottovalutate. Si sarà valorizzati dal saper attribuire senso ai
sempre più numerosi dati elaborati dai computer e alla successiva creazione di reti tramite cui
comunicare ad altre persone risultati ed ipotesi relativi ai dati. L’intelligenza sociale, che permette
all’uomo una comunicazione basata sull’espressione e il riconoscimento dei sentimenti, è alla base
della collaborazione e della fiducia reciproca ed è il risultato di millenni di evoluzione difficilmente
riproducibili da una macchina [Davies et al., 2011]. Nel mercato del lavoro saranno le peculiarità degli
esseri umani, come l’adattabilità, ad essere richieste. La capacità di rispondere a situazioni uniche ed
inaspettate, frutto delle circostanze del momento, diventerà una delle principali competenze che la
scuola dovrà fornire ai lavoratori del domani incentivando studi capaci di fornire una competenza
multidisciplinare ed interculturale [Davies et al., 2011]. Sta infatti emergendo un nuovo tipo di
organizzazione commerciale, quella ibrida, in cui talenti provenienti da campi diversi, e quindi con
L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

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capacità diverse, lavorano insieme ad uno stesso progetto [Bowles, 2008]. Un’organizzazione che
richiama i principi del co-working in cui grazie all’integrazione delle diverse conoscenze, tramite le
interazioni sociali, le persone migliorano le proprie prestazioni. Le capacità che non è stato ancora
possibile implementare su computer sono quindi le più importanti e le più facilmente spendibili in un
lavoro che vede sempre più affiancate persone e macchine: saper filtrare le informazioni rilevanti
tramite una conoscenza critica e saper collaborare diventeranno gli strumenti principali di ogni
lavoratore [Davies et al., 2011].

L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

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Capitolo 4 - L’evoluzione del lavoro e dell’economia
Internet, nato come strumento tramite cui solo pochi potevano pubblicare contenuti, sta vivendo
l’età dei social network in cui tutti possono condividere le proprie idee [Owyang, 2013]. Per questo
motivo i media tradizionali stanno vivendo un periodo di crisi, con quotidiani storici che chiudono o
che vengono svenduti, e si trovano costretti a reinventarsi per non fallire. Siamo però già agli albori
della terza era di Internet, contraddistinta dalla condivisione di prodotti oltre che di contenuti, la
Collaborative Economy Age. Nella Collaborative Economy Age le persone otterranno i prodotti di cui
necessitano online, nel modo più conveniente possibile e grazie alla loro rete di pari, mentre le
aziende produttrici verranno considerate praticamente superflue [Owyang, 2013]. Le imprese si
troveranno quindi ad un bivio: combattere questa tendenza o cavalcarne l’onda. Se è vero che gli
strumenti utili per contrastare un’economia collaborativa esistono già, e quindi questa potrebbe
sembrare la scelta più facile, si tratta di una tendenza che non si esaurirà in qualche anno ma che
anzi diverrà predominante. Ecco quindi che al marketing aggressivo ed ai cartelli delle multinazionali
è da preferire l’unirsi in un nuovo modello economico in cui proprietà ed accesso alle risorse siano
condivise fra la gente e le imprese.

Fig. 4 – Le ere di internet [Owyang, 2013]
Le cause di questo stravolgimento dell’economia così come la conosciamo sono da ricercare in più
campi, infatti anche se tutti siamo portati a condividere è stato internet che ha esteso questa
capacità su scala mondiale. La tecnologia ormai portabile e diffusissima (87 cellulari ogni 100
persone, media mondiale [Owyang, 2013]) non è però l’unico fattore determinante, sta infatti
mutando il punto di vista della società riguardo alla proprietà. I giovani, e tutti coloro gravati dai
debiti, preferiscono l’accesso ad un risorsa rispetto all’impegno comportato dall’acquisto, fattore che
unito ad una densità mondiale crescente causa un ribaltamento di mentalità. Infatti ora che con le
risorse fisse fornite dalla terra bisogna soddisfare una maggiore richiesta, a causa dell’aumento della
popolazione mondiale, è inevitabile un rialzo dei prezzi tale da suggerire il ri-uso. Il baratto ritorna
come spinta economica in tempo di crisi, come nelle zone più interne della Grecia dove ha sostituito
l’euro *Smith, 2013+. Alle aziende si rivolge la sfida di gestire questo nuovo mercato basato su scambi,
comproprietà e rivendita dell’usato. E’ questa l’economia che stanno sfruttando la maggior parte
delle aziende nascenti, o startups, basate sul fornire un servizio online. La loro crescita vertiginosa ed
i guadagni immediati sono dovuti al non aver bisogno di uffici o sedi ma soltanto di un sito e di
un’idea da commercializzare. Le stesse compagnie automobilistiche, colpite da un crollo delle vendite
L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

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senza precedenti, hanno saputo re-inventarsi e proporre in forme diverse i loro prodotti. La Toyota e
la BMW, produttori di auto costose, offrono il noleggio delle loro vetture: senza passare da
intermediari le fabbriche diventano fornitori di servizi invece che di prodotti [Owyan, 2013]. Tutte le
categorie possono trasformarsi in questa direzione, fornendo i propri prodotti in leasing: non solo le
compagnie telefoniche che vendono pacchetti composti da abbonamenti ai propri servizi e telefoni,
ma anche i fornitori di prodotti quotidiani come “Dollar Shave Club” che invece di vendere i rasoi li
offre come servizi, inviando mensilmente per posta le lame ai propri iscritti.

Fig. 5 – Il funzionamento dell’economia collaborativa [Owyang, 2013]
Le compagnie capaci di gestire questo nuovo mercato costruito con gli utilizzatori finali potranno
quindi produrre i prodotti del futuro, in un ottica di cooperazione fra produttore ed utente in cui la
gente supporta l’efficienza dell’azienda tramite feedback, ma anche tramite co-design, co-sviluppo,
co-produzioni, co-archivio, co-consegna… Ogni parte del processo produttivo potrà essere condivisa.
Esempi attuali sono il sito Nike ( www.nike.com/it/it_it/c/nikeid ) in cui poter personalizzare i colori
delle scarpe vendute online, il portale Quirky ( www.quirky.com ) in cui acquistare oggetti di design
ideati da privati o il portale Deliv ( https://deliv.co/pages/home ), che intende instaurare una rete di
corrieri privati attivi su breve distanza, fino ad arrivare a Kickstarter ( www.kickstarter.com ), sito in
cui le idee dei privati vengono finanziate da donazioni estromettendo quindi le banche dal
finanziamento. L’e-commerce non consiste quindi soltanto nella possibilità di vendere a un mercato
più ampio, al limite intercontinentale, ma nel rivoluzionare i classici rapporti produttore-utente.
Istruttiva è l’evoluzione del caso Air Bed And Breakfast o AirBnb ( www.airbnb.com ), il sito che ha
trasformato la case private in alberghi tramite la condivisione dei propri spazi online. Un portale
capace di mettere in crisi il fatturato degli albergatori, categoria che nel caso della Marriott ha saputo

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reinventarsi: sfruttando la fiducia nel proprio marchio storico ha creato un certificato di qualità per
gli AirBnb. Il certificato, esibito sul profilo del privato, gli conferisce lustro, affidabilità e quindi
clientela, e permette alla compagnia di hotel un guadagno su ogni transazione tra privati [Owyang,
2013]. La catena famosa offre la propria esperienza, il proprio marchio di qualità ai privati che hanno
bisogno di visibilità, in uno scambio reciproco.
Ecco quindi emergere il fondamento della nuova economia collaborativa: la fiducia.
Gli scambi si baseranno su collegamenti fra gruppi formati da conoscenti, una cooperazione di
cooperative gestite democraticamente, una catena umana formata da anelli di mutua fiducia per
adattare l’ottica di scambio fra persone di uno stesso villaggio a quello che è il paese attuale: la rete
globale di Internet [Alexander, 2004]. Se si poteva entrare a far parte di queste comunità solo su
invito da parte di membri interni, ora il sistema è aperto e la fiducia la si guadagna con i propri
contributi. Attraverso le valutazioni date ad un profilo la fiducia viene quindi gestita come nel sistema
di valutazione che ha fatto la fortuna di Ebay, un sistema di aste online dove venditori e compratori
possono giudicare la qualità del loro interlocutore [Alexander, 2004]. Questi giudizi vengono poi
visualizzati pubblicamente così da orientare le scelte dei prossimi acquirenti/venditori. Si viene
quindi a creare un meccanismo aggiornato ed autoregolato: è il gruppo dei pari ad esprimere giudizi
e guidare il mercato. Ogni sito quindi costruisce una propria comunità popolata da membri che, a
detta dei loro pari, sono più o meno affidabili. Ogni persona risulta dunque costituita online da una
molteplicità di profili, uno per ogni sito a cui si è registrata, e ad ogni registrazione su un sito nuovo
deve ricostruire la propria fiducia da zero. Questa frammentazione dell’identità digitale viene risolta
da siti, attivi soprattutto nel sociale ( vedi http://oneworld.net/ ), capaci di aggregare ed unificare le
varie identità corrispondenti ad una sola persona.
In un’economia basata sulla fiducia si sperimentano poi nuove valute spendibili solo all’interno di
determinate comunità. Il denaro, come valuta neutrale, è intervenuto a mediare gli scambi fra
sconosciuti incapaci di reciproca fiducia, ma ora internet ha fornito l’interazione necessaria a
supportare un tale mercato “locale” su base mondiale: è il caso dei Time Dollars o Time Bank, in cui le
persone propongono le proprie capacità, e quindi il proprio tempo, in cambio di una valuta-tempo di
un altro associato. Per esempio uno studente offre un’ora di lezione di pianoforte a un idraulico e in
cambio ottiene diritto a un’ora, usufruibile fra tutte le proposte degli utenti, dalla lezione di dizione
di un madrelingua tedesco alle riparazioni dell’idraulico. Una realtà capace di integrare nell’economia
chi non ha accesso ai tradizionali lavori retribuiti, favorendo così sia la solidarietà della propria
comunità ed il supporto in condizioni economiche difficili, sia la costruzione di una nuova carriera,
grazie alle possibilità educative favorite da questo tipo di reciprocità [Cahn, 2011]. La stessa valuta
corrente di denaro viene relativizzata per poter definire un “costo reale” dei prodotti tenendo conto
di caratteristiche come l’impatto ambientale o le condizioni sociali del lavoratore. In un’economia
collaborativa in cui il prezzo sarà definito in maniera più equa, e sarà più facile reperire informazioni
riguardo alle condizioni di produzione, si creeranno nuovi criteri da considerare prima di un acquisto.
Il controllo centrale esercitato dalle multinazionali nel XX secolo è stato ormai messo in discussione
da sedi decentralizzate e soprattutto auto-regolate, così che le decisioni possano essere prese ad un
livello gerarchico più basso, dove si conoscono le reali necessità e problematiche di ogni azienda
[Alexander, 2004].
Purtroppo però la mancanza di fiducia è presente a tutti i livelli delle organizzazioni, sia nei rapporti
con i consumatori che nei rapporti fra colleghi interni. Questa situazione si è evidenziata
L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

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recentemente, in seguito ai numerosi scandali finanziari, e richiede un cambiamento. Nelle aziende la
fiducia si configura infatti come una variabile capace di determinare guadagni o perdite, come
evidenziato dallo studio di Watson Wyatt in cui un maggiore livello di fiducia in un’organizzazione
determina un incremento del 286% di guadagni [Covey, 2008]. Il livello di fiducia interno all’azienda
non si traduce solo in profitto, ma è anche il fattore che più di ogni altro è in grado di differenziare
fra ottima e scarsa innovazione [Covey, 2008]. Ovviamente in un’ottica in cui il commercio diventa
cooperativo, e quindi sempre più influenzato dalla dipendenza reciproca, la fiducia è destinata ad
assumere un ruolo sempre più importante, diventando quindi la principale caratteristica richiesta.
Ecco quindi nascere il bisogno di ristabilire la fiducia, di riportarla a livelli ottimali: si stima che negli
USA meno della metà degli impiegati crede nelle capacità del proprio capo, mentre nel Regno Unito
la percentuale scende al 30% [Covey, 2008]. La fiducia può essere ristabilita, ma bisogna cominciare a
considerarla una competenza, una capacità da acquisire, fino ad arrivare a riconoscere che non può
esistere leadership senza fiducia.

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Conclusioni
A sollecitare la creazione di un ufficio condiviso fra lavoratori con diversi interessi è stata la visione,
tipica dei Generation Y, di considerare le differenze una risorsa e di affidarsi alla collaborazione
piuttosto che alle gerarchie lavorative. Questa visione è stata coadiuvata da motivazioni economiche
e dalla possibilità di avvalersi di nuove tecnologie connettive.
I cambiamenti sono stati quindi profondi, determinati dall’ingresso di una nuova generazione nel
mondo del lavoro, dallo sviluppo di tecnologie che permettono di lavorare da ogni posto e da spazi
che devono essere sempre più ottimizzati. I lavoratori interessati alle nuove forme di lavoro sono
autonomi, operano in campi multidisciplinari e preferiscono un clima informale, dove possono
decidere quotidianamente se lavorare in gruppo o concentrarsi dietro una scrivania. Gli spazi devono
quindi offrire diverse configurazioni, con un grado di formalità maggiore o minore, tali da consentire
flessibilità ai mobile worker, persone abituate a svolgere il proprio lavoro con il solo ausilio di
computer e connessione internet. In un ottica di lavoro distribuito gli uffici sono strutturati per
ottimizzare lo spazio così da ridurre i costi di affitto e contemporaneamente, con gli open space,
favorire le interazioni fra le persone senza che queste siano determinate dalle gerarchie. Grazie a
questi accorgimenti si incentiva la collaborazione dimezzando il budget per le infrastrutture. Il coworking consiste nel rendere disponibili per i liberi professionisti e i consulenti le innovazioni che
hanno avuto effetti positivi nelle grandi aziende come Intel e Cisco. In un’epoca in cui il lavoro viene
svolto prevalentemente online, grazie al cloud computing, i lavoratori necessitano di poche
attrezzature specifiche e gli uffici sono uniformati, anche a differenza di mansioni: una postazione
può essere condivisa fra professionisti che operano in campi diversi e le diverse postazioni si
equivalgono fra loro. Non è più necessario possedere un ufficio quando è possibile ottenere gli stessi
benefici noleggiandolo, risparmiando ed in più beneficiando di un ambiente stimolante.
Più in generale il lavoro appare destinato a diventare basato su connessioni fra individui rette dalla
fiducia reciproca, scambi fra pari capaci di portare benefici ad entrambe le parti, in un’ottica di
accrescimento comune. La maggior parte dei compiti verrà svolta online, e proprio grazie ad internet
la collaborazione sarà incentivata al punto da rendere labile il confine fra produttori e consumatori.
Si prospetta un futuro in cui non si acquistano prodotti, ma ci si avvale di servizi, in cui la
collaborazione sarà incentivata al punto di rendere labile il confine fra produttori e consumatori, e i
lavoratori saranno sempre più autonomi e coinvolti in una rete basata sulla collaborazione attiva a
livello globale. Uno scenario che ricorda da vicino l’etica e il funzionamento del co-working.

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

di Giulia Silverio
23

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L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working

di Giulia Silverio

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  • 1. UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA Via Verdi, 10 – 10124 Torino – Tel. 011-6702785 – Fax 011-6702061 Via Po, 14 – 10123 Torino – Tel 011-6703051 – Fax 011-8146231 Corso di Laurea Triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche Elaborato Finale L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working Candidato Giulia Silverio Relatore Alessandra Re Matricola 704705 A.A. 2012/2013
  • 2. 2 Indice Introduzione ....................................................................................................................... 3 Capitolo 1 - Il cambiamento relativo al personale ............................................................ 5 Capitolo 2 - Il cambiamento relativo all’ambiente di lavoro ............................................ 8 Capitolo 3 - Il cambiamento relativo agli strumenti ....................................................... 12 Capitolo 4 - L’evoluzione del lavoro e dell’economia ..................................................... 16 Conclusioni ....................................................................................................................... 20 Bibliografia........................................................................................................................ 21 L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 3. 3 Introduzione A Torino sono nati nuovi spazi di lavoro, uffici condivisi fra persone che operano in campi diversi e che pur non appartenendo ad una stessa azienda lavorano fianco e fianco, come indica il nome inglese del fenomeno: co-working. Spazi in affitto che offrono scrivanie accessoriate a professionisti che così riescono a vedere il proprio lavoro da nuove prospettive e a sfruttare la possibilità offerta dalla collaborazione con il proprio vicino. Si offrono a lavoratori in proprio, e a dipendenti in trasferta, modalità di affitto flessibili tali da favorire il ricambio delle persone presenti: è possibile occupare una scrivania per pochi giorni o per mesi, solo in alcuni giorni della settimana o per un anno continuativo ed usarla insieme ai propri soci. Nell’epoca delle collaborazioni brevi, il lavoratore è abituato a cambiare scrivania a seconda del lavoro da svolgere, o del committente, e sempre più numerose sono le persone che hanno il proprio ufficio in una stanza di casa. Spesso però si desidera una distinzione netta fra ambienti privati e di lavoro ed inoltre, a causa della scarsa interazione sociale e della carenza di prestigio professionale, lavorare da casa è poco stimolante *Tiazzoldi, 2010+. D’altra parte non tutti i responsabili possono garantire una scrivania ai propri collaboratori, o dotarsi di una sala riunioni o di particolari attrezzature. In tutti questi casi, l’ideale è poter usufruire delle soluzioni temporanee offerte dal coworking. Oltre a garantire un risparmio economico, uno dei principali vantaggi di questa soluzione lavorativa sta nell’aver saputo interpretare il bisogno di socialità di una generazione di lavoratori. Un ufficio in cui lavorano fianco a fianco persone con capacità diverse è l’ideale per far nascere idee innovative e poter sviluppare progetti multidisciplinari, in un contesto lavorativo poi è più probabile ricevere proposte di collaborazione. Secondo quanto pubblicato nella Terza Indagine Mondiale sul Co-working *Deskmag, 2012+ è proprio l’atmosfera piacevole la motivazione che più di tutte convince i lavoratori ad utilizzare spazi di lavori condivisi, sono quindi i rapporti umani più delle infrastrutture la forza di queste nuove modalità di lavoro. Nato nel 2005 in California [Rachel, 2013] il co-working ha avuto una crescita vertiginosa del 245% dal 2010 al 2012, tanto che ora questo tipo di soluzione lavorativa conta più spazi in Europa che in America (878 contro 797) [Deskmag, 2012]. Tramite i siti che elencano i posti di lavoro flessibili, come ShareDesk ( www.sharedesk.net ), e che permettono di prenotare la propria scrivania a distanza, si può avere una panoramica del fenomeno: a Torino si individuano sei soluzioni che offrono spazi di lavoro condiviso e le principali realtà sono Toolbox e Torino Talent Garden (TAG). Fig. 1 - La reception di Toolbox [Tiazzoldi, 2010] L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 4. 4 Inaugurato nel 2010 Toolbox è stata la prima realtà di questo genere ad essere aperta a Torino: è costituito da 45 postazioni, un’area relax wi-fi, una lounge per accogliere gli ospiti, sei sale riunioni prenotabili online, angoli insonorizzati per telefonare, una reception e una cucina *Strippoli, 2010+. E’ stato progettato cercando di preservare quanto più possibile l’architettura industriale esistente, sfruttando la luce naturale ed utilizzando colori e materiali diversi per suddividere gli spazi e identificare il loro grado di formalità: le scrivanie sono neutre, mentre i saloni sono vivaci e colorati. Per trasmettere la filosofia alla base del progetto, ovvero che la diversità è una risorsa, la parete della reception è costruita integrando cubi di diversa grandezza così da ottenere coerenza dall’unione dei diversi elementi *Tiazzoldi, 2010+. Oggi ospita nel FabLab le Officine Arduino, basate sull’openhardware, che si concentrano sul reinventare i processi produttivi tramite tecnologie disponibili senza diritti d’autore. E’ quindi un incubatore professionale modellato sugli interessi dei propri affittuari. Fig. 2 – I diversi spazi di Toolbox [Alexandra, 2013; Tiazzoldi, 2010] Nel 2013, sempre a Torino, ha aperto il TAG, o giardino degli innovatori, ancora più incentrato sulla collaborazione. All’interno del TAG si mira infatti a riunire persone con interessi simili, così che tutto quanto sboccerà fra le sue pareti possa essere definito frutto dell’ambiente stesso, favorendo l’affitto delle 60 postazioni a professionisti affini *Lessi, 2013+. Soluzioni come queste stanno riscuotendo grande successo, e sempre più sedi decidono di uniformarsi a questo cambiamento. Che cosa ha determinato le nuove modalità di lavoro, tali da portare alla creazione di uffici condivisi? Il mio lavoro intende analizzare questi cambiamenti nello specifico, per capire cosa ha determinato la nascita del co-working e in che direzione proseguirà il cambiamento. L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 5. 5 Capitolo 1 - Il cambiamento relativo al personale Studi recenti [Felix, 2007; Cole et al,2002] evidenziano che nel mondo del lavoro dovranno imparare a convivere tre generazioni con caratteristiche ed esigenze diverse: Boomers, Generation X e Generation Y. I Boomers sono nati fra il 1945 e il 1965, ovvero in un periodo prospero di conquiste liberali. Credono nelle proprie capacità e sono convinti che impegnandosi riusciranno ad ottenere tutto quello che desiderano, specie nel lavoro. Facendo parte di una generazione numerosa ( 76 milioni negli USA [Cruz, 2007] ) hanno sviluppato la loro competitività così da poter emergere dalla massa. Attribuiscono molta importanza al lavoro, al quale dedicano la propria vita al punto di diventare workaholics, e si impegnano per l’immagine dell’azienda aspettandosi che essa conferisca loro lustro. Sono una generazione idealista, la prima che ha messo in discussione i valori dei propri padri, infatti pur avendo una visione improntata alla solidità ed alla durata, educano i propri figli in un’ottica di uguaglianza e hanno cambiato il concetto di gerarchia nell’ambiente di lavoro, rivendicando maggiori diritti per i lavoratori. Per loro la difficoltà principale nell’ambiente di lavoro attuale è utilizzare i computer e le nuove tecnologie. Gli appartenenti alla Generation X, nati fra il 1965 e il 1980, sono una minoranza ( 46 milioni negli USA [Cruz, 2007] ) e dubitano di tutte le istituzioni essendo cresciuti fra scandali politici. Senza i punti di riferimento rappresentati per le generazioni precedenti dalle istituzioni sono cinici e solitari con un’indole indipendente che non favorisce la collaborazione né le gerarchie: pretendono infatti di avere voce in capitolo riguardo a tutte le decisioni che li coinvolgono. Non credono nel lustro delle grandi aziende né nel posto fisso e non riponendo aspettative di realizzazione nel lavoro non vi attribuiscono importanza, lavorano per guadagnare quanto serve per vivere, preferendo privilegiare la famiglia e le altre relazioni sociali. Vengono chiamati anche “MTV Generation”, sono infatti una generazione cresciuta all’ombra della televisione, e dal lavoro pretendono divertimento ed immediata gratificazione per l’impatto avuto su di loro da questa tecnologia. Ogni generazione è stata influenzata dagli avvenimenti politici e dalle innovazioni tecnologiche del periodo in cui è cresciuta, ma il cambiamento prodotto sulla generazione che sta per affacciarsi nel mondo del lavoro è senza precedenti, infatti i Generation Y, nati fra il 1980 e il 2000, sono numerosi ( tra 72 e 100 milioni in USA [Cruz, 2007] ), istruiti e multiculturali. Si stima che un terzo di loro non sia caucasico [Cole et al, 2002] e questo, unito a viaggi frequenti fin dall’infanzia, ha creato una mentalità aperta che li rende capaci di valorizzare le differenze, e di mediarle, grazie a straordinarie capacità comunicative che sono causa ed effetto della diffusione della tecnologia che le permette. Per loro i telefoni cellulari ed internet hanno soppiantato i media tradizionali: non ci si informa più tramite quotidiani e televisione, considerati di parte, e questa sfiducia, unita ad uno scarso interesse per la politica, ha reso il riferimento dei Gen Y il proprio gruppo di pari. Gli amici rivestono un ruolo primario, le informazioni vengono reperite grazie ad un aiuto reciproco ed ognuno confida nelle proprie capacità di trovare o creare ciò di cui ha bisogno. Ecco il Social Computing: la tecnologia che dona potere alla comunità invece che alle istituzioni [Harris et al, 2006]. I Generation Y o Millennials rappresentano uno sfida per datori di lavoro e colleghi viste le loro pretese e le loro capacità entrambe dipendenti dall’influenza profonda che i computer, ed in particolare Internet, hanno avuto su questi giovani. Cresciuti con l’abitudine di risolvere qualsiasi L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 6. 6 compito tramite l’uso del pc, lo utilizzano con naturalezza ed in contemporanea con altri dispositivi o media, sono i cosiddetti nativi digitali: veloci, seppur con bassa soglia dell’attenzione, creativi e multitasking, ma soprattutto abituati alla comunicazione. Usare un computer o qualsiasi altro dispositivo elettronico non è più quindi un talento da apprendere, è semplicemente parte della loro vita; qualsiasi lavoro svolto non al computer è strano e le limitazioni imposte all’uso della connettività ( e dei social network ) appaiono irrazionali. Consapevoli dell’importanza dell’educazione, gli appartenenti alla GenY hanno studiato più dei loro predecessori, specializzandosi, e ora vedono il lavoro in un ottica di accrescimento personale: i colleghi stessi vengono visti come risorse da cui apprendere. Grazie alla possibilità che offre internet di istruirsi in ogni campo, e spesso a costo zero, i Gen Y uniscono conoscenze scolastiche di alto livello a nozioni approfondite relative ai propri interessi personali. Abituati ad apprendere dalle proprie esperienze non sono spaventati dall’idea di sbagliare, caratteristica mutuata dall’approccio richiesto dai videogames, una forma di intrattenimento sofisticata che richiede competenze multidisciplinari e soprattutto costanza [Blain, 2008]. Il 99% dei dirigenti europei riconosce il loro diverso stile di lavoro [Harris et al, 2006] e questo potrebbe generare contrasti in un mondo del lavoro incapace di valorizzare queste differenze. Figli dei Boomers ( e per questo chiamati anche EchoBoomers ) sono stati educati in un’ottica di uguaglianza e quindi sono abituati a trattare da pari anche con persone decisamente più grandi di loro, senza dare importanza ai ruoli o alle gerarchie. In quanto figli di genitori votati al lavoro non vogliono ripeterne gli sbagli, trascurando la famiglia, e per questo motivo reclamano un maggior equilibrio fra lavoro e vita privata; dalle aziende si aspettano comprensione e, più nel concreto, orari flessibili o modalità di lavoro tali da potersi dedicare ai propri affetti. Per loro sono previsti dieci cambi di carriera nell’arco di ogni vita *Cruz, 2007+ ed infatti non si aspettano il posto fisso ma un lavoro piacevole e commenti positivi da parte del loro capo. Oltre ad un diverso stile manageriale bisogna anche considerare un diverso valore attribuito alle ricompense: il risarcimento preferito dai Millennials consiste nel tempo più che nel denaro, e quindi una settimana extra di vacanza è più gradita di una settimana extra di stipendio [Felix, 2007]. Importante per assecondare questo nuovo stile di vita è poi un rinnovamento della struttura stessa delle carriere che devono consentire di alternare periodi di lavoro con periodi di pausa, senza che ad un allontanamento dal mondo del lavoro debba per forza seguire un’estromissione duratura. Visto anche il cambiamento delle famiglie, un quarto delle quali sarà presto formato da un genitore single [Williams, 2005], e sommando questo cambiamento alla cura degli anziani, ecco che un lavoro più flessibile diventa una necessità ( un decimo degli intervistati in una ricerca della Work Foundation risponde di avere delle responsabilità di cura [Williams, 2005] ). Al contrario dei Boomers che erano idealisti, i Millennials si distinguono per il pragmatismo che li ha portati a definire una scala di necessità in cui al primo posto si trova il proprio stile di vita bilanciato e come secondo step un lavoro che possa supportarlo. Importanza cruciale nella scelta del posto di lavoro viene rivestita dalla flessibilità concessa, da una cultura collaborativa, da una tecnologia all’avanguardia, dall’innovazione proposta e da procedure burocratiche snelle [Harris et al, 2006]. Questo pragmatismo è evidenziato dall’importanza attribuita fin da giovanissimi al tipo di pensione che l’azienda può offrire loro: il 49% dei Gen Y dichiara di esserne influenzato nella scelta dell’azienda per cui lavorare [Armour,2005] mostrando così una lungimiranza nuova. La differenza principale rispetto alle altre generazioni però risiede nella loro “filosofia del lavoro”: se già i Gen X avevano rivendicato l’autogestione rispetto ad una catena di comando, i Gen Y rifiutano il L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 7. 7 concetto stesso di comando e si affidano alla collaborazione. Collaborazione che si concretizza in gruppi di lavoro formati sia da colleghi che dai proprio clienti o da lavoratori di altre aziende. Far collaborare in uno stesso ambiente di lavoro generazioni con un così diverso concetto di gerarchia diventa una vera e propria sfida. Sfida che bisogna vincere perché l’innalzamento dell’età pensionabile, ed il diffuso bisogno di continuare a lavorare oltre questa età, pone esigenze diverse a stretto contatto. E’ importante notare che anche senza questi cambiamenti, relativi alla vita lavorativa dei Boomers, il lavoro si sarebbe comunque dovuto adeguare alle esigenze dei giovani lavoratori che non hanno né l’esperienza né la mentalità necessaria per rimpiazzare i posti liberati dai pensionamenti [Harris et al, 2006]. Per sfruttare al meglio le possibilità dei Gen Y bisogna quindi sorvolare sul loro trascurare le formalità, abitudine che può apparire come una mancanza di rispetto, e concedere loro la possibilità di eccellere e di seguire più compiti contemporaneamente; le loro capacità vengono valorizzate tramite la possibilità di creare o di inventare nuovi modi d’uso, il tutto sempre a stretto contatto con la tecnologia più aggiornata. La Xerox, dopo aver individuato i college con la formazione adeguata alle proprie esigenze, recluta impiegati in queste strutture con lo slogan “Express Yourself” mostrando di aver colto il bisogno dei Gen Y per la libera espressione, il cambiamento e la diversità [Armour,2005]. Irrinunciabili nelle aziende per via delle loro conoscenze e del modo ottimizzato ed innovativo di applicarle, spesso è difficile convincerli ad occupare a lungo la stessa mansione: i Gen Y cercano sfide, temono la noia ed hanno un bisogno continuo di imparare. Ottimisti per natura e con un’immagine di sé decisamente positiva pretendono di lavorare meglio e più in fretta dei colleghi e sono convinti di meritare quanto di meglio si possa offrire loro. Un capo che voglia motivarli correttamente non dovrà dimenticarsi di dare concretezza al lavoro tramite scadenze a breve termine e compiti ben definiti, sempre imponendosi come figura di mentore o maestro per i propri impiegati e promuovendo un senso di appartenenza all’interno dell’azienda *Cruz, 2007+. Il mentore dovrà essere onesto, sincero e concreto menzionando gli specifici comportamenti attesi, e dovrà saper stimolare il proprio dipendente con un insegnamento costante attuato contestualmente, in classe o su internet [Spiro, 2006]. Altra caratteristica importante del buon capo è la negoziazione, quindi la capacità di dialogo, spesso infatti i Gen Y desiderano spiegazioni riguardo al loro lavoro prima di eseguire gli ordini meccanicamente come invece era d’abitudine [Sedensky, 2013]. E’ questa una delle poche caratteristiche che i Gen Y condividono con i Gen X, i primi sono infatti ottimisti tanto quanto i secondi sono pessimisti e sociali tanto quanto i secondi solitari, trattandosi di gruppi con esigenze così diverse non bisognerà forzarne la vicinanza favorendo invece gruppi formati da Boomers e Millennials. Per quanto indicative le generazioni rimangono sempre generalizzazioni e non bisogna pensare che tutte le persone si possano motivare con lo stesso metodo: bisogna essere ricettivi, attenti al modo di porsi di ogni lavoratore, per assecondarne le esigenze. L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 8. 8 Capitolo 2 - Il cambiamento relativo all’ambiente di lavoro A causa della recessione economica e di un mercato del lavoro sempre più globale le compagnie hanno dovuto tagliare drasticamente i costi pur di rimanere competitive. Le spese principali per ogni azienda sono costituite da personale ed ambiente e quindi sono state queste due categorie le più colpite dal rinnovamento volto al risparmio. In questo capitolo esploreremo i cambiamenti possibili e quelli auspicabili nel campo degli spazi di lavoro. Per ridimensionare i costi dovuti all’affitto si possono utilizzare strategie facilitate dall’avanzare della tecnologia: all’aumento della potenza si va infatti sempre più affiancando una diminuzione delle dimensioni di computer e telefoni, che diventano compatibili con ogni tipo di spazio. L’uso stesso del computer sta trasformando gli uffici rendendo di fatto obsoleti gli spazi adibiti ad archivio, grazie alla digitalizzazione. Infine, utilizzando strumenti quali videoconferenze, si può pensare di ridimensionare la sala riunioni guadagnando così altro spazio utile a ridurre i costi. Strumenti, persone ed ambienti nuovi stanno cambiando le modalità stesse di lavoro: è proprio il lavoro distribuito ( distributed work ) l’opportunità da cogliere e non contrastare: grazie alla tecnologia ed al desiderio di flessibilità si lavora da posti diversi in momenti diversi, accedendo ai documenti e ai programmi dell’azienda da ogni parte del mondo, senza bisogno della scrivania assegnata dal datore di lavoro in un determinato ufficio. L’Intel ha rilevato che il 60% delle postazioni lavorative presenti nei suoi uffici erano inutilizzate a causa della tecnologia mobile e del lavoro collaborativo [Steelcase, 2009]. Le persone, e di conseguenza i lavoratori, hanno sviluppato nuove capacità relative alla comunicazione, che ha conquistato un ruolo centrale nello svolgimento di ogni attività. Se è vero che determinati lavori richiedono una presenza costante dietro la scrivania, o strumenti che comportano una sorta di immobilità, il terziario è il settore che registra l’innovazione maggiore. Improntato al fornire servizi, è amministrato da una crescente classe di giovani creativi, persone capaci di lavorare da qualunque posto con il solo ausilio di un laptop e un cellulare e soprattutto desiderosi di cambiare punto di vista e collaboratori più volte nell’arco della stessa giornata. E’ stato proprio l’ingresso nel mondo del lavoro di appartenenti alla Generation Y a indurre delle modifiche dei luoghi così da adattarli ad una visione collaborativa, ed è in questa direzione che il cambiamento di spazi e arredi si muove. Si progettano quindi uffici senza postazioni fisse, che rischiano di essere vuote, ma con spazi flessibili da utilizzare a seconda dell’esigenza del momento. Il centro di questi uffici diventa uno spazio allestito con tavoli tondi, ovvero aperto e collaborativo attrezzato con postazioni contigue, affiancato da spazi via via più privati: sale che presentano all’occorrenza la possibilità di chiudere la porta per conversazioni private e sale in cui vige il silenzio, dove il lavoratore può ritirarsi per lavorare al proprio progetto senza essere disturbato [Cisco, 2007]. Il luogo di lavoro cambia a tal punto che “l’ufficio” si sposta fra caffè e parchi pubblici ovvero in quei third place *Crick, 2011+, né casa né ufficio, capaci di favorire l’integrazione, e la cui evoluzione sono gli spazi di confronto online come i forum o le chat. Ovviamente questi luoghi non sono lo spazio di lavoro ideale, a causa della loro scarsa privacy, ma intervallati al lavoro d’ufficio offrono gratificazioni e nuove idee ai lavoratori, anche grazie al confronto con gli altri. Un ufficio ad alta densità di persone non sarà più una caratteristica negativa perché le persone non saranno presenti nello stesso posto allo stesso momento, ribaltando così i principi dell’industria. Lo spazio dovrà quindi essere condiviso, così da favorire la collaborazione, e sempre equipaggiato in modo tale da offrire l’accesso ad informazioni e tecnologie necessarie per i lavoratori mobili: una copertura wireless efficace sarà garanzia di usabilità. Per assecondare il loro bisogno di flessibilità e le loro responsabilità familiari, L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 9. 9 agli impiegati viene offerta la possibilità di lavorare da casa, pur incoraggiandoli a recarsi in ufficio; è infatti tramite le interazioni faccia a faccia che si crea l’energia necessaria per una produzione di qualità. La collaborazione è una necessità nuova, che diverrà sempre più urgente con l’ingresso di tutti i Gen Y nell’ambiente di lavoro e con un ulteriore perfezionamento delle tecnologie. I giovani dirigenti, fascia d’età 26-34 anni, ritengono infatti necessario implementare spazi utili alla collaborazione in percentuali decisamente maggiori rispetto ai loro pari grado più anziani [Harris et al, 2006+. La sfida è valorizzare le molteplici capacità di comunicazione di cui è provvisto l’uomo, con il supporto dell’architettura elettronica. Assecondata e mai forzata, la collaborazione verrà favorita con una progettazione conscia delle caratteristiche delle diverse generazioni: affiancando persone con una differenza d’età e disposte a collaborare, si favorirà il passaggio di conoscenze e procedure grazie al ruolo di mentore che assumeranno i più esperti. Le singole scrivanie saranno equipaggiate per favorire l’aggregazione con l’aggiunta di svariate sedie, con video girevoli per poter condividere facilmente il proprio desktop e con tecnologie tali da consentire diversi tipi di presenza ovvero video ad alta definizione e microfoni per poter effettuare videoconferenze. In sostanza viene favorita la collaborazione fra colleghi con spazi che mettono a contatto gradi gerarchici e capacità diverse in un’ottica di accrescimento comune. Fig. 3 – La ristrutturazione degli spazi [Steelcase, 2009] L’hot-desking, o hotelling, si basa sull’idea che ogni impiegato non ha assegnata una sola scrivania di lavoro ma diversi luoghi, tutti accessoriati, per la maggioranza open space. Sono presenti anche postazioni classiche, ovvero una scrivania equipaggiata con computer e telefono, ma in numero minore rispetto agli impiegati così che debbano essere usate a turno. Centrale in questo approccio è il fornire una possibilità di scelta ai lavoratori che possono decidere da dove lavorare e per quanto tempo. Spesso gli uffici ristrutturati in quest’ottica vengono equipaggiati con soluzioni di design all’avanguardia, combinazioni cromatiche piacevoli e angoli relax equipaggiati con giochi; tramite questi accorgimenti si cerca di trasmettere i principi identificativi dell’azienda e di valorizzare lo spazio di lavoro, così da fidelizzare il lavoratore e quindi convincerlo a lavorare nell’azienda a lungo e con entusiasmo. Gli spazi vengono poi progettati in modo tale da poter essere riconfigurati con semplicità con muri mobili tali da consentire di trasformare la sala conferenze in spazi più piccoli e L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 10. 10 pratici [Cisco, 2007]. Per diminuire la confusione e promuovere un senso di appartenenza, spesso il lavoro da svolgere in uffici così progettati viene suddiviso in team, ed ogni mattina il team si riunisce in un punto di incontro predefinito per fare il punto della situazione e condividere un programma di lavoro per la giornata [Adonis, 2011]. Questo punto di incontro può anche essere personalizzato dagli appartenenti al gruppo così da ricreare un ambiente vissuto come “proprio”. Il cambiamento può destabilizzare i lavoratori ed è per questo motivo che è importante concedere tempo alla transizione e fornire luoghi stabili, con una connotazione ben definita, come armadietti per gli oggetti personali. Nell’esperienza di Cisco, azienda leader nel campo della connettività, uno spazio di lavoro condiviso, che si avvale dell’hot-desking, ha significato costi molto più contenuti. Aumentando la densità di persone in uno spazio e quindi costruendo edifici più piccoli si è risparmiato il 40% e percentuali ancora maggiori di risparmio sono date dal minor mobilio e dall’utilizzo esclusivo di reti wireless ( rispettivamente 50% e 60% ) [Cisco, 2007]. Prima di intraprendere un cambiamento strutturale di questa portata è però necessario interrogarsi sulle caratteristiche attuali e future della propria azienda e dei propri dipendenti. L’hot-desking infatti non è sempre la soluzione migliore ed è indicato soprattutto per compagnie con impiegati part-time; anche in questi casi bisogna però coinvolgere tutti i dipendenti nel processo di cambiamento, dare importanza ai loro suggerimenti e prevedere un periodo di assestamento a lavori ultimati. Si dovrà poi provvedere a delle linee guida per chiarire le regole relative ad ogni spazio: dal più banale silenzio richiesto in alcune aree alle motivazioni necessarie per occupare una sala conferenze. Senza queste accortezze i disagi si avvertiranno sia su un piano più concreto ( le lamentele relative al disordine o ai danni provocati dal precedente utilizzatore della postazione ) sia in relazione a un senso di spaesamento e non-appartenenza [Adonis, 2011]. Nella progettazione o ristrutturazione di un’azienda grande attenzione va posta anche al luogo geografico in cui collocare l’edificio; la vicinanza a collaboratori, risorse e talenti è cruciale nella knowledge economy. La Silicon Valley attrae così tante compagnie grazie alle risorse offerte dalle compagnie già presenti e Google beneficia di uffici vicini a Cambridge [Steelcase, 2009]. Esistono anche altre strategie utilizzate per assecondare le richieste di flessibilità e quindi il cambiamento nel mondo del lavoro. In ordine di diffusione, esse sono: il telelavoro, il lavoro mobile ( mobile work ), l’hot-desking, il lavoro da casa e gli uffici satellite [Steelcase, 2009]. Si stima che queste alternative siano molto diffuse in Nord America, dove raggiungono l’83% di percentuale di adozione; a seguire, con uno stacco notevole, troviamo l’Europa con il 51% *Steelcase, 2009+. Il telelavoro consiste nel lavorare da casa in orari d’ufficio ed è la scelta favorita dai pendolari, o da chi abita lontano dall’ufficio. Si crea un ambiente di lavoro nella propria abitazione che sia collegato in rete con il proprio ufficio, il rapporto con i superiori è infatti spesso mediato dal computer, a differenza del lavoro mobile che utilizza diversi tipi di spazi essendo svolto sia da casa che dall’ufficio che da altri luoghi. Il lavoro da casa è sempre stata una delle richieste principali degli impiegati che vedono in questa opzione l’occasione per bilanciare lavoro e famiglia, ed è quindi la scelta prediletta di genitori con figli piccoli o di adulti con responsabilità di cura di anziani. Le possibilità offerte dal lavoro da casa sono molteplici, ma spesso prevedono un’alternanza del lavoro d’ufficio con quello effettuato da casa perché spesso le due sedi sono territorialmente vicine. Gli uffici satellite sono nati per permettere di risparmiare i costi ed i tempi dovuti a un lavoro pendolare, sono infatti sedi dislocate costruite in punti strategici ma lontani dalla sede dell’azienda e talvolta ospitano impiegati di più aziende diverse. La distinzione fra queste categorie diventerà però presto obsoleta a causa dei mobile worker che con l’ausilio di un solo dispositivo, capace di integrare le funzionalità di computer e telefono, saranno in L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 11. 11 grado di lavorare da qualsiasi posto e saranno always-on, ovvero sempre connessi, e con orari di lavoro capaci di adattarsi a collaborazioni con colleghi che operano con altri fusi orari. L’ufficio diverrà quindi solo una delle diverse basi utili al lavoratore che, grazie al cloud computing, lavorerà sempre connesso online, condividendo informazioni e programmi utili *Farkas, 2009+. E’ in quest’ottica che sono nati gli spazi di co-working che integrano caratteristiche dell’hotelling, degli uffici satellite e del lavoro mobile. Strategie di lavoro alternative devono prevedere un concetto di supervisione alternativo visto che non ci si potrà più basare sul vedere l’impiegato seduto alla propria scrivania per essere certi che svolga i suoi compiti. Un lavoro effettuato da più sedi infatti non può essere monitorato, ma deve essere misurato dai risultati prodotti. Siamo nell’era dei knowledge worker che devono essere valutati non per la quantità, ma per la qualità del lavoro svolto [Drucker, 1999]. Si dovranno assegnare con precisione i compiti da svolgere così da poter valutare il risultato senza bisogno di un controllo continuativo. Più i compiti sono suddivisi in parti più sarà semplice per il lavoratore gestirli e per il capo controllarne l’andamento. Importanza cruciale è rivestita dalla fiducia reciproca fra capo e dipendente, fiducia che va costruita con uno scambio costante di email e messaggi contenenti aggiornamenti; la comunicazione deve essere efficace e non limitata ad ordini, che hanno il solo effetto di causare insofferenza [Marse, 2012]. Le richieste e le opportunità offerte da nuove generazioni e nuove tecnologie sono molteplici, lo spazio di lavoro deve evolversi per poterle assecondare e favorire così i miglioramenti possibili. L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 12. 12 Capitolo 3 - Il cambiamento relativo agli strumenti Siamo nell’era dell’ubiquitous computing, profetizzata nel 1988 da Brown e Weiser come un futuro in cui i computer si sarebbero espansi dalle scrivanie al mondo circostante ed avrebbero costituito una rete tramite cui condivere le risorse [Nowak, 2013]. I computer sono oggi essenziali in case, negozi, scuole e sono declinati nella miriade di dispositivi che tutti utilizziamo nella vita quotidiana, dai navigatori satellitari al forno a microonde. Sono però i telefoni cellulari a rappresentare la rivoluzione in campo tecnologico, superaccessoriati e con capacità di calcolo superiori ai pc dei decenni precedenti, consentono di avere un computer a disposizione in ogni luogo o situazione grazie alla loro potenza ed alla loro portabilità, rendendoci così sempre connessi e reperibili. Un mezzo di comunicazione innovativo che ha mutato ogni tipo di rapporto interpersonale, scambi di lavoro compresi, e grazie al quale oggi il 29% della forza lavoro globale è costituita da impiegati in grado di lavorare da qualsiasi posto in qualsiasi momento [Schadler, 2013]. Questo nuovo stile di lavoro caratterizzato dall’uso di più dispositivi contemporaneamente, utilizzati da postazioni multiple e con varie applicazioni, costituisce una tendenza in continua crescita capace di far registrare un incremento del 6% in due anni [Schadler, 2013]. Una trasformazione così profonda nel mondo del lavoro deve però essere supportata da un’adeguata tecnologia, basata sulla connessione. Per poter lavorare da qualsiasi luogo è infatti necessario internet ed un dispositivo in grado di accedervi. Spesso questo dispositivo consiste in uno smartphone o tablet, utilizzato sia per il lavoro che per la vita privata, capace di gestire applicazioni quasi al pari di un computer. I dipendenti vengono incentivati ad utilizzare dispositivi personali di questo tipo in un ottica BYOD ovvero Bring Your Own Device, porta con te il tuo dispositivo [Iemma, 2013]. Dipendenti equipaggiati per poter lavorare anche quando non sono in ufficio e sempre raggiungibili è la nuova grande possibilità offerta alle aziende per contenere i costi: tramite l’uso di un dispositivo si può rimpiazzare una scrivania in un ufficio, basta che sia disponibile l’architettura utile a supportare questo tipo di lavoro in sicurezza. Bisognerà infatti proteggere i dati condivisi online con barriere opportune integrate con un sistema di sincronizzazione dei dati online/offline efficace [Schadler, 2013]. Insieme con i pregi l’always on porta però anche il limite di non poter più delimitare il lavoro in orari definiti: controllare le e-mail anche da casa, magari mentre si è in compagnia dei familiari, è infatti consuetudine diffusa e spesso implicitamente richiesta dai datori di lavoro [Nowak, 2013]. Per poter lavorare in maniera efficace spesso però non sono sufficienti internet ed un dispositivo all’avanguardia, bisogna infatti poter accedere a dati specifici o a programmi specifici, ed è proprio per soddisfare questa necessità che si sta diffondendo il Cloud Computing [Iemma, 2013]. Condividendo in tempo reale informazioni salvate online inoltre non è più necessario grande spazio di archiviazione: è tutto registrato in spazi protetti su internet. Grazie all’interfaccia intuitiva di programmi come Dropbox, i file online vengono percepiti come un’estensione del proprio pc al quale accedere tramite le cartelle di sistema. Sfruttandone il funzionamento, e per favorire la collaborazione fra colleghi, sono state create applicazioni online che consentono di utilizzare da browser programmi di scrittura, così da poter lavorare su una sola copia del testo che l’applicazione stessa provvederà a sincronizzare, integrando le modifiche allo stesso file. E’ possibile anche utilizzare applicazioni basate sul web mentre il computer è offline e poi sincronizzare i cambiamenti appena ci si riconnette ad internet [Farkas, 2009], incrementando così la flessibilità del sistema e la sua usabilità. La sfida che si pone alle aziende è provvedere a rendere fruibili via web le proprie applicazioni chiave, ovvero quelle necessarie per svolgere i compiti specifici di ogni lavoro, così da incrementare la produttività dei propri impiegati. L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 13. 13 L’agenzia OfficeTeam nel 2008 identificava le tecnologie che avrebbero cambiato il posto di lavoro, ed il modo di lavorare, proponendo innovazioni riguardo a strumenti, programmi e spazi di lavoro [Bowles, 2008]. Nel campo degli strumenti si prevedeva la creazione di un dispositivo che riuniva in sé tutte le tecnologie in uso ( come computer, telefono e fotocamera ) capace di riconoscere e decifrare vari tipi di input come la voce, la scrittura manuale ed i movimenti [Bowles, 2008]. Questo prime previsioni riguardo ai dispositivi si sono avverate, e la tecnologia attuale continuerà ad evolversi diventando sempre più intuitiva e sempre più capace di adattarsi alle richieste ed alle modalità di lavoro umane: ne sono una prova il recente fiorire di touch-screen, controlli vocali e basati sui movimenti che soppianteranno mouse e tastiere. La sfida che si pone oggi ai telefoni cellulari è derivata dalla loro caratteristica principale: le loro dimensioni ridotte. Un dispositivo portatile è comodo ma presenta uno schermo di difficile consultazione, ecco quindi perché le innovazioni saranno in direzione della realtà aumentata: grazie a dispositivi come i pico-proiettori sarà infatti possibile proiettare schermi o tastiere di dimensioni utili, pari a quelle di un computer, da utilizzare grazie a supporti integrati capaci di tracciare i gesti dell’utilizzatore. Interfacce che si integreranno con smartphone ed occhiali a realtà aumentata per creare una coinvolgente realtà alternativa in 3D, perfetta espressione di quello che si prospettava come ubiquitous computing: un’esperienza così naturale da non ricordare l’informatica *Nowak, 2013+. Un esempio concreto è il futuristico Leap Motion, un piccolo dispositivo usb capace di trasmettere ad ogni computer il movimento delle mani tramite sensori e telecamere. Un ribaltamento dall’era in cui poter utilizzare il computer era appannaggio degli informatici perché bisognava conoscere procedure e codici, e quindi imparare il linguaggio stesso del computer, per poterlo utilizzare. Non tutte le previsioni si sono però avverate: nel 2008 si immaginavano programmi in grado di individuare le relazioni semantiche esistenti fra le parole, capaci di cogliere il senso di un discorso, e quindi idealmente in grado di assumere un ruolo di gestione riguardo ai progetti. Software in grado di suddividere il lavoro da svolgere così da poterne assegnare le parti ai diversi collaboratori, computer capaci in questo modo di gestire équipe in maniera automatica, snellendo lo scambio di informazioni fra i colleghi [Bowles, 2008+. Forse anche per un limite culturale, l’innovazione ha preferito concentrarsi sull’elettronica piuttosto che sull’intelligenza artificiale. Le innovazioni proposte relative agli spazi di lavoro consistono in un ambiente interattivo capace di modificare, e quindi mantenere a livelli ottimali, valori come temperatura, umidità, intensità luminosa. Si immaginava di munire di sensori ogni sedia dell’ufficio così da rilevare tensioni alla schiena, o simili situazioni di disagio, e porvi rimedio *Bowles, 2008+. Monitorare l’ambiente non richiederebbe poi tecnologie particolari, le persone stesse vengono già monitorate nei loro spostamenti grazie ai dispositivi mobili che utilizzano e che ne trasmettono la posizione: tramite i telefoni cellulari è infatti possibile calcolare quante e quali persone stanno assistendo ad un dato evento, creando così mappe degli interessi [Zittrain, 2008]. Questo sistema di sensori viene poi facilmente integrato, in caso di bisogno, con rilevatori di segni vitali tali da consentire il monitoraggio di malati ed anziani, senza che essi debbano recarsi in ospedale *Zittrain, 2008+. L’ubiquitous computing si estende ormai al punto di rendere le persone dei sensori messi in comunicazione con una rete estesa capace di tracciarne bisogni e desideri ( distributed human sensor ). La tecnologia sarà sempre più modellata sulle specificità dell’utilizzatore, rilevandone disagi ma anche interpretandone gestualità ed emozioni. Le telecamere utilizzate per gestire i movimenti sono infatti in grado di riconoscere le espressioni facciali: nel 2011 delle Kinect, videocamere utilizzate da console di gioco Microsoft e quindi facilmente reperibili, sono state utilizzate al Massachusettes Institute of Technology per rilevare i sorrisi, e quindi il livello di felicità generale, fra gli studenti del L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 14. 14 campus evidenziando aree e giorni più piacevoli [Hoque et al., 2012]. Sono state anche sviluppate applicazioni che riescono a riconoscere l’umore basandosi sul suono della voce *Nowak, 2013+ o sul riconoscimento lessicale, ovvero in grado di tracciare le emozioni dei propri impiegati in base alle diverse percentuali di parole chiave percepite nel messaggio [Levine, 2012]. Si sviluppano dispositivi sempre più in grado di interpretare i bisogni dell’utilizzatore ed anche capaci di assecondarne le modalità di espressione. La comunicazione umana infatti avviene attraverso canali multipli, non semplicemente il linguaggio, e si sta cercando di creare dispositivi capaci di riprodurre queste sfaccettature così da poter sfruttare tutte le opportunità offerte dalla comunicazione. Numerose sono le ricerche relative ad oggetti capaci di incrementare la socialità tramite la trasmissione di movimento o luce; per esempio SnowGlobe, una lampada che trasmette al dispositivo gemello ogni movimento rilevato sotto forma di intensità luminosa, una forma di comunicazione alternativa ma pur sempre capace di veicolare emozioni [Visser, 2011]. Un altro cambiamento storico nel lavoro, sempre dovuto alla diffusione di una tecnologia mobile, è il distributed human computing in cui si ha un ribaltamento di prospettiva: gli umani intervengono ad aiutare i computer quando essi non sono in grado di svolgere un compito [Zittrain, 2008]. Si vengono così a creare reti di persone, residenti in tutto il mondo, che collaborano per svolgere compiti assegnati ad un programma elettronico. Come nel ‘700 si creavano automi capaci di giocare a scacchi solo grazie a persone nascoste al loro interno oggi Amazon, azienda leader nel commercio elettronico, prosegue nella finzione con il suo Mechanical Turk ( https://www.mturk.com /mturk / welcome ). Si tratta di un sito che appalta online compiti che necessitano dell’intelligenza umana, come dotare di senso i particolari di una fotografia, e che non possono essere svolti da sistemi automatizzati, anche se all’apparenza tutti i compiti svolti dai lavoratori sono frutto di elaborazioni elettroniche. Le persone dotate di un accesso ad internet sono quindi in possesso dei requisiti necessari per lavorarvi, e venire retribuite da Amazon [Zittrain, 2008]. I problemi di questo approccio al lavoro sono gli stessi che si erano presentati con la nascita delle catene di montaggio, infatti le persone non hanno una visione d’insieme del lavoro che stanno svolgendo, rischiando così l’alienazione dei lavoratori oltre al loro non poter giudicare la valenza etica del compito che stanno svolgendo; oltretutto, in cambio della libertà di lavorare quanto e quando si preferisce, si concede un controllo sulle proprie prestazioni maggiore di quello che viene esercitato normalmente in un ambiente di lavoro [Zittrain, 2008]. Ecco quindi che, grazie ad un computer che accede alla rete, si valorizzano capacità tipiche degli esseri umani ma poco spendibili in altri contesti. Cambiano le tecnologie e cambiano anche i lavori e le capacità necessarie per rimanere produttivi: diminuiscono i lavori manuali mentre si vengono a creare nuove forme di collaborazione uomo-computer [Davies et al., 2011]. Alle persone verranno quindi riservati sempre più compiti intellettivi, di soprintendenza, che richiedono capacità specifiche finora sottovalutate. Si sarà valorizzati dal saper attribuire senso ai sempre più numerosi dati elaborati dai computer e alla successiva creazione di reti tramite cui comunicare ad altre persone risultati ed ipotesi relativi ai dati. L’intelligenza sociale, che permette all’uomo una comunicazione basata sull’espressione e il riconoscimento dei sentimenti, è alla base della collaborazione e della fiducia reciproca ed è il risultato di millenni di evoluzione difficilmente riproducibili da una macchina [Davies et al., 2011]. Nel mercato del lavoro saranno le peculiarità degli esseri umani, come l’adattabilità, ad essere richieste. La capacità di rispondere a situazioni uniche ed inaspettate, frutto delle circostanze del momento, diventerà una delle principali competenze che la scuola dovrà fornire ai lavoratori del domani incentivando studi capaci di fornire una competenza multidisciplinare ed interculturale [Davies et al., 2011]. Sta infatti emergendo un nuovo tipo di organizzazione commerciale, quella ibrida, in cui talenti provenienti da campi diversi, e quindi con L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 15. 15 capacità diverse, lavorano insieme ad uno stesso progetto [Bowles, 2008]. Un’organizzazione che richiama i principi del co-working in cui grazie all’integrazione delle diverse conoscenze, tramite le interazioni sociali, le persone migliorano le proprie prestazioni. Le capacità che non è stato ancora possibile implementare su computer sono quindi le più importanti e le più facilmente spendibili in un lavoro che vede sempre più affiancate persone e macchine: saper filtrare le informazioni rilevanti tramite una conoscenza critica e saper collaborare diventeranno gli strumenti principali di ogni lavoratore [Davies et al., 2011]. L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 16. 16 Capitolo 4 - L’evoluzione del lavoro e dell’economia Internet, nato come strumento tramite cui solo pochi potevano pubblicare contenuti, sta vivendo l’età dei social network in cui tutti possono condividere le proprie idee [Owyang, 2013]. Per questo motivo i media tradizionali stanno vivendo un periodo di crisi, con quotidiani storici che chiudono o che vengono svenduti, e si trovano costretti a reinventarsi per non fallire. Siamo però già agli albori della terza era di Internet, contraddistinta dalla condivisione di prodotti oltre che di contenuti, la Collaborative Economy Age. Nella Collaborative Economy Age le persone otterranno i prodotti di cui necessitano online, nel modo più conveniente possibile e grazie alla loro rete di pari, mentre le aziende produttrici verranno considerate praticamente superflue [Owyang, 2013]. Le imprese si troveranno quindi ad un bivio: combattere questa tendenza o cavalcarne l’onda. Se è vero che gli strumenti utili per contrastare un’economia collaborativa esistono già, e quindi questa potrebbe sembrare la scelta più facile, si tratta di una tendenza che non si esaurirà in qualche anno ma che anzi diverrà predominante. Ecco quindi che al marketing aggressivo ed ai cartelli delle multinazionali è da preferire l’unirsi in un nuovo modello economico in cui proprietà ed accesso alle risorse siano condivise fra la gente e le imprese. Fig. 4 – Le ere di internet [Owyang, 2013] Le cause di questo stravolgimento dell’economia così come la conosciamo sono da ricercare in più campi, infatti anche se tutti siamo portati a condividere è stato internet che ha esteso questa capacità su scala mondiale. La tecnologia ormai portabile e diffusissima (87 cellulari ogni 100 persone, media mondiale [Owyang, 2013]) non è però l’unico fattore determinante, sta infatti mutando il punto di vista della società riguardo alla proprietà. I giovani, e tutti coloro gravati dai debiti, preferiscono l’accesso ad un risorsa rispetto all’impegno comportato dall’acquisto, fattore che unito ad una densità mondiale crescente causa un ribaltamento di mentalità. Infatti ora che con le risorse fisse fornite dalla terra bisogna soddisfare una maggiore richiesta, a causa dell’aumento della popolazione mondiale, è inevitabile un rialzo dei prezzi tale da suggerire il ri-uso. Il baratto ritorna come spinta economica in tempo di crisi, come nelle zone più interne della Grecia dove ha sostituito l’euro *Smith, 2013+. Alle aziende si rivolge la sfida di gestire questo nuovo mercato basato su scambi, comproprietà e rivendita dell’usato. E’ questa l’economia che stanno sfruttando la maggior parte delle aziende nascenti, o startups, basate sul fornire un servizio online. La loro crescita vertiginosa ed i guadagni immediati sono dovuti al non aver bisogno di uffici o sedi ma soltanto di un sito e di un’idea da commercializzare. Le stesse compagnie automobilistiche, colpite da un crollo delle vendite L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 17. 17 senza precedenti, hanno saputo re-inventarsi e proporre in forme diverse i loro prodotti. La Toyota e la BMW, produttori di auto costose, offrono il noleggio delle loro vetture: senza passare da intermediari le fabbriche diventano fornitori di servizi invece che di prodotti [Owyan, 2013]. Tutte le categorie possono trasformarsi in questa direzione, fornendo i propri prodotti in leasing: non solo le compagnie telefoniche che vendono pacchetti composti da abbonamenti ai propri servizi e telefoni, ma anche i fornitori di prodotti quotidiani come “Dollar Shave Club” che invece di vendere i rasoi li offre come servizi, inviando mensilmente per posta le lame ai propri iscritti. Fig. 5 – Il funzionamento dell’economia collaborativa [Owyang, 2013] Le compagnie capaci di gestire questo nuovo mercato costruito con gli utilizzatori finali potranno quindi produrre i prodotti del futuro, in un ottica di cooperazione fra produttore ed utente in cui la gente supporta l’efficienza dell’azienda tramite feedback, ma anche tramite co-design, co-sviluppo, co-produzioni, co-archivio, co-consegna… Ogni parte del processo produttivo potrà essere condivisa. Esempi attuali sono il sito Nike ( www.nike.com/it/it_it/c/nikeid ) in cui poter personalizzare i colori delle scarpe vendute online, il portale Quirky ( www.quirky.com ) in cui acquistare oggetti di design ideati da privati o il portale Deliv ( https://deliv.co/pages/home ), che intende instaurare una rete di corrieri privati attivi su breve distanza, fino ad arrivare a Kickstarter ( www.kickstarter.com ), sito in cui le idee dei privati vengono finanziate da donazioni estromettendo quindi le banche dal finanziamento. L’e-commerce non consiste quindi soltanto nella possibilità di vendere a un mercato più ampio, al limite intercontinentale, ma nel rivoluzionare i classici rapporti produttore-utente. Istruttiva è l’evoluzione del caso Air Bed And Breakfast o AirBnb ( www.airbnb.com ), il sito che ha trasformato la case private in alberghi tramite la condivisione dei propri spazi online. Un portale capace di mettere in crisi il fatturato degli albergatori, categoria che nel caso della Marriott ha saputo L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 18. 18 reinventarsi: sfruttando la fiducia nel proprio marchio storico ha creato un certificato di qualità per gli AirBnb. Il certificato, esibito sul profilo del privato, gli conferisce lustro, affidabilità e quindi clientela, e permette alla compagnia di hotel un guadagno su ogni transazione tra privati [Owyang, 2013]. La catena famosa offre la propria esperienza, il proprio marchio di qualità ai privati che hanno bisogno di visibilità, in uno scambio reciproco. Ecco quindi emergere il fondamento della nuova economia collaborativa: la fiducia. Gli scambi si baseranno su collegamenti fra gruppi formati da conoscenti, una cooperazione di cooperative gestite democraticamente, una catena umana formata da anelli di mutua fiducia per adattare l’ottica di scambio fra persone di uno stesso villaggio a quello che è il paese attuale: la rete globale di Internet [Alexander, 2004]. Se si poteva entrare a far parte di queste comunità solo su invito da parte di membri interni, ora il sistema è aperto e la fiducia la si guadagna con i propri contributi. Attraverso le valutazioni date ad un profilo la fiducia viene quindi gestita come nel sistema di valutazione che ha fatto la fortuna di Ebay, un sistema di aste online dove venditori e compratori possono giudicare la qualità del loro interlocutore [Alexander, 2004]. Questi giudizi vengono poi visualizzati pubblicamente così da orientare le scelte dei prossimi acquirenti/venditori. Si viene quindi a creare un meccanismo aggiornato ed autoregolato: è il gruppo dei pari ad esprimere giudizi e guidare il mercato. Ogni sito quindi costruisce una propria comunità popolata da membri che, a detta dei loro pari, sono più o meno affidabili. Ogni persona risulta dunque costituita online da una molteplicità di profili, uno per ogni sito a cui si è registrata, e ad ogni registrazione su un sito nuovo deve ricostruire la propria fiducia da zero. Questa frammentazione dell’identità digitale viene risolta da siti, attivi soprattutto nel sociale ( vedi http://oneworld.net/ ), capaci di aggregare ed unificare le varie identità corrispondenti ad una sola persona. In un’economia basata sulla fiducia si sperimentano poi nuove valute spendibili solo all’interno di determinate comunità. Il denaro, come valuta neutrale, è intervenuto a mediare gli scambi fra sconosciuti incapaci di reciproca fiducia, ma ora internet ha fornito l’interazione necessaria a supportare un tale mercato “locale” su base mondiale: è il caso dei Time Dollars o Time Bank, in cui le persone propongono le proprie capacità, e quindi il proprio tempo, in cambio di una valuta-tempo di un altro associato. Per esempio uno studente offre un’ora di lezione di pianoforte a un idraulico e in cambio ottiene diritto a un’ora, usufruibile fra tutte le proposte degli utenti, dalla lezione di dizione di un madrelingua tedesco alle riparazioni dell’idraulico. Una realtà capace di integrare nell’economia chi non ha accesso ai tradizionali lavori retribuiti, favorendo così sia la solidarietà della propria comunità ed il supporto in condizioni economiche difficili, sia la costruzione di una nuova carriera, grazie alle possibilità educative favorite da questo tipo di reciprocità [Cahn, 2011]. La stessa valuta corrente di denaro viene relativizzata per poter definire un “costo reale” dei prodotti tenendo conto di caratteristiche come l’impatto ambientale o le condizioni sociali del lavoratore. In un’economia collaborativa in cui il prezzo sarà definito in maniera più equa, e sarà più facile reperire informazioni riguardo alle condizioni di produzione, si creeranno nuovi criteri da considerare prima di un acquisto. Il controllo centrale esercitato dalle multinazionali nel XX secolo è stato ormai messo in discussione da sedi decentralizzate e soprattutto auto-regolate, così che le decisioni possano essere prese ad un livello gerarchico più basso, dove si conoscono le reali necessità e problematiche di ogni azienda [Alexander, 2004]. Purtroppo però la mancanza di fiducia è presente a tutti i livelli delle organizzazioni, sia nei rapporti con i consumatori che nei rapporti fra colleghi interni. Questa situazione si è evidenziata L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 19. 19 recentemente, in seguito ai numerosi scandali finanziari, e richiede un cambiamento. Nelle aziende la fiducia si configura infatti come una variabile capace di determinare guadagni o perdite, come evidenziato dallo studio di Watson Wyatt in cui un maggiore livello di fiducia in un’organizzazione determina un incremento del 286% di guadagni [Covey, 2008]. Il livello di fiducia interno all’azienda non si traduce solo in profitto, ma è anche il fattore che più di ogni altro è in grado di differenziare fra ottima e scarsa innovazione [Covey, 2008]. Ovviamente in un’ottica in cui il commercio diventa cooperativo, e quindi sempre più influenzato dalla dipendenza reciproca, la fiducia è destinata ad assumere un ruolo sempre più importante, diventando quindi la principale caratteristica richiesta. Ecco quindi nascere il bisogno di ristabilire la fiducia, di riportarla a livelli ottimali: si stima che negli USA meno della metà degli impiegati crede nelle capacità del proprio capo, mentre nel Regno Unito la percentuale scende al 30% [Covey, 2008]. La fiducia può essere ristabilita, ma bisogna cominciare a considerarla una competenza, una capacità da acquisire, fino ad arrivare a riconoscere che non può esistere leadership senza fiducia. L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 20. 20 Conclusioni A sollecitare la creazione di un ufficio condiviso fra lavoratori con diversi interessi è stata la visione, tipica dei Generation Y, di considerare le differenze una risorsa e di affidarsi alla collaborazione piuttosto che alle gerarchie lavorative. Questa visione è stata coadiuvata da motivazioni economiche e dalla possibilità di avvalersi di nuove tecnologie connettive. I cambiamenti sono stati quindi profondi, determinati dall’ingresso di una nuova generazione nel mondo del lavoro, dallo sviluppo di tecnologie che permettono di lavorare da ogni posto e da spazi che devono essere sempre più ottimizzati. I lavoratori interessati alle nuove forme di lavoro sono autonomi, operano in campi multidisciplinari e preferiscono un clima informale, dove possono decidere quotidianamente se lavorare in gruppo o concentrarsi dietro una scrivania. Gli spazi devono quindi offrire diverse configurazioni, con un grado di formalità maggiore o minore, tali da consentire flessibilità ai mobile worker, persone abituate a svolgere il proprio lavoro con il solo ausilio di computer e connessione internet. In un ottica di lavoro distribuito gli uffici sono strutturati per ottimizzare lo spazio così da ridurre i costi di affitto e contemporaneamente, con gli open space, favorire le interazioni fra le persone senza che queste siano determinate dalle gerarchie. Grazie a questi accorgimenti si incentiva la collaborazione dimezzando il budget per le infrastrutture. Il coworking consiste nel rendere disponibili per i liberi professionisti e i consulenti le innovazioni che hanno avuto effetti positivi nelle grandi aziende come Intel e Cisco. In un’epoca in cui il lavoro viene svolto prevalentemente online, grazie al cloud computing, i lavoratori necessitano di poche attrezzature specifiche e gli uffici sono uniformati, anche a differenza di mansioni: una postazione può essere condivisa fra professionisti che operano in campi diversi e le diverse postazioni si equivalgono fra loro. Non è più necessario possedere un ufficio quando è possibile ottenere gli stessi benefici noleggiandolo, risparmiando ed in più beneficiando di un ambiente stimolante. Più in generale il lavoro appare destinato a diventare basato su connessioni fra individui rette dalla fiducia reciproca, scambi fra pari capaci di portare benefici ad entrambe le parti, in un’ottica di accrescimento comune. La maggior parte dei compiti verrà svolta online, e proprio grazie ad internet la collaborazione sarà incentivata al punto da rendere labile il confine fra produttori e consumatori. Si prospetta un futuro in cui non si acquistano prodotti, ma ci si avvale di servizi, in cui la collaborazione sarà incentivata al punto di rendere labile il confine fra produttori e consumatori, e i lavoratori saranno sempre più autonomi e coinvolti in una rete basata sulla collaborazione attiva a livello globale. Uno scenario che ricorda da vicino l’etica e il funzionamento del co-working. L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 21. 21 Bibliografia Adonis, J. (2011). Hot-desking: hot or not? The Sidney Morning Herald. Retrieved August 15, 2013, from http://www.smh.com.au/small-business/blogs/work-in-progress/hotdesking-hot-or-not20110728-1i2h6.html Alexander, G. (2004). Online Tools for a Sustainable Collaborative Economy. In A. Scharl (Ed.), Environmental Online Communications (pp.221-234). Springer-Verlag. Alexandra. (2013). Toolbox Festival: tre anni di innovazione aperta. Retrieved September 19, 2013, from http://blog.maketank.it/it/2013/03/toolbox-torino/ Armour, S. (2005). Generation Y: They've arrived at work with a new attitude. Usa Today. Retrieved August 22, 2013, from http://usatoday30.usatoday.com/money/workplace/2005-11-06-gen-y_x.htm Blain, A. (2008). The Millennial Tidalwave. The Journal of the Quality Assurance Institute, 22 (2), 1114. Bowles, M. (2008). The Workplace of the Future. IIDA Perspective , 33-37. Cahn, E. (2011). Time Banking: An Idea Whose Time Has Come? . Retrieved September 6, 2013, from http://www.yesmagazine.org/new-economy/time-banking-an-idea-whose-time-has-come Cisco. (2007). How Cisco Designed the Collaborative Connected Workplace Environment. Retrieved August 15, 2013, from http://www.cisco.com/web/about/ciscoitatwork/downloads/ciscoitatwork/pdf/Cisco_IT_Case_Study _Connected_Workplace_POC.pdf Cole, G., Smith, R., & Lucas, L. (2002). The Debut of Generation Y in the American Workforce. Journal Of Business Administration Online, 1 (2), 1-10. Covey, S. (2008). Trust Is a Competency. Chief Learning Officer, 7 (5), 55-57. Crick, A. P. (2011). Rethinking Oldenburg: Third Places and Generation Y in a Developing Country Context. Paper presented at the International CHRIE Conference-Refereed Track. Cruz, C. S. (2007). Gen Y How Boomer Babies are Changing the Workplace. Hawaii Business. Retrieved July 11, 2013, from http://www.hawaiibusiness.com/Hawaii-Business/May-2007/Gen-Y/ Davies, A., Fidler, D., & Gorbis, M. (2011). Future Work Skills 2020. Institute For The Future. Deskmag. (2012). The 3rd Global Coworking Survey. Retrieved September 22, 2013, from http://www.slideshare.net/deskwanted/global-coworking-survey-2012 Drucker, P. F. (1999). Knowledge-Worker Productivity: The Biggest Challenge. California Management Review, 41 (2), 79-94 Farkas, M. (2009). My Office in the Cloud; Web-Based Office Applications Enable Collaboration. American Libraries. L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 22. 22 Felix, S. (2007). A Flexible Workplace. Benefits Canada, Retrieved July 11, 2013, from http://www.benefitscanada.com/wp-content/uploads/2007/06/aflexibleworkplace.pdf Harris, I., Schooley, C., Devine, P., & Kruijsdijk, J. V. (2006). Is Europe Ready For The Millennials? Innovate To Meet The Needs Of The Emerging Generation. Forrester. Hoque, M. E., Hernandez, J., Drevo, W., & Picard, R. W. (2012). Mood Meter: Counting Smiles in the Wild. Paper presented at the 14th International Conference on Ubiquitous Computing. Retrieved September 11, 2013, from http://web.media.mit.edu/~mehoque/Publications/Hoqueubicomp2012_mit_mood_meter.pdf Iemma, M. (2013). Future Technology Trends in the Corporate Workplace. Women in focus, Retrieved August 15, 2013, from https://www.womeninfocus.com.au/docs/DOC-2424 Lessi, D. (2013). Torino, apre il giardino degli innovatori “Diventeremo la capitale del digitale”. La Stampa. Retrieved September 19, 2013, from http://www.lastampa.it/2013/05/22/cronaca/costume/torino-apre-il-giardino-degli-innovatoridiventeremo-la-capitale-del-digitale-o9u6KQ3CWuhSQuR70DYeWL/pagina.html Levine, B. (2012). Yammer Partners with Kanjoya to Gauge Employee's Emotions. Retrieved September 5, 2013, from http://www.cmswire.com/cms/social-business/yammer-partners-withkanjoya-to-gauge-employees-emotions-016799.php Marse, A. (2012). Managing Employees and Co-Workers in Cyberspace. Small Business Trends, Retrieved September 4, 2013, from http://smallbiztrends.com/2012/08/managing-employeescoworkers-in-cyberspace.html Nowak, P. (2013). We live inside the machine now: The arrival of ubiquitous computing. The Globe and Mail. Retrieved September 5, 2013, from http://www.theglobeandmail.com/technology/technews/we-live-inside-the-machine-now-the-arrival-of-ubiquitouscomputing/article9834737/?page=all Owyang, J. (Producer). (2013) The Collaborative Economy for Corporations. Retrieved August 28, 2013, from http://www.slideshare.net/jeremiah_owyang/story-board-the-collaborative-economyfor-corporations-official-slideshare-version Rachel. (2013). History of Coworking - A timeline. Retrieved September 22, 2013, from http://wiki.coworking.com/w/page/68852527/History%20of%20Coworking%20-%20a%20timeline Schadler, T. (2013). 2013 Mobile Workforce Adoption Trends. Forrester. Sedensky, M. (2013). A push for harmony among workers, young and old. Yahoo News. Retrieved August 22, 2013, from http://news.yahoo.com/push-harmony-among-workers-young-old175222584.html Smith, H. (2013). Euros discarded as impoverished Greeks resort to bartering. Retrieved September 16, 2013, from http://www.theguardian.com/world/2013/jan/02/euro-greece-barter-poverty-crisis Spiro, C. (2006). Generation Y in the Workplace. Defense AT&L, Retrieved August 15, 2013, from http://www.dau.mil/pubscats/PubsCats/atl/2006_11_12/11_12_2006_spi_nd06.pdf L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio
  • 23. 23 Steelcase. (2009). How Emerging Work Strategies are Changing the Workplace. Retrieved August 15, 2013, from http://360.steelcase.com/wp-content/uploads/2011/02/360_Emerging-WorkStrategies_deep-dive_june09.pdf Strippoli, S. (2010). Arriva il co-working la scrivania in affitto. La Repubblica. Retrieved September 19, 2013, from http://torino.repubblica.it/cronaca/2010/07/08/news/arriva_il_coworking_la_scrivania_in_affitto-5470684/ Tiazzoldi, C. (2010). Toolbox Coworking Torino. Retrieved September 25, 2013, from http://europaconcorsi.com/projects/132323-Toolbox-Coworking-Torino/print Visser, T., Vastenburg, M. H., & Keyson, D. V. (2011). Designing to Support Social Connectedness: The Case of SnowGlobe. International Journal of Design, 5, 129-142. Williams, L., & Jones, A. (2005). Changing demographics. The Work Foundation. Zittrain, J. (2008). Ubiquitous human computing. Phil. Trans. R. Soc. A, 366, 3813-3821. L’ambiente di lavoro del futuro: un’analisi del co-working di Giulia Silverio